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SAGGI

La Cina di Deng Xiaoping:un lungo cammino verso la modernizzazione

di Angela Piazza

SOMMARIO: 1. Una carriera politica contrastata; 2. Una svolta politica importante: dall'adesione ai primi contrasti con la linea maoista; 3. II debutto della cosiddetta "linea Deng Xiaoping"; 4. La disastrosa decade rivoluzionaria: anni oscuri per Deng; 5. La difficile riabilitazione politica di Deng; 6. L’era di Deng Xiaoping: un'epoca di grandi riforme e di successi economici; 7. Critiche e opposizioni al programma di riforme di Deng Xiaoping; 8. La crisi fra il Partito e la società: la mancata riforma politica e la conseguente tragica vittoria del Partito; 9. La ripresa del programma di riforme all'inizio degli anni Novanta; 10. Il dopo-Deng: un grande enigma. Quale futuro per la Cina?

Nel contesto della storia recente della politica cinese Deng Xioaping, nato il 22 agosto 1904, è stato senza dubbio uno de personaggi più rilevanti e significativi. È passato alla storia con l'appellativo di "Grande Riformatore" per l'abilità dimostrata nell'apportare cambiamenti radicali alla struttura economica della Cina e per le sue doti di apertura mentale e di predisposizione ad accogliere, nella complessa e da sempre conservatrice realtà cinese, idee completamente innovative e all'avanguardia.

Il suo grande impegno politico e la sua totale dedizione alle crescita e allo sviluppo economico della Cina si erano evidenziati sin dai primi anni della fondazione della Repubblica Popolare nel 1949. Soltanto nel corso degli anni Ottanta però Deng era riuscito a ottenere a tutti gli effetti il ruolo di guida del Paese e ad affermare quella linea politica che fino ai nostri giorni, naturalmente adattata alla situazione contingente, Jiang Zeming ha proseguito a suo nome

1. Una carriera politica contrastata

L’iter politico di Deng Xiaoping risulta alquanto complesso: presenta flussi e riflussi correlati all'instabilità dei suoi rapporti con Mao Zedong ed è caratterizzato da atteggiamenti mutevoli e contraddittori che Deng, in diverse occasioni, ha sostenuto verso gli ideali democratici. Da fervido sostenitore dell'ideologia maoista Deng, nel 1957, aveva condotto la campagna repressiva contro i rivoltosi appartenenti al movimento dei "Cento Fiori", accusati da Mao di essere nemici del Partito e di ostacolare la ricostruzione socialista.

Era la prima volta che in Cina, anche se per un breve periodo, si era respirata un'aria di democrazia e di profonda liberalità di pensiero. In quest'atmosfera però i rappresentanti di quasi tutti i ceti sociali avevano sollevato critiche severe e molto pesanti contro l'operato del governo.

La politica adottata da Mao fino a quel momento, in particolar modo la realizzazione del Primo Piano Quinquennale, non aveva ottenuto i risultati sperati causando un profondo malcontento generale e una grande sfiducia nei confronti del Partito1 . La repressione adottata da Deng contro i rappresentanti dei "Cento Fiori" era stata condotta con metodi molto severi: non si era limitata ad articoli di condanna, ma aveva compreso anche arresti, condanne ai lavori forzati, e misure di "rieducazione" nei confronti dei rivoltosi. Essa aveva coinvolto più di centomila persone appartenenti agli ambienti universitari e ai circoli intellettuali, ma non erano mancate vittime anche fra operai, contadini e fra i cosiddetti membri reazionari del Partito stesso.2 Come avremo modo di vedere, tra gli anni 1977 e 1978, poco prima di insediarsi alla guida del governo, Deng aveva caldeggiato la diffusione proprio di quegli ideali democratici che contrastò nel 1957. Lo scopo che si era proposto di raggiungere era quello di creare le condizioni più propizie per impossessarsi del potere. Una volta raggiunto l'obiettivo però Deng, durante tutti gli anni Ottanta, aveva nuovamente posto un freno alle velleità liberali e democratiche, ricorrendo, come è noto, a una durissima e tragica repressione quando, nel 1989, queste si erano manifestate in maniera troppo esplicita. Prima di imporre definitivamente la sua linea politica Deng comunque aveva dovuto subire ben tre "morti politiche": la prima decisa da Mao nel 1966 all'inizio della Rivoluzione Culturale, che lo aveva condannato all'esilio; la seconda fomentata dalla "Banda dei Quattro" nel 1975 tramite una manifestazione studentesca davanti all'Università Qinghua di Pechino durante la quale erano stati sollevati dazibao3 di protesta contro la sua riabilitazione tra i ranghi del governo; e infine la terza, ancora una volta voluta da Mao Zedong nel 1976 che aveva eletto Hua Guofeng come suo successore ritardando ulteriormente il rientro definitivo e vittorioso di Deng sulla scena politica cinese. Nei paragrafi successivi cercheremo di analizzare in maniera più dettagliata questi fatti.

2. Una svolta politica importante:dall'adesione ai primi contrasti con la linea maoista

Deng si era fatto strada tra i membri del Partito sin dai primi anni della Repubblica Popolare Cinese, e dopo aver condotto con successo la campagna repressiva contro i "Cento Fiori", era stato pubblicamente riconosciuto come il braccio destro di Mao, il suo pupillo prediletto. Mao, tra l'altro, era stato il primo a riconoscere e a tenere in considerazione le capacità politiche e diplomatiche di Deng; da subito gli aveva affidato compiti di importanza vitale per la nuova Repubblica, quali la cura delle relazioni internazionali, in particolar modo di quelle con l'Unione Sovietica, nonché la riforma radicale dell'economia del Paese e la pianificazione del suo sviluppo4 .

All'inizio Deng era stato uno dei sostenitori più accaniti della politica maoista. Progetti come la collettivizzazione, il Primo Piano Quinquennale, e lo stesso "Grande Balzo in Avanti" (da yue jin), in un primo tempo avevano avuto il suo pieno sostegno. In particolare, Deng aveva condiviso l'idea che per realizzare gli obiettivi previsti dal Primo Piano Quinquennale la Cina, non disponendo di adeguate tecnologie, dovesse ricorrere all'aiuto dei tecnici sovietici. Si era recato più volte in Unione Sovietica per curare le trattative di collaborazione e anche se queste alla fine, precisamente nel 1960, non avevano ottenuto i risultati sperati, Mao gli aveva riconosciuto di aver svolto comunque un buon lavoro5 . Quando però Mao, lasciandosi trasportare dal suo fervore ideologico, aveva voluto favorire una veloce transizione verso il comunismo, Deng aveva cominciato a distaccarsi dalle posizioni del Grande Timoniere. L'entusiasmo e l'ottimismo con cui Mao aveva lanciato i progetti della collettivizzazione accelerata, del "Grande Balzo in Avanti" e delle "Comuni Popolari" (renmin gongshe) non erano stati affatto condivisi da Deng. Mao infatti sosteneva fermamente che l'unico mezzo di cui la Cina disponeva per intraprendere la via dello sviluppo era il fervore ideologico della sua enorme massa umana. Deng invece riteneva che mancassero i mezzi e le strutture adeguate per realizzare obiettivi così grandiosi e, cosa più importante, pensava che il popolo cinese non fosse ancora pronto e psicologicamente preparato ad affrontare cambiamenti così importanti. I fatti avevano dato ragione a Deng. li 28 giugno 1950 era stata varata la legge sulla riforma agraria che avrebbe dovuto regolare la redistribuzione delle terre. A questo scopo la popolazione di ogni villaggio (xiang) era stata classificata in sei categorie di appartenenza: i latifondisti, i contadini ricchi e quelli medi, a cui poi seguivano i confadini poveri e gli affittuari pieni di debiti e infine gli operai agricoli che vivevano solo della vendita della loro forza lavorativa. Le terre possedute dalle classi più abbienti erano state espropriate e redistribuite a quelle più povere. L'espropriazione non si era limitata soltanto alla terra, ma aveva inglobato anche l'insieme del capitale produttivo. All'inizio del 1953 la riforma agraria era stata praticamente completata; tuttavia Mao riteneva che questa riforma, da sola, non sarebbe bastata a risolvere il problema di fondo dell'agricoltura cinese, quello cioé dell'aumento della produzione e quindi già nel dicembre di questo stesso ann pro-capite6 ,o veniva lanciato ufficialmente il movimento della collettivizzazione, con la formazione delle cosidette "cooperative di produzione". Esse prevedevano l'uso collettivo dei macchinari agricoli e degli attrezzi esistenti salvaguardando però la proprietà privata della terra; chi non disponeva di terre doveva contribuire al capitale sociale con il lavoro gratuito supplementare e i redditi erano basati sia sul capitale versato che sul lavoro fatto in comune. I soci potevano ritirarsi a piacere, recuperando il capitale versato. Fino al 1955 la formazione delle cooperative era volontaria; si è calcolato che all'inizio di quell'anno solo il 14,2% di tutta la popolazione rurale (una famiglia su sette) si era organizzato in cooperative7 . Ciò non rispecchiava i piani di Mao Zedong, il quale riteneva che soltanto una collettivizzazione completa avrebbe permesso di passare alla fase della meccanizzazione e, quindi, del progresso economico sia nell'agricoltura che dell'industria. Nel luglio del 1955 dunque il governo, sotto le direttive di Mao, aveva messo in atto una collettivizzazione forzata e accelerata. Il principio della diminuzione della proprietà privata in favore della collettività però, adottato già nelle collettive e poi esteso in maniera ancora più repentina e accentuata alle "Comuni Popolari", non era stato accolto benevolmente dalla popolazione8 . Nell'ambito della Comune, istituzione basilare della politica del Grande Balzo, vi erano inoltre problemi di distribuzione dei lavori e dei redditi che ne ostacolavano l'andamento e creavano malcontento. La politica azzardata e ambiziosa del Grande Balzo aveva causato danni economici talmente disastrosi da portare il Paese quasi alla rovina. Nel settore delle industrie pesanti erano state lanciate “campagne di produzione” (la più famosa rimane quella dell’acciao) che prevedevano la costruzione di nuovi e imponenti impianti industriali. In questi grandi complessi industriali i lavoratori erano sottoposti a uno sforzo produttivo tale che la sfera delle libertà individuali veniva ristretta, a favore di un lavoro più intenso. Per molti operai cinesi le domeniche avevano cessato di esistere: la giornata lavorativa era di dieci o più ore; inoltre alcuni dovevano insegnare il mestiere ai giovani apprendisti, oppure dovevano svolgere lavori supplementari per i quali non percepivano nessuna paga9 . Nel campo delle industrie rurali era stato promosso l’aumento di fornaci e di grandi altiforni artigianali, la cui proliferazione aveva dato luogo a un continuo disboscamento delle foreste condotto, tra l'altro, senza un preciso criterio. Questo disboscamento eccessivo era stato disastroso per l'equilibrio ecologico; i conseguenti effetti negativi avevano cominciato a farsi sentire negli anni 1959 e 1960, quando siccità e altre calamità avevano colpito la Cina riducendo la popolazione alla fame10 .

