ADIGE ZORZI, La Chiesa nascosta. Un viaggio nella Cina cattolica. Baldini e Castoldi, Milano 1999, pp. 380. Lire 32.000.
Ma chi sarà mai questo signor Adige Zorzi, che ha scritto un libro così interessante e che me ne ha spedita una copia in omaggio? Forse questa stessa domanda se la pongono adesso non pochi di quelli che hanno acquistato il libro o che lo hanno visto esposto nelle librerie. Sorpreso da quel nome insolito (chi mai chiamerebbe suo figlio col nome di un fiume? Solo Bossi ha osato tanto, bollando suo figlio col nome di Eridano), avevo pensato in un primo tempo che si trattasse di uno pseudonimo, sotto cui si sarebbe nascosto uno dei più brillanti fra i miei allievi; ma poi, man mano che, sfogliandolo, mi lasciavo prendere dalla lettura, dovetti scartare questa ipotesi. Non poteva esser stato scritto da un giovane da poco laureato e alle sue prime armi. Era infatti scritto con consumata arte giornalistica, con molta abilità nel dosare esperienze fatte sul posto e ricordi personali con l'esposizione di avvenimenti della storia cinese, sia presente che passata. Forse sotto quello pseudonimo si nascondeva qualcuno dei nostri più noti giornalisti, ma poi, ripensandoci bene, nessuno di essi, quando si era cimentato con (argomento Cina, era riuscito a scrivere qualcosa che non fosse più che mediocre, infarcito di errate trascrizioni dei nomi, di disinformazione storica, di luoghi comuni, ecc. Invece questo Adige Zorzi la lingua e la storia cinese sembra proprio che le conosca.
Basta: aspettiamo dunque che si faccia vivo un bel giorno e ci dica chi è.
Il libro tratta, come dice il titolo, della situazione attuale della Chiesa cattolica in Cina. Espone i fatti disponendoli su due binari paralleli: uno corrispondente al tempo e ai luoghi, di cui l'autore è stato casuale testimone e protagonista, cioè dal 1989, quando egli arrivò a Pechino come studente di cinese; l'altro legato al passato, cioè ad avvenimenti, di cui non è stato casuale testimone, ma che egli considera come fondamentali per capire le cause e gli effetti di un fenomeno ch'egli ritiene controverso e lacerante. Passa quindi da un binario all'altro col risultato di non tediare il lettore, dato che non si sofferma mai troppo nella narrazione degli avvenimenti storici o in quella delle proprie esperienze personali.
L'argomento è assai delicato, dato lo stato attuale dei rapporti tra Santa Sede e Pechino, rapporti che ancora non decollano verso quell'intesa, auspicata soprattutto dalla prima, a causa degli ostacoli rappresentati da Taiwan e dalla Chiesa clandestina. Della situazione di quest'ultima si occupa l'autore, il quale dimostra da un lato una approfondita conoscenza di uomini e fatti, acquisita grazie ad incontri avuti sul posto, dall'altro molta sicurezza nell'affrontare un argomento così delicato. Proprio per questo motivo ho addirittura pensato in un primo tempo che sotto quello pseudonimo si nascondesse un religioso alla ricerca in Cina di qualche "palma", apportatrice di ricompense ultraterrene... Il fatto quindi che si tratta invece quasi certamente di un laico depone ancor più a suo favore, perchè a scrivere con tanta sicurezza, franchezza ed anche un p6 di ardire è stato spinto solo da desiderio di verità e non da zelo missionario.
Giuliano Bertuccioli
AAVV, Roma e Pechino. La svolta extraeuropea di Benedetto XV, a cura di Agostino Giovagnoli, ed. Studium, Roma 1999, pp.
VII-290 Lire 38.000.
È una lunga strada quella finora percorsa dalla Chiesa cattolica per avvicinare ed evangelizzare la Cina, un lungo viaggio cominciato agli inizi del secolo XVII, allorchè Matteo Ricci arrivò a Pechino, e che dopo quattrocento anni ancora non si è concluso.
Incomprensioni fra due civiltà tanto diverse, l'occidentale e la cinese, contrasti fra ordini religiosi; rivalità nazionalistiche; offese inferte e reciprocate all'epoca dell'espansione coloniale furono gli ostacoli che resero così arduo quel cammino e ridussero le possibilità di arrivare a quell'intesa fra i due mondi, occidentale e cinese, auspicata dalle menti più aperte da una parte e dall'altra. Solo in questo secolo, accantonata finalmente la malaugurata Questione dei Riti; avviatosi a seguito della prima guerra mondiale il processo di disfacimento del sistema coloniale; tempestivamente affrancatasi la Chiesa dalle connessioni con tale sistema; posti su nuove basi i rapporti con il clero cinese, il cammino ha ripreso. Ciò grazie e a seguito soprattutto della svolta impressa da Benedetto XV con la Maximum illud del 1919 ed all'azione svolta intelligentemente da diplomatici della S. Sede, come mons. C. Costantini.
