SOMMARIO: 1. La continuità riconosciuta 2. La guerra di Corea e l'importanza strategica di Taiwan 3. I nuovi successi della diplomazia della ROC 4. La «questione della rappresentanza cinese» alle Nazioni Unite 5. Il nuovo atteggiamento americano e giapponese 6. La «diplomazia flessibile» e la «diplomazia sostanziale» 7. Il «duplice riconoscimento» 8. Le relazioni ufficiali al momento attuale 9. Gli Uffici di rappresentanza.
1. La continuità riconosciuta
La proclamazione della Repubblica Popolare Cinese, avvenuta il 1° ottobre 1949 a Pechino, mise formalmente fine alla decennale guerra civile ma non implicò la definitiva scomparsa del vinto governo nazionalista ritirato nell'isola di Taiwan. Benché il governo nazionalista fosse notevolmente svantaggiato a causa dell'esiguità del territorio controllato, manteneva però il dominio di una ben definita area geografica. Dal 1° ottobre 1949, quindi, la comunità internazionale dovette affrontare il problema della presenza simultanea di due governi che rivendicavano di rappresentare la Cina.
La Repubblica Popolare Cinese (RPC) fu riconosciuta immediatamente dagli stati del blocco comunista. L'Unione Sovietica fu il primo stato a riconoscere la RPC il 2 ottobre 1949 e a stabilire relazioni diplomatiche il 3 ottobre dello stesso anno. Altri stati del blocco sovietico, come Bulgaria, Romania, Ungheria, Cecoslovacchia, Repubblica Popolare Democratica della Corea, Polonia, Mongolia, Repubblica Democratica Tedesca e Albania, nei successivi due mesi riconobbero la RPC.
Altri stati non comunisti ritennero inopportuno intrattenere rapporti diplomatici con la superstite Repubblica di Cina (ROC) rifugiatasi a Taiwan. Dodici stati non appartenenti a quel blocco
- Birmania, India, Pakistan, Gran Bretagna, Ceylon (Srilanka), Norvegia, Danimarca, Israele, Afghanistan, Finlandia, Svezia, Svizzera
- riconobbero la RPC nel gennaio 1950 e conseguentemente stabilirono relazioni diplomatiche ad eccezione di Israele. Alla fine del 1950, solo ventisei stati avevano riconosciuto la RPC1 .
2. La guerra di Corea e l'importanza strategica di Taiwan
La situazione nello Stretto di Taiwan all'inizio del 1950 era tutt'altro che tranquilla e sia il governo di Taipei che quello di Pechino erano intenti a preparare attacchi e ad erigere difese. Il fallito tentativo di conquistare Quemoy, verso la fine del 1949, indusse l'esercito della RPC ad arrestarsi, in attesa di preparare un'azione più vasta. L'invasione di Taiwan si preannunciava quindi più difficile del previsto2 .
Nelle due settimane precedenti lo scoppio della guerra di Corea, il numero delle truppe comuniste stanziate di fronte a Taiwan era salito da 40.000 a 156.000; chiaramente si stava preparando un ingente attacco. L'invasione di Taiwan sembrò allora per tutti imminente ed inevitabile.
Lo scoppio della guerra in Corea nel giugno 1950 coinvolse direttamente la Cina comunista. L'offensiva statunitense del 7 ottobre, sotto la bandiera delle Nazioni Unite, dopo l'aggressione nord-coreana del 25 giugno, provocò l'intervento della Cina Popolare nel conflitto: il 16 ottobre forze organizzate cinesi superarono il fiume Yalu per soccorrere le truppe nord-coreane sconfitte.
Il coinvolgimento della Cina comunista nella guerra di Corea consolidò ulteriormente l'ostilità americana nei confronti della RPC e l'appoggio ai nazionalisti di Taiwan. Il 27 giugno il Presidente americano Truman dichiarò che: «L'attacco alla Corea rende chiaro oltre ogni dubbio che il comunismo è passato oltre l'uso della sovversione per conquistare nazioni, e userà ora l'invasione armata e la guerra. [. . .] Di conseguenza ho ordinato alla 7a flotta di prevenire ogni attacco su Formosa»3 .
Significativamente, il Presidente annunciò, contemporaneamente all'invio della 7a flotta, anche un programma per aumentare l'assistenza militare in Indocina e nelle Filippine, dimostrando l'interesse militare per la zona.
Taiwan assunse improvvisamente un'importanza strategica fondamentale nello svolgimento della guerra di Corea a causa della sua posizione nel Pacifico come base per le truppe americane. Così come disse il generale Mac Arthur, Taiwan era «l'inaffondabile portaerei americana»4 .
L'amministrazione Truman volle favorire il crearsi dell'impressione che gli Stati Uniti intendevano arrivare ad una intima relazione di potere con il governo nazionalista di Formosa5 .
Ma il governo americano esitava ancora ad associarsi completamente con il regime di Chiang Kai-shek. L'invio della 7a flotta era pur sempre indirizzato a contenere le aspirazioni di Chiang di riconquistare il continente cinese, così come quelle dei comunisti di conquistare l'isola. In questo modo si pose al governo americano un problema che prevedeva due soluzioni contrastanti: innanzitutto bisognava garantire la sicurezza dell'isola di Taiwan contro ogni tentativo di attacco da parte dei comunisti cinesi, in secondo luogo si rivelava indispensabile evitare che si potesse venire a creare una situazione di scontro diretto fra Stati Uniti e Cina Popolare.
La presenza della 7a flotta, se da un lato bastava ad alleviare momentaneamente la tensione, dall'altro non rappresentava certo una soluzione a lungo termine.
Il non trascurabile rilievo che assumeva l'appoggio americano ai nazionalisti venne avvertito immediatamente dalla RPC: quest'ultima, che nel dicembre dello stesso anno inviò a Lake Success un rappresentante di Pechino, Wu Hsü-ch'üan, pose in effetti come condizione preventiva di un cessate il fuoco, oltre al ritorno ai confini del 38° parallelo, l'abbandono di Taiwan da parte degli americani. Wu sottopose al Consiglio di Sicurezza un progetto di risoluzione, presentato dall'Unione Sovietica, dove si chiedeva al Consiglio di condannare gli Stati Uniti per aver commesso una «aggressione armata contro il territorio cinese» e di esigere dal governo americano il ritiro totale delle sue forze armate da Taiwan6 .
La risoluzione delle Nazioni Unite del 31 gennaio 1951, che condannava la RPC come stato aggressore e la decisione del 18 maggio di porre l'embargo sui prodotti strategici destinati alla Cina comunista, permise a Taiwan di essere inserita nel sistema difensivo occidentale con conseguente beneficio per la sua diplomazia7 .
La situazione diplomatica di Taipei migliorò considerevolmente nel 1952, quando la ROC concluse il trattato di pace con il Giappone e riallacciò relazioni diplomatiche con un certo numero di nazioni in Europa, Asia, America Latina, Medio Oriente e Africa. Il 2 dicembre 1954 gli Stati Uniti e la ROC firmarono il Patto di Mutua Difesa, che incorporò formalmente Taiwan nel sistema di alleanze difensive americane creato nella zona asiatica.
Durante la guerra in Vietnam, Taiwan dimostrò la sua utilità agli Stati Uniti servendo come importante stazione logistica per l'aviazione americana e per le unità di combattimento navali e terrestri8 .
3. I nuovi successi della diplomazia della ROC
Dal suo ritiro dalla Cina continentale, l'anno 1957 fu il più attivo nella storia diplomatica della ROC.
Nell'America Latina essa fu riconosciuta dall'Uruguay e stabilì relazioni diplomatiche con il Paraguay; l'Argentina riaprì la sua ambasciata a Taipei e la Repubblica Dominicana, El Salvador e l'Ecuador elevarono le legazioni in ambasciate. In Medio Oriente e in Africa la ROC stabilì legami diplomatici con la Giordania e la Liberia; anche la sua legazione in Libano e il Consolato in Arabia Saudita furono elevate al livello di ambasciata. Inoltre, la Turchia inviò il primo ambasciatore a Taipei9 .
Gli Stati Uniti assicuravano ancora la loro protezione a Taiwan e quando, il 23 agosto 1958, Pechino iniziò un bombardamento massiccio a Quemoy, il Segretario di Stato Dulles e il Primo Ministro Zhou Enlai si incontrarono il 15 agosto per risolvere la crisi politicamente. Il 23 ottobre, Dulles incontrò il Presidente Chiang Kai-shek a Taipei per concludere una dichiarazione congiunta nella quale si affermava che il governo nazionalista avrebbe recuperato i territori del continente attraverso la realizzazione dei «Tre Principi del Popolo» rinunciando all'uso della forza10 .