Nel fervore generale verso il progresso non si era tenuto conto né della mancanza di competenza delle masse in materia di costruzioni, né della totale assenza di strutture adeguate e di piani d'insieme. Tutto era stato lasciato all'improvvisazione. Le dighe e i ponti costruiti attraverso sforzi prodigiosi erano spesso soggetti a crepe e a crolli improvvisi; i lavori di irrigazione, che avrebbero dovuto rialzare le sorti dell'agricoltura, erano stati condotti senza tener presente l'importanza dei dispositivi per il deflusso delle acque. L’omissione di questi meccanismi era stata un'altra delle cause delle inondazioni e delle carestie che in quegli anni avevano colpito la Cina11 .

Resosi conto della gravità della situazione e prendendo atto di non avere più il consenso di alcuni importanti membri del Partito Mao, nel 1959, aveva ritenuto opportuno ritirarsi per un certo periodo dalla vita politica; Deng tacitamente aveva appoggiato questa decisione. Pur essendo fermamente convinto che le politiche maoiste andavano riviste e corrette, egli si era debitamente guardato dal criticare apertamente il Grande Tinioniere, mosso forse dal timore di vedersi assegnare la stessa sorte toccata al generale Peng Dehuai che invece, proprio per aver attaccato Mao in maniera severa e con dati alla mano, era stato destituito. Dopo la strategica "ritirata" di Mao egli però non aveva esitato a prendere in mano le redini del potere, tentando di mettere in atto quei principi che poi sarebbero divenuti i capisaldi della sua linea politica12 .

3. Il debutto della cosiddetta "linea Deng Xiaoping”

Gli anni che vanno dal 1960 al 1965 sono noti sotto il nome di periodo del "riaggiustamento economico". Convinto che bisognasse distogliere l'attenzione da quegli ideali, cari a Mao, della lotta di classe e della difesa dell'ideologia del Marxismo-Leninismo, Deng aveva cominciato a mettere in atto quella strategia politica ed economica che avrebbe poi sviluppato e affermato negli anni Ottanta. La frase: «Non importa che il gatto sia nero o bianco, l'importante è che riesca a catturare il topo»13 , pronunciata da Deng nel 1961 durante la nona riunione plenaria del PCC e poi passata alla storia, metteva appunto in evidenza che i suoi obiettivi principali erano lo sviluppo economico e il risanamento della grave crisi alimentare della Cina. Dalla sua parte Deng Xiaoping vantava non solo l'appoggio di Liu Shaoqi, a cui dopo la ritirata Mao nel 1959 era stata affidata la carica di presidente della Repubblica, ma anche quello di grandi economisti, come Chen Yun, Peng Zhen e Bo Yibo; anche il primo ministro Zhou Enlai, che aveva l'abilità di allearsi sempre con la maggioranza, in quest'occasione, aveva appoggiato Deng. Il decentramento economico attuato nel corso del Grande Balzo era stato molto dannoso, quindi durante il periodo del riaggiustamento il controllo sull'industria, sul commercio, sulla finanza e sul lavoro aveva subito una centralizzazione a cui però, nel 1964, era seguito un secondo processo di decentramento. Nella gestione di circa novanta imprese dei settori delle industrie rurali, del commercio, delle banche e delle comunicazioni veniva aumentato il potere delle autorità locali sugli investimenti; a queste autorità veniva inoltre assegnato il compito della distribuzione della produzione delle piccole imprese, nonché dei fondi produttivi. Questa seconda riforma comunque, manteneva intatta la caratteristica basilare dell'impresa cinese: il suo inserimento totale nel sistema amministrativo del governo14 . La riforma inoltre prevedeva una serie di inchieste e un maggiore controllo sui quadri locali. Questi infatti, travolti dall'euforia produttiva del Grande Balzo, avevano fornito al governo centrale statistiche del tutto false e mendaci contenenti dati relativi alla produzione gonfiati addirittura del 50%15 . Un controllo più stretto su di essi avrebbe perciò impedito il verificarsi di altri episodi di corruzione e di abuso di potere. Gli sforzi compiuti in fatto di produzione, lavoro e produttività individuale, erano stati molto più cauti. Era stata adottata una nuova politica aziendale che assegnava il controllo dell'impresa al direttore di fabbrica, sottoposto però al controllo del Partito, e inoltre si era tenuta maggiore considerazione per le condizioni di vita dei lavoratori: le ore lavorative erano state ridotte, i congedi per malattia ripristinati e alle donne erano stati concessi 45 giorni pagati di maternità. La strategia economica del riaggiustamento dava priorità al settore agricolo; l'attenzione era incentrata sulla meccanizzazione e sulla razionalizzazione delle tecnologie16 .

Si sperimentavano tecniche di coltivazione sempre più nuove e moderne e inoltre si promuoveva lo sviluppo delle industrie di fertilizzanti chimici e di pesticidi. Nell'ambito della Comune l'unità base di contabilità era stata trasferita al livello delle "squadre di produzione", che regolavano la distribuzione di appezzamenti privati e che, in generale, immettevano la produzione agricola in un più equo sistema di distribuzione degli incentivi materiali previsti per il lavoro dei contadini. Era stato dato spazio, anche se in misura minima, all'iniziativa privata e al libero mercato. A partire dal 1960, il 13% dei capitali investiti era stato destinato all'agricoltura; gli investimenti previsti per le costruzioni dell'industria pesante e per il settore delle industrie rurali invece avevano subito una forte riduzione. La maggior parte di queste industrie, accusate di reperire i materiali attraverso canali illegali e di aver rallentato il processo di sviluppo economico a causa dei loro bilanci in passivo, erano state chiuse. Ciò aveva privato del lavoro migliaia di lavoratori urbani.

Per risolvere questa situazione circa 20 milioni di operai erano stati inviati nelle campagne, di conseguenza la popolazione urbana aveva subito una riduzione da 130 a 110 milioni17 . Fin dall'inizio del 1963 comunque le imprese industriali locali, particolarmente quelle al livello dei xiang, avevano subito una rinascita. La scoperta di pozzi di petrolio nella città di Daqing, situata nella provincia dello Heilongjiang, era stata un toccasana per l'economia cinese. La produzione di petrolio di questa zona rappresentava più della metà del totale della produzione nazionale di petrolio grezzo; l'impiego del petrolio come fonte primaria di produzione di energia, bene di cui la Cina era sempre stata scarsa, nel 1965 aveva fatto scendere le importazioni di petrolio al 3%18 .

Questo dato rapprentava un successo storico per la politica del riaggiustamento: si era riusciti infatti a sopperire la richiesta delle attrezzature necessarie all'estrazione, alla raffinazione e al trasporto del petrolio prodotto a livello nazionale. Grazie ai grandi progressi registrati in campo scientifico e tecnologico si erano ottenuti successi anche nel settore dell'industria nucleare e in materia di difesa nazionale.

La grave crisi alimentare aveva imposto alla Cina la necessità di importare grandi quantità di cereali dall'occidente. Deng, abbandonando il principio maoista del "Bisogna marciare con le proprie forze", aveva intrapreso e promosso una politica di scambi commerciali con l'estero verso il Giappone e i paesi occidentali19 . Nel 1965 le esportazioni di seta, vegetali e di altri prodotti avevano permesso alla Cina di pagare le proprie importazioni. Il lento sviluppo dei traffici commerciali con l'estero in questo periodo, da una parte, rendeva il processo di industrializzazione più difficile e costoso, dall'altra però, stimolava la Cina ad acquisire una quasi totale indipendenza economica e a migliorare il proprio livello economico.

