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EDITORIALE

Un anno di anniversari

di Piero Corradini

SOMMARIO: 1. Il cinquantenario della Repubblica Popolare Cinese. - 2. Gli altri anniversari: il 4 maggio 1919. - 3. I fatti di Tian'anmen.

1. Il cinquantenario della Repubblica Popolare Cinese.

Il 1° ottobre 1999 la Repubblica Popolare Cinese ha celebrato solennemente il suo primo mezzo secolo.
La grandiosa manifestazione che si è svolta sulla Piazza Tian'anmen, insieme alle altre che si sono svolte in tutte le città della Cina, ha voluto dare al mondo l'immagine dell'orgoglio e della soddisfazione di un popolo che rappresenta un quinto dell'umanità e che, nel giro di cinquant'anni ha raggiunto dei risultati che, all'epoca, era difficile sperare.
Il 1949 aveva visto il trionfo del Partito Comunista Cinese. Già l'anno precedente le vicende della guerra civile avevano cominciato ad essere favorevoli ai comunisti, ma il 1949 fu un succedersi di successi. Pechino capitolò nel gennaio 1949: la sua guarnigione, forte di 250.000 uomini e comandata da Fu Zuoyi, che era considerato uno dei migliori generali nazionalisti, accettò le condizioni di resa dettate dai comunisti senza opporre alcuna resistenza. Il 20 aprile 1949, fallito l'ultimo tentativo di mediazione, il comandante in capo dell'Esercito Popolare, Zhu De, aveva dato l'ordine dell'offensiva finale. Le ultime resistenze del Guomindang vennero travolte. Il 23 aprile cadeva Nanchino, il 3 maggio Wuhan, il 27 maggio Shanghai. ll governo nazionalista cominciò a trasferirsi sempre più a sud finché, il 4 ottobre, cadde anche Canton. Chiang Kai-shek ed i nazionalisti più accesi si trasferivano con il governo a Taiwan.
Il 1° ottobre 1949, quando ancora la Cina non era ancora tutta sotto il controllo dell'Esercito Popolare ma la vittoria poteva considerarsi sostanzialmente conseguita, veniva proclamata solennemente a Pechino la fondazione della Repubblica Popolare Cinese. La proclamazione era stata preceduta, nel settembre 1949, dalla convocazione di una Conferenza Politica Consultiva del Popolo alla quale parteciparono, oltre naturalmente ai rappresentanti del Partito Comunista, anche delegati di altri partiti minoritari, come la Lega Democratica, il Guomindang Rivoluzionario (frazione separata del Guomindang che rivendicava l'eredità spirituale e politica di Sun Yatsen), organizzazioni sindacali e di massa, personalità democratiche e intellettuali, delegazioni delle minoranze nazionali e dei Cinesi all'estero. L'atto fondamentale della conferenza fu l'adozione d'un "Programma Comune" che doveva essere una Costituzione provvisoria. Il "Programma Comune" stabiliva le linee fondamentali di quella che sarebbe stata la politica della Repubblica Popolare. Vi si sanciva il diritto del popolo alle libertà fondamentali nell'ambito di un centralismo democratico, e in vista del passaggio del regime al socialismo.
La nuova repubblica nasceva all'insegna della collaborazione tra i vari partiti, le classi sociali e le nazionalità della Cina. Il partito comunista si riservava soltanto la funzione di guida, lasciando posto alla collaborazione dei non comunisti. Gli eventi successivi avrebbero dimostrato, però, come dietro questa facciata ufficiale di collaborazione covassero discordie e rivalità, finanche in seno allo stesso partito comunista.
In politica estera, il governo popolare dichiarò di essere pronto ad intrattenere normali rapporti con tutte le nazioni, sulla base dell'eguaglianza, della reciproca utilità e del rispetto per la sovranità e l'integrità territoriale. Il riconoscimento giunse subito da parte dell'Unione Sovietica e dei paesi del blocco socialista; tra i paesi occidentali o legati all'occidente solo Gran Bretagna, Svizzera, Olanda, Norvegia, Svezia in Europa, India, Pakistan, Indonesia in Asia riconobbero il nuovo governo. Alle Nazioni Unite si pose il problema della rappresentanza cinese, che comportava, tra l'altro, il diritto al seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza. Grazie all'appoggio dato dagli Stati Uniti alle tesi del governo nazionalista, che sostenne e sostiene di essere l'unico governo legittimo della Cina, provvisoriamente costretto ad esercitare il suo potere solo su un lembo della patria (Taiwan) ma sempre pronto a tornare sul continente, l'Assemblea Generale non accettò mai di mettere all'ordine del giorno la questione e per lungo tempo, finché la situazione internazionale non fu radicalmente mutata, al Palazzo di Vetro sedettero i rappresentanti del governo di Chiang Kai-shek. È da notare, però, che nessuno dei due governi, popolare e nazionalista, accettò mai la cosiddetta "teoria delle due Cine" che avrebbe previsto rappresentanze separate e sancito il distacco definitivo di Taiwan dal continente. Pur da diversi versanti politici, ciascun governo continuò sempre a proclamare l'unità della Cina e a rivendicare i suoi diritti in campo internazionale.
Da allora, il percorso è stato lungo ed accidentato.
I numerosi errori commessi dalla dirigenza cinese nel guidare il paese, come le campagne ideologiche di massa, la collettivizzazione forzata e, da ultimo, la cosiddetta "rivoluzione culturale", hanno impedito al popolo cinese di raggiungere quel benessere nel quale pure si era sperato nell'entusiasmo di cinquant'anni fa e che solo adesso comincia a intravedersi. Da Taiwan, i nazionalisti hanno buon gioco nell'affermare che, se il Giappone non avesse invaso la Cina nel 1937 e i comunisti non si fossero ribellati nel 1947, tutta la Cina godrebbe ora dello stesso benessere del quale godono i taiwanesi.
Ma la storia non si fa con i se. Resta il fatto che, dopo tante tumultuose vicende, oramai la Cina Popolare è incamminata verso il progresso. E di questo, di questo soltanto, ci si deve rallegrare, senza recriminazioni sterili sul passato.

