Sui riti sciamanici celebrati alla corte imperiale di Pechino nel periodo Qing esiste ormai una documentazione abbastanza dettagliata da parte di ricercatori occidentali e cinesi, che si aggiunge ai lavori francesi dell'800, nonchè a quelli giapponesi della prima metà del nostro secolo. Sulle stesse pagine di questa rivista si è recentemente accennato allo stato attuale dei "luoghi sacri" di questo culto e dei suoi riti svoltisi nel Kunninggong1.
Contrariamente a quanto si possa pensare, tali pratiche sciamaniche &- collegate com'erano, per certi aspetti, anche al culto degli antenati &- erano sopravvissute a corte fino all'espulsione di Puyi dalla Città Proibita nel 1924. Esse però erano, come tanti aspetti della cultura tipicamente "mancese", nettamente separate dalla vita di corte "tradizionale" (cioè cinese) e gelosamente protette da occhi indiscreti. Reginald F. Johnston ebbe addirittura l'impressione che queste reminiscenze ancestrali fossero perpetuate non senza un certo "imbarazzo"
(shamefacedly) da parte della corte, timorosa evidentemente di rivelare la sua provenienza da un mondo "barbaro":
"The central portion [of the Kunninggong] was reserved for various religious and quasi&-religious purposes, including chi t’ien &- the worship of Heaven, and t'iao shên &-the invocation of spirits by means of the mystic rites and dances of the shaman or wu. Shamanism was a cult with which the Manchus were familiar in the early days of their history, before they entered China, and they brought it with them to their new home. But they seem to have done so rather shamefacedly, as if conscious that it would be held in contempt by Confucian orthodoxy, and the witches and mediums who understood and practised the rites and incantations of Shamanism were always kept in the obscure background of the life of the Manche court. Their sacrificial vessels, witches' cauldrons and musical instruments (including bronxe bells and wooden clappers) were stored in this building because it was one which was "forbidden" even to those of whom the " Forbidden" City had few closed doors. I myself entered in only once, and that was in the company of the emperor on the eve of his wedding...`.
Neanche Johnston, quindi, sapeva che durante la sua permanenza a corte (1919&-1924) i riti sciamanici continuavano ad essere regolarmente celebrati nel Kunninggong3. Per saperne di più era necessario attendere le memorie di uno degli ultimi eunuchi, Sun Yaoting, la cui prima stesura4 fu pubblicata nel 1985 e successivamente più volte rielaborata5:
I riti venivano celebrati da donne mancesi, le sciamane, che eseguivano delle danze intorno a un palo magico, che in mancese si chiama "ali". Alla sua estremità era attaccato un piatto di legno quadrato che aveva le sembianze di una testa. Il piatto era riempito con i cinque cereali offerti all"'uccello sacro". Si dice che questo uccello sacro avesse salvato la vita all'antenato della dinastia Qing, Nurhaci, e perciò anche i discendenti dovessero esprimergli la propria gratitudine. In realtà questo uccello sacro altro non era che una cornacchia.
Durante questo rito le sciamane, vestite con un lungo abito ricamato e un copricapo, con scarpe risuolate con una risuolatura molto spessa, giravano intorno al palo con una specie di lento passo danzante, pronunciando formule magiche incomprensibili e suonando la sanxian, uno strumento a tre corde. Altre sciamane suonavano delle campanelle, battevano i tamburi e gesticolavano in tutte le direzioni con movimenti veementi. I vecchi eunuchi spiegavano che con ciò si voleva implorare la fortuna e scacciare le influenze negative.
Una volta Sun Yaoting volle assistere alla recita di queste formule magiche da parte delle sciamane. Erano circa le nove del mattino, i raggi obliqui del sole appena sorto fecero gettare al palo una lunga ombra. Sun Yaoting era ad una distanza di alcuni zhang e mise un piede sull'estremità di quest'ombra. Allora le sciamane gli si avvicinarono, danzando e mormorando le loro formule magiche, e una di loro con la sanxian gli diede un colpo violento sul collo, spingendolo via. Più tardi seppe da un vecchio eunuco che era severamente proibito toccare tale ombra.
Le sciamane di palazzo erano personaggi avvolti del mistero. Sun Yaoting non sapeva dove abitassero, se vivessero da sole, se mangiassero cibi cotti, se erano esseri umani di carne e sangue...".