Nel momento in cui la politica adottata da Deng e Liu Shaoqi sortiva i primi effetti positivi sull'economia cinese, Mao, intenzionato a riappropriarsi del potere aveva messo in atto la sua contro-offensiva. Forte dell'appoggio dell'esercito, e in particolare del maresciallo Lin Biao che si era impegnato in una divulgazione febbrile del pensiero maoista, egli nel 1966 aveva lanciato un progetto che, nelle sue intenzioni, avrebbe dovuto suggellare il successo della sua linea politica, ma che nella realtà ne aveva costituito la rovina: la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria (wen hua da ge ming).

4. La disastrosa decade rivoluzionaria:anni oscuri per Deng Xiaoping

Mao aveva criticato le scelte operate da Deng durante il riaggiustamento, in particolare la politica adottata nei confronti delle Comuni e la pianificazione dei prezzi, accusandolo di spirito reazionario mirato alla restaurazione del capitalismo. Per questo motivo aveva deciso di allontanarlo dalla vita politica, relegandolo a un esilio forzato presso la residenza di Zhongnanhai; tale provvedimento era stato ufficializzato durante la XII riunione plenaria del VII Comitato Centrale tenutasi tra il 13 e il 21 ottobre 1968. Deng era rimasto profondamente ferito e amareggiato da questa decisione presa da colui che, un tempo, considerava il suo maestro20 . Sia Mao che Deng possedevano personalità molto forti e carismatiche; entrambi erano fermamente convinti nel portare avanti i propri ideali senza troppi compromessi. Questo fatto inevitabilmente aveva comportato disaccordi tra loro che, tuttavia, non erano mai degenerati in rotture irreparabili. Deng infatti aveva sempre mantenuto un atteggiamento di riverenza e di profondo rispetto nei confronti di Mao Zedong, anche quando non ne aveva condiviso i metodi politici. Mao, da parte sua, aveva avuto verso Deng atteggiamenti di tolleranza che non aveva mai riservato ad altri suoi avversari politici. Proprio durante gli anni della Rivoluzione Culturale infatti Mao aveva più volte sottolineato il fatto che Deng fosse un uomo di talento che andava educato e punito, ma non completamente eliminato21 . Egli inoltre aveva provveduto affinché Deng, benché relegato all'esilio, percepisse comunque un salario. La differenza sostanziale tra questi due grandi personaggi non è tanto ideologica, quanto metodologica. Mao nel corso di tutta la sua vita si era impegnato a realizzare gli ideali a cui era fermamente ancorato seguendo metodi che, alla fine, risultavano giusti sostanzialmente solo in teoria, in quanto non tenevano conto della situazione contingente e dell'inadeguatezza dei mezzi a disposizione per realizzarli. Nel corso della Rivoluzione Culturale, così come durante il Grande Balzo, egli, spinto da ambizioni esagerate e aldifuori della realtà, aveva innescato meccanismi eccessivi che, alla fine, non era più riuscito a controllare22 . La Rivoluzione Culturale, durata per ben dieci anni, è stata uno degli eventi più catastrofici della storia cinese.

Essa aveva ripreso e amplificato tutti i principi già applicati durante il Grande Balzo che, tra l'altro, si erano già dimostrati sbagliati. Le conseguenze di questa esperienza erano state: una situazione economica sull'orlo del collasso, disordini politici e conflitti di potere continui, corruzioni all'ordine del giorno, senza contare poi le ingenti perdite umane. All'insegna degli ideali rivoluzionari infatti erano state perseguitate famiglie intere, spingendo al suicidio più di 1.772 persone; le case dei cosiddetti "borghesi" erano state arbitrariamente saccheggiate, inoltre erano stati distrutti templi, chiese cristiane, e monumenti considerati reliquie capitaliste23 .

La vittoria della linea politica di Mao e la conclusione formale della "Rivoluzione Culturale" era stata sancita dal IX Congresso del Partito, che si era svolto dal 1° al 21 aprile del 196924 . Dopo questa data, Mao si era reso conto che la situazione gli era sfuggita di mano; in seno al Partito infatti i conflitti di potere si erano accentuati. Si erano costituite due distinte fazioni. La prima capeggiata dalla moglie di Mao, Jiang Qing, affiancata da Yao Wenyuan, Zhang Chunqiao e Wang Hongwen, che insieme avevano costituito la famigerata "Banda dei Quattro" e che caldeggiavano il proseguimento delle direttive economiche maoiste. La seconda era invece formata dai sostenitori della fazione moderata che invece voleva riprendere i programmi del riaggiustamento avviati da Deng Xiaoping.

5. La difficile riabilitazione politica di Deng

Nel momento in cui Mao Zedong aveva preso coscienza del fatto che le attività di Lin Biao prima, e della "Banda dei Quattro" poi, erano state dettate più dalla loro sete di potere che non da una profonda convinzione verso le sue idee politiche, già dal 1972 aveva favorito il rientro sulla scena politica di Deng Xiaoping, ritenendo che, per placare le posizioni estremiste dei radicali, la sua collaborazione sarebbe stata preziosa25 .

La figura di Deng infatti emergeva nuovamente durante la IV Assemblea Nazionale Popolare svoltasi tra il 13 e il 17 gennaio 1975. Egli assumendo le veci di Zhou Enlai, assente a causa di una grave malattia che lo aveva colpito, aveva ribadito la necessità di puntare l'attenzione sulla questione economica, lasciando da parte le velleità rivoluzionarie. Per tutto il periodo dell'esilio Deng non si era mai lasciato andare anche se aveva sofferto moltissimo per i danni che l'avvento della Rivoluzione Culturale aveva portato a lui e alla sua famiglia. In particolare, la notizia dell'aggressione da parte delle "Guardie Rosse" subita da suo figlio Pufang, tutt'oggi costretto su una sedia a rotelle, lo aveva molto amareggiato. Tuttavia egli non era rimasto inoperoso, mettendo a punto un piano strategico che, quando le condizioni lo avrebbero permesso, avrebbe rialzato le sorti dell'economia cinese26 .

Dal 1972 in poi le sue frequentazioni con Mao Zedong erano diventate quotidiane. Mao non solo lo teneva aggiornato sulla situazione che diventava sempre più preoccupante, ma gli aveva accordato anche la possibilità di intraprendere vari viaggi all'estero. Nell'aprile del 1973 era stato a Parigi accolto con tutti gli onori dal presidente e dal corpo diplomatico e aveva comunicato a tutto il mondo la gioia di essere ritornato in attività. In questa occasione, con l'ironia che lo aveva sempre contraddistinto, a chi gli aveva domandato il perché del suo ritorno alla politica egli aveva risposto: «È stato Mao che mi ha richiamato. Quando si è reso conto che potevo servire ancora a qualcosa mi ha tirato fuori dalla tomba»27 .

Tra i due si era ristabilita quella complicità che li aveva legati da sempre.

Nel febbraio 1974 Mao aveva a tutti gli effetti riammesso Deng tra i membri del Partito. Sempre in quest'anno Deng, nel corso di un'Assemblea delle Nazioni Unite tenutasi a New York, aveva denunciato a gran voce la situazione catastrofica in cui versava la Cina. Aveva evidenziato i gravi errori commessi dal radicalismo rivoluzionario, sottolineando la dilagante diffusione della corruzione, della disoccupazione e della delinquenza nel suo Paese.

La necessità di riscattare la Cina dall'arretratezza e dalla mancanza di una preparazione tecnologica appropriata lo avevano portato a firmare, proprio nel 1974, l'acquisto "chiavi in mano" di 62 imprese straniere, per un costo totale di circa 1.2 miliardi di dollari28 .

Questa cifra era sei volte più alta del totale delle importazioni sostenute dalla Cina tra gli anni Sessanta e Settanta. Nel 1974 infatti il commercio con l'estero aveva registrato una crescita di circa il 14% rispetto all'anno precedente29 .

A Pechino Deng aveva poi presieduto a varie riunioni del Partito dove aveva potuto esporre il suo programma di risanamento generale dei Paese e in cui aveva messo in evidenza l'assoluta urgenza di intervenire in tutti i settori, dall'armata all'agricoltura, dall'industria al commercio, tramite la promozione della ricerca scientifica e l'uso di metodi moderni e all'avanguardia.

Quest'ultimi due aspetti erano stati completamente trascurati dai sostenitori della Rivoluzione Culturale. Indicativo al riguardo è rimasto l'episodio passato alla storia come l'Affare Fengqing30 .

Fengiing era il nome dato a uno dei primi battelli Made in China lanciati dalla linea rivoluzionaria nel maggio del 1974; questo battello rappresentava al contempo il prototipo e l'emblema della politica dell'autosufficienza promossa dalla "Rivoluzione Culturale".

Quando però, il 29 settembre di quello stesso anno, la Commissione di Stato per i Trasporti e le Comunicazioni era stata invitata a esprimere un parere sull'efficienza di questo battello prima che partisse per la sua crociera inaugurale, esso era stato giudicato inutilizzabile e inaffidabile perché costruito troppo in fretta, con materiali scadenti, e senza le adeguate tecnologie e le dovute norme di sicurezza. La Commissione, alla presenza di Jiang Qing e di Deng, aveva quindi deciso che, per il momento, era opportuno acquistare o affittare battelli di trasporto dall'estero, nell'attesa che la tecnica di costruzione navale cinese fosse giunta a un livello decente.