Dal 1960, ventitrè stati africani avevano ottenuto l'indipendenza e tutti erano divenuti membri delle Nazioni Unite. La ROC prontamente intraprese attività diplomatiche in Africa, invitando numerosi leaders africani a Taiwan, e concludendo numerosi accordi economici e di assistenza tecnica con l'obiettivo di ottenere il loro appoggio sulla «questione della Cina» in seno alle Nazioni Unite.
Sebbene la Francia avesse riconosciuto la RPC nel 1964, molte ex-colonie francesi in Africa desideravano ancora mantenere dei legami ufficiali con la ROC. II risultato fu che tredici stati, per la maggior parte ex-colonie francesi, riconobbero la ROC, cinque la RPC e cinque non ne riconobbero nessuna11 .
Il 1° marzo 1965 cinquantotto stati riconoscevano la ROC. La tavola elenca questi stati in ordine alfabetico12 :
STATI CHE RICONOSCEVANO LA ROC IL 1° MARZO 1965 |
Alto Volta |
Germania Orientale |
Panama |
Arabia Saudita |
Grecia |
Paraguay |
Argentina |
Guatemala |
Perù |
Australia |
Haiti |
Portogallo |
Belgio |
Honduras |
Repubblica Malgascia |
Bolivia |
Iran |
Repubblica Domenicana |
Brasile |
Italia |
Repubblica del Sud Africa |
Camerun |
Giamaica |
Ruanda |
Canada |
Giappone |
Santa Sede |
Ciad |
Giordania |
Sierra Leone |
Cile |
Kuwait |
Spagna |
Colombia |
Libano |
Stati Uniti |
Corea del Sud |
Liberia |
Tailandia |
Costa d'Avorio |
Libia |
Togo |
Costa Rica |
Lussemburgo |
Turchia |
Cipro |
Mauritania |
Uruguay |
Ecuador |
Messico |
Venezuela |
El Salvador |
Nuova Zelanda |
Vietnam del Sud |
Filippine |
Nicaragua |
|
Gabon |
Nigeria |
|
Fonte: China Yearbook, 1963-64.
Nello stesso anno cinquantadue stati riconoscevano la RPC e quindici stati non riconoscevano nessuna delle due.13
Nell'ottobre 1970, il numero di riconoscimenti formali da parte dei Paesi stranieri era aumentato fino a sessantotto, mentre la RPC ne aveva solo cinquantatre. Quattordici stati non ne riconoscevano nessuna14 .
Le ragioni di questi successi internazionali della ROC vanno ricercate nella «tendenza in molte nazioni a seguire l'indirizzo delle Nazioni Unite; il profondo anti-comunismo di élites al governo in alcuni Paesi; la paura nei confronti della RPC specialmente durante il periodo della Rivoluzione Culturale che provocò odio e sospetto in alcuni Paesi [. . .], ma il fattore più determinante fu la forte opposizione degli Stati Uniti a riconoscere la Repubblica Popolare Cinese»15 .
Presumibilmente, molti degli stati come Francia, Belgio, Italia, Canada, Filippine, avrebbero preferito avere relazioni diplomatiche sia con la ROC che con la RPC, se ne avessero avuto la possibilità.
L'unanime rifiuto di Taipei e Pechino al compromesso delle due Cine, di fatto obbligò tali nazioni a sceglierne una. Fino a questo momento nessuno stato era riuscito a stabilire relazioni formali con la ROC e con la RPC simultaneamente.
Il caso della Gran Bretagna è degno di nota. In passato, per un certo periodo, la Gran Bretagna era stato l'unico Paese che aveva avuto missioni ufficiali accreditate a Taipei e a Pechino. Essa riconobbe la RPC e il governo di Pechino come il governo nazionale cinese il 6 gennaio 1950. Allo stesso tempo, considerò il governo di Taipei come un governo provinciale, ma tenne aperto il Consolato britannico a Taiwan. Il risultato fu che l'accordo del 17 luglio 1954 di reciproco invio di rappresentanti ufficiali tra la RPC e la Gran Bretagna, riguardava solo i chargés d'affaires in quanto la RPC sosteneva che la Gran Bretagna aveva violato il principio di un'unica Cina. Non ci fu scambio di ambasciatori fino a quando il Consolato britannico a Taiwan non fu chiuso il 13 marzo 197216 .
In generale la politica estera della ROC durante questo periodo manifesta una visione dicotomica del mondo. Agli occhi dell'élites della ROC, il mondo era diviso in quel momento in un confronto bipolare. Il confronto poteva essere visto ideologicamente tra il sistema democratico e quello comunista o più realisticamente tra Stati Uniti e Unione Sovietica.
In entrambi i casi questa visione del mondo si addiceva esattamente all'atmosfera di guerra fredda vissuta negli anni '50, tanto che la ROC associò il suo futuro alla lotta a livello internazionale fra i due schieramenti. Questa concezione divenne il principio sommo che guidò la politica estera della ROC, fino a quando gli avvenimenti degli anni '70 non lo mutarono17 .
4. La «questione della rappresentanza cinese» alle Nazioni Unite
Nel periodo dal 1970 al 1979 si verificò una serie di avvenimenti diplomatici sfavorevoli per Taipei. Conclusa l'esperienza della Rivoluzione Culturale, negli ultimi anni ’60, Pechino adottò una politica estera più pragmatica, volta a migliorare la sua immagine internazionale ed a facilitare i suoi programmi di modernizzazione. Questo nuovo approccio avvicinò effettivamente la Cina Popolare alle nazioni non comuniste a spese di Taiwan.
Nell'ottobre 1970 il Canada fece il primo passo nel riconoscere Pechino e di lì a poco sarebbe stato seguito dall'Italia. Le posizioni di Italia e Canada rispetto a Taiwan furono pressochè identiche. Pur riconoscendo il governo di Pechino come l'unico governo legale cinese, esse esitarono a vincolarsi sull'appartenenza di Taiwan alla RPC. Così nei comunicati emessi, il governo canadese e quello italiano, prendevano nota della posizione della RPC circa il fatto che essa ritenesse Taiwan una sua provincia e, allo stesso tempo, si evidenziava l'esplicita volontà di non impegnarsi sull'argomento.
Il governo di Ottawa, il 13 ottobre 1970, affermò infatti che non considerava «appropriato né avallare né opporre la posizione del governo cinese sullo status di Formosa. Si è preso nota della affermazione del governo cinese circa Formosa. Siamo coscienti che questo è il punto di vista cinese e ci rendiamo conto dell'importanza che essi vi attribuiscono, ma non abbiamo nessun commento da fare»18 .
Il governo italiano, da parte sua, in un comunicato del 6 novembre 1970 affermava che «il governo italiano prende nota della dichiarazione del governo cinese, e prende atto del fatto che il governo cinese è il solo governo della Cina». Roma dichiarava poi che «non si considera competente a definire i limiti territoriali di un altro stato [. . .] e ribadisce che non è suo dovere esprimere alcuna opinione a riguardo»19
.
Con la stessa formula con la quale veniva accolta la rivendicazione della RPC su Taiwan senza accettarla esplicitamente, tredici nazioni optarono per il riconoscimento del governo di Pechino e in seguito molte altre le seguirono.
Taipei era impreparata a questa nuova situazione, mentre i leaders del governo discutevano per una nuova strategia, la ROC continuò a praticare il principio della «non convivenza sotto lo stesso cielo con il regime comunista». Quelle nazioni che avevano deciso di riconoscere la RPC furono considerate come ostili e furono rotti i rapporti ufficiali con loro. Questo atteggiamento intransigente, non lasciava a quelle nazioni altra alternativa che quella di un completo voltafaccia20 .
Nel 1971 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite votò per ammettere la RPC come rappresentante cinese nell'assemblea mondiale. La ROC considerava il suo status nelle N.U. estremamente importante, soprattutto perché occupare un posto nel Comitato Permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite significava che la ROC era l'unico e il solo governo legittimo della Cina e ciò avrebbe almeno dissuaso alcune nazioni dall'accordare il riconoscimento ufficiale al regime comunista.
Quando, il 25 ottobre 1971, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò, con 76 voti a favore, 35 contrari e 17 astensioni, la risoluzione presentata dall'Albania e si permise alla Repubblica Popolare di prendere il posto della ROC all'interno dell'organizzazione stessa, fu la prima volta, nei ventisei anni di vita delle Nazioni Unite che un Paese membro veniva espulso. La ROC, oltre ad avere sempre agito, durante la sua permanenza nell'organizzazione, secondo lo spirito della Carta, poteva vantare di esserne stata uno dei membri fondatori e di occupare a pieno titolo uno dei cinque seggi permanenti presso il Consiglio di Sicurezza.
