Notizie di sensazionali scoperte in campo storico, geografico, artistico, ma prive di alcun serio fondamento e manifestamente inventate, vengono di tanto in tanto pubblicate dalla stampa, che sa di poter contare su di esse per ravvivare l'attenzione di lettori di bocca buona e scarso senso critico. Nel forbito linguaggio giornalistico queste notizie sono conosciute come "serpenti di mare" (una allusione alle descrizioni di incontri con mostri marini, immancabili un tempo nei libri di avventure e di viaggi, o con il mostro di Lochness); nel più volgare dialetto romanesco son dette "bufale". Appaiono sui giornali di tanto in tanto, di preferenza nei mesi estivi, e come certe comete ritornano periodicamente, magari dopo uno o due anni, favorite dalla scarsa memoria del pubblico, finché scompaiono per sempre o per lungo tempo, quando l'attenzione dei lettori per esse è esaurita. In francese e in inglese son dette "canards ", in cinese "echuan", a conferma che si tratta infatti di un male universale e non limitato al nostro paese. Se dotate di una parvenza di veridicità (grazie ad alcuni dati storici sicuri, su cui è stato poi costruito tutto un castello di fantasticherie e di arbitrarie deduzioni) riescono ad occupare spazio su giornali e riviste per lungo tempo e proprio per questo alcune di esse meritano di essere raccolte e ricordate come manifestazioni del costume e conferma dell'infinita credulità del pubblico.
Nel quadro di un programma di ricerca su avvenimenti, personaggi e aneddoti poco noti, ma interessanti e curiosi, che ricorrono nella storia dei rapporti tra l'Italia e la Cina, mi propongo di dedicare anche due o tre articoli ad alcune "bufale" che hanno occupato a lungo lo spazio sulla stampa italiana o cinese. Comincerò proprio da quella che più di ogni altra sembra avere un fondamento storico: lo ha infatti, ma ciò non basta a giustificare le fantasiose e avventate tesi sostenute da giornalisti (e ciò non deve sorprendere) e anche da archeologi (per fortuna non italiani).
Cominciò il sinologo americano H. Dubs1, che nel 1942, basandosi sulla descrizione rinvenuta nelle fonti
cinesi2 di uno scontro avvenuto nel 35 a.C. nei pressi della città di Zhizhi (l'attuale Drambul) sul fiume
Talas3 tra truppe cinesi, impegnate in una spedizione contro un capo ribelle, e soldati al servizio di questi, dedusse trattarsi di legionari romani divenuti mercenari. Avevano infatti adottato in battaglia una formazione a "scaglia di pesce", cioè a "testuggine", tipica delle legioni romane. Si trattava probabilmente, disse, di alcuni dei 5000 legionari che, secondo
Plutarco4, erano scampati alla sconfitta di Carre, sottraendosi con la fuga alla prigionia.
La battaglia di Carre e lo scontro sul Talas sono realmente avvenuti, sia pur a distanza di venti anni. Non c'è da dubitare. Dubbi si possono avere invece sulla identificazione di quei mercenari con dei legionari romani. Come minimo infatti il più giovane di essi doveva avere circa 40 anni e tutti non potevano trovarsi nelle migliori condizioni fisiche dopo venti anni di fughe, di marce e di stenti in un paese ostile. Quanto sopra dovrebbe essere sufficiente per accantonare la tesi di Dubs, per quanto avvincente essa sia. Ma appunto perché tale da interessare e incuriosire il grosso pubblico e da costituire un buon pretesto per sollecitare ed ottenere finanziamenti per campagne di scavo o per visitare a spese dei governi l'Asia Centrale, essa è stata ripresa a partire dal 1980 da archeologi dilettanti di varie nazionalità: russi, australiani, austriaci ed anche cinesi. Secondo costoro, i cento e più soldati fatti prigionieri dai cinesi dopo la conquista di Zhizhi sarebbero stati trasferiti insieme a un migliaio di abitanti della città nella provincia del Gansu. Qui una città sarebbe stata costruita per loro o da loro, il cui nome, Lijian, stranamente simile a quello dato dai cinesi del tempo all'Impero Romano, confermerebbe che quei soldati fatti prigionieri erano proprio
ex-legionari romani. L'origine romana della città sarebbe confermata anche dagli scavi, che hanno portato alla luce strade intersecantisi ad angolo retto, come negli accampamenti romani (ma anche le città cinesi avevano una pianta suppergiù simile), nonché dalle caratteristiche fisiche di alcuni abitanti dei villaggi circonvicini, dai capelli biondi e gli occhi azzurri, il che proverebbe (?!) la loro discendenza, dopo più di 2000 anni (!!), dai legionari romani.
