Il disorientamento riscontrato tra i critici cinesi al primo apparire delle opere della letteratura del nuovo periodo
(xin shiqi wenxue) verso la metà degli anni Ottanta,1 si ritrova anche nel lettore occidentale di oggi il quale di fronte a opere come quelle di Can Xue, Acheng, Liu Suola, Xu Xing, Mo Yan, Ma Yuan, Ge Fei, Chen Cun, Yu Hua e di altri autori cinesi contemporanei rimane forse affascinato ma anche e, soprattutto, perplesso, sconcertato. Nelle opere di questi autori sembra esserci qualcosa di detto e non detto, qualcosa che sfugge. D'altro canto la critica cinese raggruppa tali opere sotto definizioni come
xinchao, nuova ondata,2 o xin shiqi
wenxue, letteratura del nuovo periodo, che lasciano presagire che qualcosa di nuovo vi sia. Ma cosa?
Il tentativo proposto di lettura critica del racconto Shan shang de xiao wu3 della scrittrice Can Xue cercherà di fornire in proposito alcune idee.
Per un'analisi dei testi degli autori sopraccitati appare necessario dotarsi di uno o più strumenti critici che consentano di leggerli dietro e oltre la superficie. Già nel 1977 Andrew H. Placks sottolineava, rispetto alla letteratura cinese, in generale, la necessità di stimolare studi che approdassero alla definizione di parametri
critici.4 Secondo Plaks, nei vari studi su alcune delle opere più rappresentative della tradizione cinese classica da lui presi in considerazione, si riscontravano alcuni aspetti fondamentali della teoria narrativa che coincidevano. Porre quegli aspetti al centro della riflessione di studi di letteratura comparata, probabilmente, poteva condurre, secondo Placks, alla definizione di una teoria critica con la quale affrontare il corpus della narrativa cinese.
La lettura che viene proposta del racconto di Can Xue vuole essere un contributo, seppur modesto, nella direzione indicata da Andrew H. Placks.
Al fine di dare uno sviluppo organico a questo esame si è operato lungo due direttive. Da una parte sono state prese in considerazione le metodologie critiche occidentali. Se queste sono applicabili ai testi occidentali dovrebbero esserlo anche a testi non in lingue occidentali se considerati puramente come 'testo' , per quanto, come in questo caso, 'testo' in cinese. Del resto, per il formalismo russo
il critico deve studiare l'opera letteraria,5 e il testo è l'oggetto letterario di fronte al quale il critico:
(...) si chiedeva non perché o da chi fosse stato fatto, ma 'come era fatto', incominciava a indagare non le spinte sociali o psichiche che informano l'opera bensì le norme estetiche che sono particolari di quel dato tipo di letteratura e che si impongono all'autore, indipendentemente dal suo credo sociale o dal temperamento
artistico.6
Partendo dalla disamina del formalismo russo per arrivare via via alle teorie critiche contemporanee, sono stati enucleati alcuni degli elementi fondamentali della speculazione critica occidentale in quanto aspetti primari della narrativa in sé. In particolare, sono stati presi in considerazione quattro elementi: la trama, i personaggi, l'elemento temporale e l'aspetto
topologico.7
Se da una parte si è fatto ricorso ad alcuni principi guida dell'esperienza critica occidentale, dall'altra sono anche stati presi in considerazione elementi di riflessione ricavati dalla lettura dei testi della critica letteraria cinese che, per tutta la seconda metà degli anni Ottanta, è percorsa da uno spirito dapprima di analisi del testo ma poi di rinnovamento degli stessi strumenti critici di analisi non essendo più quelli maoisti
soddisfacenti8 per l'interpretazione di opere che rappresentano una diversa condizione umana e una diversa concezione del
mondo.9
La scelta di una lettura critica è caduta sul racconto di Can Xue10 per due motivi: il primo è che in questo racconto sembra condensarsi tutto quel processo di riflessione in campo letterario che, avviato in Cina già sul finire degli anni Sessanta, si era ampliato subito dopo la scomparsa di Mao e aveva continuato a svilupparsi per tutta la prima metà degli anni Ottanta; il secondo è che con esso si apre quella stagione sperimentale che porterà gli scrittori cinesi a una reinvenzione della loro lingua.
In relazione al primo elemento di analisi considerato, se si cerca in
Shan shang de xiao wu una trama si noterà subito che essa manca, a meno di voler considerare trama il fatto che un 'io', non altrimenti identificato, sia attratto verso una piccola casa perché, a quanto pare, qualcuno al suo interno si lamenta e scalpita. Questo 'io' fa due tentativi per raggiungere la casa ma una prima volta la fatica e una luce accecante glielo impediscono e una seconda volta, di fatto, la piccola casa sulla collina non c'è. Per di più, la narrazione dei due tentativi non è susseguente ma è inclusa in un testo intercalato da poche, scarne battute dalle quali si ricava che il rapporto tra 'io' e i suoi familiari, la madre, il padre, la sorella, non è idilliaco. 'Io' come attività preferite ama sedere su una poltrona con le mani poggiate sulle ginocchia oppure riordinare un cassetto.
Il racconto, dunque, non presenta una trama ma piuttosto una sorta di 'ossatura'. Tale ossatura sembrerebbe essere circolare poiché il racconto inizia con la piccola casa e con essa si conclude ma, in realtà, si tratta di un'ossatura lineare perché se all'inizio la piccola casa c'è alla fine invece non c'è. Il racconto, infatti, inizia:
Sulla collina desolata dietro alla casa della mia famiglia, vi è una piccola casa costruita con assi di
legno,11 e finisce: né vi è la piccola
casa12. Si nota che quanto affermato all'inizio è negato alla fine, quindi, il punto di partenza è diverso dal punto di arrivo. Direttamente connessi alla piccola casa anche in senso logico, e quindi parte integrante dell'ossatura, sono i due brani nei quali l'io narrante va su per la collina.
Tutti gli altri brani, che sono per lo più in forma dialogica, si innestano su questa ossatura ma, poiché ciascuno introduce nuovi contenuti, sembrano 'appoggiarsi' all'ossatura senza farne veramente parte. Ma, poiché 'si appoggiano' suggeriscono di avere con essa un qualche tipo di relazione.