I tentativi attuati nei precedenti venti anni per estromettere la ROC, che di anno in anno potevano contare sull'assottigliarsi delle fila delle nazioni favorevoli al governo nazionalista e l'aumentare invece di quelle che auspicavano l'ammissione della RPC, poterono essere arginate con successo solo grazie agli sforzi degli Stati Uniti, i quali adoperarono tutto il prestigio e l'influenza di cui godevano per creare e mantenere un vasto fronte di opposizione all'ammissione del regime di Pechino alle Nazioni Unite. La lotta tra il governo di Taipei e quello di Pechino per la rappresentanza alle Nazioni Unite ebbe inizio sin dal momento in cui apparvero sulla scena internazionale le due entità cinesi. Subito dopo la fondazione della Repubblica Popolare, nel novembre del 1949 il governo della RPC richiese di essere immediatamente ammesso alle Nazioni Unite, per occupare sia il seggio dell'Assemblea Generale che quello presso il Consiglio di Sicurezza. Il 12 gennaio il Consiglio di Sicurezza respinse l'istanza del governo comunista confermando il seggio nazionalista.
L'URSS appoggiò una risoluzione indiana nell'Assemblea Generale per far entrare la RPC e ne presentò una propria per espellere la ROC; entrambe le risoluzioni furono però sconfitte con un largo margine a sfavore21 .
La guerra di Corea non solo causò il capovolgimento della politica di disimpegno degli Stati Uniti verso la guerra civile cinese, ma ebbe anche l'effetto di frenare gli sforzi del governo di Pechino per assicurarsi il seggio occupato dalla ROC alle Nazioni Unite.
Nel 1951 gli Stati Uniti, superando la riluttanza degli alleati e l'opposizione di Paesi neutralisti come l'India, riuscirono a far passare all'Assemblea Generale una risoluzione che condannava la RPC per aver attaccato le forze americane e alleate operanti sotto l'egida delle Nazioni Unite in difesa della Corea del Sud. In questa atmosfera gli USA riuscirono ad ottenere una vasta maggioranza per una propria risoluzione che prevedeva di non considerare alcun cambiamento della rappresentanza cinese nell'organizzazione22 .
Dopo l'allentamento delle tensioni e le xenofobie create dal radicalismo della Rivoluzione Culturale, la RPC, pur mantenendosi irremovibile sulla sua posizione circa la questione di Taiwan, dal 1968 si adoperò attivamente per porre fine al suo isolamento internazionale. Questo era un primo segnale del mutamento dell'equilibrio internazionale.
L'amministrazione Nixon, inaugurata nel gennaio 1969, intraprese i primi cauti passi per migliorare le relazioni con la RPC, ritirando la 7a flotta dai pattugliamenti periodici nello Stretto di Taiwan23 .
La maggior flessibilità della posizione statunitense riguardo la questione della rappresentanza cinese, divenne evidente di fronte alla presentazione da parte di Albania e Algeria, assieme ad altre 16 nazioni, di un'ennesima risoluzione per l'ammissione della RPC e l'espulsione della ROC. Nel 1964 il riconoscimento della RPC da parte della Francia e di diversi paesi dell'Africa francofona portarono le votazioni dell'Assemblea Generale ad un risultato di parità: 47 a favore e 47 contrari. Inoltre il fenomeno, tipico degli anni '70, dell'entrata nell'Assemblea Generale di un numero sempre crescente di excolonie che di recente avevano raggiunto l'indipendenza e l'improvviso e radicale mutamento della politica degli Stati Uniti verso la Cina, segnarono la condanna della rappresentanza della ROC nella organizzazione. Fra il luglio e l'agosto 1971 cominciò un serio dialogo fra gli Stati Uniti e il governo di Pechino. Dopo il viaggio segreto di Henry Kissinger in Cina e l'annuncio della visita del Presidente Nixon, apparve chiaro il futuro che si prospettava per le relazioni tra gli Stati Uniti e le due entità cinesi.
Ad una conferenza stampa del 2 agosto, il Segretario di Stato Rogers annunciò che nella successiva sessione autunnale dell'Assemblea Generale, gli Stati Uniti avrebbero appoggiato l'ammissione della RPC alle Nazioni Unite, opponendosi allo stesso tempo ad ogni azione volta ad espellere la ROC o a privarla della rappresentanza nella organizzazione24 .
Era ormai chiaro che gli Stati Uniti vedevano nell'appoggio all’ammissione della RPC la possibilità di attuare la politica delle «due Cine», politica che in passato non aveva mai avuto grande successo a causa dell'opposizione di entrambi i governi cinesi. La soluzione auspicata dagli americani di mantenere entrambe le rappresentanze cinesi non avrebbe mai potuto essere messa in pratica: il governo di Chiang Kai-shek mai avrebbe abbandonato la propria rivendicazione su tutta la Cina, così come il regime di Pechino avrebbe continuato a ribadire la sua sovranità su Taiwan. Il tentativo degli Stati Uniti di vedere seduti alle Nazioni Unite entrambe ROC e RPC era quindi destinato al fallimento fin dal primo momento a causa delle sue intrinseche contraddizioni25 .
Dalla votazione del 20 novembre fino alla decisiva sessione autunnale del 1971, quasi una ventina di Paesi ruppero le relazioni diplomatiche con la ROC, decidendo di riconoscere il governo di Pechino. Il Cile (5 gennaio) fu il primo in America Latina a stabilire legami diplomatici con la RPC, seguito il mese successivo dall'Argentina (19 febbraio). Il Canada, che l'anno precedente aveva rotto i rapporti con Taipei, inviò il suo primo ambasciatore in Cina Popolare 26 .
La proposta auspicata dagli Stati Uniti era una soluzione di compromesso che relegava la rappresentanza della ROC alla sola Assemblea Generale, mentre la RPC avrebbe occupato anche il seggio al Consiglio di Sicurezza. La risoluzione sponsorizzata dall'Albania e da altri 22 Paesi27 riaffermava il diritto della RPC di rappresentare il governo della Cina e che la restaurazione dei suoi diritti era «essenziale per la causa che le Nazioni Unite deve servire», esigeva l'espulsione, ad effetto immediato, dei rappresentanti di «Chiang Kai-shek dal posto che occupavano illegalmente alle Nazioni Unite e in tutte le organizzazioni ad esse affiliate»28 .
L'Assemblea Generale votò la risoluzione albanese, dopo che il Ministro degli Esteri della ROC, Chou Shu-kai si era allontanato dall'Assemblea seguito dagli altri membri della sua delegazione, con 76 voti a favore, 35 contrari e 17 astensioni.
Mentre gli Stati Uniti si limitarono a prendere atto della volontà espressa dalla maggioranza dell'Assemblea e accettarono la decisione da essa presa, la reazione del governo di Taipei fu particolarmente dura. Il giorno dopo la votazione, il Presidente Chiang tenne un discorso condannando la decisione di ammettere «il regime fuorilegge di Mao Zedong che ha usurpato il legittimo posto della ROC alle Nazioni Unite e nel Consiglio di Sicurezza». Ma il biasimo era rivolto a tutta l'organizzazione che «nella corrente sessione dell'Assemblea Generale [...] ha deciso di distruggere le ragioni e i princìpi della Carta ignorando in tal modo e non tenendo minimamente conto della legge e della giustizia, inchinandosi senza vergogna alle forze del male e lasciando timorosamente via libera alla violenza. Così le Nazioni Unite, che questo Paese, la ROC, ha aiutato a costruire dopo tante difficoltà, sono degradate e sono divenute un ricettacolo di iniquità»29 .
Per essere stata espulsa dalle Nazioni Unite, la ROC perse una parte del suo diritto a rivendicare una legittimità internazionale. Questo ebbe profonde conseguenze sul suo status internazionale e sulle sue future scelte diplomatiche.
5. Il nuovo atteggiamento americano e giapponese
Il cosiddetto «Nixon shock» nel luglio 1971 e la questione della rappresentanza cinese alle Nazioni Unite
furono i fattori immediati che condussero la ROC ad un tracollo diplomatico.
