SOMMARIO: 1. Premessa. - 2. II teatro tradizionale.
- 3. Le arti dello spettacolo popolare. - 4. Lao She e il teatro di parola: la prima fase (1939-1943).
- 5. Lao She e il teatro di parola: la seconda fase (1949-1957). - 6. Chaguan.
- 7. Conclusioni. - Bibliografia.
1. Premessa
Nonostante le numerose edizioni e realizzazioni sceniche i testi teatrali di Lao She (pseudonimo di Shu Qingchun) hanno suscitato opinioni non sempre favorevoli da parte dei critici e degli storici. Molti, ad esempio, concordano sul fatto che esista una notevole distanza tra la qualità della narrativa di Lao She e quella di gran parte del suo teatro. Uno dei principali motivi di debolezza delle opere teatrali sarebbe dovuto al coinvolgimento personale dell'autore nei confronti della letteratura di servizio e propaganda, sia nel periodo della resistenza contro i giapponesi che dopo il 1949, negli anni della affermazione della rivoluzione
comunista1.
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Le circostanze che seguirono il 1949 in Cina spinsero inevitabilmente Lao She ad adattare i suoi lavori alle necessità contemporanee, tanto che molte delle sue opere sono, in misura diversa, espressione di sostegno al nuovo regime e alla sua politica, e di conseguenza mostrano delle debolezze
artistiche2. |
Per alcuni il teatro di Lao She è fin troppo vicino alla sua scrittura narrativa. Il critico teatrale Tian Qin affermava che: "poiché è uno scrittore di romanzi, le sue opere teatrali sembrano conservare i tratti del suo ingegno nei confronti del
romanzo3".
A volte il giudizio complessivo è più esplicito. A proposito dei primi huaju di Lao She, Hung Changtai afferma che: "nell'insieme le opere sono quantomeno mediocri, prive di abilità artistica e richiamo visivo, prive di originalità e approfondimento dei
personaggi4".
Sono stati evidenziati anche aspetti più particolari come la distanza che l'autore ha mantenuto rispetto ad alcuni dei principi compositivi che ispiravano quanti si riconoscevano nel realismo e nel naturalismo occidentali: l'unità strutturale, la coerenza conseguenziale dell'intreccio o la complessità psicologica dei personaggi. Nonostante questo esiste un generale accordo della critica sul fatto che la sua opera più nota,
Chaguan (Casa da tè), sia un'opera riuscita, realistica e moderna anche se non la si può facilmente ricondurre alle concezioni del realismo e del dramma moderno diffuse fra gli intellettuali cinesi che ponevano il huaju al centro dello sviluppo del nuovo teatro cinese.
Intendo qui ripercorrere la produzione teatrale di Lao She nelle sue fasi principali e nella diversità dei generi sperimentati, perché è su questo sfondo che la riuscita di
Chaguan acquista valore quale sintesi e realizzazione di una concezione del dramma che, nella biografia artistica dell'autore, si era formata attraverso la sperimentazione di forme narrative e teatrali diverse, in una ricerca che ha trovato il proprio punto di arrivo nel clima che seguì la campagna dei Cento Fiori, in un'opera che per molti versi può dirsi atipica.
2. Il teatro tradizionale
Nei molti anni in cui si dedicò prevalentemente al teatro, Lao She riuscì a sperimentare quasi tutte le modalità della scrittura drammaturgica
- tradizionale, popolare e moderna - senza per questo aderire interamente all'uno o all'altro genere. Più volte nei suoi scritti egli ha affrontato i limiti del proprio lavoro riconducendoli a diverse motivazioni: le contingenti necessità della propaganda, la difficoltà nel doversi misurare con arti complesse e mature come quelle dello spettacolo popolare tradizionale
(quyi) e perfino la sua scarsa conoscenza delle esigenze del palcoscenico. A questi argomenti però egli aveva anche aggiunto la considerazione dei vantaggi offerti da un atteggiamento ludico e flessibile:
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Non so se sia giusto ma penso, ad esempio, che un atteggiamento di gioco sia più divertente, più modesto e più flessibile di quello che punta esclusivamente alla pubblicazione o alla creazione di un capolavoro... in questo modo non perdo mai il coraggio e la forza di
continuare5. |
Complessivamente l'impegno di Lao She nei confronti della scrittura teatrale sembra rispondere ad una istanza di sperimentazione pressoché continua che coincide, negli stessi anni, con una produzione di romanzi e racconti più ridotta rispetto a quella degli anni precedenti. Dopo il 1937, anno in cui cominciò a dedicarsi con regolarità al teatro, Lao She tornò al romanzo solo in tre occasioni. Negli ultimi anni della guerra con il Giappone, mentre si trovava a Chongqing, cominciò a lavorare alla stesura di
Si shi tong tang (Quattro generazioni sotto lo stesso tetto). La prima parte era già terminata prima della sua partenza per gli Stati Uniti nel 1946, mentre la terza parte uscirà solo nel 1950. Nel 1943 scrisse
Huo zang (Cremazione) che tratta delle condizioni di vita sotto l'occupazione giapponese. Nel
1948-49, mentre si trovava negli Stati Uniti scrisse
Gushu yiren di cui parleremo in seguito.
Per ripercorrere la ricerca di Lao She intorno alla drammaturgia occorre partire dagli esperimenti da lui condotti nell'area del teatro tradizionale.
La prima ad apparire in stampa fu infatti un'opera tradizionale,
Xin ci hu (Nuova tigre che uccide) pubblicata nel 1938 sul primo numero della rivista
Kang dao di (Resistere fino alla
fine)
6. Si tratta di una delle quattro brevi opere tradizionali, tutte composte tra il '37 e il '38, poi raccolte nel volume San si
yi
7 (Tre, quattro, uno). A proposito di queste composizioni, nella prefazione al volume scriveva: "Non saprei dire se sono fatte bene o male. Lo si potrebbe capire solo se venissero rappresentate. Le ho pubblicate per dare un esempio".
Lao She tornerà a dedicarsi ancora al teatro tradizionale negli anni che precedono e seguono la stesura di
Chaguan. Nel 1956 pubblicherà sulla rivista
Beijing Wenyi una revisione di
Shiwu guan (Quindici denari), antica opera
kunqu. Nel 1959 scriverà
Qingxia Danxue trasformando un esempio di narrativa tradizionale in un testo per il teatro di Pechino. Nel 1961 invece scriverà
Hezhu pei (La borsa di Hezhu) pubblicata sulla rivista Juben nel dicembre dello stesso anno, ma questa volta si trattava di una operazione contraria alla precedente: la trasformazione di un'opera tradizionale del Sichuan in un moderno
huaju8.
3. Le arti dello spettacolo popolare.
Il legame artistico e biografico che Lao She ha avuto nei confronti delle diverse arti dello spettacolo popolare è un aspetto determinante nella storia della sua produzione, ma è anche un aspetto che la critica occidentale tende a sottovalutare rispetto ad esempio all'influenza della letteratura inglese sulla sua narrativa. Esso viene per lo più considerato un percorso obbligato che, per Lao She come per molti altri autori contemporanei, fu determinato dalle vicende della politica culturale. Comunque se quel legame non è stato rilevante per la sua opera narrativa, lo è stato certamente nella formazione della sua idea di teatro e di drammaturgia.
David Wang der Wei indica una via intermedia in questo problema critico quando sostiene che Lao She ha trasferito nel teatro: "alcuni caratteri della sua
fiction comica, come l'intreccio melodrammatico, i personaggi alla Dickens, e il brillante
sarcasmo"
9. Anzi sarebbe stata proprio l'influenza di Charles Dickens a riportare Lao She verso il "potenziale polisemico e dialettale incorporato nella convenzione del racconto
orale".
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È dunque utile ripercorrere i principali momenti della biografia e della scrittura di Lao She che sono segnati dal contatto diretto con le arti dello spettacolo popolare, soprattutto quelle che avevano al loro centro la narrazione orale.