Da questa descrizione risulta che i riti sciamanici celebrati nel Kunninggong negli anni venti del nostro secolo erano rimasti invariati almeno sin dal 1747, quando furono codificati per ordine di Qianlong nel famoso
Hesei toktobuha Manjusai wecere metere kooli bithe, del quale nel 1777 fu disposta la traduzione cinese col nome
Qinding Manzhou jishen jitian dianli ("Raccolta dei riti dei sacrifici agli dei e al Cielo, fissati per ordine imperiale")6.
Sun Yaotin assistette quindi a una delle cerimonie quotidiane intorno al palo magico, il "somo"7, un tempo presente in ogni casa mancese8. Insolito &- e probabilmente errato &- è il riferimento al piatto "quadrato" fissato sull'estremità del palo: tutte le illustrazioni relative, compresa quella riprodotta nella
Raccolta imperiale succitata, mostrano infatti un piatto rotondo a forma di ciotola, con un foro centrale attraverso il quale poteva essere infilato sul palo9. Inesatto è anche il riferimento alla "cornacchia": in realtà si trattava di una gazza, uccello sacro dei Manciù per aver salvato non solo Nurhaci, ma anche un suo lontano antenato (Fanca), e per lo stesso ruolo avuto nel ben noto mito sull'origine del
clan imperiale Aisin Gioro.
Le "formule magiche incomprensibili" altro non erano, probabilmente, che le rituali preghiere mattutine pronunciate in lingua mancese, già codificate del
Rituale Imperiale e caratterizzate da un'accentuata ritmicità e da altri elementi idonei ad evidenziare una recitazione particolarmente cadenzata, come l'alliterazione e la rima baciata10:
uju de ukufi
Dopo esservi riuniti intorno alle [nostre] teste,
meiren de fehufi
dopo averci circondati alle spalle,
juleri dalime
proteggendoci dietro,
amala alime
sorreggendoci davanti,
urgun sain& acabu
unitevi [a noi] nella felicità e nel bene.
uju-i funiyehe sarambu Fate che i capelli della testa possano diventare bianchi!
angga-i weihe sorombu Fate che i denti della bocca possano diventare gialli!
aniya ambula
Molti anni,
se labdu
un'età veneranda,
jalgan golmin
una vita lunga,
fulehe sumin
radici profonde.
enduri erseme
ci siano concessi con l'aiuto degli dei,
weceku wehiyeme
con l'appoggio degli spiriti.
aniya se be
Tanti siano
ambula bahabuki
gli anni della vita!
MONDO CINESE N. 96, SETTEMBRE-DICEMBRE
1997
Note
1 Cf. G. Stary, Un viaggio nel passato
imperiale, in "Mondo Cinese" 77 (1992), pp. 95-100, spec. pp. 95-96.
2 Reginald F. Johnston, Twilight in the Forbidden
City, London 1934, p.171.
3 Sull'organizzazione, dal punto di vista istituzionale, dei riti sciamanici celebrati a corte cf. H. S. Brunnert – V. V. Hagelstrom,
Present Day Political Organization of China, Shanghai 1912, p. 16 (no. 79A) e p. 209-210 (no. 573C).
4 Sun Yaoting, Wo shi Qinggong zuihou yige
taijian, Hongkong, "Lianhe biao", 26-25 maggio 1985.
5 Cf. l'autobiografia compilata in collaborazione con Ling Haicheng, in U. Frankenhauser,
Der letzte Eunuch des Kaisers Puyi, Leipzig 1993.
6 Cf. la traduzione di Ch. De Harlez, La Religion nationale des Tartares
Orientaux, Bruxelles 1887.
7 Il termine riportato da Sun Yaoting, "ali", non trova riscontro in mancese. Il termine cinese è
shengan - "palo magico".
8 Pare che l'unico esemplare sopravvissuto fino ad oggi si trovi nel palazzo imperiale di Shenyang, nel cortile antistante il Kunninggong: cf. la fotografia in G. Stary, N. Di Cosmo, T. A. Pang, A. Pozzi,
On the Tracks of Manchui Culture (1644-1994): 350 Years after the Conquest of
Peking, Wiesbaden 1995, p. 20.
9 Una di queste ciotole, usata durante un sacrificio sciamanico celebrato in una casa privata a Pechino nel 1932, è oggi conservata nel Museo etnologico di Berlino-Dahlem (Cf. B. Körner,
Der Ahnenkult der Mandschu in Peking, in "Baeßler-Archiv" N.F., III (s.a.), pp. 175-193). Si veda la riproduzione fotografica a cura di G. Stary in "Florilegia Manjurica in Memoriam Walter Fuchs", Wiesbaden 1982, dopo p. 82.
10 Testo in Hesei toktobuha Manjusai wecere metere kooli bithe del 1747, capitolo I, p. 46a-b.
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