In un quadro storico-politico più generale di giochi di potere, la crescente tensione tra l'Unione Sovietica
e la RPC convinse Henry A. Kissinger, allora Consigliere Speciale per gli Affari della Sicurezza Nazionale,
che fosse il momento migliore per gli Stati Uniti di avvicinarsi alla Cina. Il 9 luglio 1971 Kissinger volò
dalla capitale del Pakistan, Islamabad, a Pechino, per concordare la visita del presidente Nixon. Nixon il
15 luglio annunciò ufficialmente la sua decisione di recarsi in Cina per «normalizzare le relazioni con la
RPC». Questa notizia venne diffusa senza previa consultazione con la ROC30
.
Il viaggio del Presidente americano avvenne nel febbraio del 1972 e si concluse a Shanghai con la firma
da parte del Presidente americano e il Primo Ministro Zhou Enlai di un comunicato congiunto il 27 febbraio
1972. Il principio di una «unica Cina» venne chiaramente definito nel comunicato di Shanghai, nel quale il governo degli Stati Uniti affermò che «non si opponeva» al fatto che «esiste una sola Cina e Taiwan è parte della Cina »31 .
Nel comunicato la RPC riconfermò la sua posizione riguardo la questione di Taiwan, come segue: «la questione di Taiwan è la questione cruciale che ostacola la normalizzazione delle relazioni tra Cina e Stati Uniti; il governo della RPC è l'unico governo della Cina; Taiwan è una provincia della Cina che dovrà essere restituita alla madrepatria; la liberazione di Taiwan è un affare interno cinese nel quale nessun'altra nazione ha il diritto di interferire; tutte le forze americane e le installazioni militari devono essere ritirate da Taiwan. Il governo cinese si oppone fermamente ad ogni iniziativa che aspiri alla creazione di 'una Cina, una Taiwan', 'una Cina, due governi', 'due Cine', e 'Taiwan indipendente', o sostenga che 'lo status di Taiwan' resta da essere definito»32 .
La RPC non asserì nulla riguardo alla liberazione di Taiwan con la forza, perché intuì che ogni azione militare contro Taiwan avrebbe potuto infrangere l'interesse americano per la RPC. Da parte loro, gli Stati Uniti dichiararono: «Gli Stati Uniti prendono nota che tutti i cinesi su entrambe le sponde dello Stretto di Taiwan ritengono che non c'è che una Cina e che Taiwan è parte della Cina. Gli Stati Uniti non si oppongono a tale posizione. Il loro governo riafferma il suo interesse per una soluzione pacifica della questione di Taiwan da parte dei cinesi stessi. In questa prospettiva afferma il suo obiettivo ultimo del ritorno di tutte le forze ed installazioni militari da Taiwan. Nel frattempo ridurrà progressivamente le sue forze e le installazioni militari da Taiwan man mano che diminuisce la tensione militare nella zona»33 .
Esaminando queste dichiarazioni si nota come il paragrafo che affronta il problema di Taiwan è deliberatamente ambiguo in modo da permettere agli Stati Uniti di cominciare un nuovo tipo di relazioni con la RPC, evitando di chiarire a fondo le loro divergenze sullo status di Taiwan. Ogni parola del paragrafo è precisamente tesa a non concedere più del necessario per raggiungere l'obiettivo di aprire relazioni bilaterali tra Pechino e Washington34 .
Taiwan rimaneva, e il comunicato lo ribadiva chiaramente, una questione interna cinese per la cui futura soluzione non sarebbero state tollerate interferenze esterne. Nixon intese «prendere nota» della posizione cinese che Taiwan è parte della Cina e che non esiste che una sola Cina, senza «opporsi» ne riconoscerla esplicitamente.
Il Presidente americano pretese comunque che Pechino si impegnasse a non riprendere Taiwan con la forza. Di conseguenza l'auspicata soluzione pacifica della «questione di Taiwan da parte dei cinesi stessi» venne inserita formalmente nel comunicato35 .
Gli Stati Uniti promisero di ritirare le loro forze e le installazioni militari «man mano che diminuisce la tensione militare nella zona». Ma questo impegno risultò essere ampiamente simbolico: i termini usati permettevano agli Stati Uniti molta flessibilità nel giudicare la situazione di tensione. Il fatto che nel comunicato non fosse menzionato l'Accordo di Mutua Difesa del 1954, lascia supporre che l'impegno degli Stati Uniti nella difesa di Taiwan era, all'epoca, ancora giustificato. La dichiarazione americana non arrivava a ledere direttamente nessun interesse della ROC e nemmeno negava esplicitamente la sua rivendicazione ad essere il solo governo legale cinese. Quello che venne affermato con lo «Shanghai Communique» era, dopotutto, esattamente la posizione che il governo nazionalista aveva mantenuto sin dal 1949 e cioè che esisteva una sola Cina e che Taiwan era una parte integrante.
II danno maggiore per la ROC era che il comunicato sanciva la certezza che si sarebbe arrivati, prima o poi, alla normalizzazione delle relazioni tra Stati Uniti e Cina Popolare a detrimento delle relazioni fra Taipei e Washington36 .
La ROC rimase comunque molto sorpresa del comunicato tanto più che era stato promosso da Nixon, un personaggio che Taipei considerava un anticomunista e un provato sostenitore della causa della ROC. I nazionalisti manifestarono dubbi sull'intenzione espressa da Nixon di ritirare, un giorno, tutte le forze militari da Taiwan senza aver prima ottenuto una garanzia di soluzione pacifica da Pechino37 .
Come conseguenza del suo viaggio a Pechino, Nixon eliminò le restrizioni che erano state poste al commercio, in tal modo aumentarono sia i contatti personali fra cittadini cinesi e americani sia quelli fra i due governi. All'inizio del 1973, gli Stati Uniti e la RPC si accordarono per l'apertura, nei rispettivi Paesi, di un «ufficio di legazione». Successivamente il Presidente Nixon decise di estendere i privilegi diplomatici e le immunità all'ufficio e al suo personale38 .
Di fatto gli Stati Uniti e la RPC stabilirono relazioni «quasi diplomatiche» e molti Paesi videro nello «Shanghai Communique» un segnale che indicava chiaramente che l'abbandono americano di Taiwan sarebbe stato solo questione di tempo. Molti dei governi che riconoscevano la ROC decisero di allacciare relazioni diplomatiche con la Cina comunista.
Anche il Giappone era stato per circa vent'anni (dalla firma del trattato di pace del 1952) un importante alleato politico e socio in affari di Taiwan in Asia orientale: il governo di Tokyo era stato un leale sostenitore di Taiwan all'interno delle Nazioni Unite e nelle importanti discussioni internazionali che direttamente riguardavano gli interessi di Taipei.
Nel frattempo, però, i nuovi avvenimenti in campo internazionale forzarono il Gabinetto Sato a riconsiderare la sua posizione nei confronti della Cina nazionalista39 . Nel settembre del 1972, il Primo Ministro Tanaka Kakuei si recò in visita in Cina per trovare un accordo con le autorità comuniste. Da diversi anni la RPC poneva, come condizione alla normalizzazione delle relazioni col Giappone, tre principi:
1) Il governo della RPC è il solo governo legittimo cinese;
2) Taiwan è parte inalienabile del territorio della RPC;
3) Il trattato di pace del 1952 fra Giappone e la ROC è illegale, nullo e dovrebbe essere denunciato.
Una volta resa nota la notizia della visita del Primo Ministro Tanaka Kakuei in Cina, il Ministro degli
Esteri della ROC, Shen Chang-hua, il 25 settembre 1972 fece una dichiarazione ufficiale: «I colloqui
ufficiali tra il governo giapponese e i comunisti cinesi violano chiaramente il trattato di pace firmato
con il governo della ROC e sono dannose alle relazioni di cooperazione tra i due Paesi, ristabilite sin dal
termine della guerra. Il governo della ROC è l'unico governo legittimo della Cina abilitato ad esercitare,
con il mandato del popolo cinese, il diritto di sovranità su tutta la Cina; mentre i comunisti cinesi hanno
imposto un potere tirannico al popolo cinese e in nessun modo possono rappresentare la Cina. Qualsiasi
accordo risultante dai futuri colloqui tra il governo giapponese e i comunisti cinesi sarà considerato
illegale e non valido»40 .
Dopo cinque giorni di difficili negoziati, si arrivò infine ad una formula di compromesso che venne inclusa
nel comunicato congiunto di Tanaka e Zhou Enlai. Tale formula includeva tre punti: nel primo il Giappone
riconosceva la Cina Popolare come il solo governo legittimo della Cina; nel secondo, in un preambolo al
comunicato, il Giappone affermava che comprendeva pienamente i «tre principi» sostenuti da Pechino, ma che
non li accettava tutti. Il governo giapponese evitò esplicitamente che Taiwan fosse parte della RPC,
limitandosi a «comprendere e rispettare» la posizione di Pechino. Inoltre, come prevedevano lo strumento di
resa del 1945 ed il trattato di pace del 1952, il Giappone avrebbe accettato le disposizioni riguardanti
Taiwan stabilite dalle potenze alleate.