Dopo sei anni trascorsi in Inghilterra, Lao She era tornato in Cina nel 1930. Per alcuni anni si era fermato a Jinan (Shandong) dove aveva insegnato all'università Qilu. Nel 1937 lasciò Jinan per raggiungere Wuhan dove cominciò a partecipare alle iniziative di resistenza contro l'avanzata dei giapponesi. Nell'agosto del 1938 arrivò invece a Chongqing e lì restò otto anni impegnadosi nell'attività della Unione Nazionale degli scrittori e degli artisti contro la aggressione giapponese, fondata in quello stesso anno.
La difesa del paese era in quegli anni il soggetto e il motivo principale della sua scrittura. Il coinvolgimento nelle iniziative contro l'invasione giapponese e l'adesione ad una letteratura destinata soprattutto alle classi popolari lo portarono ad occuparsi di un aspetto della cultura cinese che amava molto: lo spettacolo popolare nelle sue molte forme di narrazione, canto, dialogo comico, ballate, quelle forme che vengono di solito comprese dell'espressione
quyi e nella maggior parte dei casi prevedono un accompagnamento strumentale o semplicemente ritmico (nacchere o
tamburo).
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Negli anni giovanili Lao She era stato molto vicino al mondo dello spettacolo popolare: a Pechino frequentava i teatri, le case da tè, assisteva agli spettacoli dell'Opera di Pechino, dei narratori e degli esecutori di ballate a
tamburo.
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Le circostanze della guerra e la politica culturale che ne conseguiva, lo spinsero a misurarsi in modo diretto con le forme più diffuse come le ballate a tamburo
(
Dagu)
13 o altre forme di dialogo, canto e narrativa orale alle quali, con la mobilitazione di attori e artisti, si voleva affidare il compito di preparare alla resistenza quanti vivevano lontano dalle aree urbane. A questo proposito qualche anno dopo dichiarava: "Prima della guerra contro i giapponesi non avevo mai pensato che un giorno avrei scritto
Guci, Xiaodiao e altri simili
componimenti".
14 Nel 1941 ricordava: "Ho scritto testi per
Dagu, ho scritto
Zhuizi della provincia dello Henan, e ho perfino scritto
Shulaibao".
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Convinto dell'utilità della letteratura popolare in quelle particolari circostanze, Lao She era anche consapevole delle difficoltà create da una politica culturale che spingeva gli scrittori a produrre opere nuove da adattare ai generi antichi, e certo non facili, della letteratura e dello spettacolo popolare: un problema questo che si poneva a tutti gli scrittori che in quegli anni erano coinvolti dalle direttive della politica culturale. Qui ci interessa notare come Lao She entrasse nel merito dei problemi della composizione delle arti popolari con delle indicazioni che continueranno a guidare, anche più tardi, la sua drammaturgia.
In articolo del 1938 egli rivolgeva alcuni suggerimenti a chi voleva intraprendere questa strada:
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Primo, dimentica di essere un uomo di lettere, dimentica Shakespeare e Du Fu e trasformati in un narratore delle zone di campagna. Secondo, abbandona i termini specialistici della sociologia e della economia .... Terzo, nel ritrarre i personaggi, bianco e nero devono essere nettamente in contrasto. Tutto deve essere semplice e incisivo. Quarto colloca la tua storia in una ambientazione familiare e chiaramente riconoscibile. E infine, usa il
dialetto.16 |
Lao She dava molta importanza alla rima e al fatto che le nuove composizioni dovevano essere attraenti anche per l'orecchio
(
yue er). Secondo Hung Changtai fu uno dei pochi intellettuali a considerare che "il risultato di una pièce di letteratura popolare, derivava non dalle sue possibilità latenti ma dalla sua effettiva
produzione''.
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Era perciò necessario, come più volte cercava di fare egli stesso, che gli scrittori si rivolgessero direttamente a coloro che avevano, di quelle arti, una pratica di mestiere, quelli che chiama neihangren. Nel 1941 sulla rivista
Kangzhan Wenyi tornava sull'argomento e affermava che:
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Per scrivere questo tipo di opere l'autore deve stare con gli artisti, scrivere, rappresentare, rivedere e utilizzare il linguaggio del posto, così forse può riuscire ad avere successo. Se invece si chiude nella casa di città a "fabbricare la carrozza", sarà difficile che la carrozza possa adattarsi al
solco18. |
Lao She racconta di aver personalmente incontrato, già prima dell'occupazione di Jinan, alcuni famosi artisti di
Dagu, Bai Yunpeng e Zhang Xiaoxuan: "per conoscere il modo di scrivere
Guci" vale a dire dei testi in versi lunghi da sette a dieci sillabe che nell'esecuzione venivano scanditi dai colpi di tamburo.
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Conoscevo qualcosa della forma e della musica dell'opera classica, dunque non avevo bisogno di trovare chi potesse insegnarmela, mentre ignoravo tutto del Guci e altre forme simili, dunque non potevo fare altro che ricorrere a un
maestro"19. |
Trovandosi a Wuhan si era rivolto ad altri due artisti, Fu Shaofang e Dong Lianzhi, per apprendere il
Dagu di Pechino e quello dello Shangdong. Inoltre il generale Feng Huanzhang (presso il quale aveva trovato rifugio alla fine del 1937 dopo aver lasciato Jinan) lo aveva messo in contatto con alcuni artisti del genere
Zhuizi, fuggiti dalla provincia dello Henan: "Ero con loro dalla mattina alla sera per imparare un po' il modo di cantare
Zhuizi20".
Delle opere di questo genere scritte tra il '37 e il '38, tre
21 sono contenute nella piccola raccolta
San si yi (Tre, quattro, uno) mentre le altre, come scriveva lui stesso nell'introduzione "sono state gettate, non sono mai state pubblicate e non intendo
pubblicarle
22".
Una particolare amicizia lo legava ai due artisti di Pechinono, Fu Shaofang e Fu Shuhai, incontrati a Wuhan nel 1937. Lao She scriveva per loro i testi delle ballate, frequentava il loro teatro e lì amava portare i suoi amici scrittori. Sono queste le circostanze che in seguito proietterà nel romanzo
Gushu yiren (L'artista di Gushu) composto tra il 1948 e il 1949 negli Stati
Uniti
23.
