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RECENSIONI

Recensioni

MARINA MIRANDA, Bibliografia delle opere cinesi tradotte dall'italiano (1990-1996), Prefazione di Lionello Lanciotti, Associazione italiana per gli studi cinesi, Giannini ed., Napoli 1998, pp. 181, s.i.d.p.

Questa è un'opera che fa onore alla Associazione italiana per gli studi cinesi, che l'ha commissionata, ed alla dr.ssa Marina Miranda, che l'ha portata a termine. Basta infatti una rapida scorsa a questa bibliografia per restare più che favorevolmente colpiti dalla precisione, dalla cura e dall'impegno con cui essa è stata preparata. Sia pur limitata alle traduzioni italiane dal cinese pubblicate in questo secolo, essa è uno strumento utilissimo per lo studioso, che sovente nella consultazione di cataloghi e di bibliografie rischia di smarrirsi, se non sono corredati da indici ben fatti, da note esplicative esaurienti, da una gradevole presentazione tipografica. Tutto ciò si trova in questa bibliografia, che è risultata in tal modo di agevole e piacevole consultazione, a conferma del detto che non vi è lettura più riposante di un catalogo o di una bibliografia ben fatti. Da un lato infatti tali opere non impegnano la mente del lettore, non forzano quest'ultimo a seguire il filo di ragionamenti altrui o l'altrui periodare, ma lo lasciano adagiarsi in fantasticherie su titoli di libri, di cui ignorava l'esistenza e che forse non riuscirà mai a leggere. D'altro canto una bibliografia ben fatta stimola la mente perchè dalla lettura delle schede ci si può far una idea degli argomenti che gli autori hanno trattato a preferenza di altri. Così scorrendo questa bibliografia si identificano i generi letterari e le opere cinesi che hanno maggiormante attirato l'attenzione dei nostri traduttori, sinologhi e non sinologhi, e che sono state ritenute degne di esser presentate ai lettori italiani.

Le sezioni di questa bibliografia riservate alla "Letteratura moderna e contemporanea" e alla "Storia e politica: periodo posteriore al 1911" sono le più nutrite di schede: 593 su un totale di 1186, a conferma dell'interesse (direi meglio "infatuazione") dimostrato in Italia dopo il 1950 per gli scrittori cinesi di questo secolo. Cent'anni sono ben pochi rispetto ai tanti, gloriosi secoli della letteratura classica, che però, pur sommando insieme le tre sezioni, in cui essa è stata suddivisa: "Letteratura classica"; "Testi classici"; "Testi filosofici" e la sezione "Storia: periodo anteriore al 1911", arriva appena a 491 schede. La bilancia pende quindi decisamente a favore degli autori moderni, forse perché tra il 1950 e il 1975 la Cina fu di "moda" in Europa ed anche in Italia; forse perché tradurre dal cinese moderno è molto più facile che tradurre dal cinese classico, soprattutto se non si è seguito un serio curriculum di studi e non si può far ricorso a precedenti versioni in altre lingue occidentali. Dalla lettura degli ottimi indici, che corredano questa bibliografia, si scopre così che l'immancabile Lu Xun con 3 schede, l'onnipresente Mao con 78 e autori contemporanei come Acheng con 33 e Zhang Xinxin con 30 la fanno da mattatori rispetto ad autori classici, come Baozi (28 schede), Pu Songling (28), Zhuangzi (21), per non parlare del povero Confucio. Inutile cercarlo nell'indice dei nomi. Nell'indice delle opere si trovano i titoli di quelle che tradizionalmente sono a lui attribuite, come Daxue e Zhongyong (9 schede ciascuna), o da lui ispirate e a lui riconducibili, come Lunyu (Dialoghi): 24 schede. Un po' poco invero per il "Sommo Savio"!