Nel terzo punto il comunicato non faceva menzione del trattato di pace con la ROC, ma il Ministro degli
Esteri giapponese Ohira dichiarava che tale trattato avrebbe cessato di avere effetto non appena il Giappone
avesse spostato il riconoscimento diplomatico da Taipei a Pechino41
.
Quando il comunicato Tanaka-Zhou venne annunciato, il 29 settembre 1972, il governo giapponese recise le
relazioni diplomatiche con la ROC. Il governo della ROC, lo stesso giorno, rilasciò questa dichiarazione
finale: «Il governo della ROC, in conseguenza dell'azione sleale del governo giapponese in totale disaccordo
con le obbligazioni del trattato di pace dichiara la sua decisione di rompere le relazioni diplomatiche con
il governo giapponese e desidera sottolineare che tutta la responsabilità deve essere fatta ricadere sul
governo giapponese»42 .
Per evitare il completo isolamento politico ed economico, il governo nazionalista, per iniziativa del Primo
Ministro Chiang Ching-kuo concesse a due agenzie non governative, l'«Association of East Asian Relations» di
Taipei e la « Japanese Interchange Association» di Tokyo, di occuparsi e di promuovere legami economici,
politici e culturali fra le due nazioni43 .
Quando sembrava che la situazione stesse migliorando, il Presidente americano Jimmy Carter, dopo aver
annunciato che egli «non avrebbe mai permesso che l'amicizia con la RPC prevalesse sull'appoggio dato
all'indipendenza e la libertà del popolo di Taiwan»44 , il
15 dicembre 1978 annunciò che il 1° gennaio 1979 gli Stati Uniti avrebbero rotto le relazioni diplomatiche
con la ROC per riconoscere il governo della RPC come l'unico governo legale della Cina.
Sebbene forti ragioni avevano spinto gli Stati Uniti a stabilire relazioni formali con la Cina comunista,
tuttavia per Taiwan si presentarono, per lo meno, due gravi conseguenze. Innanzitutto il successivo mancato
riconoscimento americano comportò necessariamente l'abrogazione del Trattato di Mutua Difesa tra gli USA e la
ROC, sollevando la questione di come sarebbe stata salvaguardata la futura sicurezza di Taiwan. Inoltre il
mancato riconoscimento di Taiwan come ROC acuiva la controversia sullo status legale dell'isola complicando
le sue relazioni con la Cina continentale.45
La decisione americana provocò una serie di proteste sia da Taiwan che da parte dei suoi simpatizzanti negli
Stati Uniti. Ad esprimere la solidarietà di un largo numero di legislatori in entrambe le Camere del
Congresso e come risultato di affrettati negoziati fra gli Stati Uniti e la ROC, ben presto venne promulgato
il Taiwan Relations Act, che il Presidente Carter ratificò nell'aprile 1979.
Dall'annuncio di Nixon della visita a Pechino il 15 luglio 1971, fino a quando furono stabilite le relazioni
diplomatiche tra i due stati il 1° gennaio 1979, cinquantanove stati, tra cui otto della NATO e il Giappone,
stabilirono relazioni diplomatiche con la RPC.
Dal 1° gennaio 1979 la ROC sarebbe stata considerata dagli Stati Uniti legalmente inesistente. Per evitare
questa sgradita situazione, il 30 dicembre 1978 il Presidente Carter inviò un memorandum a tutti i ministeri
e le agenzie americane dando chiare istruzioni circa il fatto che tutti i trattati e gli accordi esistenti
tra Stati Uniti e la ROC «sarebbero rimasti in vigore»46 .
Questo memorandum, di fatto, sembrava eliminare gran parte degli effetti del successivo mancato riconoscimento
americano della ROC. Ma il governo di Taipei era particolarmente preoccupato dalla incerta garanzia americana
sulla futura sicurezza di Taiwan. Così, quando una delegazione americana, guidata dal Vice-Segretario di
Stato Warren Christopher, giunse a Taiwan il 28-29 dicembre 1978 per discutere sulle future relazioni tra i
due Paesi, il Presidente Chiang Ching-kuo fece una serie di richieste: che i futuri contatti USA-ROC si
mantenessero su basi governative; che gli Stati Uniti prendessero le misure necessarie per garantire la
sicurezza di Taiwan e che continuassero a rifornire Taiwan delle armi necessarie47
.
Il fatto che gli Stati Uniti avessero optato per riconoscere il regime di Pechino, nulla toglieva alla
necessità di continuare a rispettare la personalità internazionale della ROC che rimaneva pur sempre uno
stato sovrano indipendente.
I notevoli interessi dei cittadini cinesi ed americani in entrambi i Paesi, avrebbero richiesto una
legislazione appropriata per garantire la continuità di tali interessi. Basti pensare che nel 1978, la ROC e
gli Stati Uniti erano legati da 59 fra trattati e convenzioni di ogni genere48
.
Appropriate misure legislative in entrambi i Paesi avrebbero dovuto fornire una base legale affinché i
trattati e gli accordi militari, commerciali e culturali potessero continuare a rimanere in pieno vigore ed
effetto.
Data la complessità dei rapporti tra i due Paesi e la volontà di mantenere intatti i legami culturali ed
economici, era evidente che il meccanismo di congiunzione e coordinamento non avrebbe potuto essere
semplicemente un ente a carattere privato.
Il Presidente Carter, in attesa di una legislazione appropriata e della creazione di un organismo, fornì un
quadro politico e programmatico in cui l'amministrazione americana avrebbe potuto muoversi nelle relazioni
con Taiwan. In questo schema, il governo statunitense era intenzionato a mantenere relazioni culturali,
commerciali ed altri tipi di contatti con il «popolo di Taiwan» senza rappresentanza ufficiale governativa e
senza relazioni diplomatiche. Quello che più contava era che la ROC avrebbe mantenuto il suo carattere di
stato nel diritto interno degli Stati Uniti49 .
I negoziati USA-ROC per la definizione dei rapporti bilaterali subirono un certo rallentamento a causa della
determinazione del governo di Taipei a mantenere il carattere ufficiale inter-governativo nelle relazioni con
Washington50 .
Così finalmente passò la legislazione riguardante Taiwan sia alla Camera (il 26 marzo) che al Senato (il 29
marzo) con il nome di «Taiwan Relations Act» (T.R.A.). Il T.R.A. venne controfirmato dal Presidente Carter
il 10 aprile, divenendo così legge degli Stati Uniti con valore retroattivo al 10 gennaio 1979. Il 16
gennaio 1979 fu aperto un Istituto americano per assolvere tutte le funzioni dell'ambasciata e i servizi
consolari a Taiwan, col nome di «American Institute in Taiwan» (AIT)51
.
In questa legge si evitò di fare alcuna menzione sia alla «ufficialità» sia alla «non-ufficialità» e venne
utilizzata una terminologia caratteristica delle relazioni fra popoli e non fra governi. Il linguaggio
adottato mirava a non creare attriti con Pechino. Malgrado il differente status internazionale di Taiwan,
di fatto tutte le disposizioni incluse nel T.R.A. non pregiudicarono la sostanzialità delle relazioni con gli
Stati Uniti che, ad esclusione del trattato di Mutua Difesa del 1954, rimasero pressoché immutate.
Il 15 febbraio 1979 il Presidente Chiang Chingkuo annunciò l'istituzione di un nuovo organo per
condurre le relazioni con gli Stati Uniti «al fine di ricostituire e ricercare un nuovo sviluppo delle
relazioni tra i due Paesi. La realtà richiede che questa veneranda e stretta relazione sia perpetuata in
questo modo. Dobbiamo accettare le estreme conseguenze e controllare la situazione con tutta l'energia in
nostro potere»52 .
Il governo della ROC stabilì, quindi, un'agenzia ufficiale sotto il controllo dello Yuan Esecutivo, il
Consiglio per il Coordinamento degli Affari Nord Americani (CCNAA) con sede a Washington, per agire come
controparte dell'Istituto Americano a Taiwan53 .
Il punto cruciale era quello di fornire una garanzia per la sicurezza di Taiwan e di prevenire eventuali
attacchi contro l'isola. L'amministrazione Carter si vide obbligata a dichiarare che avrebbe ostacolato ogni
tentativo di determinare il futuro di Taiwan con mezzi diversi da quelli pacifici inclusi boicottaggi ed
embarghi, considerati come minacce alla pace ed alla sicurezza del Pacifico e quindi, come tali, questioni di
interesse nazionale.