Non mi risulta che alcuna seria rivista di sinologia abbia dato spazio a questa tesi, che raggiunse la sua massima notorietà nel 1990, quando l'ufficialissima rivista Beijing Review dedicò ad essa un articolo dal titolo "The First Romans in
China"5, accompagnato da un codazzo di articoli della stessa levatura pubblicati su riviste e quotidiani cinesi e stranieri, inclusi anche quelli
italiani6. Da allora sembrava che l'interesse per l'argomento si fosse esaurito. Quest'anno la storia dei legionari romani arrivati in Cina e dei loro discendenti è stata ripresa nuovamente da una rivista
cinese7: con maggior dovizia di particolari e con maggiori argomentazioni a sostegno della presenza in Cina di discendenti degli antichi legionari. All'autore dell'articolo non è bastato quanto era stato scritto nel '90 a sostegno di questa tesi: occhi azzurri, capelli biondi o rossi, naso aquilino, caratteristiche fisiche degli abitanti di uno o due villaggi. Ha voluto aggiungere che il carattere di quegli abitanti è assai aperto, che essi sono dotati di un irresistibile senso dell'umorismo, espresso con una certa rudezza, che amano la musica, hanno un gran gusto per la vita, che le loro donne sono più aperte e più sicure di sé di quelle di altre località ...Insomma a leggerlo vien da pensare che quei loro antichi progenitori fossero tutti napoletani, i quali però generalmente non sono biondi. Né a lui né ad altri autori degli articoli sopracitati sembra sia passato per la mente che poche centinaia di soldati arrivati (sempre che ciò sia vero) nel Gansu duemila anni fa, stanchi e logorati da battaglie e prigionie, avanti con gli anni e molti già anziani, unitisi, se ciò avvenne, con donne del luogo, certamente di razza diversa, difficilmente, assai difficilmente avrebbero potuto trasmettere inalterate ai propri discendenti dopo venti secoli le proprie caratteristiche fisiche. E quando mai poi i Romani dell'epoca di Crasso erano tutti biondi e con gli occhi azzurri? E neppure sembra esser passato per la mente dei suddetti autori che probabilmente quei contadini del Gansu biondi, dagli occhi azzurri, dal naso aquilino, etc. potrebbero essere discendenti di immigrati slavi o turchi stabilitisi in quella regione nel corso degli ultimi secoli.
Forse è passato loro per la mente. Ma hanno preferito insistere sulla tesi più sensazionale non solo per attirare di più l'attenzione dei lettori, ma anche per motivi di cassetta. Non per niente la rivista su cui è stato pubblicato quest'ultimo articolo si chiama Lüyou (Viaggi), non per niente in quella località è stato costruito un albergo, chiamato Lijian, non per niente è stato prontamente ultimato un centro commerciale chiamato, indovinate un po', "Roma". Aspettiamo quindi che quella località sia inclusa quanto prima nei programmi dei vari "China Tours ".
Per questo motivo ritengo utile presentare qui di seguito il testo di quest'ultimo articolo nella traduzione italiana curata dall'Associazione
Italia-Cina, che qui ringrazio per averne autorizzato la pubblicazione.
GANSU. I DISCENDENTI DELL'ESERCITO ROMANO
"Recentemente, gli archeologi cinesi hanno dato notizia della presenza nel Gansu di un centinaio di contadini del luogo le cui caratteristiche fisiche denoterebbero la loro probabile origine europea. Sulla base delle ricerche condotte dagli esperti essi sarebbero i discendenti di un residuo delle truppe di un corpo di spedizione dell'antica Roma."
Nell'autunno del 1998 questa breve notizia diffusa dai mass media destò grande interesse all'estero e in Cina. Quale fu il motivo di questa spedizione in Asia? In che modo le restanti truppe si stabilirono in Cina? Lo stile di vita dei discendenti di quest'esercito in cosa differisce da quello della popolazione locale? L'autore incuriosito si è recato appositamente sul luogo per compiere un'inchiesta.