Il romanzo è ambientato negli anni che vanno dal 1938 al 1945 e, come era accaduto a lui stesso, anche il protagonista fugge da Pechino, raggiunge Hankou e poi Chongqing, portando con sé la famiglia e i suoi strumenti musicali:
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Si guadagnava il riso cantando canzoni popolari e raccontando storie nelle case da tè accompagnato da un tamburo grande come un contenitore per il tè, da un paio di nacchere e uno strumento a tre corde chiamato
sanxian24. |
Nella prima parte del romanzo Lao She torna più volte a descrivere l'interno del teatro e alcuni momenti dello spettacolo ed è evidente in quei passaggi il suo legame con questo tipo di arte:
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La tenda si era alzata.. e la luce a gas mandava riflessi verdognoli sulla testa pelata e lucida di
Baojing25 .... Le parole di apertura sgorgavano dalla sua gola in una magnitica cadenza: "La battaglia infuriava nelle colline lontane, il dolore della gente il cui sangue schizzava rosso nell'aria ....". II pubblico era ammaliato, bloccato nel silenzio. Nessuno osava tossire. La voce di Baojing scorreva rotonda e ferina, ogni parola pronunciata con scotimento. Cantava lentamente per dare il maggior peso ad ogni tono .... Il modo di cantare di Baojing dimostrava che il canto a tamburo è il migliore connubio tra la letteratura popolare e la musica popolare. Lui recitava quando cantava: "Lealtà e fedeltà sono apprezzate nei secoli, la vita non ha alcuna importanza se non si muore con coraggio" .... Baojing drammatizzava il canto con i gesti e i movimenti del corpo. Quella del suo tamburo era una bacchetta magica che poteva rappresentare qualsiasi cosa nel racconto. Se la teneva in posizione orizzontale, diventava una spada splendente; se la teneva verticalmente diventava una lancia luminosa; se l'agitava nell'aria un furioso combattimento si svolgeva sul campo di battaglia. Quando lui stesso si fermava, voleva dire che, nella storia, il personaggio era appena uscito da una porta. Un passo accennato con i suoi piedi ed era montato a cavallo … I suoi gesti non solo davano un'efficace chiarezza drammatica alla storia ma esaltavano anche il valore della musica. Ogni tanto dava un colpo mostruoso sul tamburo e lo strumento a corda si fermava. Allora nel silenzio scorrevano dieci o quindici versi in rima, come se stesse parlando. Un pesante colpo sul tamburo e il suono dello strumento a corda ritornava, in una perfetta coincidenza di
tempi26. |
Lao She non abbandonerà mai completamente il suo interesse per le arti dello spettacolo popolare ma alla fine degli anni Trenta queste non erano più al centro della sua attenzione. Nel 1941 riconosceva di non essere riuscito a "toccare quel tipo di eleganza" e dichiarava di aver ceduto di fronte alla difficoltà di scrivere nuovi testi perché convinto che la completezza e la autonomia formale di quelle arti erano tali da rendere impossibile ogni tentativo di imitazione:
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Quella forma, quel linguaggio... sono così raffinati e vivi da essere autosufficienti. Invece quando sei tu a utilizzare questa forma e questo linguaggio, ti senti mancare il fiato. Se non li dissezioni
(poujie) e poi li disponi in modo nuovo (chong xin pei zhi), ti perdi; se però fai questo in base alla tua idea personale, ahimé!, non riesci più a controllarli. Per questo motivo il nuovo è il nuovo e il vecchio è il vecchio e cedere significa arrendersi. Dopo aver sperimentato non poche opere del tipo Guci ho dovuto
rinunciare27. |
Un brano del romanzo prima citato, descrive la reazione del cantore di ballate a tamburo di fronte ad uno spettacolo del nuovo teatro di parola. Potrebbe essere una sintesi dell'attrazione di Lao She nei confronti del
huaju:
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Baojing non aveva mai visto un dramma moderno fino ad allora. La sua idea del teatro era che ogni attore entrava in scena, faceva un lungo discorso, e così via, uno dopo l'altro. Ma questo era diverso. Gli attori parlavano come la gente nelle case o nel negozio del tè. Baojing riconobbe la preparazione artistica degli attori e la tecnica stupenda della messa in scena. Era meravigliosa, trascinante. Sedeva così concentrato che quasi dimenticava di respirare. Non c'erano costumi vistosi, non il suono alto dei gong, solo umanità, recitata dall'umanità. Sussurrò al fratello: "questa è arte
reale28". |
Nel romanzo è presente un altro personaggio, lo scrittore Meng Liang, amico dei due artisti e impegnato ad aiutarli. Secondo Shu Yi:
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Lao She ha posto se stesso in questo libro. La delineazione di un autoritratto non si incontra spesso nei suoi romanzi… il personaggio di Meng Liang non è un ragazzo, ma uno scrittore di età media, l'immagine dello stesso Lao
She29. |
4. Lao She e il teatro di parola: la prima fase (1939 - 1943).
Dal 1939 al 1943 Lao She scrisse nove testi
huaju e tutti in qualche modo condizionati dalla vita politica e sociale della Cina. Sono testi scritti per lo più in seguito ad un invito, o comunque motivati dalla necessità di trattare temi legati all'attualità.
Nel saggio
xianhua wo de qige huaju30 (Sulle mie sette opere huaju) del 1942, Lao She ripercorre le opere composte fino a quel momento sottolineando la propria indaguatezza rispetto al nuovo genere drammaturgico e ripercorrendo, per ognuna di esse, le difficoltà e gli errori compiuti nella stesura. La migliore operazione critica è in questo caso quella compiuta dallo stesso autore.
A proposito del primo dramma,
Can wu (Una nebbia insistente), composto nel 1939, scrive:
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Il mio primo testo teatrale Canwu è stato scritto in solo quindici giorni. Chi non sa cucinare, spesso cucina molto velocemente... Credevo che la divisione in atti fosse come la divisione in capitoli di un romanzo... che un testo teatrale fosse solo un lungo dialogo, finché c'è da dire si va avanti e i personaggi esprimono i propri pensieri... Non conoscevo la differenza tra un romanzo e un dramma. La mia attenzione era tutta rivolta alla punta della penna e non tenevo presente l'esistenza del
palcoscenico31. |
Il merito del mancato fallimento della messa in scena dell'opera viene attribuito dall'autore alla qualità del linguaggio e all'individuazione dei personaggi.
Definisce
Guojia zhishang (Il paese prima di tutto, del 1940) un testo di propaganda scritto su richiesta dell'Associazione dei mussulmani per la difesa della patria. "Per motivi di amicizia non potevo rifiutare e ho chiesto a Song Zhidi di collaborare con me". Dichiara di considerare questa un'opera semplice e facile da rappresentare, con personaggi ben individuati e intrecci interessanti: "Fra le opere di propaganda questa è ben riuscita". Fu infatti rappresentata in molte città, compreso Hong Kong, ma il merito di questa diffusione Lao She lo attribuisce alla esperienza teatrale di Song Zhidi nei confronti del quale si considera solo un allievo.
In seguito a una richiesta era nata anche
Zhang zi zhong (Il generale Zhang, del 1941): "Questa volta mi sono molto impegnato, ho rivisto il testo cinque volte". Ma anche questo dramma lo lasciava insoddisfatto:
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Ancora non conoscevo quel che di magico (shen mi dongxi) ha il palcoscenico... Ho usato ancora la tecnica del xiaoshuo, cioè faccio parlare i personaggi, mentre sul palcoscenico bisogna "alzare le mani"
(dajia) .... Non sono riuscito a mettere in evidenza gli eventi importanti e a creare un effetto movimentato e toccante. Di conseguenza gli intrecci secondari sono molto vivi, mentre quelli principali non suscitano un particolare coinvolgimento. |
Il dialogo è invece la cosa migliore di
Mianzi wenti (Un problema di faccia, del 1941), ma non era sufficiente perché:
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All'opera manca comunque il livello di teatralità (youxi de di bu), nonostante l'abbia modificata tre volte, seguendo sempre l'opinione di amici che avevano esperienza di teatro... Ho trascurato la tecnica dell'enfasi teatrale
(kua da). Se sul palcoscenico si amplifica fino a dieci, l'effetto che il pubblico riceve arriva fino a tre. Io invece ho fatto in modo che il movimento dei personaggi fosse limitato, come se volessi che gli spettatori fossero come quegli anziani di Pechino che, quando assistono all'opera
Erhuang [stile musicale costitutivo dell'Opera di Pechino], l'ascoltano con gli occhi chiusi, e assaporano ogni espressione e ogni tono musicale, cosa che qui invece è impossibile. |
Dadi long she (Dragoni e serpenti sul paese, 1941) è la sceneggiatura per un dramma danzato che vuole interpretare simbolicamente i caratteri della cultura orientale:
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Se prendiamo questa sceneggiatura come un libretto da leggere, potrebbe anche essere interessante. Se invece la si mette in scena penso che abbia molte possibilità di ottenere un insuccesso. Non ho voglia di rivederla, posso solo sperare che resti sempre nella mia scrivania .... Nelle opere precedenti i personaggi nascevano dall'intreccio e avevano un ruolo anche nello svolgersi di esso. Invece in quest'opera il tema è piuttosto astratto, parla ad esempio della cultura, della morale ecc. e i personaggi sembrano dei fantocci creati per rappresentare questi concetti. Insomma quest'opera non è di buona qualità. |
Guiqu lai xi (Ritorno, 1942) aveva posto all'autore problemi più complessi:
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Non sono riuscito a realizzare la mia idea originale. Volevo scrivere di un personaggio amletico, un tipo mentale, riflessivo, scettico e un po' pessimista, che non riesce a reagire. Però la suprema Guerra contro i Giapponesi non permetteva la perplessità e lo scetticismo. |
Ciononostante egli considerava l'opera piuttosto riuscita dal punto di vista letterario.