Un'esplicita clausola è contenuta nel T.R.A. riguardo la vendita a Taiwan di armi a scopo difensivo: «gli
Stati Uniti», si legge, «forniranno Taiwan di articoli e servizi difensivi nella quantità necessaria per
permettere a quest'ultima di mantenere una sufficiente capacità auto-difensiva»54 .
Intanto, nel 1978 la formula proposta da Deng Xiaoping di «una nazione, due sistemi» come modello per una
pacifica riunificazione e le significative riforme politico-economiche del governo di Pechino, bastarono ad
invalidare la clausola sulla «sicurezza di Taiwan» contenuta nel T.R.A., che prevedeva l'approvvigionamento
di armi da parte degli Stati Uniti solo nel caso in cui fosse stata usata la forza per decidere il destino
di Taiwan.
L'amministrazione Carter impose una moratoria di un anno sulla vendita di armi alla ROC per tutto
il 1979, sebbene il Trattato di Mutua Difesa sarebbe dovuto rimanere ancora in vigore per tutto l'anno. La
moratoria venne imposta come concessione alle richieste di Pechino sull'interruzione di tutti i contatti
militari fra Stati Uniti e ROC. Durante il 1979, comunque, gli Stati Uniti consegnarono a Taiwan 898 milioni
di dollari di equipaggiamento militare. Il 3 gennaio venne reso noto il contratto con la ROC per la vendita
di materiale bellico per 287 milioni di dollari americani, ma dei 17 articoli richiesti da Taipei ne furono
consegnati solo sei55 .
Nell'agosto 1982, la RPC e gli USA emisero simultaneamente un comunicato congiunto con cui l'amministrazione
Reagan assicurò che la futura vendita di armi a Taiwan sarebbe stata limitata e gradualmente ridotta in
termini qualitativi e quantitativi56 .
Il documento apparve contrastare la politica definita dal T.R.A. ma ad una successiva lettura risultò
evidente come il comunicato ribadiva l'impegno politico americano per la sicurezza del popolo di Taiwan,
poiché deliberatamente non venne fatto nessun riferimento alla data in cui gli Stati Uniti avrebbero cessato
completamente la vendita di armi a Taiwan57 .
Il successivo mancato riconoscimento americano fu comunque di grande danno per l'identità internazionale di
Taiwan. Negli ultimi anni settanta, Taipei affrontò un continuo declino della sua posizione ufficiale
all'estero: più di centoventi stati stabilirono relazioni formali con la RPC, mentre solo ventidue
continuavano a mantenere rapporti diplomatici con la ROC58 .
6. La diplomazia flessibile e la «diplomazia sostanziale»
La politica estera della ROC rimaneva ancora basata su «i quattro saldi e immutabili principi»:
1. Il sistema dello stato della ROC, come stabilito nell'articolo 1 della costituzione, non verrà mai cambiato59 .
2. Gli obiettivi complessivi di anti-comunismo e riconquista del continente cinese della ROC non cambieranno mai.
3. La ROC rimarrà sempre allineata al blocco democratico e la sua dedizione nel sostenere la legittimità, la giustizia e la salvaguardia della pace e la sicurezza del mondo, non cambierà mai.
4. La risoluta presa di posizione della ROC di non compromesso con il gruppo ribelle comunista cinese, non cambierà mai60 .
Nel 1983 solo ventitré stati mantenevano relazioni diplomatiche con la ROC; la maggior parte di essi erano Paesi deboli dal punto di vista politico ed economico, eccezion fatta per l'Arabia Saudita, la Repubblica di Corea (Corea del Sud), la Repubblica Sudafricana e la Santa Sede.
Nel marzo 1987, il Ministro degli Esteri della ROC affermò che prima dell'espulsione dalle Nazioni Unite nel 1971, la ROC aveva relazioni ufficiali con settanta stati; sebbene quarantasette stati avessero rotto le relazioni diplomatiche con la ROC tra il 1971 e il 1987, la ROC ottenne il riconoscimento ufficiale da parte di dieci nuovi stati.
Statisticamente, nel marzo 1987, i Paesi che riconoscevano la ROC come stato e avevano con essa relazioni diplomatiche erano ventitré61 . Nel febbraio 1988, l'Uruguay riconobbe la RPC e ruppe le relazioni diplomatiche con la ROC.
Il 13 marzo 1988, il governo della ROC stabilì che avrebbe adottato una «diplomazia flessibile» che permettesse a quelle nazioni di allacciare o riallacciare relazioni diplomatiche con la ROC, senza che fosse loro richiesto di interrompere i rapporti ufficiali con la RPC e di riconoscere il governo della ROC come l'unico legittimo della Cina. Comunque, questo non significava che la ROC volesse invalidare la sua politica della «unica Cina».
Il 30 dicembre 1988, il Primo Ministro K. Yu chiarì il criterio fondamentale della nuova politica di Taipei affermando che il governo della ROC avrebbe dato impulso alla diplomazia flessibile sotto il principio di un'unica Cina62 .
Come conseguenza il 9 gennaio 1989 Taipei annunciò che il giorno seguente sarebbero state stabilite relazioni diplomatiche con le Bahamas63
.
Il 20 luglio 1989, la ROC e il Grenada stabilirono rapporti ufficiali. Formalmente Grenada fu il primo stato al mondo a riconoscere, simultaneamente, sia la ROC che la RPC ed era il ventiquattresimo stato ad avere relazioni con Taipei. Due settimane dopo, il 7 agosto 1989, Pechino sospese le sue relazioni diplomatiche con Grenada poiché quest'ultima, secondo la RPC, aveva violato il principio di un'unica Cina.
Taipei il 20 ottobre 1989 sorprendentemente annunciò che la Liberia aveva ristabilito legami diplomatici con la ROC. In passato, nel 1977, Taipei dopo venti anni aveva rescisso le relazioni diplomatiche con la Liberia come reazione al riconoscimento di Monrovia concesso a Pechino. La Liberia era in quel momento l'unico stato che riconosceva sia Taipei che Pechino. L'immediata reazione di Pechino fu la rottura dei rapporti diplomatici con la Liberia il 10 ottobre 1989.
Il 3 ottobre 1989 il Belize e la ROC dichiararono congiuntamente lo stabilirsi di relazioni ufficiali a livello di ambasciata. Il Belize aveva relazioni ufficiali con la RPC sin dal 1987. L'annuncio rappresentò una grossa conquista per la diplomazia flessibile della ROC. Il Belize divenne il ventiseiesimo stato che aveva stabilito rapporti ufficiali con la ROC ed era anche il terzo stato che riconosceva i due regimi contemporaneamente, ma Pechino ancora una volta, il 23 ottobre 1989, ruppe le relazioni diplomatiche con il Belize.
Nel 1990 si verificarono altri due casi simili. Il 2 aprile 1990, il Lesotho e la ROC ristabilirono legami ufficiali, ma il 7 aprile
1990, Pechino troncò le relazioni diplomatiche con essa. Inoltre, la Guinea-Bissau allacciò relazioni diplomatiche con la ROC il 26 maggio 1990 e Pechino le interruppe il 2 giugno 1990. Il Lesotho e Guinea-Bissau divennero il ventiseiesimo e ventottesimo stato ad avere rapporti ufficiali con la ROC64 .
Oggi la ROC è ancora esistente perché ha sperimentato un nuovo tipo di relazioni internazionali indispensabili per la sua sopravvivenza. La diplomazia anticomunista non era altro che la pratica della diplomazia tradizionale, una diplomazia di principi morali in termini di ciò che è buono e cattivo. Il sacrificio per quello che è giusto è realisticamente una scelta suicida; era impensabile per la ROC organizzare il mondo libero così da distruggere il mondo comunista e sperare di essere vittoriosa. Solo dopo il «voltafaccia» di centoventi nazioni, Taipei comprese che non vi era altra alternativa che adottare una diplomazia più realistica, una diplomazia non ortodossa65 .
Tuttavia, la ROC pone una delicata distinzione tra circostanze governative e non governative. Riguardo alle organizzazioni internazionali non governative come i Giochi olimpici la ROC ha intrapreso, nei primi anni '80, una politica che le ha permesso di partecipare alle loro attività con un nome e una bandiera differente. Ad esempio fu concesso alla ROC, in seguito all'emendamento del nuovo statuto del Comitato Olimpico Internazionale, di inviare la prima delegazione sportiva alle olimpiadi di Los Angeles del 1984, con il nome di «Taipei cinese» insieme con la «bandiera olimpica», rinunciando così al suo status di nazione.