Se nel racconto non è possibile parlare di trama altrettanto difficile è parlare di personaggi. Perno della narrazione è
wo13 che è anche io narrante ma del quale non si hanno dettagli descrittivi. Si viene a conoscenza del fatto che questo
wo ama sedere su una poltrona dalla quale percepisce quanto accade intorno, che si impegna costantemente a far ordine nei cassetti, che cerca di saperne di più circa la piccola casa sulla collina ma non si sa con esattezza nemmeno se si tratti di un zoo maschile o femminile. Il rapporto di contrasto, e in un certo senso competitivo, con la madre, come si evince dallo scambio di battute, suggerisce che si tratti di una donna. Conflittuali, in modo ambiguo, sono anche gli altri rapporti di
wo con il padre e la sorella. Del resto tutti i dialoghi del racconto sono in realtà delle frasi in discorso diretto e hanno ben poco del dialogo, visto che ogni frase sembra introdurre elementi non collegati alle frasi precedenti. Ecco, per fare un esempio, l'attacco di ciascuno dei tre capoversi del dialogo, tra la madre e l'io narrante, che si susseguono all'inizio del racconto: a)
eh, mai e poi mai si riesce a far buon ordine nei cassetti; b) tutti hanno problemi con le
orecchie; c) ogni volta che entri in camera mai per cercare qualcosa, mi fai tremare di
paura.14 Sembra, allora, che le figure della madre, del padre e della sorella di
wo scaturiscano dall'immaginario del lettore in quanto puramente suggerite, accennate nel testo. Del padre, colpisce la sua ossessione per un paio di forbici da lui gettate, non si sa se realmente o meno, nel pozzo della casa in fondo al quale arrugginiscono.
Ugualmente indefinibili sono la persona rinchiusa nella piccola casa sulla collina, e anche qui non si sa se davvero o solamente nell'immaginazione di
wo, e l'uomo che armeggia nei pressi del pozzo. Mentre, infine, vanno menzionati i
lupi, i ladri, il numero indefinito di buchi fatti da dita
umane, le farfalline morte, le libellule morte, i molti grossi
topi, il grasso lombrico, la gran folla di cervi volanti che popolano e scuotono la narrazione.
Del terzo punto di interesse, l'elemento temporale, si notano due caratteristiche. I tempi del verbo corrispondono, per lo più, al modo indicativo del verbo italiano. Al presente o al passato esprimono il modo della realtà:
vi è una piccola casa costruita con assi di legno, mi seggo su una poltrona, mamma dice, accendo la luce, un giorno decisi e così via. Inoltre, nel caso delle azioni compiute, esse riportano di continuo al momento dell'attualità della narrazione che sembra così essere il fulcro dell'interesse temporale.
L'aspetto topologico, infine, evidenzia due topoi: la piccola casa sulla collina e la casa dell'io narrante. La prima occupa una posizione di rilievo e, infatti, è menzionata già nel titolo del racconto. Si trova in collina, in una posizione più elevata rispetto alla seconda, e la collina, che a questa la collega, è desolata. Dalle informazioni dell'io narrante si presume che la piccola casa imprigioni qualcuno al suo interno.
La seconda casa presenta tre elementi dominanti: la stanza dell'io narrante, quella dei suoi genitori, il pozzo. A parte il fatto che la casa sia piuttosto malandata, è descritta con
buchi e fessure e a parte lo scambio di battute da una stanza all'altra tra wo e i genitori, il discorso diretto non chiarisce quanto vi accada dentro. Ancor meno comprensibile è quanto avviene fuori dalla casa. Sembrerebbe che, attraverso buchi e fessure, il caos esterno voglia penetrare all'interno. A sua volta, il pozzo è fonte di ansia sia per la fissazione paterna per le forbici sia per l'incertezza provocata dalle intenzioni sconosciute dell'uomo che si aggira nei suoi pressi.
I quattro elementi presi in considerazione, la trama, i personaggi, l'elemento temporale e l'aspetto topologico, acquisiscono un rilievo particolare grazie a una costruzione del periodo estremamente semplice. La lingua, infatti, scorre in sequenze di soggetto, predicato e complemento. L'andamento della lettura è:
Sulla collina desolata dietro la casa della mia famiglia, vi è una piccola casa costruita con assi di legno.
Ogni giorno a casa metto in ordine il cassetto. Quando non metto in ordine il cassetto, rni seggo su una poltrona, poggio le mani sulle ginocchia, sento sibilare. È il vento del Nord che frusta ferocemente il tetto della piccola casa fatto di corteccia d'abete, l'ululato dei lupi riecheggia nella valle.
"Eh, mai e poi mai si riesce a far buon ordine nei cassetti." Dice mamma. Mi guarda, atteggia un sorriso
ipocrita.15
In un ritmo così linearmente cadenzato, alcuni elementi colpiscono in modo particolare. Tra questi possono essere sottolineati: a) l'uso del verbo essere
(shi) nella frase E' il vento del Nord che insolitamente inizia la frase senza essere preceduto da un soggetto; b) la frase introdotta da
l'ululato dei lupi che è inserita come d'improvviso, staccata dal contesto; c) la costruzione delle due coordinate
mi guarda, atteggia un sorriso ipocrita ancora una volta priva di soggetto e senza neanche l'atteso
zhe del modo del gerundio.
A disturbare le aspettative del lettore contribuiscono anche altri elementi che sono di natura semantica. Nello stesso brano, inconsueto è l'uso dell'aggettivo
feroce (xiongmeng) e del verbo frustare (chouda) che riferiti al vento del Nord ne rimandano un'immagine umanizzata. Altrettanto inaspettato è l'uso dell'aggettivo
ipocrita (xuwei) non solo perché attribuito al sorriso della madre ma anche perché in aperto contrasto con l'uso di un vocabolo intimo come mamma
(mama).
Il racconto è per intero percorso da simili peculiarità16 che 'disturbando' di continuo il lettore ne richiedono la completa attenzione.
Tutti gli altri elementi della poetica che lo caratterizza sono già presenti nella parte iniziale.
Innanzitutto la dualità. Questa si coglie subito tra la casa della famiglia e la casa sulla collina, situata proprio dietro alla casa della famiglia. Si coglie anche rispetto alla stessa casa sulla collina che all'inizio c'è e alla fine no. Ed è riproposta dalla condizione di mettere in ordine il cassetto alla quale si alterna quella di sedere su una poltrona. Inoltre, nel racconto, si riscontra una dualità anche tra quanto avviene di notte e quanto avviene di giorno, tra la luce dentro la casa della famiglia e la luce fuori di essa, nonché una dualità di oscurità come si vedrà in seguito.
Notevole è la costante dell'elemento del freddo. Convogliato dall'aggettivo
huang che dà l'idea dello spoglio, del nudo, si rafforza immediatamente con
bei feng, il vento del Nord. Ritornerà con le farfalline e le libellule che sono
morte. È esplicitato nell'espressione sudore freddo usata ben quattro volte, nei
piccolissimi ghiaccioli, nell'acqua fredda che provoca un forte
raffreddore, nel freddo sorriso della madre, nella sua mano fredda come se
congelata. L'elemento del freddo è convogliato anche dalla metallicità delle onomatopee relative alle stoviglie nella credenza,
pingping-guanguan, e ai ghiaccioli nello stomaco, dingding-dangdang.
Da sottolineare è l'elemento della percezione che è caratteristico dell'io narrante e che lo porta a prestare molta attenzione a quanto percepisce intorno: sente sibilare, vede i buchi fatti con dita umane, sente saltare bottiglie e contenitori nella credenza, sente i suoni che provengono dalla casa sulla collina.