Shui xian dao le Chongqing (1942, Chi è arrivato prima a Chongqing) è l'opera che più contiene azione, movimento e rumore, forse la più adatta al palcoscenico ma secondo l'autore: "i personaggi e il dialogo risultano un po' spenti
(
chi le dian kui)". E infine:
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Scrivere un testo teatrale è una cosa davvero difficile! Se c'è poca azione la scena è come stagnante
(shi zhi dai zhi), se ce n'è troppa allora è confusa (shi zhi wu
luan). Se usi un linguaggio letterario, ne risulta un dialogo poco reale; quanto a usare un brutto linguaggio, non so rassegnarmi. Se dai importanza al palcoscenico si perde il senso della letterarietà, se dai importanza alla letteratura si perde il senso del palcoscenico. |
A questi testi bisogna aggiungere:
Wang Laohu (Wang la tigre) scritto in collaborazione con Zhao Qingge e Xiao Yiwu, e
Tao Li chunfeng (Peschi e pruni nella brezza di primavera) scritto con Zhao Qingge.
L'insoddisfazione, l'incompetenza e le reali difficoltà confessate in questo articolo del 1942 rivelano in realtà anche le aspettative che Lao She riponeva nei confronti di questo tipo di drammaturgia; aspettative per il momento deluse, che si misuravano con la complessità di un genere che non aveva ancora pienamente chiarito la propria potenzialità e le proprie convenzioni, che molto spesso era subordinato alle ragioni della scrittura narrativa più che a quelle del teatro, che spesso nasceva con fini strumentali e contingenti oppure era condizionato dal confronto con i modelli occidentali.
5. Lao She e il teatro di parola: la seconda fase (1949 - 1957).
Nel 1946 Lao She era stato invitato negli Stati Uniti insieme a Caoyu
32. Ritornò in Cina nell'ottobre del 1949 rispondendo all'invito di Zhou
Enlai
33 al quale lo legava un'amicizia nata negli anni trascorsi a Chongqing.
Nel 1950 venne dato in suo onore un ricevimento dell'Associazione nazionale degli scrittori e degli artisti cinesi a cui erano presenti, tra gli altri, Zhou Yang, Mao Dun, Tian Han. Le parole pronunciate da Zhou Yang in quella occasione avevano il sapore di una precettazione: "Il ritorno di Lao She sarà di grande aiuto alla campagna per la popolarizzazione della letteratura e dell'arte della
Cina
34".
La risposta di Lao She fu esplicita tanto che, in quella occasione, egli stesso cantò alcune sue composizioni del genere
Xiangsheng
35 e del genere detto
Taiping geci (Canto di pace), un tipo di canzone eseguito con l'accompagnamento del "tamburo di pace"
(
taiping gu); tra queste
Guo xinnian (Festa del nuovo anno) e alcuni brani di un'opera perduta dal titolo
Shen Li Qi (processo a Li
Qi)
36. A queste composizioni Lao She aggiungerà in seguito altri canti di pace come
Zhong Su tongmeng (L'alleanza tra la Cina e la Russia), ballate a tamburo come Shengchan jiuye (Produzione e occupazione) e altri dialoghi del genere
Xiangsheng
37.
Il primo testo teatrale scritto dopo il suo ritorno in Cina fu
Fang zheng zhu (Fang la perla) il cui soggetto è affine a quello del romanzo
Gushu yiren, scritto e pubblicato negli Stati Uniti.
Come ha scritto il figlio Shu Yi nella presentazione della versione inglese del romanzo:
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Gushu yiren è l'ultima opera scritta oltreoceano, mentre Fang zhenzhu è il primo dramma scritto dopo il ritorno nel suo paese. La cosa più importante che accadde nell'intervallo di tempo che separa la scrittura di queste due opere è stata la nascita della Repubblica Popolare Cinese. I personaggi del romanzo e del dramma sono pressappoco gli stessi. Hanno lo stesso cognome e sono artisti di
Dagu. La differenza sta nel fatto che il destino si svolge in modo molto diverso per l'uno e per
l'altro38. |
L'adesione di Lao She al nuovo regime appare frutto di un sincero entusiasmo per la possibilità di un rinnovamento del paese ed esisteva una particolare
coerenza
39 fra la sua risposta agli inviti di Zhou Enlai e Zhou Yang, gli incarichi svolti nella vita culturale e le opere teatrali scritte in questo periodo.
La sua adesione politica è provata anche in un altro
huaju,
Chunhua qiushi (Fiore in primavera, frutto in autunno) scritto a sostegno della campagna
Wufan del 1952, per il quale Zhou Yang pronunciò parole di lode al Secondo Congresso Nazionale degli scrittori e degli artisti.
La scelta del genere
huaju in queste nuove circostanze era motivata da ragioni analoghe a quelle degli anni precedenti: "Il dramma parlato usa persone vive per rappresentare persone vive. Consente al pubblico di ricevere una educazione diretta ed essere commosso e influenzato senza
mediazioni
40".
Nella primavera 1950 il nuovo governo decise di bonificare e ricostruire il Canale della barba del drago, posto nella zona sud di Pechino. A Lao She, che aveva appena completato
Fang Zhenzhu, venne chiesto di scrivere un testo teatrale che desse rilievo a questo evento. Il nuovo dramma
Long xu gou (Il canale della barba del drago) uscì nel 1951 sulla rivista
Juben e venne rappresentato nello stesso anno dalla compagnia del Teatro d'arte del popolo di Pechino.
Il legame di Lao She con la vita e la gente di Pechino, la personale conoscenza delle difficili condizioni delle aree più povere della città facilitarono sia la sua identificazione sia la celebrazione dell'iniziativa che occupa la seconda parte dell'opera. Lao She considerava questo testo un momento importante della sua biografia artistica: "La creazione di quest'opera è stata la mia più grande avventura in più di venti anni di attività di
scrittore
41". È stata infatti una delle sue opere teatrali più apprezzate, soprattutto per lo sguardo ironico e benevolente che, come accade nei romanzi, l'autore sa rivolgere ai personaggi, attento in primo luogo alla complicità che il narratore può creare tra gli stessi personaggi e il pubblico.
Il primo atto, ambientato nel 1948, prima della liberazione di Pechino, è un'analisi delle dure condizioni di vita in quell'angolo della città: la pressione della malavita, la malaria, il desiderio di allontanarsi magari sposando qualcuno che vive lontano dal canale, e, alla fine dell'atto, il forte temporale e una bambina che annega nel canale. Un insieme di piccole vicende, che non prevalgono l'una sull'altra, raccontano un ambiente più che delle storie e acquistano forza perché "situate" in un contesto circoscritto che accentua i contrasti e rende tutto più evidente: il piccolo cortile
(
xiao zayuan) dove vivono tre famiglie, in tutto nove personaggi ("uno non parla, sta in un angolo"). Le lunghe didascalie introduttive che descrivono la scena, i suoni e gli odori, sono pezzi che farebbero perfettamente parte di un racconto.
Nel secondo atto - siamo nel 1949 - si fanno evidenti i segnali del cambiamento: alcuni trovano lavoro, i criminali sono arrestati. Nella seconda scena i lavori di bonifica inducono la gente del Canale a cambiare il proprio atteggiamento e ad avere fiducia nel nuovo regime. Il terzo atto (siamo nel 1950), si conclude con l'entusiasmo dei personaggi e la celebrazione dell'opera compiuta dal nuovo regime.