Senza gli indici, da cui questa bibliografia è corredata, non sarebbe stato facile accertare questi dati e trarne le conseguenti considerazioni. Non ci resta quindi che ringraziare la dr.ssa Miranda per un così egregio lavoro e formulare nel contempo il voto che l'A.LS.C. e la stessa dr.ssa Miranda vogliano darci in futuro altre analoghe opere. Perchè ad es. non pensare a pubblicare una più completa Bibliografia Sinologica Italiana dal 1870 al 2000, da compilarsi con quella "Gründlichkeit", di cui la dr.ssa Miranda ha dimostrato di esser dotata, e che rielabori, integri, aggiorni le precedenti bibliografie, redatte in epoche diverse e con criteri ed impegno diseguali? L'ultima di esse si ferma al 1987! Perchè non profittare di una simile occasione per inserire in una simile Biblioteca Sinica Italiana anche l'indicazione delle recensioni ad opere di sinologhi e non sinologhi italiani apparse su riviste italiane e soprattutto straniere. Si vedrebbe così che la sinologia italiana non è limitata solo alla divulgazione in patria delle opere cinesi o a rielaborare studi fatti da sinologhi stranieri, ma in alcuni casi ha saputo farsi apprezzare anche fuori dal proprio ambiente, su quelle stesse riviste che in altre occasioni non avevano lesinato riserve e critiche.

Giuliano Bertuccioli



ADOLFO TAMBURELLO, L'Archeologia dell'Estremo Oriente, E.Di.S.U., Napoli 2, Istituto Universitario Orientale, Napoli, 1997, pp. 150, s. i. p.

Si tratta di uno strumento didattico indispensabile per chiunque voglia affrontare lo studio dell'archeologia cinese e giapponese. L’A. ripercorre il formarsi e lo svilupparsi del concetto di antichità in Cina e degli studi relativi; si sofferma poi sulle vicende delle ricerche archeologiche degli occidentali per concludere con i principali risultati delle ricerche in Cina, Giappone e Corea. L’opera trae origine dai corsi che il prof. Tamburello tiene all'Istituto Universitario Orientale. La sua ben nota padronanza della materia è garanzia di tutto rispetto.

ADOLFO TAMBURELLO, Echi del Celeste Impero. L'Europa dinanzi all'antichità della Cina, Promolibri, Torino, 1997, pp. 92, L. 8.000

In questo saggio l'A. parte dalla "riscoperta" della Cina ad opera dei viaggiatori europei del XVI secolo per arrivare a quello che è stato l'atteggiamento della cultura europea nei confronti della civiltà cinese. Di fondamentale importanza è giudicato Giovan Battista Vico che alla Cina e alla sua civiltà dedicò non poche pagine della sua opera. Uno dei principali problemi che interessarono l'intellettualità europea del XVIII secolo fu la cosiddetta antichità della Cina: si doveva o non si doveva credere alle origini così remote di quella civiltà, quali sembravano descritte dalle fonti storiche cinesi? A sfatare la leggenda di un'antichità quasi senza limiti sarebbero venute le esplorazioni e le scoperte archeologiche, delle quali l'A. offre una piacevole ed interessante carrellata.

PAOLO SANTANGELO, Il sogno in Cina. L’immaginnrio collettivo attraverso la narrativa Ming e Qing, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1998, pp. 236, L. 24.000.

Paolo Santangelo è noto per avere inaugurato, in Italia e nel mondo, un filone di studi di estremo interesse, quello dello studio dei sentimenti in Cina. Per questi studi ha dovuto attingere non soltanto alle fonti tradizionali dello storico ma anche all'immensa mole della letteratura narrativa cinese, dove i sentimenti sono espressi e possono essere analizzati. Questo lo ha portato, ora, ad analizzare un altro aspetto della psicologia cinese, quello contenuto nell'immaginario ed estrinsecato nel sogno. Nel saggio in esame l'A. , dimostrando anche una solida conoscenza degli occidentali sui sogni e le loro implicazioni, porta innumerevoli esempi tratti dalla narrativa cinese, relativi ai sogni, alla loro considerazione, talvolta alla loro interpretazione e al valore che ai medesimi era attribuito. Si tratta di uno studio di grande importanza, che si segnala per la novità della tematica, per la perizia dell'A. e per le vaste conoscenze in esso dimostrate, uno studio che aiuta veramente a comprendere aspetti fino ad ora sottovalutati dell'animo e del modo di pensare cinese.