Questo fatto era un insulto verso l'industria proletaria, e aveva provocato la rabbia di Jiang Qing che aveva accusato Deng e gli altri membri della Commissione di servilismo nei confronti di tutto ciò che era straniero.

In questa occasione Deng si era permesso, per la prima volta, di insultare e criticare di persona Jiang Qing e i componenti della sua cricca, invitandoli inoltre ad abbandonare il loro radicalismo rivoluzionario. Nel frattempo la nomina di Deng in qualità di successore di Zhou Enlai era stata iscritta all'ordine del giorno dell'Assemblea Nazionale del Popolo che doveva tenersi il 25 gennaio 1975. Quel giorno però Mao non si era presentato, per cui la riunione era stata rimandata. Deng era rimasto deluso dal comportamento di Mao, ma si era anche reso conto che una sua repentina salita al potere avrebbe costretto Mao a rinnegare i suoi ideali rivoluzionari e ad ammettere di essersi sbagliato. Il suo prestigio politico e il suo orgoglio personale ne avrebbero risentito, e il "Grande Timoniere" non era pronto a tutto questo. Mao infatti era convinto che se Deng fosse salito al governo non avrebbe indugiato a criticare apertamente la sua linea politica. D'altra parte Deng non perdonava a Mao il fatto di averlo relegato in esilio per ben sette anni, permettendo a Lin Biao e alla "Banda dei Quattro", individui che alla fine avevano solo sfruttato e tradito la sua fiducia, di farsi avanti nella scena politica31 .

Deng comunque era stato eletto responsabile del Partito, e aveva ricevuto la carica di vice-presidente della Commissione Militare, di capo di stato-maggiore, nonché quella di primo vice-Primo ministro.

Si era preoccupato innanzitutto di risolvere il problema dell'esercito, tra i cui ranghi regnavano ormai soltanto pigrizia, indisciplina e arroganza, ristabilendo un nuovo rigore; inoltre aveva presentato al Ministro dell'Educazione e al presidente dell'Accademia delle Scienze un nuovo disegno atto a rialzare il livello di preparazione scientifica degli studenti cinesi32 .

Nei riguardi di Deng però la "Banda dei Quattro" aveva divulgato una propaganda negativa talmente incessante da far presa sull'opinione pubblica. Deng era stato descritto come un traditore dell'ideologia socialista, un nemico del popolo e un sostenitore della borghesia, un reazionario che quindi avrebbe venduto la Cina all'estero. II 18 novembre del 1975 un gruppo di studenti aveva manifestato davanti all'Università di Qinghua inneggiando dazibao di protesta contro Deng.

La manifestazione ancora una volta era stata guidata dalla "Banda dei Quattro" che voleva impedire con ogni mezzo il rientro di Deng sulla scena politica e che quindi lo dipingeva come un antirivoluzionario e un restauratore del capitalismo33 . Deng, da parte sua, non si era lasciato intimidire da questi episodi, anzi aveva cominciato a farsi strada tra le file moderate del Partito rilanciando quello che, secondo lui, doveva essere il principio base del risanamento: l'attuazione cioè delle "Quattro Modernizzazioni" nel campo della scienza, dell'industria, dell'agricoltura e dell'esercito.

Incaricato di designare i quadri dirigenti che avrebbero dovuto attuare il programma delle "Quattro Modernizzazioni", ne aveva approfittato per raccogliere attorno a sé i suoi sostenitori e per estendere la sua influenza in previsione di nuovi scontri. Egli stava riacquistando una credibilità sempre più forte tra i membri del Partito, anche se alcuni ritenevano che i cambiamenti previsti da Deng andassero attuati con una cautela maggiore di quella auspicata dal loro proponitore. Intanto, le campagne rivoluzionarie lanciate in nome del principio della "dittatura del popolo", che prevedevano l'uniformità dei salari degli operai industriali, la proibizione per i contadini di qualsiasi tipo di proprietà privata e l'eliminazione definitiva di tutti gli elementi borghesi, venivano seguite dalla popolazione con stanchezza e con un sempre minore entusiasmo34 . La popolazione soffriva sempre più di fame e povertà e aveva cominciato a reagire ai moniti rivoluzionari con ondate di scioperi e manifestazioni di protesta che minacciavano l'ordine pubblico. Se nel Paese c'era il caos, la situazione tra i ranghi del governo non era certo migliore; il Partito, al suo interno, risultava profondamente diviso dai contrasti fra i moderati e i rivoluzionari più convinti. Ancora una volta si era reso necessario l'intervento dell'armata come fattore stabilizzante.

La morte del Primo ministro Zhou Enlai, avvenuta l'8 gennaio 1976, aveva posto l'esigenza di risolvere immediatamente la crisi del Partito. Il 7 febbraio 1976 Hua Guofeng veniva designato, a sorpresa, come il successore di Zhou Enlai. Mao Zedong aveva appoggiato la candidatura di questo esponente della sinistra moderata, ritenendo che i tempi non fossero ancora maturi per l'ascesa di Deng. Le accuse che pesavano su quest'ultimo, che Mao condivideva, anche se solo in parte, lo avevano reso sgradito a molti; alcuni inoltre avevano giudicato i cambiamenti previsti dalla sua linea politica troppo precipitosi. Dopo l'elezione di Hua Guofeng le polemiche contro Deng si erano intensificate, tuttavia questa volta la fazione moderata, che oltre a Hua contava tra le sue file anche Wang Dongxin e Li Xiannian, condivideva con Deng l'idea che l'estremismo della "Banda dei Quattro" doveva essere fermato35 . Questo obiettivo veniva raggiunto il 6 ottobre 1976, circa un mese dopo la morte di Mao Zedong. Contro la cricca rivoluzionaria Deng aveva messo in atto un piano curato nei minimi particolari. Wang Dongxing, capo dell'unità 8341 dell'esercito, che appunto fino a quel momento era rimasto in una posizione di neutralità nei riguardi della Banda, il mattino del 5 ottobre era stato convocato a una riunione del Comitato Centrale insieme a Hua Guofeng, Chen Xilian, Li Xiannian ed era stato incaricato di arrestare i componenti della "Banda dei Quattro", senza troppi spargimenti di sangue. Deng aveva insistito in quest'avvertimento conscio del fatto che un confronto militare sarebbe stato disastroso per la Cina e per il Partito, allora Wang Dongxing aveva convocato Wang Hongwen e Zhang Chunqiao per una riunione d'urgenza a Zhongnanhai e li aveva arrestati senza troppe difficoltà. Si era poi recato a casa di Yao Wenyuan facendo cadere anche lui nel tranello. Con le sue truppe aveva infine raggiunto la lussuosa villa Guanyan, a ovest della capitale, dove viveva Jiang Qing. Le sentinelle all'ingresso dell'abitazione appartenevano proprio all'unità 8341 e quindi avevano permesso l'accesso ai tre ufficiali della truppa di Wang Dongxing che, infiltratisi nella camera di Jiang Qing, l'avevano arrestata e condotta alle carceri riservate ai prigionieri illustri vestita solo di una camicia da notte36 . La caduta della "Banda dei Quattro" aveva segnato in Cina l'inizio di una nuova epoca.

L’elezione di Hua Guofeng tuttavia aveva amareggiato Deng che, in virtù delle sue capacità politiche e dei suoi anni di militanza all'interno del Partito, riteneva di essere il legittimo erede di Mao. Hua, una volta al potere, si era impegnato affinché gli errori commessi da Deng, da lui definiti "revisionisti", rimandassero il più possibile la riabilitazione del suo avversario politico. Hua Guofeng si era proposto di portare avanti una politica "maoismo senza Mao", tuttavia non aveva compiuto alcun passo verso la ridefinizione degli interrotti rapporti tra Partito e società e aveva attuato con scarsa attenzione la riforma politico-amministrativa. Hua e i suoi sostenitori non si erano liberati del tutto dal retaggio e dalle ambiguità insite nella "Rivoluzione Culturale": essi infatti si erano impegnati affinché il Partito continuasse a fungere da strumento di mobilitazione per condurre campagne di massa, sul piano sia politico che economico, in vista del raggiungimento di traguardi ambiziosi e troppo ottimistici. La strategia economica che Hua intendeva intraprendere era stata esplicata nel "Piano Decennale 1976-1985". Questo progetto poneva l'accento su una strategia industriale forte e decisa, ma non teneva conto dell'insufficenza delle risorse energetiche cinesi ed era inoltre basato su calcoli erronei eseguiti da tecnici incapaci37 . Il Piano Decennale risultava inadeguato alla situazione contingente, gli obiettivi che si era prefissato erano troppo ottimistici; un esempio indicativo in proposito, era il progetto che prevedeva la creazione di "dieci nuove Daqing" in ricordo dell'impianto industriale che era stato una vecchia gloria del governo maoista. Si trattava di pura fantasia perché in quegli anni la produzione di petrolio era in forte calo38 . L’importanza che Hua Guofeng attribuiva alle grandi campagne di massa faceva in modo che egli si impegnasse a democratizzare la vita politica. Era convinto infatti che la democrazia avrebbe fatto nascere nel popolo un senso di responsabilità nei confronti del proprio Paese, inducendolo a sperimentare creatività e spirito di iniziativa nella risoluzione costruttiva dei problemi esistenti. Le velleità democratiche di Hua erano state appoggiate, in un primo momento, anche da Deng Xiaoping che però era intenzionato, non appena le condizioni lo avrebbero permesso, a sfruttarle a proprio vantaggio.