La cosiddetta «formula olimpica» ha permesso alla ROC di partecipare a varie attività internazionali non governative durante gli anni ottanta. Questa formula si dimostra inadeguata in riferimento alle organizzazioni internazionali governative. Essa non è contestata solo dalla Cina comunista, ma risulta inammissibile anche per la ROC, perché non le conferisce dignità di nazione in occasioni ufficiali.
Il banco di prova fu quando la RPC richiese di divenire membro della Asian Development Bank (ADB), una delle piccole organizzazioni internazionali governative di cui nel 1983 la ROC era già membro.
Come era avvenuto precedentemente, la Cina comunista propose l'espulsione della ROC dalla ADB, pur consapevole che questa strada non era facile perché la ROC era un membro fondatore e stato-donatore della banca. Inoltre per il suo status recentemente acquisito, come secondo paese al mondo per riserve bancarie, in pochi erano d'accordo sulla sua espulsione.
Dopo il fallimento del progetto di Pechino di conferire a Taipei la carica di «membro associato» della banca non prevista dallo statuto dell'ADE, la Cina popolare si adoperò affinché la denominazione ufficiale della ROC fosse cambiata. Con soli tre voti contrari, i quarantasette soci dell'ADB decisero una nuova designazione: «Taipei Cina» così la ROC riuscì a mantenere intatta la sua piena appartenenza alla banca. La ROC per protesta boicottò l'Assemblea annuale dell'ADE fino al 1988. Nel 1989 la ROC prese una decisione senza precedenti: inviò una delegazione ufficiale all'Assemblea dell'ADE, che si teneva a Pechino, a dimostrare il successo della diplomazia flessibile66 . Così, per adattarsi al mondo reale, la ROC ha tentato, sin dal 1979, un approccio non ortodosso in politica estera, dando inizio ad un nuovo corso della sua storia diplomatica.
Come si è visto il conflitto fra Cina nazionalista e Cina comunista, sopite le tensioni causate dalla questione degli stretti, ben lungi da una soluzione, si spostò su altri fronti. I successi politici in campo internazionale assunsero, allora, il ruolo di indicatori dell'influenza che ciascuna parte poteva vantare. Il governo di Pechino aveva sempre cercato di ostacolare il più possibile gli sforzi della ROC per rimanere presente nel campo internazionale. Laddove aveva già ottenuto il riconoscimento formale e allacciato rapporti diplomatici, Pechino faceva pesare tutta la sua influenza politica ed economica, affinché risultasse impossibile una qualsiasi interazione con Taipei, minacciando anche l'abbassamento del livello delle relazioni diplomatiche. Un governo il quale, mantenendo relazioni ufficiali con la RPC, cercasse al contempo di allacciare un qualsiasi rapporto, sia esso di carattere economico, culturale o altro con la ROC provocava immediatamente dure reazioni da parte di Pechino. Quindi non solo i contatti ufficiali erano inattuabili, ma anche qualsiasi contatto ufficioso o addirittura a carattere privato, risultava difficile per quel governo che tenesse al mantenimento di buoni rapporti con la Repubblica Popolare.
Nello stabilire relazioni diplomatiche, il governo comunista aveva sempre posto particolare attenzione alla dichiarazione di riconoscimento che ciascuna nazione gli concedeva. Quello che veniva richiesto era, insieme alle dichiarazioni di intenzione di allacciare relazioni diplomatiche, anche l'esplicito riconoscimento del governo di Pechino come il solo governo cinese legittimo, nonché la sua sovranità su Taiwan. In tal senso si esprimeva la cosiddetta «Clausola di Taiwan», la quale veniva inclusa negli accordi che la RPC stringeva con gli altri stati per l'instaurazione di relazioni diplomatiche. Questa clausola venne inclusa anche negli accordi con l'Italia; in altri casi come per il Kuwait, il Camerun e l'Austria, la RPC mostrò una certa flessibilità non includendo la «Clausola di Taiwan» nei comunicati che annunciavano lo stabilimento di relazioni diplomatiche, sebbene insistesse ugualmente per essere riconosciuta come il solo governo legale cinese67 .
Le minacce che Pechino rivolgeva a quei governi che tentassero un qualche collegamento con Taiwan, andavano dal degradamento del livello delle relazioni, come nel caso dell'Olanda68 , all'interruzione dei rapporti commerciali, come nei confronti delle ditte giapponesi che mantenevano ingenti investimenti a Taiwan69 .
Nel 1982 il governo di Pechino rinnovò le proprie minacce inviando alle rappresentanze straniere accreditate in Cina una nota che intimava ai loro governi di non allacciare alcun tipo di relazione con Taiwan70 .
La risposta della ROC alla nuova situazione di isolamento in cui si era trovata, non tardò ad arrivare. I «quattro saldi ed immutabili principi» annunciati allo Yuan Legislativo da Chiang Ching-kuo, allora Primo Ministro71 , rappresentavano un distacco dal radicalismo della precedente tradizione diplomatica della ROC. Nella lista delle nazioni amiche venivano incluse anche quelle che, pur ideologicamente difformi, non si ponevano in una diretta opposizione al governo nazionalista. Inoltre, la possibilità di sviluppare nuovi rapporti o migliorare quelli già esistenti non veniva più legata imprescindibilmente al riconoscimento formale e all'esistenza di relazioni diplomatiche; queste venivano relegate ad una condizione di secondaria importanza, lasciando invece la priorità all'esistenza stessa dei rapporti, di qualunque natura essi fossero.
Seguendo questa linea la ROC ha adottato una politica estera più flessibile; ed il suo attuale Presidente Lee Teng-hui, il 3 giugno 1989, in un discorso al secondo plenum del tredicesimo Comitato Centrale del KMT ha detto: «l'obiettivo finale della politica estera della ROC è la salvaguardia dell'integrità della nazione. Dobbiamo avere il coraggio di affrontare la realtà di non essere in grado attualmente di esercitare un'effettiva giurisdizione sul continente. Solo in questo modo eviteremo di ingannarci e saremo in grado di proporre piani adeguati ai tempi e alle circostanze».72
L'attuale politica estera della ROC verte sui seguenti punti:
1. La ROC, in base allo spirito di indipendenza e al principio di mutuo beneficio, difenderà sempre la democrazia e l'anticomunismo e darà attivamente impeto ad una diplomazia flessibile e sostanziale come risposta efficace a determinate situazioni internazionali.
2. Aderendo al principio di anti-comunismo e di recupero dei territori perduti, la ROC non avrà mai nessun contatto, nessun negoziato, nessun compromesso con la Cina comunista. Comunque, sono permessi i legami in termini di scambi commerciali e culturali tra la ROC e gli stati comunisti. L'obiettivo di costruire una Cina unificata sotto i «Tre Principi del Popolo» rimane immutato.
3. La ROC farà tutto il possibile per migliorare i rapporti diplomatici già esistenti. Allo stesso tempo farà ogni sforzo per migliorare le relazioni economiche, commerciali e culturali con quei Paesi con i quali non intrattiene relazioni diplomatiche. La ROC sosterrà inoltre quegli stati che sono o che intendono essere indipendenti.
4. La ROC parteciperà attivamente alle attività delle organizzazioni internazionali e incoraggerà la popolazione a prendervi parte73 .
I primi due punti pur ribadendo la posizione di indiscutibile e immutabile contrapposizione al comunismo e la determinazione a non giungere mai al compromesso con la Cina comunista allineandosi al blocco occidentale, rendono più elastici i criteri di classificazione di quelle che potevano essere considerate nazioni amiche. I successivi punti prevedono la realizzazione di una nuova era diplomatica attraverso l'auto-rafforzamento, il proseguimento delle esistenti amicizie e l'espansione di relazioni sostanziali con gli altri Paesi per consolidare la posizione internazionale della ROC. L'attuale politica estera della ROC si basa su quattro principi. Dei quali sia il primo
- «la ROC darà attivamente impeto [...] ad una diplomazia sostanziale» - che il terzo
- «la ROC farà ogni sforzo per migliorare i suoi legami economici commerciali e culturali con quelle nazioni con cui non ha relazioni diplomatiche»
- presentano degli elementi nuovi. In questo consiste la cosiddetta «diplomazia sostanziale» che comprende l'economia, la cultura, la tecnologia, l'agricoltura e i trattamenti medici che ordinariamente sono classificati nella sfera delle «low politics», a differenza di quanto avviene quando si tratta di questioni militari o più specificatamente diplomatiche appartenenti alle «high politics».