Questo libro prende le mosse proprio da quella svolta e consiste in una serie di saggi, dedicati ciascuno ad un determinato aspetto ed episodio della storia dei rapporti tra S. Sede e Cina in questo secolo, avanzando altresì considerazioni sui possibili sviluppi futuri. I saggi sono dovuti alla penna di studiosi, che si rivelano competenti conoscitori della materia. Sono in tutto quattordici: otto italiani e sei stranieri, fra cui tre cinesi. A questi ultimi si devono i saggi su "Costantini e la naturalizzazione della Chiesa in Cina" (autore Gu Weiming); "Gli intellettuali del Quattro Maggio e il cristianesimo" (autore Tang Yi) e "Repubblica Popolare Cinese e Santa Sede" (autore Ren Yan Li). In questo saggio, che conclude l'opera, l'autore esamina con molta franchezza sia i
motivi per cui i rapporti tra S. Sede e Pechino sono diversi da quelli intercorrenti fra la stessa ed altri paesi comunisti, come quelli dell'Europa Orientale, sia gli ostacoli che ancora si frappongono ad un riavvicinamento, primo fra tutti quello rappresentato da Taiwan, nonchè altri, come quello della Chiesa indipendente. Ren Yan Li resta prudentemente nel vago quando formula previsioni su quello che potrà essere il futuro dei rapporti nel caso di uno stabilimento di quelli diplomatici. Scrive infatti: "Non vedo la possibilità che con la presenza a Pechino di un rappresentante della S. Sede si ripeta quanto è successo nell'Oriente europeo e nell'ex Unione Sovietica. Per tradizione, cultura e carattere dei cinesi, non è immaginabile che nasca all'improvviso una grande spinta alla conversione al cattolicesimo e per i grandi successi di questi ultimi anni realizzati dalla politica di apertura e di riforma del governo la fiducia del popolo nel governo socialista si è rafforzata". Altri saggi affrontano argomenti di maggior interesse storico. A. Riccardi nel suo saggio "La chiesa fuori dalla Cristianità" tratta della complessità della situazione cinese, dovuta soprattutto alla presenza di uno stato molto articolato e unitario. G. Rumi e C. Soetens, il primo col saggio "Benedetto XV ed il sistema delle relazioni internazionali", il secondo con "La svolta della
maximum illud" descrivono gli aspetti della "svolta" di Benedetto XV, la cui lettera apostolica Maximum illud è definita come "un testo di eccezionale importanza, un colpo di gong, la carta delle missioni contemporanee". Cinque autori: G. Butturini, S. Trinchese, E. Tedde, V De Marco e R. Simonato affrontano il problema missionario, quello del coordinamento romano delle opere missionarie, quello della propagazione della fede e della riorganizzazione delle missioni, quello delle missioni tedesche in Cina dopo la prima grande guerra mondiale e infine l'azione svolta da Mons. Celso Costantini "oltre l'occidentalismo".
J. Charbonnier scrive poi su "Vaticano e Cina dal 1932 al 1952".
J. Metzler infine, con la sua grande competenza archivista, riassume lo stato della Questione dei Riti e della sua soluzione. Lo fa con molto tatto e diplomazia, quasi a non voler urtare
suscettibilità che si vorrebbero sepolte e spente da tempo, ma che forse sono tuttora latenti fra i vari ordini religiosi. Ma dopo tanti secoli un laico, che ha sempre considerato con tristezza l'assurdità di quella Questione, potrà pur porsi questo quesito: che essa sia stata una malaugurata disgrazia, che tanto ha nuociuto alle possibilità di evangelizzazione della Cina, non sembra esservi dubbio. Che la colpa di averla sollevata e continuata sia da ascriversi agli Ordini mendicanti, domenicano e francescano, sembra anche non esser dubbio. Ma che fosse possibile, realizzare il programma di M. Ricci e di molti gesuiti di convertire la Cina dall'alto, cominciando dalle sue classi dirigenti (i letterati confuciani) e a seguito di una intesa tra fede cristiana e pensiero confuciano (come i gesuiti credettero o vollero far credere possibile), mi sembra molto dubbio. Quel programma era basato su una forzata e falsata interpretazione del Confucianesimo. E adesso a leggere le pagine del saggio di Ren Yan Li mi sembra evidente che la mentalità atea dei comunisti cinesi di adesso ("più impegnati a spiegare la propria visione del mondo che non a lottare contro le religioni"), ricorda per certi aspetti quella dei lettori confuciani di un tempo, agnostici ed atei, ma nel complesso tolleranti anch'essi nei confronti delle religioni. Non si vede quindi come il Confucianesimo, che religione non era (su questo punto Ricci e altri gesuiti avevano visto giusto), ma era piuttosto una dottrina tendenzialmente razionalista, avrebbe potuto convivere a lungo e pacificamente con il Cristianesimo, accettandone la fede, i dogmi e lo zelo missionario.
Dopo quattrocento anni quindi la S. Sede viene confrontata da interlocutori che sono in fondo gli stessi: letterati confuciani allora, dirigenti comunisti adesso. Quel che fa sperare per il futuro è il fato che, a differenza di allora, non sembra esserci il rischio di una nuova Questione dei Riti.
Termino qui con una parola di elogio per il prof. A. Giovagnoli, che non solo ha scritto un interessante saggio sui
"Rapporti diplomatici tra S. Sede e Cina", ma ha avuto il merito di aver ideato e curato con competenza quest'opera, che è un ottimo contributo alla conoscenza di un argomento interessante la storia dei rapporti tra la Santa Sede, anzi: tra l'Occidente e la Cina.
Giuliano Bertuccioli
MONDO CINESE N. 100, GENNAIO 1999