A tal proposito infatti Deng il 5 dicembre 1978 non si era opposto alla comparsa del dazibao redatto da Wei Jingsheng che affiancava una quinta modernizzazione, la democrazia appunto, alle quattro promosse da lui. Questo manifesto sosteneva che senza la democrazia non sarebbe stato possibile modernizzare la scienza, l'industria, l'agricoltura e l'esercito. Deng aveva saputo sfruttare con grande abilità le aperture democratiche di Hua Guofeng. Sotto Hua infatti la popolazione aveva avuto la possibilità di esprimere liberamente le proprie idee non solo tramite dazibao, ma anche sul cosiddetto "muro della democrazia" 39 . Questa liberalità democratica però era andata a scapito dello stesso Hua perché, quando la sua linea economica aveva cominciato a non incontrare più i consensi sperati, aveva permesso che la riabilitazione politica di Deng beneficiasse di una legittimizzazione popolare. Già dal luglio 1977, Deng era rientrato sulla scena politica quasi a tutti gli effetti, apportando significativi miglioramenti alla strategia iniziale di Hua soprattutto nei settori dell'industria pesante e leggera; i problemi da risolvere però persistevano. La svolta decisiva a favore di Deng era avvenuta al terzo Plenum dell'XI Comitato Centrale, nel dicembre 1978. Deng e i suoi collaboratori, primi fra tutti Chen Yun e Bo Yibo, avevano scelto l'opzione di promettere un luminoso futuro economico per tutti, in tempi relativamente brevi. La legittimazione del Partito non sarebbe più stata legata all'invocazione del nome di Mao, ma alla capacità di mantenere le promesse economiche. Il Plenum aveva dunque indicato come massima priorità la modernizzazione economica, decidendo di subordinare ogni altra attività a questo obiettivo40 .

6. L'era di Deng Xiaoping:un'epoca di grandi riforme e di successi economici

Una volta al potere, Deng aveva pensato bene di arginare la diffusione di uno spirito democratico incontrollato e pericoloso per l'egemonia del Partito. Fin dal 1979 infatti, nel corso di una riunione di Partito che si era tenuta il 30 marzo, aveva stabilito che la base ideologica del suo regime si sarebbe basata sul rispetto di alcuni principi basilari tesi a salvaguardare il Paese da idee malsane e controproduttive. Si trattava dei cosiddetti "Quattro Principi Cardinali": seguire la via socialista; appoggiare e sostenere la dittatura del proletariato; appoggiare e sostenere la supremazia del partito comunista; aderire al Marxismo-Leninismo e al Pensiero di Mao Zedong41 . Gli anni Ottanta sancivano l'inizio dell'era di Deng Xiaoping. Egli, all'età di 76 anni, poteva finalmente attuare la sua linea politica. Da seguace fedele di Mao, Deng ne era diventato uno dei critici più autorevoli. Come prima cosa aveva ripudiato definitivamente quei principi che pur essendo presentati come i tre baluardi del maoismo, "Grande Balzo in Avanti", "Comuni Popolari" e "Rivoluzione Culturale", in realtà erano stati il frutto di un fraintendimento e di un'esagerazione del Pensiero di Mao, di cui soltanto lui si reputava il legittimo custode. Per favorire lo svolgimento del processo di sviluppo economico Deng nel 1979 aveva deciso lo smantellamento definitivo delle "Comuni Popolari", introducendo il sistema della responsabilità individuale nella produzione (baogan daohu), e favorendo lo sviluppo della proprietà collettiva e individuale allo scopo di sprigionare nuove energie produttive.

Le normative decise da Deng in materia di riforma rurale erano state applicate, come sperimentazione, nella provincia orientale dell'Anhui. I nuovi metodi, aventi un contenuto economico e sociale del tutto innovativo dal momento che la famiglia tornava a essere alla base delle attività agricole, avevano sortito effetti talmentte positivi che, nel 1982, se ne era decisa l'estensione su tutto il territorio nazionale42 . L’aumento della produttività del lavoro agricolo aveva contribuito a rendere meno pesanti le conseguenze del ritardo della meccanizzazione agricola. Questa tuttavia era stata portata comunque avanti con risultati molto soddisfacenti.

Anche se la logica economica di Deng era incentrata principalmente sullo sviluppo dell'agricoltura, egli aveva applicato riforme significative anche nel settore industriale. In quest'ambito era stata incentivata la proliferazione delle industrie rurali private e collettive i cui successi produttivi erano stati di grande importanza; Deng però aveva apportato riforme anche nel sistema aziendale delle industrie statali. In generale ci si era concentrati sull'autonomia delle imprese che riguardava non solo la gestione della pianificazione, ma anche quella delle forniture dei materiali e delle attrezzature, della vendita delle produzioni e di tutte le altre operazioni. Era stata applicata la suddivisione e la specializzazione del lavoro per abbattere le barriere amministrative e stabilire collegamenti più stretti fra imprese locali, statali e collettive. Grande importanza era stata data alla formazione di personale tecnico specializzato. Queste riforme avevano migliorato la produttività delle imprese, riducendo gli sprechi e ponendo all'attenzione dei responsabili il problema di un corretto e coerente utilizzo delle risorse sia umane che materiali43 . L'ammodernamento tecnologico degli impianti doveva essere realizzato in maniera graduale tramite il finanziamento dei fondi propri dell'azienda e, ma solo in parte, attraverso finanziamenti regolati dal sistema bancario. Quest'ultimo era stato oggetto di una profonda riforma che ne aveva modificato la struttura e l'operatività. Alla "Banca del Popolo" (Zhongguo renmin yinhang)44 erano stati attribuiti i poteri propri della banca centrale. Le attività di credito ordinario, già esercitate dalla citata banca, erano state trasferite a un'altra di apposita creazione: la "Banca cinese per l'industria e il commercio" (Zhongguo gongshan yinhang)45 .

I riformatori ritenevano che ciò consentisse un controllo più accurato della politica monetaria e creditizia. La struttura stessa del sistema bancario appariva più ricca e presente rispetto al passato; essa si doveva impegnare maggiormente nell'erogazione dei fondi di ristrutturazione. La politica di Deng quindi aveva aumentato l'importanza del sistema bancario nel suo complesso. Anche il settore fiscale era stato radicalmente trasformato dalla riforma di Deng tramite l'introduzione, nel 1983, del sistema ligaishui, che letteralmente significa "cambiare il profitto in tassa". Questo sistema prevedeva che le imprese invece di versare interamente i loro ricavi allo Stato sotto forma di profitti e imposte, ne potessero trattenere una parte. L’azienda pagava un'imposta progressiva sul profitto realizzato e, della parte rimanente, una fetta andava alle casse dello Stato, in quanto proprietario dell'impresa, e il resto andava a costituire i fondi propri dell'azienda gestiti in autonomia. Le imprese di piccole dimensioni invece dovevano versare otto aliquote progressive. L’adozione di questo metodo era mirata a correggere gli squilibri esistenti tra i diversi settori industriali e le imprese appartenenti allo stesso settore. Il sistema ligaishui infatti non incideva soltanto sul profitto realizzato, ma anche sul capitale fisso impiegato nella produzione e contribuiva a dare grande slancio alla produttività delle aziende, mantenendo comunque un fermo controllo sui capitali impiegati46 .

La pianificazione degli obiettivi produttivi adesso veniva fatta tramite calcoli oculati e senza i falsi ottimismi che avevano caratterizzato l'epoca maoista, e i risultati ottenuti infatti erano stati molto soddisfacenti. A tutte queste riforme Deng aveva affiancato una politica di apertura con l'estero e l'introduzione del libero mercato. La cura delle relazioni internazionali da sempre era stata una delle preoccupazioni principali di Deng. Egli riteneva necessaria la realizzazione di un contesto internazionale stabile e pacifico; per troppo tempo la Cina era rimasta isolata dal resto del mondo, e ciò non aveva giovato né alla sua economia, né all'arricchimento delle sue conoscenze sui patrimoni culturali e umani degli altri Paesi47 .

Una volta salito al governo Deng aveva intensificato i suoi viaggi all'estero. Si era recato soprattutto in Unione Sovietica, in Giappone, negli Stati Uniti, in Inghilterra, e anche a Taiwan, Hong Kong e Macao, territori, quest'ultimi, che ponevano all'attenzione del governo cinese il problema della riunificazione del Paese. Grazie alle sue grandi doti politiche e diplomatiche Deng era riuscito a intraprendere buone relazioni con tutti. La sua ingegnosa trovata della formula "un Paese, due sistemi", aveva convinto l'allora Primo Ministro inglese Margaret Thatcher a restituire, il 1° luglio 1997, il territorio di Hong Kong alla Cina Popolare. L’accordo, che costituiva uno degli orgogli più grandi di Deng, era stato firmato il 20 dicembre 1984. Il 13 aprile 1987 inoltre riusciva a concludere anche la trattativa riguardante il territorio di Macao, la più antica colonia europea dell'Estremo Oriente. Il Portogallo, che l'aveva fondata nel 1555, l'avrebbe restituita alla Cina nel 199948 . La questione di Taiwan si presentava più complessa, le trattative per la sua risoluzione sono tutt'ora in corso. Quel che è certo, è il ruolo che Deng Xiaoping è riuscito ad assicurarsi nella storia cinese: quello del "Riunificatore dell'Impero".