Nel quarto capoverso, si trova il termine maobing. Il termine ha diverse accezioni: a) disturbo, sfortuna, guasto; b) difetto, mancanza, errore; c)
malattia.17 Più volte si ritrovano nel testo frasi che trasmettono il senso di questi vari significati: a)
ho pressato un piede contro l'asse del letto, ho girato di fianco la mia testa
gonfia; b) ho scoperto che loro approfittando di quando non ci sono scombinano il mio
cassetto; e) questa è una specie di malattia. Questi e altri esempi trasmettono al lettore un'intensa idea di malattia, di malessere non necessariamente fisico.
Ricollegabile a questo elemento e all'elemento della percezione, è l'elemento del colore:
piccole fiammelle bianche / due grandi cerchi viola / un posto di un'oscurità risonante / scuro / quell'occhio è diventato verde / non appena fa buio / dappertutto un'agitazione di biancore / tutti i capelli sulla tempia sinistra sono diventati bianchi / sul viso una chiazza viola una chiazza blu / il piccolo viso verde nerastro piccole chiazze rosse / nel vento sinistro / nella lucentezza bianca / pietre
bianche. Il prevalere di bianco, nero (hei, anche nelle espressioni collegate all'oscurità o al
vento sinistro), viola, blu e verde, con il rosso usato non in senso eroico ma come attributo di
piccole chiazze, rafforza ulteriormente l'impressione di uno stato di disagio.
Infine, va sottolineata la posizione prioritaria dei lupi menzionati già nel brano iniziale.
Come si è visto, a una prima lettura del racconto di Can Xue risaltano l'estrema linearità dell'apparato linguistico e al tempo stesso quegli elementi di disturbo ai quali si è accennato. Tale linearità non conduce tuttavia a un'immediata comprensione del testo stesso. Alla fine della lettura si rimane piuttosto sbalorditi rispetto a quanto è stato narrato. Non si comprende, infatti, che cosa in realtà sia stato narrato. Ciò che, in un certo senso, destabilizza le aspettative del lettore sono, da una parte, quelle attribuzioni che umanizzano elementi che umani non sono o che 'animalizzano' gli esseri umani; da un'altra, il susseguirsi di azioni che non sembrano essere concatenate; e, infine, all'interno di ciascuna di queste azioni, rapporti di causa ed effetto difficilmente collocabili in un ambito reale.
Allora, è forse possibile tentare una interpretazione del racconto in chiave metaforica.
Il punto di attacco potrebbe essere la frase: è così irritante la luminosità della tua
stanza,18 rivolta dalla madre all'io narrante. Questa frase sembra suggerire uno scontro generazionale e, in questa chiave, può essere letto l'intero racconto.
Il racconto è stato pubblicato nel 1985, periodo in cui maturano le opere rappresentative della letteratura della riflessione retrospettiva
(fansi wenxue). Base di partenza di questa corrente è l'esperienza della Rivoluzione Culturale. Tra le caratteristiche più devastanti di quest'ultima è più volte menzionata la rottura dei rapporti familiari. Già la letteratura della ferita
(shanghen wenxue) aveva evidenziato questa rottura in termini problematici ma Can Xue, imbevuta di un'atmosfera culturale molto ricca, va oltre: disseziona questa rottura, la analizza contestualizzandola.
Sulla fondamentalità della struttura familiare nel contesto cinese dei rapporti confuciani, illustri testi hanno già scritto con profusione di dettagli, si può, dunque, comprendere quanto sia stato profondo l'impatto con un'esperienza storica che di fatto scardinava questa struttura. Poiché, per questo motivo, non sembra irrealistico pensare che la famiglia, come per altro indicato dai 'personaggi', la madre, il padre, la sorella, sia al centro dell'attenzione dell'autrice, una lettura metaforica puó essere applicata agli altri elementi del racconto.
La piccola casa sulla collina sembrerebbe una raffigurazione del complesso della cultura cinese. È situata in collina dunque su un livello più alto, più elevato, al di sopra della casa della quotidianità dell'io narrante, e si trova dietro di questa come il passato di ciascuno. È la tradizione storica perché è costruita, alla maniera tradizionale, con assi di legno. Trasmette inquietudine questa piccola casa perché sembra che qualcuno vi sia stato rinchiuso suo malgrado poiché, infatti, scalpita e si lamenta.
Viene subito in mente la torre nella quale viene rinchiusa una delle mogli in Lanterne
rosse, il film di Zhang Yimou. Dalla collina cadono giù rutilanti, in direzione della parete posteriore della nostra casa, sabbia e
pietre19: sabbia, elemento che sfugge tra le dita, e pietre, cose dure, pesanti, rotolano giù dalla collina, minacciose nel suono, fin dietro alla parete della casa e tutti i familiari, pur consapevoli di ciò e terrorizzati al punto da sudar freddo, sembrano aver dimenticato, ma le coperte imbottite messe al sole ad asciugare testimoniano del loro sudore.
Vi è qualcosa di incomprensibile in questa piccola casa sulla collina perché quando l'io narrante si impegna a salire sulla collina per vedere cosa sia di fatto accaduto, la sua impresa è vanificata da una luce solare che
confonde la mente e offusca la vista, e da una fatica che non consente di
vedere né di sentire e lascia profonde occhiaie.
La piccola casa sulla collina è, così, fonte di disagio sia per l'intero nucleo familiare, sia per l'io narrante e i suoi tentativi di comprendere.
In un clima tempestoso, il disagio non solo muove dall'esterno verso l'interno della casa familiare, ma, e forse proprio per questo, scuote la stessa tradizione storica. Il vento del Nord, probabilmente la Rivoluzione Culturale, con la sua connotazione di freddezza, frusta con ferocia il tetto della piccola casa. Intanto i lupi ululano. Il disagio che cerca di penetrare è visto come un'intrusione, una sorta di violenza, di
molti ladri che si aggirano intorno alla casa, di buchi alle finestre provocati da dita
umane, di grossi topi che nel vento scappano impazziti.
Penetra il disagio nella casa familiare e invischia di sé tutti i rapporti. Non c'è bisogno di sapere se l'io narrante sia uomo o donna, così come non c'è bisogno di dare ai personaggi dei nomi perché non è qui importante il dettaglio del singolo personaggio quanto piuttosto il processo di trasformazione, seguito a un evento di portata storica, che ha interessato la società cinese nella sua globalità.
L'io narrante prova fastidio rispetto ai genitori e poi cerca di proposito di spaventare la sorella. I genitori provano fastidio per quanto fa l'io narrante. La sorella riferisce all'io narrante delle azioni dei genitori.
Ma é possibile analizzare l'evoluzione dello scontro generazionale perché l'approfondimento di Can Xue del problema sembra esplicitarsi nel portare in superficie i motivi culturali che lo hanno provocato.
