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EDITORIALE

Il ritorno di Macao alla Cina

di Piero Corradini

Il 20 dicembre 1999 Macao è ritornata a far parte della Cina. Al fine di comprendere l'importanza di questo ritorno, sarà necessario ripercorrere brevemente le fasi principali della storia di Macao e del ruolo che questa città ha avuto nella storia dei rapporti tra Europa e Cina.
Per fare questo, dobbiamo rivolgere il nostro sguardo indietro, fino alla seconda metà del secolo XV quando l'arte europea della navigazione conobbe grandi progressi e le navi europee diventarono capaci di compiere grandi traversate. Venne doppiato il Capo di Buona Speranza e scoperto il continente americano. Navi spagnole e portoghesi solcarono da padrone gli oceani e dettero inizio a una grande spinta espansionistica.
La frattura verificatasi nella cristianità con la riforma protestante provocò una reazione nel campo cattolico, gravida di conseguenze. Alla "Riforma" dei Protestanti, i Cattolici risposero con la "Controriforma"; con un movimento, cioè, che se da un lato recepiva alcune istanze dell'umanesimo, dall'altro ristrutturava profondamente la Chiesa e dava una nuova spinta missionaria. Se la Chiesa Cattolica aveva perso interi paesi europei, come gran parte della Germania, l'Inghilterra, la Svezia e tutto il Nord-Europa, ora, grazie alle scoperte geografiche, poteva espandersi verso altri popoli e altre nazioni.
A partire dalla seconda metà del XV secolo, invece, la Cina si chiuse ad ogni contatto con l'esterno. La dinastia dei Ming (1368-1644) rifiutò ogni innovazione o perturbamento che potesse giungere da fuori.
Mentre la Cina si chiudeva in se stessa, nel sud cominciavano ad apparire le navi europee. Dopo la circumnavigazione dell'Africa, realizzata nel 1498 da Vasco de Gama, i Portoghesi avevano dedicato tutte le loro energie all'espansione commerciale verso le Indie Orientali. Dopo avere stabilito il loro dominio su alcuni punti delle coste indiane, come Goa e Diu, si spingevano sempre più verso oriente, rivendicando alle sole navi battenti bandiera portoghese l'esclusivo diritto ad incrociare in quei mari.
Nel 1511 l'ammiraglio Albuquerque s'impadroniva di Malacca, guadagnando al suo paese il controllo dello stretto, sul quale oggi sorge Singapore, passaggio obbligato per tutti i traffici dall'Oceano Indiano all'Estremo Oriente. Nel 1514 le prime navi comparivano nell'estuario del Fiume delle Perle, di fronte a Canton. In un primo tempo i Portoghesi vennero considerati alla stessa stregua dei corsari giapponesi, ma dopo pochi lustri si concesse loro di aprire degli stabilimenti commerciali nell'attuale Macao (cinese: Aomen) che divenne la base per la penetrazione europea all'interno della Cina.
Quando le prime navi portoghesi si spinsero nei mari dell'India e della Cina trovarono che i Cinesi li avevano abbandonati, lasciando un vuoto che fu facile colmare da parte dei nuovi arrivati, che riuscirono ad impiantare agevolmente il loro controllo sui mari e su alcuni punti strategici.
I Portoghesi, infatti, nel costruire il loro impero commerciale, non colonizzarono intere regioni sottomettendole completamente al loro dominio come gli Spagnoli in America e nelle Filippine. Essi non tentarono nemmeno di costituire colonie di popolamento (cioè con trasferimento di popolazioni dalla madrepatria) come avrebbero fatto in seguito Inglesi e Francesi nell'America settentrionale. Si limitarono, invece, a stabilire il loro controllo politico e militare su alcune località costiere da usare come basi di appoggio e centri commerciali. Ecco perché sulle coste dell'India stabilirono il loro centro principale a Goa ed in Cina si insediarono a Macao.
Goa e Macao furono per circa tre secoli le basi da cui si irradiò l'influenza portoghese ed europea nell'Asia Orientale. La prima è tornata recentemente a far parte dell'India ed oggi, venuta a mancare ogni importanza politica e commerciale, è soprattutto un centro turistico che attira non solo per il clima ma per l'interessante commistione di architettura europea ed indiana. Macao, che nel 1999 tornerà a far parte della Cina, col declinare della potenza portoghese, perse anch'essa d'importanza, soppiantata dalla vicina colonia inglese di Hong Kong.