Gli storici ci informano che nel 53 a.C. il console romano Crasso inviò un esercito di cinquantamila soldati per attaccare l'Asia centrale. Questo corpo di spedizione considerato imbattibile fu tuttavia sbaragliato. Soltanto seimila soldati dopo una strenua battaglia riuscirono a rompere l'accerchiamento ma di essi si persero misteriosamente le tracce. Infatti nel materiale storico dell'antica Roma non si trova alcuna notizia riguardo la loro sorte. Fino a poco tempo fa, tra molti studiosi si era fatta strada l'ipotesi che questo corpo di spedizione di cinquantamila uomini fosse stato completamente disperso. Nessuno avrebbe mai immaginato che i resti di quell'esercito sarebbero penetrati in Cina e si sarebbero stabiliti tra le alte colline del loess del nord est. Gli archeologi cinesi che non molto tempo fa hanno incontrato nel Hexi i discendenti di questi soldati, uomini dal naso lungo, dagli occhi infossati e dai capelli ricci, sono rimasti profondamente impressionati.
In realtà già nel 1992 il distretto di Yongchang, nel Gansu, dove essi vivono, aveva richiamato l'attenzione di studiosi cinesi e stranieri. In questo distretto, situato nel settore orientale del corridoio del Hexi, ai piedi del monte Qilian, un tempo sorgeva una città di notevole importanza per l'antica Via della seta. La sua storia è molto antica e vi si trovano numerose rovine: la città di Luanniao di epoca Han, le vestigia dell'antica città di Fanhe, la Grande Muraglia di epoca Han e Ming, le torrette per i fuochi di segnalazione lungo tutta la linea difensiva e ancora le rovine delle antiche città triangolari edificate dalle minoranze etniche. Gli studiosi della "spedizione internazionale della Via della seta" patrocinata dalle Nazioni Unite che nel 1992 ispezionarono il posto, scoprirono con stupore che l'antica città di Luanniao, situata a circa 100 chilometri a ovest del capoluogo del distretto Yongchang, nell'ubicazione degli edifici, rifletteva in maniera evidente lo stile dell'antica Roma. Alcuni studiosi occidentali avanzarono l'ipotesi che fossero stati i romani ad edificarla e la chiamarono perciò la Pompei d'Oriente. Uno degli esperti della spedizione, Li Xiguang in un suo articolo chiamò questa città "l'antica Roma del corridoio del Hexi". Nella monografia sui Xiongnu contenuta nelle Memorie di uno storico e in quella riguardante la geografia negli Annali della dinastia Han c'è una descrizione dello schieramento di battaglia "a scaglia di pesce". Gli studiosi ci informano che questa formazione è proprio quella adottata dagli eserciti romani; tuttavia nessuno avrebbe mai immaginato di trovare dentro i confini di Yongchang i discendenti di quei soldati romani scampati alla morte duemila anni fa.
Non molto tempo prima, alcuni studiosi cinesi che stavano compiendo delle ricerche in una remota zona della Cina occidentale, trovarono nel villaggio Zhilaizhai, a dieci chilometri a sud del distretto Yongchang, i resti di un muro lungo oltre dieci metri e nelle vicinanze portarono alla luce anche un grosso palo a sezione circolare alto più di tre metri nel quale erano inseriti piccoli assi di trenta centimetri circa. Gli esperti dicono che questa singolare struttura di legno sia assai simile a quelle utilizzate dagli eserciti romani nelle opere difensive delle città, delle quali si fa menzione nei documenti storici.
Il fatto più sorprendente resta comunque quello di aver trovato in questo villaggio persone il cui aspetto è totalmente diverso dal resto della popolazione. Alti e robusti, invariabilmente, uomini e donne hanno il naso lungo, gli occhi infossati, capelli e peli ricci e biondi. Il sig. Song Guorong, di 39 anni, alto un metro e ottantadue centimetri, una massa di capelli biondi e occhi infossati ha detto ad un archeologo che lo interrogava: "I miei genitori mi dicevano spesso che i nostri antenati provenivano da un lontano paese dell'occidente. Mio padre aveva occhi azzurri e capelli chiari ed assomigliava in tutto a quegli europei che in seguito ho avuto occasione di vedere sui giornali". Gli storici che più tardi giunsero sul posto per condurre delle ricerche ritengono che Song Guorong e altri cento suoi compaesani siano proprio i discendenti di quei soldati romani scomparsi duemila anni or sono misteriosamente.