I personaggi e il loro linguaggio
42 costituiscono il principale interesse dell'opera che, d'altra parte, non presenta quel tipo di coerenza strutturale e complessità psicologica dei personaggi che gli scrittori contemporanei, attenti al realismo e al naturalismo, avrebbero voluto trovare in un dramma moderno. La struttura dell'opera infatti nasce dagli eventi esterni più che dalle relazioni tra i personaggi ed è vincolata alla concezione rivoluzionaria del tempo. Inoltre essa è coerente con i principi di composizione che Lao She aveva formulato riferendosi alle opere della letteratura popolare: l'ambientazione familiare, il dialetto, la semplicità della struttura. La necessità di rendere chiara la distanza che separa "il bianco dal nero", oltre ad essere evidente nei personaggi, è qui trasferita nel contrasto fra ciò che è prima e ciò che è dopo il 1949, tra il passato di disperazione e la celebrazione del mutamento.
La struttura disomogenea si risolve a vantaggio dell'efficacia dei singoli episodi che la compongono. Un aspetto questo che i critici hanno spesso riscontrato nella scrittura narrativa di Lao She e nei suoi
huaju del primo periodo e che, in questo caso, rispondeva alle esplicite intenzioni dell'autore. Nel breve scritto collegato al
testo
43 Lao She parla infatti di alcune scelte precise che lo hanno guidato nella composizione: il dramma "doveva essere breve" e soprattutto "non doveva essere fondato su una storia"; i personaggi sono stati concepiti, dichiara l'autore, come espressione del luogo, le loro parole e azioni sono un modo per ritrarre il luogo e la vita che vi si svolge, non per raccontare una storia. Il vero soggetto, la matrice principale delle situazioni doveva essere dunque quell'angolo di Pechino.
Nella produzione teatrale di Lao She la rinuncia ad una struttura narrativa forte, ad un disegno portatore di unità e coesione sembra essere la sua più esplicita dichiarazione di "differenza" rispetto alla nuova drammaturgia che ovviamente conosceva e frequentava. Forse l'indicazione più utile per affrontare la scrittura drammaturgica di Lao She è quella di David Wang der Wei secondo il quale lo scrittore era animato da una "forte spinta a sfidare i modi di rappresentazione
precostituiti
44". Un atteggiamento questo che trova conferma, ad esempio, in quanto Lao She affermava nel 1942 a proposito del suo desiderio di evitare ogni imitazione: "Non perché mi piaccia essere diverso, solo che fino a che posso vorrei cercare di non imitare gli
altri
45".
Nel 1956, l'anno della Campagna dei "Cento Fiori", Lao She tornava a quello che, secondo Ranbir
Vohra
46 era l'aspetto migliore della sua scrittura narrativa, la capacità di mettere in luce la debolezza e i vizi della società. L'occasione questa volta fu la denuncia pubblica di un impostore, Li Wanming, da parte dell'allora ministro della sicurezza. Lao She trattò questo caso, largamente segnalato dalla stampa contemporanea, in
Xi wang Chang'an (Guardando ad occidente verso Chang'an, del 1956), un dramma nel quale indirizza la sua satira nei confronti della burocrazia di partito e della debolezza del
sistema
47.
Teo Lay Teen rileva anche in quest'opera dei problemi di struttura:
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L'opera è come tagliata in due parti, la prima tratta degli inganni di Li [l'impostore] e la seconda della sua denuncia .... Il tono dell'opera infatti cambia completamente con l'apparizione di Tang [che conduce le indagini] le cui iniziative, improntate alla serietà, sono in netto contrasto con la comicità
precedente48. |
Il risultato dell'atteggiamento satirico espresso nel testo fu che lo stesso Zhou Yang rivolse a Lao She un invito che a malapena nascondeva le intenzioni critiche:
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I nostri lettori sperano che, approfondendo la sua comprensione della nuova vita e scrivendo su soggetti con i quali ha particolare familiarità egli potrà raggiungere una più felice unione fra il suo entusiasmo politico, la sua tecnica artistica e la sua abilità di umorista
49. |
Nonostante le critiche che gli vennero rivolte Lao She difese
Xi wang Chang'an introducendosi nel dibattito contemporaneo intorno ai modi e ai compiti della satira con il saggio
Tan Fengci, uscito sulla rivista
Wenyi bao, nel quale oltre al proprio lavoro difese quello di un altro autore, He
Chi
50.
Più difficile era stata l'anno prima la sorte di una altro dramma,
Qingnian tu ji dui (Giovani truppe d'assalto) uscito sulla rivista
Beijing Wenyi. Gli fu chiesto infatti di modificarlo ma in seguito al suo rifiuto l'opera fu tolta dalle
scene
51.
Nel 1956 Lao She tornò anche ad occuparsi del teatro tradizionale con una revisione dell'opera
Shiwu guan (Quindici denari) il cui libretto originale era basato su un racconto del periodo Ming tratto a sua volta da un racconto popolare del periodo Song nel quale, come notano Bonnie McDougall e Kam Louie: "il ritratto della irresponsabilità sociale in un burocrate di medio livello è molto in linea con la critica espressa nella narrativa e nella poesia della campagna dei Cento
Fiori
52".
6. Chaguan
In un clima politico che stava cambiando, così come cambiava l'atteggiamento di Lao She nei confronti del regime comunista, nasceva la sua opera teatrale migliore,
Chaguan, la più complessa ma anche la più coerente in termini di struttura. In questo dramma non si rintracciano gli espliciti motivi di coinvolgimento verso le novità della vita politica che avevano invece segnato gli altri testi
huaju di Lao She. È altrettanto vero però che questo testo come quasi tutta la sua produzione teatrale è inscindibile dalla vita politica contemporanea. Uno dei problemi critici più interessanti che esso pone, e ha posto anche ai contemporanei, è infatti la possibilità di riconoscere quanto e come la posizione personale dell'autore nei confronti della vita politica più recente, abbia condizionato la sua forma.
Al momento della sua pubblicazione - nel Luglio 1957 sulla rivista
Shuohua -
Chaguan venne criticata sia sul piano politico che su quello letterario. Il testo non contiene alcun apprezzamento nei confronti del regime; c'è invece un segno che nelle mani di Lao She riesce ad essere tanto ambiguo quanto esplicito: in tutti e tre gli atti compare in scena un cartello
- che ad ogni atto aumenta di misura - sul quale è scritto
motan guoshi (non si parla degli affari di stato). Per Ranbir Vohra esso rappresenta la protesta silenziosa dell'autore nel periodo della campagna contro gli elementi di destra, ma se è possibile leggerlo in questo senso, è anche vero che Lao She, collocandolo in un contesto precedente il 1949, ha fatto in modo che non potesse essere accusato di riferimenti all'attualità.
Sicuramente era diminuita la fiducia dello scrittore nel cambiamento rivoluzionario: è noto che il 1957 fu per il regime comunista un anno di confine dopo il quale cominceranno i segni di involuzione politica e di fallimento economico. II mutato atteggiamento di Lao She potrebbe essere testimoniato, in modo indiretto, anche dalla vicenda dell'epilogo in versi che conclude
Chaguan.
Secondo Koon Li Kao quei versi, affidati al personaggio di Yang il matto, devono essere considerati estranei alla originale intenzione di Lao She in quanto furono scritti su richiesta del regista della prima rappresentazione:
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Infatti quando Chaguan fu pubblicata per la prima volta nel 1957, il personaggio di Yang il matto e le sue battute non erano presenti nell'opera. Anche nell'edizione pubblicata nel 1980 le battute di Yang sono presentate come una appendice al testo. Perciò l'epilogo deve essere considerato estraneo all'originale intenzione di Lao
She53. |
Si tratta di una conclusione celebrativa che reintroduce la fiducia nella visione rivoluzionaria del cambiamento, a dispetto del fatto che in tutta l'opera non appaiano elementi tali da confermarla. Il dramma si chiude con il suicidio del proprietario della casa da tè, Wang Lifa, e già nella scena precedente tre personaggi avevano inscenato un funerale ironico dedicato sia al vecchio mondo che a se stessi. Una cerimonia e una morte che però non prefigurano alcun cambiamento come accadeva invece per la morte della bambina nel canale, alla fine del primo atto di
Long xu gou.