Partendo dall'io narrante si noterà che, come parte integrante della generazione contemporanea, rispetto ai genitori, è una figura caratterizzata dalla razionalità. Ne è espressione il suo far ordine nel cassetto, tra cose che sono state riposte e conservate, tra quelle cose, dunque, che appartengono alla memoria (quella storica?). Queste, pur rivelandosi nella loro piccolezza di insetti morti, sono, tuttavia,
preziose nell'esperienza individuale dell'io narrante. Altra espressione della razionalità di questo io è il suo atteggiamento contemplativo quando siede sulla poltrona e ascolta, riflette. La ritualità dell'azione, presentata due volte nel testo con le stesse parole, rivela una consuetudine alla riflessione, quasi che la ragione sia lo strumento indagatore che consente di conservare fermezza e stabilità in mezzo al caos. A rafforzare questa idea vi è l'aggettivo ping che si riferisce al modo in cui le mani sono poggiate sulle ginocchia e che convoglia i significati: a) piatto, livellato, liscio; b) sullo stesso livello, equilibrato; c) calmo, pacifico,
quieto.20
È importante sottolineare che l'io narrante si avvia verso la piccola casa per
jiujing, dove jiu ha come primo significato: studiare con attenzione, occuparsi di, investigare (tutto il movimento di revisione culturale in atto in quegli anni Ottanta). Lo fa quando il vento si ferma, quando, cioè, la situazione storica lo consente (la politica di apertura). La scalata non è agevole. È difficile perché quanto si vede è accecante nella sua rivelazione, la luce solare che avvolge tutto ma ferisce. O forse perché ogni pietra, ogni pezzo componente, è di per sé complesso. La ricerca è faticosa e dolorosa. L'io narrante ne è consapevole tant'è che nella sua razionalità si oggettivizza anche da sé osservandosi nello specchio come persona altra:
nage ren. La razionalità dell'io narrante è, comunque, tormentata perché, infatti, l'irrazionalità compressa, il sentimento non trovano vie d'uscita, e di nuovo si torna a pensare alla persona rinchiusa nella piccola casa/tradizione, in essa ingabbiata perché la tradizione ha negato il sentimento (atteggiamento critico nei confronti della Storia razionalizzante).
Seguendo l'io narrante lungo il racconto, si noterà subito che per la madre, e in senso lato per la sua generazione, è impossibile far ordine nei cassetti. L'indagine razionale portata avanti dai giovani genera paura nella generazione più anziana:
ogni volta che vieni nella mia stanza per cercar qualcosa, mi fai tremare di
paura. Al tempo stesso, però, di fronte alla determinazione dei giovani, la generazione più anziana si scansa, si fa di lato,
si ritira di fianco alla porta. È una maniera di nascondere la testa nella sabbia che per i giovani risulta ridicola. La famiglia osserva l'impresa conoscitiva dell'io parlante con il distacco facile e autodifensivo di un'ironia nascosta e al tempo stesso curiosa:
"Questa è una specie di malattia." Si sentono i familiari ridere di nascosto in un posto di un'oscurità risonante.21
Altra indicazione della difficoltà di comunicazione tra genitori e figli è esemplificata dalla confusione che la famiglia crea nell'intimità dell'io narrante, data la diversità della scala dei valori di riferimento, come si ricava dal brano sul disordine fatto di nascosto nel cassetto dell'io narrante che trova sparse per terra quelle preziose farfalline e libellule che per gli altri non contano invece nulla.
La stessa distanza di relazione caratterizza anche il rapporto tra la sorella e i genitori. Ella si riferisce ai genitori con
essi e del loro operato rende conto all'io narrante in una sorta di comunicazione privilegiata tra giovani. Lo sguardo della sorella minore è
zhi gougou, diritto, rigido, cancellato, proprio perché essendo più giovane ha un bagaglio di esperienze necessariamente più limitato e può essere oggetto della benevola presa in giro dell'io narrante.
L'esemplificazione della difficoltà del rapporto genitori/figli si ritrova nel brano:
In cuor mio provo una gran confusione perché alcune delle cose nel cassetto sono andate perdute. Mia madre fingendo di non saperne nulla, tiene gli occhi bassi. Ma quando fissa feroce la mia nuca, io me ne accorgo. Tutte le volte che mi fissa la nuca, in quel punto della testa che lei fissa la pelle formicola e per di più si
gonfia.22
Non a caso il brano trova sviluppo nella descrizione che l'io narrante fa dei ripetuti tentativi dei genitori di seppellire vicino al pozzo quella sua scatola di pezzi del weiqi che l'io narrante altrettanto regolarmente riporta in superficie:
lo so che loro hanno seppellito una mia scatola di pezzi di weiqi di fianco al pozzo dietro alla casa, han già fatto così innumerevoli volte, ogni volta quella scatola è stata tirata fuori da me nel mezzo della
notte.23
Ancora una volta sono, così, riproposti sia l'elemento del contrasto tra il voler sapere dei giovani e il non voler sapere dei meno giovani, sia quello della razionalità dell'io narrante suggerita dai pezzi del
weiqi che, a loro volta, richiamano alla mente la scacchiera del gioco suddivisa in riquadri perfettamente regolari. Da entrambe le parti, genitori e io narrante, permane un'opposizione irrisolvibile:
rispetto alla mia resistenza non battono ciglio.24
Mentre all'io narrante preme la piccola casa/tradizione, ne riafferma, infatti, l'esistenza nel momento di riunione familiare per il pasto, non così ai suoi familiari. Del passato remoto (la piccola casa) e del passato recente (la sabbia e le pietre), essi non hanno o forse non vogliono conservare memoria. Non vogliono conservare memoria perché non vogliono comprendere anche se vi sono tracce evidenti che qualcosa di terribile è accaduto e ha coinvolto molti (le molte imbottite messe al sole ad asciugare).
La rivelazione alla quale il processo conoscitivo dell'io narrante
d'un tratto perviene è che non si vuole comprendere perché il rischio è di dover fare i conti con se stessi e con la propria connivenza:
ogni notte mio padre si trasforma in uno dei lupi del branco25. È tale connivenza che minaccia la sfera affettiva più intima:
correndo intorno a questa casa, emette ululati tristi da rabbrividire.26
La luminosità, per questo accecante, della rivelazione della realtà personale e collettiva esperita non consente il sentimento.
Di ritorno nella stanza e di nuovo in poltrona, l'io narrante torna a riflettere ma questa volta vede con estrema chiarezza,
qingqing-chuchu, l'aggettivo ripetuto in funzione rafforzativa, il soffitto, il limite. Vede quell'immagine,
xingxiang, quell'apparenza che è ovvia a tutti: sicuramente l'hai vista anche
tu.27 In questa frase il tu (ni), introdotto dopo un'altra proposizione principale, risalta con forza e, pur se riferito alla madre, sembra chiamare in causa il lettore stesso che viene così coinvolto direttamente. Come l'intera famiglia, nessuno escluso, anche il lettore ha visto e per di più
di fatto. Veramente vi è qualcuno nella piccola casa ed è stanco.