L'arrivo degli Europei in Asia Orientale fu gravido di conseguenze. Non solo, infatti, l'arrivo, con essi, dei missionari cattolici dette luogo ad un interscambio culturale che avrebbe segnato profondamente sia la vita intellettuale cinese che quella europea, ma sul piano più strettamente pratico, portò a cambiamenti nella vita economica e materiale della Cina. Con gli Europei giunsero in Cina le piante alimentari americane - granoturco, patata dolce, arachide - che rivoluzionarono l'agricoltura cinese e consentirono di mettere a coltura terreni fino allora considerati di scarsa resa e aumentarono la produttività in termini di resa calorica, di terre diversamente coltivate in passato. L'argento di provenienza americana, con cui specie gli Spagnoli, stabilitisi nelle Filippine, pagavano le importazioni di tè e porcellane dalla Cina, divenne all'interno dell'impero il principale mezzo di scambio, eliminando la carta moneta che, introdotta sotto i Mongoli della dinastia Yuan (1278-1368), aveva continuato ad essere emessa per tutta la prima metà della dinastia Ming. Le armi da fuoco, già note ai Song (960-1278) ed ai Mongoli, furono reintrodotte nelle forme e nei modelli perfezionati degli Europei, portando ad una modifica sostanziale delle tecniche della guerra.
Ad opera degli Europei la chiusura imposta dalla politica del governo imperiale non fu più assoluta: ma il continuo pericolo rappresentato dai pirati giapponesi, dalla tentata invasione giapponese progettata da Toyotomi Hideyoshi (1536-1598) e dalla pressione che i Mongoli continuavano ad esercitare nel nord rendevano i Cinesi sospettosi nei confronti degli stranieri, che rimasero confinati a Macao senza avere alcuna possibilità di entrare e viaggiare liberamente all'interno dello sterminato impero.
La dominazione portoghese su Macao si esercitò, praticamente indisturbata, per oltre quattro secoli. L'eclissi dell'indipendenza lusitana, dopo l'unione del Portogallo con la Spagna, segnò una battuta d'arresto nella sua espansione e l'inizio del declino della sua potenza coloniale. Ma i Portoghesi di Macao, che pure avevano dato un aiuto concreto alla dinastia Ming, alla metà del secolo XVII, vennero tollerati anche dai Mancesi (dinastia Qing, 1644-1911), anche se l'Impero Cinese a lungo non considerò mai perduta la sua sovranità sul territorio.
Le guerre che in Europa coinvolsero il Portogallo e le altre potenze europee ebbero le loro ripercussioni su Macao. Così nel 1622 gli Olandesi tentarono di impadronirsi della città, ed in tale occasione i Portoghesi ottennero dalle autorità cinesi l'autorizzazione a costruire la Fortaleza do Monte. Ancora all'inizio dell'800, durante le guerre napoleoniche, ci furono due tentativi inglesi di occupazione (1802 e 1808). Ma anche questi non ebbero conseguenze.
La sovranità cinese, anche se non esercitata direttamente, non veniva posta in discussione. Nel settembre 1839 l'Alto Commissario Imperiale Lin Zexu (1785-1850) vi compí una visita con tutte le insegne del suo grado ed i Portoghesi dovettero accoglierlo come rappresentante del potere imperiale.
Pur tuttavia, anche se la sovranità portoghese non era formalmente riconosciuta, alcune istituzioni tipiche del Portogallo avevano già fatto la loro comparsa a Macao. La più importante era stata l'istituzione del Senado da Càmara (1586), poi denominato, come ancora oggi, Leal Senado. L'organizzazione del Senado proveniva dalla tradizione municipale del Portogallo dove gli organi rappresentativi rappresentavano gli interessi della popolazione nei confronti della autorità regia. Il Senado di Macao intendeva anche esso rappresentare gli interessi della popolazione, ma soltanto di quella portoghese, in quanto per i Cinesi esistevano altre organizzazioni locali, tipiche della società cinese del tempo. È da notare, però, che mentre i municipi portoghesi detenevano la titolarità dei loro diritti permanenti sul territorio, il Senado di Macao pagava annualmente una rendita alle autorità cinesi, il foro do chào, che gli conferiva un diritto di natura precaria e permetteva ai Portoghesi di abitare ed esercitare le loro attività a Macao.