Roma distava settemila chilometri dall'antica capitale degli Han, Chang'an (l'odierna Xi'an), pertanto molti nutrono forti dubbi circa la capacità di quell'esercito romano di raggiungere la Cina; gli esperti tuttavia riferiscono che già tremila e più anni or sono la Via della seta era aperta e percorribile partendo da Chang'an fino a Roma.
Nella prefazione del Dizionario Via della Seta si racconta una notizia interessante: nel I secolo a.C. Cesare in una riunione indetta per celebrare la vittoria riportata in guerra mostrava a tutti gli oggetti presi come bottino. Tra questi vi era una bandiera fatta con seta cinese di straordinaria bellezza. I patrizi apprezzarono la raffinatezza di quel tessuto mai visto sino ad allora al punto che l'entusiasmo suscitato dalla seta cinese oscurò in quella occasione il successo militare di Cesare. Evidentemente in quel periodo la Via della seta che conduceva fino a Roma era già aperta e perciò i resti dell'esercito romano erano certamente in grado di raggiungere il Gansu dall'Asia Centrale. Ma allora essi come arrivarono fino al Corridoio del Hexi?
Secondo la Biografia di Chen Yang, negli Annali della dinastia Han, nel 36 a.C. le truppe imperiali Han nelle zone occidentali dell'impero si scontrarono con uno strano esercito che adottava tecniche militari proprie dell'antica Roma. Questo esercito fu successivamente sottomesso dagli Han e ai suoi uomini fu permesso di stanziarsi nel territorio strategico fertile e ricco di acque che corrisponde all'odierno corridoio del Hexi. La dinastia Han, per favorire gli insediamenti e le attività commerciali in questa vasta zona creò un governatorato nell'oasi del Hexi e inviò un gran numero di persone per provvedere al dissodamento dei terreni. Fu forse proprio in questo quadro che gli sconfitti della spedizione romana andarono a risiedere a Yongchang. Una mappa degli Han Occidentali del 20 a.C. riporta l'effettiva posizione di questa nuova area amministrativa chiamata Lijian. Alcuni storici hanno trovato una vecchia mappa disegnata su stoffa del 9 a.C. Su di essa si può chiaramente distinguere il nome dell'insediamento. La sua posizione è all'incirca quella dell'odierno villaggio di Zhulaizhai nel distretto di Yongchang. I suoi abitanti, compreso Song Guorong, generazione dopo generazione hanno sempre vissuto in questo piccolo villaggio ai piedi del monte Qilian. Anche le scoperte archeologiche provano che essi abitano questi luoghi da lunghissimo tempo. Nelle antiche tombe vicino al villaggio gli archeologi hanno rinvenuto alcune ceramiche, uno scheletro gigante integro e i resti di un ciuffo di capelli rosso castano. In base allo stile dei reperti e delle tombe, gli esperti sono convinti che essi risalgono a circa duemila anni fa. I contadini dei dintorni hanno raccolto tra la terra un oggetto di bronzo di forma ellittica sul quale si leggono i caratteri "zhao an". Con molta probabilità si tratta della parte superiore di un elmo romano. Siccome quell'esercito era stato sconfitto dagli Han, sembra logico che esso presenti i due caratteri della scritta che indicava i ribelli convinti dal potere imperiale alla sottomissione.
Giunto in questo villaggio così pieno di mistero, l'autore si è accorto che gli abitanti, oltre a presentare evidenti caratteristiche fisiche mediterranee, hanno anche un carattere estremamente aperto. Nel parlare non si può fare a meno di divertirsi per il loro irresistibile senso dell'umorismo, spesso espresso anche con una certa "rudezza". Gli uomini hanno una testa molto grande, sono forti e coraggiosi. Nel villaggio c'è una strana usanza che è forse eredità dello spirito combattivo dei loro antenati: gli abitanti, che si trovano in un luogo remoto tra le alture della Cina del nord ovest, e molti dei quali non sono mai usciti neanche al di fuori del piccolo distretto di Yongchang, amano molto la lotta con i tori, proprio come gli spagnoli. Essi hanno mantenuto fino in fondo gli usi dei lontani europei. In occasione del nuovo anno preparano con la farina dei cibi a forma di toro e li offrono agli altari. Inoltre si divertono ad aizzare la collera dei tori col sapore del sangue e a lottare contro di essi. Gli esperti ritengono che questo sia un retaggio della lotta dei tori dell'antica Roma.