Dal punto di vista formale pur restando uno degli esempi più apprezzati del dramma realistico questo, come gli altri
huaju di Lao She, conferma la sua distanza rispetto alle convenzioni del genere
huaju, quelle che in nome del realismo e del naturalismo sostenevano l'importanza dell'intreccio, della struttura unitaria, del rapporto causale tra gli eventi e della complessità psicologica dei personaggi. Nel dibattito ufficiale sull'opera, tenutosi nel 1958, il regista Jiao Jiuyin rilevava la mancanza di un finale positivo e di un vero e proprio intreccio, e segnalava le difficoltà che l'eccessivo numero dei personaggi creava per la messa in scena. Nella
Risposta ad alcune domande su Chaguan lo stesso Lao She affrontava il problema della struttura dell'opera. Confermando la continuità della concezione drammaturgica che lo aveva guidato nella stesura di
Long xu gou, riconosceva lo scarso collegamento tra gli eventi presentati e chiariva i motivi della differenza di
Chaguan rispetto ai drammi di attualità (
hua bao ju): "Quest'opera si fonda sui personaggi mentre i
hua bao ju si fondano sugli
eventi
54".
Anche la critica recente ha ribadito questo aspetto. Koonki Ho ha perfino spostato ancora più avanti i riferimenti che configurano l'atipicità dell'opera: essa infatti sarebbe "al di fuori dei requisiti sia della letteratura rivoluzionaria che del dramma
tradizionale
55".
Il numero dei personaggi è alto (sessanta) quasi che l'autore avesse superato tutte le perplessità relative al poco o troppo movimento sulla scena, espresse nel 1942, e avesse adottato una delle caratteristiche del teatro tradizionale cinese ricordata in quello stesso saggio:
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Nel teatro tradizionale i personaggi possono entrare e uscire liberamente, possono essere presenti in scena anche in cinque o sei insieme e tra essi uno solo parla, mentre gli altri sono lì fermi senza fare
niente56. |
Questo gli aveva permesso di introdurre un grado di complessità storica e umana che nessuna promessa di trasformazione avrebbe potuto modificare fino in fondo, ma anche di dare rilievo alle singole vicende e porre in evidenza i molti contrasti irrisolti. Anche in questo caso infatti ci troviamo di fronte a una serie di microsituazioni giustapposte e situate in uno spazio, la casa da tè, tanto concreto e consueto da assumere un valore prevalentemente simbolico come accadeva per il piccolo cortile in
Il Canale della barba del drago. In
Chaguan però i
personaggi
57 non sono la manifestazione di un ambiente, ma di una continuità storica e temporale che non è segnata né da un inizio né da una fine e tantomeno viene ad essere divisa o conclusa da un cambiamento o tragico o positivo. Piuttosto, come sottolinea
Koon-ki Ho, ripetizioni e motivi ricorrenti nei tre atti suggeriscono il senso di una sequenza che può allungarsi all'infinito e generano sulla scena il senso complessivo della impossibilità di sviluppo nel tempo
lineare
58.
Ogni atto è ambientato in un diverso periodo della storia moderna della Cina. Il primo atto si riferisce al periodo che seguì la Riforma dei Cento giorni (1898), il secondo al periodo dei Signori della guerra, e il terzo al periodo che precede la vittoria della rivoluzione comunista. Questa volta non è Pechino il personaggio che si confonde tra gli eventi individuali e le microsituazioni, ma è la storia o addirittura la stessa Cina.
Lao She tratta circa cinquanta anni di storia della Cina, non come un segmento cronologico, ma come un tempo tra due transizioni, (la crisi della Cina imperiale e gli anni che precedono la vittoria comunista) dunque come una transizione anch'esso. Ne deriva un effetto di progressione apparente e di effettiva immobilità: quel tipo di effetto, che si riscontra anche nei romanzi del primo periodo:
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Il concetto che il cambiamento o la rivoluzione non necessariamente migliorano la società non è un tema nuovo in Lao She. Né la struttura (ciclica) è insolita. Nei suoi primi lavori come
Città dei Gatti, Luna crescente, Xiangzi il Cammello, solo per citarne qualcuno, troviamo un'analoga idea del cambiamento e una analoga struttura ciclica in
azione59. |
È questa una delle molte chiavi di lettura che consentono di individuare il legame tra la drammaturgia di Lao She e i suoi romanzi, e nello stesso tempo di comprendere gli uni e gli altri attraverso il legame che l'autore conservava nei confronti della narrativa tradizionale cinese sia quella scritta, sia quella che si realizzava nelle arti dello spettacolo popolare.
II suggerimento critico più interessante a questo proposito è quello relativo alle analogie che, sul piano compositivo, si possono cogliere tra
Chaguan e
Ru lin wai
shi60, il romanzo che secondo
Koon-ki Ho potrebbe essere il modello che soggiace alla stesura di
Chaguan:
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Lao She è stato influenzato dalla struttura narrativa tradizionale cinese61, e forse ha usato, consciamente o inconsciamente,
Ru lin wai shi come modello nello scrivere quest'opera; dunque ha adottato il metodo di usare i personaggi per portare avanti l'intreccio, un metodo che si trova diffusamente nei romanzi tradizionali come
I letterati o Sul bordo dell'acqua. Il risultato è che molti critici hanno notato che l'intreccio lascia molto a desiderare se lo si inette a confronto con la drammaturgia
realistica62. |
7. Conclusioni
Diversi aspetti del dramma Chaguan ci riconducono alla fedeltà di Lao She nei confronti della narrativa tradizionale cinese. Vi ritroviamo infatti la prevalenza degli episodi sull'intreccio, la struttura decentrata che non costruisce l'unità temporale ed artistica dell'evento narrato ma pone i personaggi stessi come "eventi discreti che interrompono e rendono percettibile l'altrimenti continuo flusso di
esperienza
63". A questi si aggiunge anche la particolare concezione del tempo riconducibile alla tendenza
- di cui parla Andrew Plaks - a: "presentare una mimesi del flusso temporale che è per definizione senza direzione e dunque senza
fine
64". Nonostante tutto questo, o forse proprio per questo, l'opera rimane una fra le più apprezzate testimonianze del nuovo dramma realistico cinese.
Sin dai primi esperimenti della fine degli anni Trenta, il teatro di parola e le sue nuove convenzioni rientravano, per Lao She, nel capitolo più generale dell'atto del narrare, nell'oralità come nella scrittura. Questo lo aveva spinto verso un tipo di drammaturgia capace di incorporare i modelli compositivi della narrativa tradizionale, quella che nel passato si era intrecciata con l'arte dei
cantastorie
65 e per centinaia di anni aveva condiviso con il teatro i suoi soggetti.
La conoscenza e la diretta partecipazione al teatro e alle arti dello spettacolo popolare
(
quyi) avevano inoltre avvicinato Lao She ad una scrittura drammaturgica pervasa da quella "istanza narrativa convenzionale" che, riferendosi al
xiaoshuo tradizionale, Patrick Hanan ha definito come "imitazione della situazione della oralità narrativa in tutti i generi di racconto
colloquiale
66".
Nei circa venti anni che aveva dedicato alle diverse forme di teatro e spettacolo popolare, Lao She aveva potuto verificare la possibilità di una drammaturgia cinese moderna che non fosse vincolata al modello naturalistico né a quello tradizionale e, infine, nemmeno a quello rivoluzionario. Aveva sperimentato il dramma tradizionale, la sua trasformazione in dramma parlato, le arti della narrazione orale e il dramma di parola; esperienze queste che lo avevano indotto a far convergere nella scrittura tre diverse modalità di composizione: quella dello scrittore, quella del narratore in scena e quella che lo spettatore realizza nella sua complicità. David Wang der Wei, il critico che più ha evidenziato il livello di teatralità che informa sia il linguaggio che l'idea di realismo di Lao She, sostiene che farsa e melodramma sono le chiavi principali della narrativa di questo autore, e da esse deriva la particolare qualità realistica della sua
scrittura
67.