LIONELLO LANCIOTTI, Wang Chong l'iconoclasta, Collana "Cina e altri Orienti", Libreria Editrice Cafoscarina, Venezia, 1997, pp. 95, L. 12.000.

Con questo agile libretto Lionello Lanciotti inaugura la collana, diretta da Maurizio Scarpari, che la Libreria Editrice Cafoscarina di Venezia dedica a "Cina e altri Orienti". Wang Chong è un pensatore eterodosso della Cina antica che ha attirato, fino dagli anni giovanili, l'attenzione scientifica dell'A., oggi il decano accademico dei sinologi italiani. A lui egli ha dedicato dotti saggi comparsi su prestigiose riviste scientifiche, ma ora mette a disposizione del vasto pubblico i risultati delle sue ricerche. Ne emerge la figura di un pensatore, che, vissuto all'inizio della dinastia degli Han Posteriori (I secolo d. C.) seppe scrollarsi di dosso le ubbie ed i vincoli di pensiero del confucianesimo ed esercitò una critica pungente e serrata a credenze, usi, costumi che, però, nonostante tutto, continuarono a dominare la scena cinese per secoli. Un pensatore interessante, quindi, che i successivi letterati cinesi non ebbero mai il coraggio di espungere e condannare definitivamente e le cui opere continuano a comparire nelle principali collezioni della letteratura classica cinese.

ANNA SEIDEL, Il Taoismo, religione non ufficiale della Cina, a cura di Fabrizio Pregadio, Collana "Cina e altri Orienti", Libreria Editrice Cafoscarina, Venezia, 1997, pp. 102, L. 12.000.

L’A. è ben nota al pubblico italiano per i suoi saggi scientifici sul taoismo. In questa operetta essa si cimenta con la divulgazione e si deve affermare che ci riesce. Il saggio, pur nella sua brevità, che sembrerebbe a prima vista insufficiente ad abbracciare un tema di tanta ampiezza quale il taoismo, riesce a dare un'idea completa e chiara di questa che giustamente l'A. definisce la "religione non ufficiale della Cina". Non ufficiale soprattutto perché le classi dominanti fondarono sempre il loro potere sull'ideologia confuciana, antitetica al taoismo, e questo fu ridotto talvolta a superstizione ma soprattutto a rifugio per chi si allontanava dalla vita pubblica oppure prendeva una pausa dal lavoro nell'amministrazione. L’A. tratteggia la concezione del mondo taoista, lo strutturarsi di questa religione in "chiesa", con preti, monaci e templi, fino ad arrivare ai giorni nostri e a descrivere la situazione attuale. Fabrizio Pregadio è stato accurato e preciso nel dare l'edizione italiana, tratta da un originale in tedesco.

SHEN YUE, Trattato sui prodigi, a cura di Tiziana Lippiello, Collana "Cina e altri Orienti", Libreria Editrice Cafoscarina, Venezia, 1997, pp. 130, L. 12.000.

Ci voleva la perizia, l'acribia, la conoscenza approfondita delle fonti cinesi e del cinese classico di Tiziana Lippiello per dare al pubblico non solo italiano (si deve dire) questa prima traduzione del Furui Zhi, opera di Shen Yue (441-512 d. C.), uno degli otto Trattati della storia dinastica dei Liu Song (420-479 d. C. ), il Song Shu. La studiosa, pure se giovane di età, è già nota in campo internazionale per i suoi studi sulla Cina del periodo della divisione (III-VI sec. d.C.). Il Trattato è dedicato interamente ai prodigi, ai fatti straordinari della natura ai quali i Cinesi dell'antichità (anche remota) attribuivano grande importanza in quanto indicatori di situazioni eccezionali anche sulla terra. Se, infatti, c'è corrispondenza tra la vita umana e quella della natura (terra e cielo) allora tutto ciò che accade fuori dell'ordinario sta a significare un disordine dell'umanità, sia nel male sia nel bene. La traduzione è condotta bene, per quanto è stato possibile riscontrare; i passi difficili sono stati risolti con intelligenza; le note sono esaurienti. Una discordanza però va notata: la data di morte di Shen Yue è indicata nel 512 a p. 15 e nel 513 a p. 22.