Le donne, rispetto a quelle dei villaggi dei dintorni, sembrano molto più aperte e sicure di sé in ogni loro azione. Amano molto la musica e sembrano avere un maggiore gusto per la vita. Gli uomini e le donne parlano con una pronuncia che differisce sensibilmente da quella dell'altra gente del luogo. Hanno suoni più retroflessi e più nasali; per esempio il suono rou lo pronunciano ru. Un'altra usanza originale è quella di seppellire i defunti sempre con la testa rivolta ad occidente. Ciò si rileva sia nelle tombe antiche che in quelle moderne. Le strane usanze e la storia misteriosa di questo villaggio suscitano la curiosità di molti studiosi cinesi e stranieri. A Yongchangxian sono stati recentemente costruiti l'albergo Lijian, il centro commerciale Roma e una monumentale scultura in pietra che riflette i duemila anni di storia del distretto. Anche se si può affermare che i particolari "immigrati" che ora abitano il villaggio di Zhelaizhai sono senza dubbio i discendenti dell'esercito romano, restano tuttavia alcuni misteri di difficile soluzione.
Quei militari, dopo essersi stanziati nel corridoio del Hexi, si sono tutti sposati? Se fosse così i loro discendenti non sarebbero solamente quelli del villaggio di Zhelaizhai, ma dovrebbero trovarsi anche altrove. Secondo la spiegazione del giovane studioso Lin Haicun, in un tempio di Milan, nel Xinjiang, è stato scoperto un affresco in cui un'iscrizione, in una lingua non cinese, dice che un artigiano di nome "Tisha" dopo aver completato la pittura dell'affresco ricevette un compenso di tremila dracme. Siccome "Tisha" è un tipico nome romano (così come lo è Maimaiti tra gli Uighur), gli studiosi ritengono che egli provenisse dalla lontana Roma. Inoltre l'affresco è stato dipinto nel tipico stile romano, con personaggi alati. Anche nel Xinjiang hanno vissuto "immigrati" così speciali? Le mogli di quei militari erano cinesi o di altre nazionalità? Grazie all'incessante lavoro degli archeologi e degli storici, probabilmente tra non molto questi misteri saranno svelati. Forse i resti di quel corpo di spedizione romano di duemila anni fa celano segreti ancor più sbalorditivi.
Tratto da Lüyou.
MONDO CINESE N. 100, GENNAIO 1999
1 H. Dubs, "A military contact between Chinese and Romans in 35 b.C.", T'oung Pao, XXXVI, 1942,
pp.64-80; Id., "An ancient military contact between Romans and Chinese ", American Journal of Philology, XLII, 1941,
pp.322-30; Id., 'A Roman influence on Chinese painting", Classical Philology, XXXVIII, 1943,
pp.13-19. La tesi opposta è stata sostenuta da P. Daffinà, "Chi-chih shan-yü", Rivista degli Studi Orientali, XLIV, 1969,
pp.199-232.
2 Qian Hanshu (Annali degli Han Anteriori), c.70, ediz. Zhonghua shuju, Shanghai, 1962, vol.IX, p.3013.
3 Il fiume Talas o Dulai si trova nel territorio del Kanju (l'attuale Karakh) in Asia Centrale.
4 Vita di Crasso
5 Beijing Review, vol.XXXIII, n.4, 22-28 gennaio 1990.
6 D. Harris, V.V. Vasenkin, S.A. Koissarov, "Rimliane v Kitae: perspectivy poska", Obsetvo i gosudarstvo v Kitae, 1, 1990,
pp.92-94; Wang Zhen, "Gu Luoma jun xiaoshi yu Gansu zhi mi you xin faxian" (Nuove scoperte sul mistero della scomparsa nel Gansu di un esercito romano), Huashang shibao, 192, 1994 "Nel Gobi una Roma perduta", La Stampa, 5 ottobre 1989; "Alla ricerca dei Romani dell'Arca Perduta: nel deserto cinese", Corriere della Sera, 21 ottobre 1989; "Una scoperta archeologica? Dove Lijian sembri Roma", Ibidem, 4 maggio 1990.
7 "Gansu gu Luoma junduiduan houyi" (I discendenti dei soldati dell'antica Roma nel Gansu), Lüyou (Viaggi), 1999.