La generazione dei genitori non vuole sapere e cerca di far in modo di non far sapere nemmeno ai figli la cui ricerca solitaria verso la verità li spaventa e opprime. Il padre
evita lo sguardo dell'io narrante. Il suo sguardo si volge verso la finestra ma questa ha il vetro tutto coperto fitto fitto di escrementi di
mosche!28 Questo padre, insieme alla madre, è descritto come immerso in un sonno profondo ma non tranquillo:
vedo mio padre immerso in un sonno letargico, una mano dalle vene blu sporgenti stringe con forza dolorosa il bordo del letto, mentre sogna emette lamentosi suoni
inumani.29 Il sonno come oblio. Il pozzo come oblio.
In fondo a quel pozzo c'è un paio di forbici che vi ho gettato io. In sogno, in segreto, prendo una decisione: le ripescherò. Al risveglio, scopro sempre di essermi sbagliato, in origine non vi sono affatto forbici gettate, tua madre afferma che sono io che mi sbaglio. Il pensiero non mi abbandona, la volta dopo me ne ricordo di nuovo. Mentre sto disteso, d'un tratto posso provar dispiacere perché le forbici, in fondo al pozzo, arrugginiscono: perché non vado a ripescarle. Per questa cosa mi sono preoccupato per alcune decine di anni, le rughe sul viso come incise con un coltello. Finalmente, una volta, mi sono avvicinato al pozzo per provare a mandar giù il secchio, poiché la corda pesava ed era scivolosa, non appena la mia mano ha mollato, il secchio con un tonfo terribile si è perso nel pozzo. Son tornato a casa di corsa, uno sguardo lanciato allo specchio, i capelli sulla tempia sinistra erano tutti
bianchi.30
Nel pozzo il padre ha gettato le forbici con le quali ha tagliato con il passato. Ha un desiderio inconscio, manifesto nel suo sogno, di recuperare le forbici, di riprendere il filo con il passato. È questo un processo ulteriormente doloroso che la moglie cerca di evitargli, forse perché di dolore ne hanno visto tanto, dicendogli di essersi sbagliato ma lui non può fare a meno di pensarci. La forbice, oggetto tagliente, acuminato, è forse anch'essa metafora della ragione e al padre dispiace che arrugginisca in fondo al pozzo ma non si risolve a ripescarla, pensiero che lo tortura da anni. Perfino il tentativo finalmente fatto fallisce e fallisce perché la corda è tesa per il peso e scivolosa e le mani di lui non resistono o forse non vogliono resistere allo sforzo. Ecco perché tra lui e l'io narrante vi è distacco: il padre cede e ha sempre ceduto facendosi lupo, l'io narrante, al contrario, persiste nella sua scelta di comprendere, pur se dolorosa.
L'intero brano esalta la tecnica narrativa di Can Xue. Le frasi brevi sottolineate da un'attenta punteggiatura, l'azione volitiva rafforzata da espressioni come:
prendo una decisione, e subito contraddetta dal dubbio: scopro sempre di essermi
sbagliato, i verbi con zhe usati nello svolgimento dell'azione, l'avverbio
d'un tratto (huran), il discorso diretto fatto dal padre all'io narrante ma con gli occhi rivolti altrove, quasi in un soliloquio, inframezzato dal discorso diretto rivolto a se stesso:
perché non vado a ripescarle, la descrizione drammatica della 'lotta' con il secchio e la sua rumorosa caduta finale che, accompagnata dal verbo
fare a pezzi, disperdere (san), segna la sconfitta del padre e l'infrangersi delle sue speranze: tutto l'insieme è espressione dello stato confusionale nel quale il padre vive la propria esistenza.
A questo punto risalta ancora più evidente la ferocia del vento del Nord i cui effetti si cristallizzano nei piccolissimi ghiaccioli dall'incessante suono metallico dentro lo stomaco dell'io narrante.
Manifesta è anche la risolutezza dell'intenzione di wo di far ordine nel cassetto alla quale è, comunque, contraria la madre la cui opposizione genera un senso di ansietà perché sono ormai entrati in crisi rapporti ben consolidati dalla tradizione. L'io narrante cerca di dimenticare i passi nervosi della madre o forse altri passi di altre situazioni. Il contare le carte da gioco,
ripeto ....: "Uno, due, tre, quattro, cinque... ", è come creare una sorta di autoipnosi al fine di ritrovare distanza.
Il sogno molto osceno della madre non deve essere interpretato necessariamente come collegato al sesso, è forse da collegare all'oscenità delle esperienze che hanno coinvolto tutti.
La ripetitività delle azioni: anche ieri hai messo le imbottite ad asciugare / molto comune / pensa sempre di / non appena sente quel suono
allora, nonché l'estremismo masochista delle reazioni materne: va a immergere la testa nell'acqua fredda, ce la tiene dentro fino a prendersi un forte
raffreddore, non è casuale. Sono azioni, come anche quelle del padre, che si ripetono nel tempo uguali a se stesse, in una sorta di ciclicità:
qualsiasi cosa, è lì che dura da tanto tempo. Per opporsi a questa immutabilità e autodifendersi, l'io narrante prova ad attingere alla propria tradizione culturale:
ingannare, ma tale soluzione è destinata a fallire.
La differenza d'età, la differenza nel modo di rapportarsi all'esistenza aggravano la difficoltà della comunicazione genitori/figli. Dei pensieri che torturano la madre, dei pensieri che hanno fatto contemplare al padre il suicidio, l'io narrante, a detta della madre, non ha esperienza:
questo sapore, tu non lo hai provato. Al contrario, il padre e la madre condividono le stesse esperienze e la loro condizione risulta intercambiabile, infatti, dopo essere stata morsa dal cervo volante, la madre, indicando il padre immerso nel sonno, dice che questi sogna che è stato lui a essere morso.
L'ultimo scambio di battute tra l'io narrante, che fa riferimento alla persona che nella casa sulla collina si lamenta, e la madre, che pensa alle cose che si sono precipitate in casa sul far del giorno, è emblematico di una condizione di parallelismo tra le due esistenze. Si è visto che la separazione tra due concezioni dell'esistenza ben distinte è esemplificata anche dalla separazione spaziale dei luoghi delle due stanze: quella dell'io narrante e quella dei genitori, tra l'una e l'altra si intersecano interferenze che non sfociano in una reale comunicazione.
Alla ripetitività di una condizione ormai acquisita e rispetto alla quale nessun elemento potrà intervenire a mutarla, l'io narrante si sottrae, con un nuovo gesto di autodeterminazione, attraverso la ritualità meditativa del sedersi nella poltrona e del poggiare le mani sulle ginocchia. Si dirige ancora una volta su per la collina dopo aver aperto la porta, quella della propria mente, e aver ritrovato la luminosità chiara. Di nuovo trova le fiammelle delle pietre bianche ma non vi sono foglie di vite né la piccola casa. Né potrebbe esserci. L'incubo della conoscenza si conclude. Lacquisita consapevolezza conduce a un punto di arrivo necessariamente diverso dal punto di partenza.