La questione che Deng aveva più a cuore rimaneva comunque lo sviluppo economico. La sua idea era quella di favorire l'applicazione delle tecnologie avanzate dai Paesi economicamente più industrializzati, e l'introduzione di piccole forme di capitalismo per aiutare il progresso economico della Cina49 . La sua attenzione era concentrata sulle zone economiche speciali, dove venivano concessi incentivi agli investimenti stranieri e la gestione delle imprese era, in sostanza, capitalista. Deng aveva promosso l'istituzione di queste zone, situate in posizioni strategiche, cioé ai confini con Taiwan, Macao e Hong Kong. Di queste, Shenzhen, al confine con Hong Kong, era la più importante. Quando il 26 gennaio 1984 Deng vi si era recato, aveva visto la Cina che egli sognava: moderna, industriosa, efficente e volta verso il commercio estero. Egli era convinto che le zone economiche speciali costituissero per la Cina modelli da imitare50 . Bisognava puntare sull'esportazione, ma per farlo era necessario migliorare la qualità dei prodotti cinesi per renderli competitivi sul mercato estero. In questo grande progetto l'iniziativa privata (getihu) aveva un'importanza cruciale e quindi andava incentivata. A questo scopo Deng, affiancato dal segretario generale Hu Yaobang e dal Primo Ministro Zhao Ziyang, aveva lanciato il motto propagandistico dell’“arricchirsi non è un male” per promuovere l'iniziativa imprenditoriale privata51 .

La combinazione del socialismo con l'economia di mercato e con il libero scambio aveva trovato molti sostenitori che, specialmente tra gli anni 1984 e 1987, si erano lanciati in varie iniziative, soprattutto nel campo dell'industria rurale, con l'intento di diventare dei wanyuanhu, cioé dei milionari. Alcuni erano riusciti a realizzare questo desiderio, ma la maggior parte della popolazione aveva subito gli effetti negativi di questa corsa verso la ricchezza. La liberalizzazione del mercato aveva infatti creato una forte pressione inflazionistica; inoltre i nuovi arricchiti si erano lanciati in speculazioni e manovre disoneste che avevano peggiorato le condizioni di vita della povera gente. La corruzione serpeggiava soprattutto nelle grandi città, mentre nelle campagne la gente era quasi alla fame. Assorbiti sempre più nella corsa al denaro i contadini avevano trascurato la produzione di cereali per dedicarsi a coltivazioni che, nell'immediato, risultavano più redditizie; nel 1985 infatti la produzione di cereali era diminuita di circa 53 milioni di tonnellate rispetto a quella del 198452 . II progressivo smantellamento delle Comuni provocava ritardi e lentezza nelle opere di irrigazione e negli altri lavori collettivi necessari al mantenimento della produttività a lungo termine. Nonostante tutte queste problematiche Deng era persuaso a sostenere l'apertura verso l'Occidente e l'uso moderato delle forme di economia utilizzate nei Paesi più sviluppati.

7. Critiche e opposizioni al programma di riforme di Deng

Le politiche attuate da Deng fino a questo momento erano contrastate all'interno del Partito. Tra i loro detrattori più accaniti figuravano Chen Yun, Li Xiannian e Peng Zhen che la fazione di Deng aveva ribattezzato con il nome di "Banda dei Vecchi". Essi, precedentemente sostenitori di Deng, ora gli avevano tolto l'appoggio perché giudicavano le sue politiche troppo azzardate. Ritenevano infatti che l'apertura verso l'estero introducesse inevitabilmente in Cina concezioni e pratiche tipiche dei Paesi capitalisti che avrebbero compromesso l'edificazione socialista. L’introduzione del libero scambio era considerata altrettanto pericolosa. Essi pensavano che questa pratica avrebbe innescato meccanismi difficilmente controllabili, causando disordini e aumentando il divario tra le varie classi sociali. In un primo momento Deng Xiaoping aveva sminuito queste problematiche, sostenendo che la Cina si trovava in un periodo di transizione in cui disordini e difficoltà erano del tutto normali. A partire dal 20 dicembre 1986 però, il suo atteggiamento era cambiato. In questo giorno infatti più di 60.000 persone si erano unite in Piazza Tian’anmen reclamando ad alta voce la democratizzazione del regime e l'autonomia delle università e innalzando dazibao di protesta contro l'inflazione e la corruzione.

Resosi conto che i timori manifestati dal gruppo di Chen Yun erano fondati, Deng si era visto costretto ad adottare severe misure per ristabilire l'ordine. Aveva ordinato la repressione delle manifestazioni autorizzando anche l'uso della forza, se ritenuto necessario, e ricorrendo ai "Quattro Principi Cardinali" per legittimare tutta l'operazione. Le aspettative del popolo per la democratizzazione politica del Paese erano state deluse. La carica di segretario generale detenuta da Hu Yaobang, che fino a quel momento era stato uno dei collaboratori più fedeli di Deng, era stata affidata a Zhao Ziyang. Hu infatti si era rifiutato di condannare le manifestazioni, ritenendo che la svolta democratica era necessaria al proseguimento del processo delle riforme. A lui era toccata la stessa sorte di Wei Jingsheng; quando le condizioni non erano state più favorevoli, Deng si era sbarazzato di loro senza troppi scrupoli. Per salvaguardare il suo prestigio popolare e indurre ad appoggiare le sue scelte però Deng aveva declamato le doti di grande economista di Zhao Ziyang, con slogan tipo: «Avete fame? Rivolgetevi a Zhao»53 . Contemporaneamente, per non perdere potere all'interno del Partito, aveva favorito l'elezione di Li Peng al posto di Primo Ministro. La nomina di Li Peng infatti era caldeggiata dalla "Banda dei Vecchi" in virtù della sua ortodossia politica. Deng, ormai ottantatreenne, aveva accompagnato tutte queste manovre con un annuncio strategico: il suo ritiro dalla vita politica. Di tutte le sue cariche egli avrebbe conservato soltanto quella di presidente della Commissione Militare. A tutti però era chiaro che, come a suo tempo aveva fatto Mao, egli si accingeva a dirigere la politica da "dietro le quinte". Le critiche contro la sua linea politica si erano accentuate e il programma delle riforme incontrava resistenze e difficoltà sempre più forti.

Il settore delle industrie statali era entrato in crisi. Gli impianti di queste imprese erano diventati ormai vecchi, antiquati e decadenti così come le attrezzature e i macchinari da esse utilizzati. Un'indagine svolta aveva rivelato che questi risalivano agli anni Cinquanta e Sessanta se non, addirittura, a prima della fondazione della Repubblica. I manufatti prodotti quindi non solo risultavano superati e fuori moda, ma erano tecnologicamente arretrati e non competitivi sul mercato estero. Tra i lavoratori delle imprese statali e quelli delle imprese collettive si era poi creata una sorta di competizione a favore di quest'ultimi. I lavoratori statali infatti si lamentavano di avere stipendi più bassi e di essere sottomessi dal burocratismo amministrativo dello Stato54 . Altre problematiche erano rappresentate dalla difficile gestione della forza-lavoro e dalla disoccupazione. Questi due problemi, strettamente collegati fra loro, erano dovuti alla sbagliata applicazione del sistema dei contratti lavorativi introdotti da Deng. Questo sistema, che garantiva un'accresciuta libertà e mobilità ai lavoratori, non era riuscito a compensare la rinuncia alla garanzia dell'impiego a vita e quindi non era stato accolto favorevolmente55 . Si erano generati grandi conflitti di coesistenza tra i lavoratori fissi e quelli sotto contratto; non solo era stato molto difficile coordinare l'occupazione all'economia di mercato, ma c'era anche il problema della sicurezza sociale dei lavoratori. La disoccupazione e il conseguente squilibrio tra la domanda e la richiesta di lavoro si erano aggravati a causa dell'incessante aumento demografico registrato in Cina soprattutto negli anni Ottanta56 . Per risolvere questo problema, a partire dagli anni Novanta, Deng avrebbe intrapreso una politica di regolamentazione delle nascite, "promuovendo" la nascita di un solo figlio per ogni famiglia. Questa risoluzione non è tutt'ora riuscita a incontrare il favore della popolazione. La situazione dei contadini nelle campagne, a cui abbiamo accennato prima, aveva continuato a peggiorare.