Complessivamente la riuscita di
Chaguan, il suo particolare impianto formale appaiono la realizzazione di un'idea di drammaturgia a lungo perseguita nella sperimentazione di generi diversi che aveva coinvolto Lao She tanto da portarlo a limitare in parte il suo lavoro di scrittore di romanzi. Rileggendo le incertezze, le autocritiche, l'atteggiamento ludico o le volontarie rinunce, è possibile riconoscere in tutta la sua opera teatrale la presenza di un progetto, relativo alla forma drammatica, che lo spinse a tenersi distante rispetto alla maggior parte delle direzioni intraprese dai drammaturghi contemporanei. Un progetto rivolto ad un dramma moderno ma anche perspicuamente cinese o in altri termini, un progetto di sinizzazione di una drammaturgia che ancora in quegli anni sembrava destinata a ripercorrere i modelli occidentali.
I maggiori scrittori e intellettuali avevano visto nel
huaju la possibilità di testimoniare la cultura della Cina moderna ma, nella maggior parte dei casi, avevano nutrito la scrittura di riferimenti alla drammaturgia occidentale. Nella sua partecipazione alla politica culturale Lao She non ignorava quei modelli ma continuava a perseguire una drammaturgia che, senza voler imitare né lbsen né Shakespeare, fosse ugualmente realistica nel rappresentare la complessità della storia umana e politica della Cina del Novecento e, nello stesso tempo potesse superare i vincoli intellettualistici e le incertezze letterarie che il nuovo genere drammatico andava ponendo.
MONDO CINESE N. 103, GENNAIO 2000
1 Sulla attività di Lao She dopo il 1937 e la sua posizione nella vita politica e culturale cfr. Maria Cristina Pisciotta,
L'ultima produzione teatrale di Lao She, La Cina, 11, 1974
pp.102-132; Ranbir Vohra, Lao She and the chinese revolution, Harvard University, East Asian Research Center, 1974.
2 Teo Lay Teen, Lao She post-1949 Era, and his propaganda play Dragon Beard
Ditch, Chinese
Culture, vol. 36, n. 3, 1995, p. 74.
3 Cit. in Hung Changtai, War and popular Culture, Berkeley University Press, p. 195.
4 Ibidem
5 Xianhua wode qige huaju, (Sulle mie sette opere
huaju), articolo pubblicato nel 1942 sulla
rivista Kangzhan Wenyi e presente nella maggior parte delle raccolte di scritti di Lao She. Cfr.
Lao She
juzuoquanji (Raccolta completa degli scritti teatrali di Lao She), a cura di Hu Jieqing e Wang Xinzi,
Beijing 1982-1986. Volume I, pp. 551-559 e Lao She shenghuo yu chuangzuo zishu (La vita e l'attività
letteraria di Lao She raccontate da lui stesso), a cura di Hu Jieqing, Renmin Wenxue Chubanshe. Beijing
1982, pp. 71-79.
6 Una rivista che lui stesso contribuì a far nascere e sostenne insieme a Lao Xiang (1901-1968) e
He Rong (1903-1990).
7 Duli Chubanshe 1939. Le altre sono: Zhong lie tu (Dovere e coraggio);
Wang jia zhen (La contrada
della famiglia Wang) e Bier niang (madre Bier).
8 cfr. Lao She juzuo quanji, op. cit. vol 3.
9 David Wang der Wei, Fictional realism in twentieth century China, Mao Dun, Lao She, Shan
Congwen, New York, Columbia University Press, p. 158
10 David Wang der Wei, Storytelling context in chinese fiction, a preliminary examination of it as
a mode of narrative discourse, Tamkang Review, vol. 15, 1984, p. 146.
11 Cfr. Zhongguo xiqu quyi cidian (Dizionario del teatro musicale e delle arti dello spettacolo
popolare), Shanghai 1981; Lao She, Quyi wenxuan, Beijing, Zhongguo Quyi, 1982.
12 La vicinanza personale alla vita popolare della città di Pechino è testimoniata in gran parte
della sua opera letteraria e si traduce nell'uso del dialetto che caratterizza ad esempio
La filosofia di Lao zhang. Sono ambientati a Pechino le novelle e i racconti scritti tra il 1924 e il 1937. Cyryl Birch, a proposito del romanzo
Li hun (Divorzio, del 1933) scrive che la città più che uno sfondo è un personaggio. Cfr.
Lao She, the humorist and his humor, China Quarterly, 8, 1961 p. 47.
13 Dagu: termine che designa un insieme di stili di canti a tamburo diffusi nel nord della Cina, soprattutto nello Shandong, generalmente accompagnati da un piccolo tamburo e da uno strumento a tre corde, sanxian.
14 In: Wo shenyang xie tongsu wenyi (Come ho scritto le mie opere per gli spettacoli popolari), in:
Lao She shenghuo yu chuangzuo zishu (La vita e l'attività letteraria di Lao She raccontate da lui stesso), a cura di Hu Jieqing, Renmin Wenxue chubanshe, Beijing 1982, p. 49.
Guci, nome più antico di Dagu, è usato per indicare il componimento in versi, la ballata, più che lo spettacolo.
Xiaodiao è un altro genere di quyi.
15 San pian xiezuo zishu (Racconto di tre anni di lavoro) uscito nel 1941 sulla rivista
Kanzhan Wenyi e parzialmente citato dallo stesso autore in: Wo shenyang xie tongsu
wennyi, op. cit. Zhuizi è un genere cantato della provincia dello Henan, il cui nome deriva dallo strumento a corde usato per l'accompagnamento.
Shulaibao è un genere quyi senza accompagnamento strumentale. I versi in rima sono accompagnati dal battito di due pezzi di osso di bue o di bambù e sono eseguiti con molta improvvisazione.
16 Zhizuo tongsu wenyi de kutong (La difficoltà di produrre l'arte e la letteratura popolare),
Kangzhan Wenyi, 15 ottobre 1938. Citato in forma abbreviata in Hung Changtai, op. cit pp.
197-198.
17 op. cit. p. 199.
18 San man xiezuo zishu. Citato dallo stesso Lao She in:
Wo shenyang xie tongsu wenyi (Come ho scritto le mie opere per gli spettacoli popolari) in:
Lao She shenghuo yu chuangzuo zishu, op. cit. p. 51.
19 Wo shenyang xie tongsu wenyi, op. cit. p. 51.
20 Ibidem.
21 Si tratta di tre testi per Dagu. Wang Xiao gan
lü, (Wang Xiao guida l'asino) tratta di patriottismo e sacrificio raccontando come un tranquillo giovane che vive prendendosi cura del suo asino decide di combattere contro gli invasori. Questo fu probabilmente il primo nucleo di un soggetto che l'autore riprenderà più tardi in un
huaju dal titolo Guiqu lai xi. Gli altri due sono Zhang Zhong dingji
(La strategia di Zhang Zhong) e Da xiao riben (Combattere i giapponesi). Altre composizioni di questo tipo, dello stesso periodo, sono due
Dagu del 1938: Erqi kangzhan (la seconda fase della guerra di resistenza) e Jian bei pian
(A nord del passo di Jian); Beidu zan è invece una elegia per la capitale durante la guerra, scritta nel 1942, mentre
Nüer jing (il Classico delle donne, del 1938) è una composizione del genere
Kuai ban (dialogo comico ritmico con accompagnamento di nacchere di bambù).
22 Wo shenyang xie tongsu wenyi op. cit. p. 52. Nella raccolta
San si yi è contenuto anche un racconto in stile tradizionale che l'autore così commentava nella introduzione: "Per motivi di tempo, l'ho scritto male".