Seppure l'io narrante si avvia verso la realizzazione, che di fatto si compie, di una presa di coscienza della realtà, la lingua che adopera, dura nella sua lucidità, si accende a tratti del desiderio di una rimpianta comunicazione intima. Pur in un processo di coscientizzazione che sancirà alla fine un'impossibilità di comunicazione, l'io narrante passa attraverso il dialogo con i genitori, i quali a loro volta dialogano tra di loro, e con la sorella minore. A volte affiora la parola 'mamma'. Si arriva anche al gesto della mano della madre sulla spalla dell'io narrante ma purtroppo è già una mano gelata. Questa
pietas che wo esprime si fa spia della contraddizione interiore.
Si è già accennato ad alcuni elementi di dualità che si riscontrano nel testo. In particolare, è possibile illustrare il dualismo luce/oscurità.
Tale dualismo si articola in un'opposizione principale tra: oscurità fuori dalla casa familiare e luce all'interno di essa, e in due opposizioni secondarie tra: oscurità fuori e dentro la casa, e luce fuori e dentro la casa. I ladri che si aggirano intorno alla casa lo fanno di notte, sotto i raggi della luna. I lupi che in branco si aggirano intorno alla casa e cercano di entrarvi spingendo le teste tra le fessure della porta compaiono di notte,
non appena fa buio. In questi casi l'oscurità è intesa come portatrice di ansia e pericolo. Nel cuore della notte scava l'io narrante per recuperare la scatola di pezzi del
weiqi.
Dentro la casa, l'io narrante accende la luce e vede gli innumerevoli buchi sulla finestra provocati da dita umane. Mentre l'io narrante scava, nella casa i familiari accendono la luce e fanno sporgere la testa fuori dalla finestra. La luce, dunque, come mezzo per vedere. Tuttavia, la luce,
guangliang, che proviene dalla stanza dell'io narrante irrita la madre.
Fuori dalla casa, l'oscurità si fa minacciosa perché reca con sé elementi incontrollabili. Dentro la casa, l'oscurità offre nascondiglio ai familiari che ironizzano sull'io narrante.
Dentro la casa, la luce è d'aiuto. Fuori dalla casa la luce può avere una funzione risolutrice: la persona che era impegnata con il secchio del pozzo, sul far del giorno scappa via ed è sempre
sul far del giorno che giungono in casa i coleotteri in massa, come pensieri del mattino. Può però anche essere una luce obnubilante come durante la salita verso la casa sulla collina.
L'icona della luce nella sua positività e dell'oscurità nella sua negatività sembra evidenziare il dualismo classico tra bene e male ma questo dualismo si arricchisce ora di elementi di relatività e di non certezza.
Lungo i tempi scanditi dal dualismo luce/oscurità, sembra possibile ravvedere due moti in collisione. Da una parte il mondo esterno, oscuro, con il suo carico di violenza e di instabilità, muove verso un nucleo interno, in questo movimento violandone l'intimità: i buchi fatti da dita umane, le teste dei lupi attraverso le fessure della porta; oppure deprivandolo di quanto gli appartiene: i ladri, l'uomo vicino al pozzo. Il caos, dunque, che tenta di minare la stabilità. Dall'altra parte, l'io narrante muove, con l'ausilio della luce della ragione, dal nucleo interno verso il mondo esterno per giungere, attraverso un percorso conoscitivo, a superare il caos stesso. Non a caso, mano mano che l'io narrante fa ordine nel cassetto, improvvisamente si fulmina la lampadina, non a caso la luce fuori è accecante, non a caso alla fine del percorso la piccola casa non c'è.
Di Shan shang de xiao wu, la critica cinese propone una lettura in chiave onirica. Nella misura in cui le parti dialogiche si susseguono come le parti apparentemente sconnesse del racconto mattutino di un sogno, la proposta potrebbe essere calzante. La dimensione del sogno ben si adatta alle esigenze metaforiche di Can Xue la quale può così arricchire la narrazione di tutta una serie di elementi surreali che scatenano l'immaginario del lettore e ne tengono inchiodata l'attenzione visto che, a questo fine, non può essere utilizzata la trama inesistente né i personaggi altrettanto indefiniti. Il sogno non ha una dimensione didascalica e, quindi, l'autrice non deve sottostare alle norme di avvenimenti regolati da rapporti di causa ed effetto. Il sogno, inoltre, ha un inizio e una fine, concludendosi al mattino. Ciò consente a Can Xue di mantenere agevolmente, trattandosi di una durata di tempo limitata, tutta la vibrazione che anima il suo linguaggio senza momenti di cedimento o caduta di intensità e con una padronanza del mezzo linguistico assolutamente calibrata. Infine, la dimensione del sogno le consente, rispetto alla piccola casa sulla collina, di servirsi di uno
you (c'è) iniziale e di contraddirlo con un mei you (non c'è) finale, definendo la poetica di Can Xue in quell'insieme organico e coerente della struttura linguistica del suo racconto.
La dimensione onirica sussiste per Wu Liang31 secondo il quale
Shan shang de xiao wu è l'opera più rappresentativa di Can Xue la quale anche nelle altre sue opere svilupperà quel vocabolario esagerato, l'estraniamento delle relazioni tra le persone e la tecnica surreale già evidenti in questo racconto.
Per Cheng Depei32 nel mondo onirico di Can Xue, libero dai limiti del reale, la percezione soggettiva consente di ravvisare il senso di ansietà, di tormento, di pazzia che agita un mondo i cui organi sensori sono ammalati. Queste sensazioni derivano da una lotta che non trova sfogo e il sogno è, allora, rivelatore del mondo come grande 'clinica'. In particolare,
Shan shang de xiao wu sarebbe un sonniloquio. La dualità tra mondo esterno e mondo interiore viene presentata come le due facce di una stessa medaglia. La dilatazione delle percezioni giunge a un'illuminazione delle problematiche del mondo interiore. Costituito quest'ultimo da due anime, l'uso della prima persona consente di separarle, metterle una di fronte all'altra a confronto. Nell'opinione di Cheng Depei, l'impostazione narrativa decide della posizione del narratore la quale in Can Xue appartiene allo stato onirico.
Secondo Wang Xiaoming,33 il sonniloquio consente a Can Xue di dar voce a un estremo individualismo. Questo è esemplificato dalla grande importanza attribuita agli organi sensoriali che conduce alla descrizione dell'impressione in sé e non alla narrazione di un processo, e dal prevalere di una consapevolezza come di 'bestia sotto pressione' che si sente continuamente minacciata e da questa minaccia cerca riparo. Wang Xiaoming sostiene che quella che Can Xue affronta non è la consuetudine culturale bensì la propria pressione spirituale interiore.