Lo status del possedimento cambiò con l'avvento dei "trattati ineguali" tra le potenze europee e l'Impero Cinese. Dopo il Trattato di Nanchino (29 agosto 1842) a conclusione della "guerra dell'oppio" con cui la Gran Bretagna si assicurava il possesso della vicina Hong Kong, il governo portoghese decideva unilateralmente, nel 1844, di integrare Macao nel suo sistema coloniale, emanando lo Estatuto Orgànico de Macau. Il Governatore Ferreira do Amaral, che in seguito sarebbe caduto vittima di un attentato da parte di Cinesi che reagivano alle sue imposizioni, mise in atto l'affermazione della sovranità portoghese con una serie di atti che rompevano con la tradizione cinese. Tra questi va ricordata la costruzione di strade nel nord del territorio con la conseguente distruzione e profanazione di tombe cinesi, in netto contrasto con le pratiche del culto degli antenati. Su proposta di Amaral, inoltre, veniva emanato il decreto della regina Maria II del 20 novembre 1845 che aboliva i posti doganali cinesi, fino ad allora segni tangibili e visibili della sovranità cinese.
Ancora nel 1849 lo status della colonia non era chiaro sul piano internazionale se le autorità britanniche di Hong Kong facevano sbarcare una forza navale per liberare un cittadino britannico protestante, certo James Summers, arrestato per non essersi scoperto il capo durante una processione cattolica. Alle proteste di Amaral gli Inglesi rispondevano affermando che Macao era territorio cinese e che in Cina, secondo il regime dei trattati, i cittadini britannici godevano di particolari privilegi.
Con il successivo Trattato di Tianjin (1862) veniva riconosciuto dal governo cinese il diritto di occupazione perpetua di Macao da parte dei Portoghesi. Questo diritto veniva confermato successivamente dal Protocollo di Lisbona, del 1887, e dal Trattato Commerciale Cino-Portoghese di Pechino, del 1888.
Il passaggio di Macao alla sovranità portoghese non significò una sua estraniazione dalla Cina. Fu anzi proprio il fatto che il potere imperiale cinese non avesse più alcun potere a Macao che permise a Sun Yat-sen di esercitarvi per un breve periodo la professione medica e di farne un centro per le sue prime attività rivoluzionarie.
Nel 1928 il governo cinese nazionalista di Chiang Kai-shek (Jiang Jieshi) dette inizio alla revisione dei "trattati ineguali" e si cominciò a parlare di un ritorno di Macao alla Cina. Ma gli avvenimenti cinesi successivi non permisero che l'iniziativa fosse portata avanti. Durante la Seconda Guerra Mondiale i Giapponesi, che avevano occupato Hong Kong, rispettarono sostanzialmente la sovranità e la neutralità portoghese, anche se loro contingenti entrarono nel territorio per reprimere attività anti-giapponesi. Nel 1945 il Governo Nazionalista Cinese ripropose la questione del ritorno di Macao alla Cina, ma anche questa volta senza esito, per lo scoppio della guerra civile cinese.
Con l'avvento, nel 1949, del regime comunista cinese di Mao Zedong, l'isolamento internazionale al quale esso fu sottoposto valorizzò nuovamente i due possedimenti coloniali stranieri di Hong Kong e Macao, che furono a lungo gli unici luoghi del commercio internazionale cinese. Ciononostante, durante la Rivoluzione Culturale Cinese grossi disordini scoppiarono a Macao nel dicembre 1966 e per un momento sembrò che le autorità cinesi volessero intraprendere un'azione di forza per la riconquista della colonia. Gruppi di Guardie Rosse si concentrarono alla frontiera, navi da guerra cinesi fecero la loro comparsa nelle acque prospicienti e Radio Pechino diffuse attacchi contro le "atrocità" commesse dai Portoghesi. Il governo del Dittatore Salazar riuscì a controllare la situazione, anche grazie ai legami personali che univano il Ministro degli Esteri Caeiro da Mata con Zhou Enlai, del quale era stato compagno di studi a Parigi, in gioventù. Sembra anche che lo stesso Mao Zedong si fosse espresso favorevolmente nei confronti dei Portoghesi, da lui definiti gli "unici che hanno sempre rispettato la Cina ".