23 Pubblicato a New York nel 1952 nella traduzione di Helena Kuo (Harcourd Brace and Co.). Il manoscritto è andato perduto e la versione cinese del 1980 è la traduzione dall'inglese di Ma Xiaomi. Questa e le citazioni che seguono sono tratte da: Lao She,
The drum singer, translated by Helena Kuo, Joint Publishing Company, Hong Kong 1987. L'introduzione è del figlio, Shu Yi. Un esempio precedente di trattazione letteraria di quest'arte è il romanzo del tardo periodo Qing,
Lao Can youji (I viaggi di Lao Can), di Liu E
(1857-1909), Beijing, Renmin Wenxue Chubanshe 1983 (traduzione inglese di Harold Shadick, Ithaca, Cornell University Press 1952).
24 Ivi p. 3.
25 Ivi p. 41.
26 Ivi p. 43.
27 San nian xiezuo zishu. Citato in: Wo shenyang xie tongsu wen
yi, op. cit. p. 52.
28 p. 111.
29 Cf. Introduzione citata, p. IX.
30 Cfr. nota n. 5.
31 Ibidem, per questa citazione e le successive.
32 Autore di Leiyu (Il temporale, uscito nel 1934) un dramma nel quale è evidente l'esempio della drammaturgia borghese europea. Cfr. Cao Yu,
Thunderstorrn, trans. Wang Tsoliang and A. C. Barnes, preface by Cao Yu, Peking, Foreign Language Press, 1958.
33 Cfr. Lao She nianpu, Hefei, Huangshan shushe 1988.
34 Cfr. Teo Lay Teen, Lao She post 1949 era, and bis propaganda play Dragon beard
ditch, Chinese culture, vol. 36, n. 3, 1995 p. 76.
35 Xiangsheng e un genere di quyi senza accompagnamento strumentale diffuso in tutta la Cina. È un genere sia parlato che declamato, la cui caratteristica principale è la comicità.
36 Queste e altre ballate furono raccolte in: Lao She,
Guo xinnian (Celebrare il nuovo anno), Shanghai, Chenguang chupanshe, 1951.
37 Cfr. Lao She, Guan yu xiangsheng xiezuo, Wuhan, Tungsu chupanshe 1951.
38 Lao She, The Drum singer, op, cit. p. VIII.
39 Nel 1950 Lao She presiedeva anche la sezione di Pechino della Unione di letteratura e arte.
40 cit. in Teo Lay Teen: Lao she, Post 1949 era and his propagand play Dragon Beard
ditch. Chinese culture, vol. XXXVI, 3, 1995, p 78.
41 Lao She, How I wrote "Dragon Beard Ditch" in:
Dragon Beard Ditch, a play in three acts by Lao She, trans. Liao Hongying, Beijing, Foreign Language Press 1956, p. 93.
42 Il personaggio di Cheng il matto - un cantastorie che è stato rovinato da alcuni malavitosi
- usa spesso versi in rima, giochi di parole, richiami a detti popolari e a volte anche il linguaggio formale dell'opera tradizionale. Solo lui, sin dal primo atto, riesce a intravedere tempi migliori per tutti. Per un'analisi delle sue battute cfr. Teo Lay Teen:
Lao she, Post 1949 era and his propagand play Dragon Beard ditch. Chinese culture vol. XXXVI, 3, 1995. p. 86.
43 How I wrote Dragon Beard Ditch, op. cit.
44 David Wang der Wei, Fictional realism in 20th century
China, op. cit. p. 111.
45 Lao She, Sulle mie sette opere huaju, op. cit.
46 Rabin Vohra, Lao She and the chinese
revolution, Harvard University, East Asia Research Center, 1974, p. 155.
47 Altre opere satiriche di generi diversi furono dedicate allo stesso tema quello stesso anno: cfr. Teo Lay Teen,
The problems of satire, Lao She Looking west lo Chang'an, Chinese Culture XXXIII, 3, 1992.
48 Teo Lay Teen, op. cit., pp. 64 - 65.
49 Zhou Yang, Building a Socialist Literature in: Chinese Literature, 1956 n. 4 p. 216.
50 Cfr. Teo Lay Teen, op. cit., pp. 59 e 68.
51 Cfr. Ranbir Vohra, op. cit., p. 154.
52 Bonnie McDougall, Kam Louie, The literature of China in the twentieth
century, London, Hurst, 1997, p. 303.
53 Koon-ki Ho, From the absurdist to the realist, a reading of Lao She's Teahouse, from a comparative
perspective, Oriens Estremus, 39, 2, 1996, p. 221.
54 Dafu youguan "Chaguan" de jige wenti, in
Lao She shenghuo yu chuang zuo zishu, op.cit. p.142.
55 Koon-ki Ho, From the absurdist to the realist...
op. cit., p. 221.
56 Xian tan wo de qi ge huaju, op.cit.
57 Il trattamento dei personaggi conserva la stesse particolarità dei drammi precedenti. Secondo
Koon-ki Ho: "Non un solo carattere in Chaguan è stato trattato in profondità, tutti restano fino alla fine solo al livello di personaggi senza sviluppo",
op. cit., p. 214.. Mentre
Koon-ki Ho legge questo problema nella chiave del teatro dell'assurdo ponendo Chaguan in relazione ad
Aspettando Godot, mi sembra più pertinente richiamarsi a quanto affermato da John L. Bishop a proposito del trattamento dei personaggi nella narrativa tradizionale cinese: "Per il narratore cinese la vita mentale dei suoi personaggi è un'area cui si accede brevemente quando necessario e con timidezza... raramente ci mostra la differenza tra ciò che è detto e ciò che è mostrato".
Some limitations of chinese fiction, in: Studies in chinese
literature, Harvard University Press, 1965, p. 243.
58 Koon-ki Ho, op. cit., cfr. p. 210- 212.
59 ivi p. 211.
60 Ru lin wai shi (Una storia non ufficiale del mondo dei letterati, spesso citato come
I Letterati) di Wu Jingzi
1701-1754; trad. inglese The Scholars, Beijing, Foreign Language Press, 1973. In proposito cfr. Lin Shuenfu,
Ritual and narrative structure in
Ju-lin wai shih, in: A. Plaks ed., Chinese Narrative, Critical and Theoretical
Essays, Princeton University Press, 1977, pp.
244-265.
61 Analoghe considerazioni sono state fatte anche a proposito di uno degli ultimi romanzi di Lao She. Cfr. Paul Bady
Pekin ou le microcosme dans "Quatre generations sous un meme tôit" de Lao
She, Toung Pao, LX, 4-5, 1974, p.
325-26: "La grande opera incompiuta che è Si shi tong tang sarebbe piuttosto un ritorno alla concezione tradizionale del romanzo cinese. Le lezioni straniere che l'autore aveva raccolto in
Lao niu Poche, continuano a servire in particolare per le caratterizzazioni dei personaggi e per il dialogo o ancora, quando si tratta di mettere in relazione un sentimento con un paesaggio. Ma il romanziere d'altra parte rompe manifestamente con i principi che aveva contribuito a definire".
62 Koon-ki Ho, op. cit., p. 221.
63 Andrew H. Plaks, Towards a critical theory of chinese narrative in:
Chinese narrative, Critical and theoretical essays. A. Plaks ed., Princeton University Press, 1977, p. 314.
64 Andrew H. Plaks, Towards a critical theory of chinese
narrative, op. cit., p. 338.
65 Narrativa popolare orale, teatro e narrativa colta scritta avevano sempre condiviso in Cina un patrimonio di storie. Come ha scritto John L. Bishop, "Il romanzo colloquiale si evolveva da un processo di accrescimento da gruppi di brevi racconti, combinati probabilmente con le versioni teatrali, che trattavano uno stesso episodio pseudo
- storico .... Probabilmente la maggiore influenza delle sue prime origini sul romanzo, e quella che più disturba il lettore occidentale, è la qualità eterogenea ed episodica dell'intreccio",
Some Limitations..., op. cit., p. 240.
66 Andrew Placks, Toward a critical theory of chinese
narrative, op. cit., p. 327.
67 cfr. David Wang der Wei, Fictional realism in twentieth century China, op. cit.,
pp.
15-17.
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