A partire dal 1987 poi Deng era stato attaccato duramente anche dagli intellettuali e dagli studenti, categorie verso cui aveva attuato una "promozione ideologica" e verso cui aveva avuto un occhio di riguardo per migliorarne le condizioni di vita e di lavoro. Con la repressione del 1986 Deng aveva tradito le loro aspettative e quindi essi erano rimasti profondamente amareggiati. Nonostante tutte queste critiche e difficoltà Deng non aveva mai arrestato il proseguimento del suo programma. Aveva continuato a favorire il libero scambio e l'apertura con l'Occidente, sostenendo che la Cina Popolare era un enorme campo di sperimentazione in cui egli voleva creare tante piccole Hong Kong57 . La nomina di Zhao Ziyang aveva dato un'ulteriore spinta al programma di riforme. Il provvedimento più importante promosso da Zhao, che agiva sempre con l'autorizzazione di Deng, era stata l'abolizione dei gruppi dirigenti membri del Partito nelle unità dell'amministrazione statale; ciò aveva portato a uno snellimento del burocratismo statale. Sempre nel 1988 però, precisamente il 1° maggio, Zhao aveva annunciato la totale liberalizzazione dei prezzi. Questa notizia, unita al timore di nuovi rialzi, aveva spinto i cittadini a precipitarsi nelle banche per ritirare i loro risparmi e acquistare intere forniture di prodotti. La produzione era insufficiente, l'inflazione aumentava, la speculazione serpeggiava e, soprattutto, tra i salariati e i funzionari, i cui redditi erano rimasti molto bassi, si diffondeva un profondo sentimento di rabbia e indignazione.

8. La crisi tra il Partito e la società: la mancata riforma politica e la conseguente tragica vittoria del Partito

Il malcontento popolare era ormai generale e le richieste per una riforma politica seria e democratica si erano fatte sempre più incessanti. Il numero di persone che, a partire dal 21 aprile 1989, data della morte di Hu Yaobang, si era riunito in Piazza Tian’anmen aumentava ogni giorno di più. Il Paese era nel caos più totale, i disordini erano diventati incontrollabili. Anche in quest'occasione Deng si era appellato ai sacrosanti "Quattro Principi Cardinali" e aveva ristabilito l'ordine con la forza. Questa volta però la repressione, ordinata il 4 giugno 1989, era stata sanguinosa e cruenta come non mai. La brutalità della repressione non aveva scioccato soltanto i cinesi; il mondo intero aveva assistito, inorridito, al dramma trasmesso in diretta dalla catena televisiva americana CNN e raccontato dalle decine di corrispondenti esteri presenti sul luogo. Si trattò di un vero e proprio massacro che, nonostante tutto, Deng era riuscito a legittimare in virtù della salvaguardia della stabilità del Paese58 .

Subito dopo questi tragici eventi egli si era preoccupato di rimpiazzare Zhao Ziyang, destituito da tutte le sue cariche il 18 giugno 1989 per aver appoggiato i rivoltosi. Sapeva che per garantirsi il potere avrebbe dovuto scegliere uomini graditi a quella che, fino a quel momento, era stata la sua fazione avversaria, e che lo aveva accusato dei disordini che si erano verificati. Avrebbe dovuto scegliere tra Li Peng e Yao Yilin ma, dopo una lunga riflessione aveva optato per Jiang Zemin, un 63enne quasi sconosciuto. Jiang era un tecnocrate che aveva fatto carriera come quadro nell'industria e nel commercio estero, e che poi era diventato sindaco di Shanghai. Appariva freddo e determinato ma, a differenza di Li e Yao, mostrava una mentalità più aperta59 . In Cina l'ala conservatrice del Partito aveva rivolto severi attacchi all'Occidente, cercando di diffondere un sentimento di xenofobia e di risentimento verso le idee capitaliste che fosse in grado di giustificare il suo operato e di riscattare la sua reputazione.

I Paesi occidentali di conseguenza avevano deciso di prendere le distanze dalle posizioni del governo cinese e avevano imposto alla Cina il blocco delle relazioni internazionali. Per l'economia cinese era stato un duro colpo. Deng tuttavia non si era perso d'animo e aveva ribadito che, al momento, il compito principale del governo consisteva nel garantire la stabilità politica. L'imperativo assoluto era quindi quello di riaffermare l'unità del Partito e dell'armata. Il 16 settembre 1989 infatti tutti i membri dell'Ufficio Politico avevano promesso di collaborare attivamente con il nuovo segretario Jiang Zemin, impegnandosi a mettere fine alle vendette politiche. Era stato inaugurato un periodo di austerità in cui venivano predicati le rudi virtù della frugalità, del duro lavoro, dell'altruismo e dell'egualitarismo che, da sempre, l'ideologia socialista aveva promosso60 . II risanamento economico era basato su un programma redatto da Yao Yilin che Deng, anche se malvolentieri, si era visto costretto ad accettare. Si trattava di un vero e proprio ritorno al passato. Lo sviluppo dell'agricoltura, dell'industria e del settore statale veniva condotto in maniera cauta e senza slanci. I settori più colpiti dalla nuova politica erano stati quelli dell'industria collettiva e, soprattutto, di quella privata, considerata la "coda" del'ideologia corruttrice del capitalismo61 . Su di esse avevano pesato maggiormente le severe misure fiscali adottate dal governo per rimpinguare le casse dello Stato.

9. La ripresa del programma di riforme all'inizio degli anni Novanta

Nel 1990, dato che la situazione era migliorata, Jiang Zemin aveva ribadito che in Cina c'erano tre cose che potevano considerarsi intangibili: la politica delle riforme e di apertura con l'estero, la sintesi tra pianificazione ed economia di mercato e le zone economiche speciali. Naturalmente aveva parlato a nome di Deng. Quest'ultimo infatti, determinato più che mai nei suoi propositi, aveva deciso di riprendere la via dello sviluppo economico. Il suo obiettivo era quello di instaurare in Cina un socialismo dalle caratteristiche prettamente cinesi; ciò significava che nell'ambito di una struttura socialista consolidata, sarebbero state introdotte forme di capitalismo tenute sotto un debito controllo62 . Deng aveva intrapreso questo progetto proprio nel 1990, anno in cui la Comunità Europea aveva deciso di abolire le sanzioni contro la Cina. Forte della sua abilità diplomatica, tra gli anni 1991 e 1993 era riuscito a ristabilire buoni rapporti con tutti i Paesi occidentali.

Deng aveva sottolineato il fatto che la Cina era un mercato economico di cui il mondo intero non poteva fare a meno; naturalmente aveva aggiunto che la Cina aveva un assoluto bisogno di contatti con l'estero. A livello nazionale Deng si era premurato anche di riscattare la sua reputazione e di promuovere l'iniziativa privata e lo slancio verso il progresso. A questo scopo nel 1992 aveva intrapreso un viaggio nel sud della Cina, per propagandare i suoi ideali e per riguadagnare il favore dell'opinione pubblica. Il 14 novembre 1993 la sua linea politica poteva ritenersi finalmente consolidata. Il 14 novembre 1993, durante una riunione plenaria del Comitato Centrale, era finalmente riuscito a definire ufficialmente che l'economia di mercato instaurata nel Paese doveva considerarsi socialista a tutti gli effetti. Egli, alla veneranda età di 89 anni, aveva realizzato il suo sogno: era riuscito a riscattare la sua reputazione e a presentarsi davanti al suo popolo come il Grande Riformatore.

10. Il "dopo-Deng ":un grande enigma. Quale futuro per la Cina?

La linea politica di Deng, fino a oggi portata avanti da Jiang Zemin, ha garantito alla Cina un contesto nazionale stabile, proteso verso lo sviluppo economico e la modernizzazione. La recente morte di Deng Xiaoping, avvenuta il 19 febbraio 1997, ha però posto la Cina e il mondo intero davanti a un grande interrogativo: cosa succederà nel dopo-Deng? Quale sarà il futuro di questo Paese che attualmente conta circa un miliardo e trecento milioni di persone?

Deng Xiaoping, morto alla veneranda età di 92 anni, è stato veramente un grande patriarca. La sua lunga esperienza negli affari politici gli aveva sempre permesso di gestire le varie controversie, trovando il modo di volgerle a proprio vantaggio. Di volta in volta egli aveva dimostrato la capacità di adattare, trasformare, migliorare la sua linea politica al meglio, senza abbandonarla mai. Era riuscito a legittimare e a giustificare tutti gli errori commessi; si era appropriato del Pensiero di Mao Zedong reinterpretandolo in maniera personale e a lui favorevole; lo stesso aveva fatto con le idee capitaliste. La sua linea politica può essere definita come un incessante percorso verso il progresso lungo il quale i vari ostacoli vengono superati, amalgamati e inseriti nel sistema senza perdere mai di vista l'obiettivo. Deng è riuscito ad attuare una riforma economica senza il sostegno di una riforma politica63 .