La difficoltà interpretativa delle opere di Can Xue ha portato alcuni critici a tentarne una interpretazione anche in chiave psicoanalitica. In questa chiave, secondo Yang
Xiaobin34, la minaccia rappresentata dalle azioni intrusive, già illustrate, che si svolgono durante la notte è una minaccia di violenza. Violenza, in senso stretto, intesa come azione del violentare e, in senso lato, come devastazione dell'umanità. L'opera di Can Xue è una ferma protesta contro questo tipo di violenza.
Questa violenza che permea di sé l'ambiente nel quale vive l'essere umano, si legge nel volume curato da Sheng
Ying,35 viene presentata da Can Xue come la causa della 'disumanizzazione'
(feirenhua), dell'individuo che vive un rapporto di terrore con l'ambiente che lo circonda. La disumanizzazione può anche derivare dal male originario che risiede nell'uomo. Tale forma di alienazione dell'essere umano fa sì che questi non abbia più una forma definita e stabile e acquisisca comportamenti assimilabili a quelli delle bestie. Can Xue ottiene questa disumanizzazione per mezzo di intuizioni, deformazioni, esagerazioni, espressioni dell'inconscio, simboli, immaginazioni. Tutto nelle sue opere contribuisce a creare un senso di assurdo, anche la sequenza illusoria della narrazione e il carattere irrazionale della lingua. La narrazione di Can Xue non è retta dalla logica. Svolta per lo più in prima persona, non appena l'io narrante entra nella sfera onirica ecco che la narrazione galoppa al ritmo delle associazioni di pensiero libere penetrando nell'inconscio e, quindi, nel disordine, nell'ignoto immaginario, senza scopo, surreale al pari dei quadri di Dalì. La lingua di Can Xue, si legge sempre nell'opera di Sheng Ying, non retta da rapporti di causa ed effetto, senza né capo né coda, mostra la maestria dell'autrice nel trasmettere un senso di timor panico e di rottura, e diventa essa stessa soggetto stilistico.
Delle opere di Can Xue anche la critica occidentale tende a offrire una lettura psicoanalitica.36
Infine, fermo restando che l'interpretazione critica di un'opera letteraria non ha un valore assoluto e che, secondo Spitzer, ogni lavoro critico
nasce da un particolare punto di attacco (...), di cui non si deve defraudare il lettore, in modo da consentirgli di scuotere l'intera costruzione qualora il punto d'attacco gli sembri scelto male
(...);37 per una lettura critica delle opere della narrativa cinese contemporanea può essere utile definire degli elementi costanti di riferimento. In questo caso si è optato per la trattazione della trama, dei personaggi, dell'elemento temporale e dell'aspetto topologico. Dall'esame di questi elementi scaturiscono spunti analitici che possono gettare nuova luce sulla struttura del racconto stesso e che suggeriscono un mutamento di direzione degli scrittori cinesi degli anni Ottanta.
Come in Can Xue, così pure nelle opere di altri scrittori suoi contemporanei, appare evidente come vi sia stata in quegli anni nella narrativa cinese una tendenza all'allontanamento dall'armonia classica dell'equilibrio degli elementi insieme a una presa delle distanze dalla prevedibilità canonizzata dalle direttive politiche. La creazione artistica torna con questi autori a imporsi in tutta la sua dignità e si impegna, in un particolare momento di ritrovata atmosfera sperimentale, in un processo di scoperta e di rivelazione delle potenzialità della lingua cinese di oggi.
MONDO CINESE N. 102, SETTEMBRE 1999
1 L'argomento era stato trattato nell'articolo della stessa autrice "Dinamismo della letteratura cinese contemporanea", in
Mondo Cinese, n. 2, maggio/agosto 1997, pp.19-39.
2 Si é preferito il termine xinchao tutto unito invece che staccato:
xin (nuovo) e chao (marea, corrente, tendenza,ondata), utilizzandolo come un'unica attribuzione. È stato reso con 'nuova ondata' invece che 'nuove correnti' perché la critica cinese è discorde circa l'esistenza nel periodo preso in considerazione di vere e proprie correnti letterarie. In proposito, vedere: Li Hongzhen, "Zhongguo jin nian xiaoshuo yu xifang xiandaizhuyi wenxue" (La narrativa cinese recente e la letteratura modernista occidentale),
Wenyibao, 02.01.1988, p. 3; 09.01.1988, p. 3.
3 E' possibile prendere visione della versione italiana del racconto tradotto da Maria Rita Masci con il titolo "La capanna sulla montagna" e pubblicato nel volume Can Xue, "Dialoghi in cielo", Theoria, Roma, 1991, pp.
47-53.
4 Andrew H. Plaks, a cura di, Chinese Narrative. Critical and Theoretical
Essays, Princeton University Press, Princeton, New Jersey, 1977.
5 Il corsivo è tratto da: Victor Erlich, Il formalisrno
russo, Valentino Bompiani, Milano, 1966, p. 186.
6 Ibidem, p. 206.
7 Il formalismo russo definisce l'importanza della trama non tanto come
semplice somma di rnotivi ma piuttosto come complesso di motivi organizzati secondo un fine estetico al fine di risalire al fine estetico stesso (V. Erlich, op. cit., p. 260). Peculiare ai vari pensatori è la posizione dei personaggi. Per i formalisti russi, il personaggio è
subordinato alla trama (V. Erlich, op. cit. p. 261) mentre per Bremond torna ad assumere una posizione di rilievo. A proposito del suo concetto di funzione, egli sottolinea che
la funzione di un'azione non può essere definita che nella prospettiva degli interessi o delle iniziative di un personaggio che ne è il paziente o l'agente (A. Marchese,
L'officina del racconto. Semiotica della narratività, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1983, p.26). Sull'importanza dell'elemento temporale di un racconto, é illuminante l'opera di G. Genette,
Figure III. Discorso del racconto, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, 1986. Infine, sulle implicazioni dell'aspetto topologico, il testo di A. Marchese, op. cit., offre una gran quantità di riferimenti bibliografici.
8 Vd. in proposito l'articolo citato alla nota 1 e l'articolo di Anne
Wedell-Wedellsborg, "The Ambivalent Role of the Chinese Literary Critic in the 1980s", in W. Larson e A. Wedell?Wedellsborg (a cura di),
Inside out. Modernism and Postmodernism in Chinese Literary Culture, Aarhus University Press, Aarhus, 1993, pp.
134-152.
9 Non è possibile prescindere dall'atmosfera culturale di un periodo, di una data realtà, perché con essa l'autore si confronta. Secondo i formalisti russi,
lo scrittore non è libero e per poter sopravvivere e per rendere accettabile la propria opera, deve soddisfare alla "domanda letteraria" del suo tempo. I problemi che egli affronta gli sono irnposti dal suo tempo, cioè da quel periodo dell'evoluzione letteraria in cui egli si trova a vivere. Analogamente, il modo in cui egli tenta di risolvere questi problerni dipende in ultima analisi non dalla sua sensibilità o dal suo estro, ma dal carattere della tradizione letteraria in cui egli opera o, assai spesso, dall'imperiosa necessità di modificare tale tradizione (Erlich V, op. cit., p. 276).