2. Gli altri anniversari: il 4 maggio 1919.

Altri anniversari, però, vengono celebrati quest'anno, anche se su di essi il governo cinese, teso a celebrare in suo cinquantenario, ha messo la sordina. Or sono settant'anni, il 4 maggio 1919, giunsero in Cina notizie allarmanti sull'andamento della Conferenza della Pace che si stava svolgendo a Versailles. Si discuteva la sistemazione degli interessi e delle concessioni tedesche in Cina e il Giappone sosteneva di avere diritto a succedere alla Germania in tutte le concessioni e zone d'influenza che questa nazione possedeva all'inizio della guerra. I tentativi della diplomazia cinese vennero interamente frustrati e i diritti ex-tedeschi vennero ceduti al Giappone. Quanto all'abrogazione del trattato, la Conferenza della Pace si dichiarò incompetente. Quando quelle notizie raggiunsero la Cina, gli studenti delle università di Pechino insorsero manifestando contro le potenze straniere ed il governo, chiedendo che la delegazione cinese non firmasse il Trattato di Versailles. La repressione messa in atto dal governo non portò che ad altre manifestazioni, se mai più imponenti, negli altri centri sede di università. Alle agitazioni studentesche si unirono in breve rappresentanti di tutte le classi sociali e il governo acconsentì finalmente a non firmare il trattato ed a fare rientrare in Cina i propri rappresentanti a Parigi.
A queste agitazioni che dapprincipio non richiamarono soverchiamente l'attenzione né dei contemporanei né degli osservatori stranieri, in seguito venne data grande importanza, specie dopo che Mao Zedong, nel 1939, ne ebbe celebrato il ventesimo anniversario con un apposito scritto. Il "movimento del 4 maggio" si colloca comunque ad una svolta fondamentale nella storia della Cina contemporanea, quando vi fu l'inizio di tutto un rinnovamento della cultura cinese che, si può dire, continua ancora ai nostri giorni. Prima d'allora i letterati, gli uomini di studio erano sempre stati, in Cina, dei conservatori. La cultura era stata sempre concepita in funzione d'appoggio al potere costituito e anche i movimenti di riforma che erano usciti dal seno della cultura cinese, erano sempre stati, in pratica, molto moderati. Dopo il "movimento del 4 maggio" apparve chiaro, invece, che la generazione più giovane di professori e studenti aveva scoperto la sua nuova vocazione in funzione di rottura dei vecchi schemi verso un rinnovamento politico e sociale del paese. Gli ambienti culturali scoprirono, inoltre, in quella occasione, che il loro compito era quello di guidare le masse e che, senza l'aiuto delle masse e delle classi lavoratrici, non era possibile ottenere alcun risultato.
Sotto l'impulso dato da Chen Duxiu (1879-1942) e Hu Shi (1891-1949), che fino dal 1917 avevano cominciato ad introdurre nei loro scritti l'uso della lingua parlata al posto del cinese classico, la letteratura divenne più popolare e accessibile a numerosi strati della popolazione. Le discussioni sulla democrazia, sul potere popolare, sui criteri di gestione dello stato uscirono dai ristretti circoli accademici per diffondersi cori un respiro sempre più vasto. Grazie al rinnovamento letterario, il popolo cinese prendeva coscienza di se stesso e dei suoi problemi.

3. I fatti di Tian'anmen.

Un altro anniversario ancora cade quest'anno, ed è quello dei fatti del giugno 1989. Come nel rnaggio del 1919, anche nel 1989 furono gli intellettuali e gli studenti a chiedere un cambiamento reale della guida della Cina. La domanda, in una Cina che marciava verso le "quattro modernizzazioni" (della scienza, dell'industria, dell'agricoltura e dell'esercito), era quella di una "quinta modernizzazione", l'instaurazione di un regime democratico. Il numero dei morti nelle tragiche sparatorie del 3-4 giugno 1989, sulla piazza di Tian'anmen, non è stato mai accertato con esattezza. La cifre variano di molto, tra quelle fornite dalla dissidenza cinese e quelle ufficiali. Mentre il regime è passato indenne attraverso gli anniversari dei moti e si è rifatta una credibilità a livello internazionale, gli intellettuali sconfitti, per la maggior parte costretti all'esilio, non sembrano avere costituito un movimento dalla linea politica incisiva ed efficace, che abbia un serio riscontro all'interno del paese. Le riforme economiche sono continuate e la corsa al benessere ha fatto dimenticare le istanze politiche di democrazia.
Sono passati dieci anni dai tragici avvenimenti del giugno 1989. Allora gli studenti e gli intellettuali cinesi furono sulle prime pagine di tutti i giornali, di loro e del loro anelito di libertà e democrazia si parlò ampiamente, a proposito e talvolta anche a sproposito. Ora sembra che una cortina di silenzio sia calata su quei fatti e su quelle aspirazioni.
Ma a noi piace ricordare anche questo anniversario, che insieme a quello dei fatti del 1919, è altamente significativo e fa sperare per la Cina un più luminoso avvenire, nel quale ai progressi e ai successi economici si affianchi la conquista della libertà politica.

MONDO CINESE N. 102, SETTEMBRE 1999