MAURIZIO SCARPARI, Xunzi e il problema del male, Collana "Cina e altri Orienti", Libreria Editrice Cafoscarina, Venezia, 1997, pp. 108, L. 12. 000.

Il problema della bontà intrinseca o meno della natura umana ha sempre interessato il pensiero antico cinese. Se Mencio (390-305 a.C.) dava una risposta positiva al problema, affermando che l'uomo possiede, innati, i "semi" delle virtù, che non bisogna far altro che sviluppare e coltivare, per Xunzi (310-219 a.C.) la risposta è negativa. L'uomo tende inesorabilmente al male e per volgerlo al bene è necessario un governo delle leggi, oltre che lo studio. Da Xunzi discese poi la scuola legista che portò all'unificazione della Cina e alla fondazione dell'impero cinese nel 221 a. C. Nel saggio che precede il testo di Xunzi (pp. 11-58) l'A. illustra il problema del male come era visto dalle diverse scuole filosofiche della Cina antica, dai taoisti ai confuciani. Segue poi il capitolo "Sulla malvagità della natura umana" tratto dal libro di Xunzi. Si tratta di un testo noto e in precedenza più volte tradotto in diverse lingue europee. Questa nuova traduzione dello Scarpari, che da più indizi si conferma condotta dal testo cinese, si distingue per l'approccio moderno e comprensibile del discorso, pur nel rispetto del testo cinese originario.

ISAIA IANNACCONE, Johan Schreck Terrentius. Le scienze rinascimentali e lo spirito dell'Accademia dei Lincei nella Cina dei Ming, Istituto Universitario orientale, Dipartimento di Studi Asiatici, Series Minor LIV, Napoli, 1998, pp. 147, s.i.p.

L'A., benemerito per i suoi studi sulla diffusione della scienza occidentale in Cina al tempo dei Ming, ci offre in questo saggio la biografa e un ritratto critico di una delle figure più interessanti tra i missionari gesuiti che si recarono in Cina nel XVII secolo, Johan Schreck detto Terrentius (1576-1630), Accademico Linceo tra i primi, corrispondente di Federico Cesi e Galileo Galilei. Terrentius improvvisamente si dimise dall'Accademia nel 1611, si fece gesuita per essere inviato in Cina. Qui non si dedicò tanto all'apostolato quanto alle ricerche scientifiche, al punto di essere considerato uno degli artefici principali dell'introduzione delle scienze occidentali nel Paese di Mezzo. Praticamente dimenticato, sia dalle fonti cinesi che da quelle occidentali, la sua figura è stata recentemente rivalutata ed è merito di Iannaccone se ora viene ripresentata nella sua giusta luce. C'è da augurarsi soltanto che l'Accademia dei Lincei, che lo ebbe tra i primi soci, voglia ora dedicargli spazio e ricordo.

FILIPPO COCCIA, Sulla Cina (1958-1997), a cura di Giorgio Mantici, Paola Paderni e Valeria Varriano, Istituto Universitario Orientale, Dipartimento di Studi Asiatici, Series Minor LV, Napoli, 1998, pp. XVII-720, s.i.p.

Colleghi ed amici, nonché l'istituzione universitaria alla quale apparteneva, hanno voluto ricordare con questo volume Filippo Coccia (Roma 1934-Cingoli 1997), già componente del Direttivo di questa Rivista, prematuramente scomparso. II volume raccoglie tutti gli scritti del Coccia che è stato possibile reperire, dal 1958 al 1997. La lunga carrellata fa ripercorrere le tappe di una passione sincera, che sapeva comprendere i problemi del Paese alla cui civiltà egli aveva dedicato la sua vita ma che nello stesso tempo, anche se talvolta poteva cadere in qualche entusiasmo, non smise mai di essere ragionevolmente critico. Vedere raccolta in un volume la produzione del Collega scomparso dà la possibilità di valutarne appieno il valore e la dedizione allo studio. Offre inoltre interessanti chiavi interpretative della Cina attuale, che era sempre presente nello spirito e nell'opera di Filippo Coccia.

Piero Corradini


MONDO CINESE N. 97, GENNAIO-APRILE 1998

 

 

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