10 Can Xue è lo pseudonimo di Deng Xiaohua, nata a Changsha, nello Hunan, il 30 Maggio 1953. I suoi genitori, entrambi rivoluzionari della vecchia guardia, durante la guerra contro i giapponesi raggiungono a piedi la Manciuria dallo Hunan per partecipare alla resistenza. Dopo la Liberazione, tornati nello Hunan, il padre diventa editore capo de Xin Hunan bao (Notiziario del nuovo Hunan). Nel 1957, accusato di far parte dell'estrema destra, è sottoposto a riforma. Nel 1959, l'intera famiglia di nove persone si trasferisce in campagna nei pressi di Changsha, alle falde del monte Yuelu. Il periodo è segnato da povertà e malattia. Grande influenza ha su Can Xue la nonna materna sonnambula. Poco dopo la fine delle scuole elementari, scoppia la Rivoluzione Culturale che segna per i genitori un nuovo momento di difficoltà. Il padre è, infatti, arrestato e la madre inviata in una scuola di riforma per quadri. Nel 1970, la sorella maggiore aiuta Can Xue a trovare impiego come operaia in una fabbrica presso la quale lavorerà per dieci anni. Nel 1979, dopo la riabilitazione, il padre riprende a lavorare. Per Can Xue, invece, la ricerca di un lavoro rimane problematica. Lei e il marito, Lu Yong, imparano a cucire e avviano in proprio una sartoria. Nel 1983 Can Xue inizia a scrivere e nel 1985 sono pubblicate prima
Wushui shang de feizao pao in Xin chuangzuo di Changsha e poi Shan shang de xiao
wu in Renmin wenxue, nr. 7. Verso la fine del 1986, Can Xue è già famosa nei circoli letterari come scrittrice d'avanguardia. Altre sue opere sono:
Tiantang li de duihua (La versione italiana a cura di M.R. Masci è stata pubblicata da Theoria con il titolo
Diaologhi in cielo, op. cit.), Huang nijie, Tuwei biaoyan,
Canglao de fuyun, Gong niu, Tianchuang, Wo zai nage shijie li de
shiqing, Kuangye li, A Mei zai yige taiyang tian li de chou si,
Zhong zai zoulang shang de pingguoshu, Buguniao jiao de na yi shun,
Guitu. Della sua poetica ha scritto in Wo shi zenme gaoqi chuangzuo lai de (Come ho cominciato a scrivere), in
Wenxue ziyou tan, nr. 2, 1988. Le informazioni sono tratte da: Jon Solomon, "Taking Tiger Mountain: Can Xue's Resistance and Cultural Critique",
Modern Chinese Literature, voi. 4, nr. 1 e 2, 1988, pp. 235-262; e dalle pp. 941 e 942 di: Sheng Ying, a cura di,
Er shi shiji Zhongguo nüxing wenxue shi, (Storia della letteratura femminile cinese del XX secolo), Tianjin renmin chubanshe, 2 voll., 1995.
11 Le proposte di traduzione sono dell'autrice che ha fatto riferimento solamente al testo in cinese del racconto tratto dal volume: Lan Dizhi, Li Fuwei, (a cura di)
He se niaoqun. Huangdan xiaoshuo cuancui (Stormo di uccelli color caffé. Raccolta di racconti assurdi), Beijing shifan daxue chubanshe, 1992, pp. 95?98. Quando necessario, verrà anche data indicazione dei corrispondenti brani nella traduzione italiana di Maria Rita Masci come in nota 3. Per la traduzione italiana del brano in questione, vd.
Masci M. R., op. cit., p. 47.
12 Ibidem, p.53.
13 Significa: io.
14 Per la traduzione italiana, vd. Masci M. R., op. cit., p. 47.
15 Ibidem.
16 Leo Spitzer le chiamerebbe deviazioni stilistiche:
Chiunque abbia pensato fortemente e fortemente sentito ha introdotto innovazioni nella sua lingua; la virtù creativa del pensiero si imprime immediatamente nella lingua dove diventa virtù creativa linguistica; ciò che vi è di trito e di pietrificato nella lingua non è mai sufficiente alle esigenze espressive di una forte personalità. Spitzer L.,
Critica stilistica e semantica storica, a cura e con una presentazione di A. Schiaffini, Editori Laterza, Bari, 1966, p. 89.
Queste esigenze espressive provocano quelle deviazioni stilistiche individuali che costituiscono i tratti stilistici più personali di un autore e il suo stile.
17 Vd.: A Chinese-English Dictionary, Shangwu yinshuguan chuban, Beijing, 1981, p. 459.
18 Per la traduzione italiana, vd. Masci M.R., op. cit., p. 51.
19 Ibidem, p. 49.
20 Vd.: A Chinese-English Dictionary, Shangwu yinshuguan chuban, Beijing, 1981, p. 522.
21 Per la traduzione italiana, vd. Masci M.R., op. cit., p. 48.
22 Ibidem.
23 Ibidem, p. 49.
24 Ibidem.
25 Ibidem.
26 Ibidem.
27 Ibidem, p. 50.
28 Ibidem.
29 Ibidem, p. 52.
30 Ibidem, p. 50.
31 Wu Liang, "Yige yi xiang shijie de dansheng. Ping Can Xue de xiaoshuo" (Nascita di un mondo pensato in modo soggettivo. Critica dei racconti di Can Xue),
Dangdai pinglun, nr. 4, 1988, pp. 75-84.
32 Chen Depei, "Zhemo zhe Can Xue de meng" (Il sogno che tormenta Can Xue),
Shanghai wenxue, nr. 6, 1987, pp. 67-74.
33 Wang Xiaoming, "Pibei de xinling. Cong Zhang Xinxin, Liu Suola e Can Xue de xiaoshuo tanqi (Animi esausti. Sui racconti di Zhang Xinxin, Liu Suola e Can Xue),
Shanghai wenxue, nr. 5, 1988, pp. 67-74.
34 Yang Xiaobin, "Ping yi zhong mosheng de xiaoshuo yi tai" (Critica del significato e della forma di uno strano tipo di racconti),
Shanghai wenxue, nr. 1, 1988, pp. 77-80.
35 Sheng Ying, a cura di, Er shi shiji Zhongguo nüxing wenxue
shi, op. cit., p. 944.
36 Susanne Posborg, "Can Xue: Tracing Madness", in W. Larson e A. Wedell?Wedellsborg (a cura di),
Inside out. Modernism and Postmodernism in Chinese Literary Culture, Aarhus University Press, Aarhus, 1993, pp.
91-98.
37 Spitzer L., op. cit., p. 147.