Gli anni '70 videro cambiare nettamente la situazione politica in Portogallo e in Cina. Da una parte la Rivoluzione del 25 aprile 1974 riportava la democrazia in Portogallo, dall'altra la scomparsa di Mao Zedong e la disfatta della cosiddetta "Banda dei Quattro" mutava sostanzialmente la politica cinese anche nei confronti dell'esterno. Il problema di Macao, come anche quello di Hong Kong, si avviava rapidamente verso la soluzione.
Il problema principale per la soluzione politica della questione di Macao era rappresentato dalla impossibilità di una interazione del suo sistema economico in quello della Cina Popolare. Lo stesso problema si presentava, e si presenta, per risolvere anche il problema di Hong Kong e di Taiwan.
La soluzione che è stata trovata, ma della quale bisognerà sperimentare la fattibilità, consiste in una formula che va sotto il nome di "un paese, due sistemi". La prima formulazione di questo concetto si ritrova nelle dichiarazioni fatte da Deng Xiaoping a un corrispondente del Washington Post nel novembre 1978. Allora Deng, riferendosi al problema di Taiwan, avrebbe detto che dopo l'unificazione pacifica l'isola avrebbe potuto mantenere il suo sistema sociale e la sua economia non socialista. Il 30 settembre 1981, Ye ]ianying, all'epoca Presidente del Comitato Permanente dell'Assemblea Nazionale, in una dichiarazione ufficiale diretta ai "compatrioti di Taiwan" enunciava "Nove Garanzie" in vista dell'unificazione. Tra queste le più importanti erano quelle in base alle quali, dopo l'unificazione, Taiwan avrebbe potuto mantenere le sue forze armate e che nessun cambiamento sarebbe stato richiesto nell'economia, nei rapporti sociali e nei legami economici e culturali con l'estero. Secondo le proposte di Pechino, Taiwan avrebbe potuto aspirare allo status di Zona Economica Speciale, come previsto dall'art. 31 della Costituzione del 1982 che allora si stava elaborando.
Questa formula trovò fredda accoglienza a Taiwan, ma apprezzamento all'estero, finanche dal Governo degli Stati Uniti. Essa venne usata per risolvere il problema di Hong Kong e Macao e recepita dagli accordi con la Gran Bretagna e il Portogallo. In base alla Dichiarazione Congiunta Cino-portoghese del 13 aprile 1987, la formula "un paese, due sistemi" verrà applicata a Macao a partire dal 20 dicembre 1999. In effetti, i problemi relativi all'applicazione pratica della formula sono diversi. Essi vanno dal fatto che, una volta che Macao sarà riunita alla Cina continentale, il suo governo sarà ridotto a governo provinciale e, come tale, subordinato all'autorità di quello centrale che, in base alla Costituzione attualmente vigente in Cina, ha il diritto di annullare o modificare i provvedimenti e le decisioni considerate in contrasto con la Costituzione stessa.
Infine l'esperienza storica dimostra che, in altre occasioni, quando i Comunisti cinesi promisero di mantenere il sistema politico, culturale, sociale e religioso esistente, questa politica non venne realizzata. Tale fu il caso del Tibet, anche prima della rivolta del 1959. In ogni caso si tratta di una formula che è in contrasto con tutti i principi del diritto internazionale relativi alla sovranità. Nel XVIII secolo, quando si discusse nelle colonie americane il diritto del Parlamento Britannico di interferire negli affari interni delle colonie stesse, l'unica soluzione trovata fu quella della separazione e della dichiarazione d'indipendenza. In queste condizioni le garanzie promesse rischiano di restare lettera morta. Per queste ragioni la formula è stata rifiutata dalle autorità di Taiwan. Ma non è detto che non possa funzionare a Macao, il cui problema non ha le stesse implicazioni di quello di Taiwan. L'esempio di Hong Kong, la colonia inglese oramai da due anni tornata alla Cina, è a questo proposito illuminante. I cittadini di Hong Kong continuano a vivere come vivevano prima e, salvo il fatto che una guarnigione cinese si è sostituita a quella britannica, sostanzialmente non si sono avuti cambiamenti.

MONDO CINESE N. 103, GENNAIO 2000

 

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