Fino al giorno della sua morte Deng Xiaoping è stato descritto dalla stampa cinese come un arzillo plurinovantenne che, pur non detenendo più alcuna carica ufficiale, aveva conservato soltanto il titolo di presidente del circolo nazionale di bridge, riusciva ancora a tenere tutto e tutti sotto controllo64 . Con lui in vita la Cina, guidata da Jiang Zemin, ha proseguito per la sua strada; il progresso economico ha continuato a dare risultati soddisfacenti e il governo è riuscito a tenersi ben saldo nei suoi principi evitando di farsi influenzare dal resto mondo. Mostrandosi incurante delle reazioni dei vari Paesi occidentali infatti il governo cinese ha continuato a effettuare esperimenti nucleari e non ha cambiato la sua opinione nei confronti dell'affermazione dei diritti umani. Dopo la morte di Deng dunque ci si chiede se Jiang Zemin riuscirà a conservare il potere e a mantenere ancora queste posizioni. Nel contesto nazionale l'interrogativo più preoccupante del dopo-Deng resta la risoluzione alle molte questioni ancora irrisolte, quali l'attuazione di una riforma politica, le richieste di indipendenza avanzate dalle regioni della Mongolia Interna e del Tibet, la questione di Taiwan, le incertezze sulle conseguenze dovute al passaggio di Hong Kong alla Cina Popolare ecc. Quest'ultimo problema pone una particolare attenzione innanzitutto perché è un avvenimento piuttosto imminente, avverrà come abbiamo già detto il 1° luglio di quest'anno, e poi perché, ora che Deng è morto, si svolgerà in mancanza proprio di colui che ne era stato il fautore. Questo evento infatti, che concentra su di sé l'interesse di tutto il mondo, era atteso con molta trepidazione soprattutto da Deng che purtroppo però, per pochi mesi, non è riuscito ad assistervi. Il dubbio che preoccupa di più è se dopo la riunificazione di questi due territori sarà ancora possibile applicare la formula "Un Paese, due sistemi" coniata proprio da Deng per garantire una coesistenza pacifica.

Tutte le problematiche che abbiamo citato rimangono dunque questioni aperte su cui è stato difficile esprimere un giudizio quando Deng era in vita e lo è ancora di più ora che lui è morto. Deng Xiaoping ha lasciato un'impronta indelebile nella storia della Cina e anche se i tragici fatti dell'89 a Tian’anmen pesano in maniera implacabile sulla sua memoria, egli rimane comunque un personaggio fortemente carismatico. Colui che sarà chiamato a governare la Cina nei prossimi anni assumerà su di sé un'enorme responsabilità e, cosa sicuramente molto difficile, dovrà essere in grado di reggere il confronto con Deng. Quello che accadrà in Cina è pertanto, in questo momento più che mai, di fondamentale importanza per noi poiché, in ogni caso, avrà ripercussioni sui rapporti e sullo sviluppo di tutti i Paesi del mondo.

MONDO CINESE N. 94, GENNAIO-APRILE 1997

Note

1 Cfr. State Statistical Bureau, "Communiqué on development of the national economy until 1958", in Peking Review, n. 16, 1959, pag. 26.
2 Cfr. M.C. Bergère, L. Bianco, J. Domes, La Chine au XX siècle – De 1949 à ajourd'hui, Librairie Arthème Fayard, Paris, 1990, pag. 37.
3 Per gli ideogrammi relativi alle diverse espressioni corsive in pinyin si controlli l'elenco dei caratteri cinesi.
4 Cfr. P Sabatier, Le Dernier Dragon, Edition Jean﷓Claude Lattès, Paris, 1990, pag. 107.
5 Cfr. P Sabatier, Op. cit., pag. 113.
6 Cfr. A World Bank Country Studies, CHINA: Socialist Economic Development, vol. I, The World Bank, Washington, 1986, pag. 55.
7 Cfr. G. Etienne, La lunga marcia dell'economia cinese, Edizioni di Comunità, Milano, 1976, pag. 48.
8 Cfr. C. Riskin, China's Politica! Economy: The Quest of Development since 1949, Oxford University Press, Oxford 1987, pag. 123.
9 Cfr. C. Riskin, Op. cit., pag. 125.
10 Cfr. A. L. Erisman, "China: Agricultural Development 1949﷓1971 ", in U. S. Congress, Joint Economic Committee, 1972, pag. 52.
11 Cfr. C. Riskin, Op. cit., pag. 124, ripreso da M. Selden, The People's Republic of China: A Documentary History of Revolutionary Charge, Monthly Review Press, New York 1979, pag. 402.
12 Cfr. P Corradini, "Utopia e pragmatismo in Cina: le difficili scelte della rivoluzione", in Mondo Cinese n. 77, Istituto Italo﷓Cinese per gli scambi Economici e Culturali, Milano, 1992, pag. 19.
13 Cfr. Generali Denis Twitchett, John K. Fairbank (eds.), The Cambridge History of China, The People's Republic, Parte I: The Emergence of Revolutionary China, vol. XIV, Cambridge University Press, Cambridge, 1991, pag. 332.
14 Cfr. The Cambridge History of China, vol. XIV cit. pag. 337. 
15 Cfr. M.C. Bergère, L. Bianco, J. Domes, Op. cit., pag. 58. 
16 Cfr. The Cambridge History of China, vol. XIV cit., pag. 339.  
17 Cfr. The Cambridge History of China, vol. XIV cit., pag. 342. 
18 Cfr. Research Group, "China's Industrialization and Its Environmental Cost", in Social Sciences in China, n. 4, Social  Sciences in China Press, Pechino 1993, pag. 64. 
19 Cfr. M.C. Bergère, L. Bianco, J. Domes, Op. cit., pag. 186.
20 Cfr. P. Sabatier, Op. cit., pag. 133. 
21 Cfr. P Sabatier, Op. cit., pag. 151. 
22 Cfr. C. Riskin, Op. cit., pag. 320. 
23 Cfr. M.C. Bergère, L. Bianco, J. Domes, Op. cit., pag. 75. 
24 Cfr. Denis Twitchett, John Fairbank (eds.), The Cambridge History of China, The People's Republic, Parte II: Revolution within the chinese revolution, 1966﷓1982, vol. XV, Cambridge University Press, Cambridge, 1991, pag. 91. 
25 Cfr. Ibidem. 
26 Cfr. P. Sabatier, Op. cit., pag. 129. 
27 Cfr. P Sabatier, Op. cit, pag. 132. 
28 Cfr. The Cambridge History of China, vol. XV cit., pag. 98. 
29 Cfr. Ibidem. 
30 Cfr. P. Sabatier, Op. cit., pag. 157. 
31 Cfr. M.C. Bergère, L. Bianco, J. Domes, Op. cit., pag. 83. 
32 Cfr. The Cambridge History of China, vol. XV cit., pag. 
33 Cfr. P Sabatier, Op. cit., pag. 234. 
34 Cfr. R. Bertinelli, "Sulla Riforma del sistema economico cinese", in Mondo Cinese n. 50, Istituto Italo﷓Cinese per gli Scambi Economici e Culturali, Milano, 1985, pag. 54. 
35 Cfr. The Cambridge History of China, vol. XV cit., pag. 507. 
36 Cfr. P. Sabatier, Op. cit., pag. 224. 
37 Cfr. The Cambridge History of China, vol. XV cit., pag. 510. 
38 Cfr. M.C. Bergère, L. Bianco, J. Domes, Op. cit., pag. 88. 
39 Cfr. P. Sabatier, Op. cit., pag. 254. 
40 Cfr. C. Riskin, Op. cit., pag. 327. 
41 Cfr. The Cambridge History of China, Op. cit., pag. 534. 
42 Cfr. R. M. Field, "China's Industrial Performance since 1878", in The China Quarterly, An International Journal for the Study of China, n. 131, 1992 pag. 393. 
43 Cfr. R. Bertinelli, Art. cit., pag. 58. 
44 Cfr. The Cambridge History of China, vol. XV, pag. 534. 
45 Cfr. The Cambridge History of China, vol. XV cit., pag. 537. 
46 Cfr. C. Riskin, Op. cit., pag. 303.
47 Cfr. Deng Xiaoping, Deng Xiaoping Wenxuan, vol. III, Renmin Chubanshe, Pechino 1993, pag. 160.
48 Cfr. P. Sabatier, Op. cit., pag. 434.
49 Cfr. Deng Xiaoping, Op. cit., pag. 165.
50 Cfr. P. Sabatier, Ibidem.
51 Cfr. The Cambridge History of China, vol. XV, pag. 600.
52 Cfr. Ibidem.
53 Cfr. P. Sabatier, Op. cit, pag. 366.
54 Cfr. Xu Guandai, "An Analysis of Mainland China's Enterprise Law", in lssues and Studies, n. 7, Institute of International Relation, Taipei 1988, pag. 18.
55 Cfr. G. White, "The Politics of Economic Reform in Chinese Industry: The Introduction of the Labor Contract Sistem", in China Quarterly, n. 111, An International Journal for the Study of China, 1987, pag. 28.
56 Cfr. C. Riskin, Op. cit., pag. 446.
57 Cfr. The Cambridge History of China, vol. XV cit., pag. 556.
58 Cfr. P Corradini, Cina: popoli e società in cinque millenni di storia, Ed. Giunti, Firenze 1996, pag. 399.
59 Cfr. P. Sabatier, Op. cit., pag. 448.
60 Cfr. The Cambridge History of China, vol. XV cit., pag. 634.
61 Cfr. M. Miranda, "Il settore privato dell'industria cinese dopo il giugno 1989", in Mondo Cinese, n. 78, Istituto italo﷓cinese per gli scambi economici e culturali, Milano 1992, pag. 52.
62 Cfr. G. Secondi, "La ristrutturazione dell'industria nell'era di Deng", in Cina Oggi. Dalla vittoria di Mao alla tragedia di Tian Anmen, Laterza, Bari 1991, pag. 39.
63 Cfr. Y. Chevrier, "Crisi dello Stato e disgregazione sociale, una riforma economica senza riforma politica", in La Cina di Deng Xiaoping, Ed. Associate, 1991, pag. 139.
64 Cfr. P. Sabatier, Op. cit., pag. 446.

 

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