Le ragioni per cui la ROC pone particolare attenzione alla diplomazia sostanziale sono molteplici. In primo luogo la diplomazia sostanziale non è caratterizzata dalle «high politics» e quindi un qualsiasi cambiamento nei rapporti diplomatici fra due stati compreso il mancato riconoscimento, non influisce sui loro rapporti sostanziali. Inoltre, le «high politics», come le attività diplomatiche e militari, prevedono sempre dei contatti fra i governi; al contario la diplomazia sostanziale si riferisce ad attività ad un livello inferiore, normalmente attinenti alla vita quotidiana dei cittadini. Nessuna relazione per quanto piccola e all'apparenza superflua, viene tascurata. Ogni contatto con altre nazioni viene coltivato e adoperato per ridurre l'isolamento internazionale della ROC74 .
Architetto di tale politica fu Fredrick Chien, educato negli Stati Uniti, promosso a Segretario generale del KMT all'inizio del 1980 e attualmente Ministro degli Esteri. Già dai primi anni '80 Fredrick Chien aveva sostenuto una politica estera volta a migliorare e ad aumentare i legami con una vasta gamma di Paesi stranieri sulla base di contatti non ufficiali, scambi culturali ed estesi rapporti commerciali. La sua politica si basava sul principio di coltivare la sostanza delle relazioni estere piuttosto che rimanere legati all'esteriorità della relazione.
Mentre molti della vecchia guardia del KMT rimanevano attaccati all'irrealistica pretesa che i contatti di Taiwan con le altre nazioni si dovessero basare sull'accettazione del governo della ROC come il solo rappresentante legale di tutto il popolo cinese, i funzionari statali più giovani iniziarono ad incontrare rappresentanti delle nazioni straniere ad un livello personale nel corso degli incontri internazionali e per mezzo di visite private all'estero. Rimaneva però la necessità di mantenere un «low profile» nei contatti anche a discapito del loro buon andamento a causa dell'opposizione che tali contatti avrebbero generato, all'epoca, all'interno del governo di Taiwan.
Negli ultimi anni si è registrato un notevole aumento di questi contatti stranieri; il precedente timore di incorrere nelle proteste di Pechino è stato definitivamente superato attraverso il sistema delle visite private o di delegazioni guidate da personalità che hanno ricoperto in passato cariche ministeriali. Tra gli ex ministri francesi giunti a Taiwan fra il 1988 e il 1990 si possono ricordare Jean de Lipkowski che nel settembre del 1990 visitò Taiwan come «inviato speciale del Primo Ministro della Repubblica Francese»; nell'ottobre fu la volta dell'ex Primo Ministro francese Raymond Barre. Questi politici naturalmente, si sono recati a Taiwan in veste privata ciononostante durante ogni visita si sono incontrati sia con funzionari del governo della ROC che col Presidente Lee Teng-hui75 .
Inoltre, il Ministro degli Esteri della ROC, Fredrick Chien, si è recato il 28 giugno 1991 a Los Angeles per partecipare ad un Forum internazionale; nel corso della conferenza Chien si è incontrato con l'ex Presidente francese Valéry Giscard d'Estaing, l'ex Primo Ministro britannico James Callaghan e l'ex Cancelliere tedesco Helmut Schmidt che hanno accettato l'invito a recarsi quanto prima a Taiwan. II Ministro Chien è stato ricevuto dall'ex Presidente americano Ronald Reagan che ha espresso il desiderio di compiere la sua terza visita nella ROC. Lady Margaret Thatcher, ex Primo Ministro inglese, è giunta in visita a Taipei nel settembre 1992 e nel corso della sua permanenza è stata ospite del Presidente Lee Teng-hui ed ha incontrato il Primo Ministro e i Ministri degli Esteri e dell'Economia76 .
Quale che sia il rapporto con un altro Paese, per Taiwan l'unico fatto determinante è che tale rapporto sussista a prescindere dalla forma, dal suo uso o dalla sua reale necessità. Per la ROC l'importante è farsi conoscere, ricordare alla comunità internazionale che la ROC a Taiwan è ancora vitale e pronta ad intrattenere relazioni con chiunque, qualunque sia la sua connotazione politica e ideologica. Promuovere il nome della ROC all'estero è diventato quindi lo scopo principale della diplomazia della Cina nazionalista, e ciò mettendo da parte ogni discriminazione o rigidità di principio.
7. Il «duplice riconoscimento»
Il successivo mancato riconoscimento da parte degli Stati Uniti era stato stranamente la spinta iniziale a questa politica. La vecchia guardia del partito aveva sempre interpretato le relazioni esterne della ROC come consistenti essenzialmente nella relazione con gli USA relegando i rapporti con gli altri Paesi ad una posizione irrilevante.
Il comunicato di Shanghai diede un duro colpo a tale percezione e la sensazione di tradimento che ne seguì permise ai promotori della nuova politica multi-direzionale di guadagnare l'appoggio di buona parte del partito.
Ma il passo definitivo che una volta per tutte mise fine alla rigida politica diplomatica, consacrando la più pragmatica «diplomazia flessibile», è stato l'annuncio del portavoce del ministero degli Esteri Ch'en Yü-chu, il quale ha affermato, il 13 marzo 1988, che «si considererà attentamente l'instaurazione di legami diplomatici con quei Paesi che mantengono anche relazioni ufficiali con Pechino»77 .
Taipei non rifiuterà a priori offerte di stabilire contatti ufficiali con Paesi che riconoscono il regime comunista. L'annuncio riflette il rovesciamento di un dogma governativo di ben quarant'anni, secondo il quale «Han e ribelli non possono sopravvivere contemporaneamente».
Questa dottrina, insieme alle offensive diplomatiche di Pechino, aveva lasciato nel 1988 Taipei isolata con solo 22 Paesi che la riconoscevano ufficialmente. La ROC riconosce che il governo di Taipei e quello di Pechino attualmente costituiscono due entità politiche separate in Cina. Se la teoria delle «due identità» fosse ufficiale, la Cina allora sarebbe interamente rappresentata soltanto nel momento in cui entrambe le entità fossero presenti nelle capitali del mondo. La base razionale della teoria delle «due identità» attualmente è destinata a mettere in evidenza la mancanza di flessibilità del regime di Pechino, specialmente nel suo rifiuto a dare un qualsiasi riconoscimento legale della giurisdizione della ROC su Taiwan78 .
«La diplomazia flessibile non è assolutamente la ricerca del duplice riconoscimento. Naturalmente la ROC vorrebbe che la comunità internazionale la riconoscesse come il solo governo legittimo della Cina». Chang Lingʉ79 ;chen, professore della National Taiwan University, afferma in un'intervista: «Comunque questo desiderio non è realistico ed allora è necessario tollerare temporaneamente un tale compromesso. E dire temporaneamente significa rifiutare l'idea di una 'Taiwan indipendente' oppure della divisione in 'due Cine'. Ciò che è importante nel periodo precedente l'unificazione è trovare un modo per la coesistenza in campo internazionale e permettere alla ROC di ottenere, all'interno di esso, un uguale status con Pechino»79.
In numerose occasioni la ROC ha avuto la possibilità di mettere in pratica questo aspetto della diplomazia flessibile, in proposito si possono citare alcuni casi esemplificativi80 .
Nel 1984 la ROC ha partecipato di nuovo ai Giochi Olimpici con il titolo di «Chinese Taipei» piuttosto che «Republic of China».
Nel 1988 ha partecipato all'assemblea dell'Asian Development Bank (ADB) con il titolo di «Taipei, China» sebbene Pechino fosse entrata nell'ADB solo nel 1986.
Nel 1989 il Ministro delle Finanze della ROC si è recato a Pechino per l'assemblea annuale dell'ADB. Nel 1991 la ROC, con il titolo di «Chinese-Taipei», è entrata nell'Asian-Pacific Economic Cooperation.
Nel 1991 la ROC ha presentato la domanda di ammissione nel GATT (General Agreement on Tariffs and Trade) come rappresentante del «Territorio doganale di Taiwan, Penghu, Kinmen e Matsu,» piuttosto che della Cina.
I principali obiettivi di questa nuova politica estera fin qui definita sono i seguenti:
1. Assicurare la salvaguardia della stabilità politica e lo sviluppo economico della nazione.
2. Consolidare e rafforzare la cooperazione con quei Paesi che mantengono relazioni ufficiali.
3. Sviluppare legami con le nazioni che attualmente non hanno relazioni ufficiali.
4. Partecipare o rientrare nelle Organizzazioni Internazionali le cui attività sono vitali per l'interesse nazionale81 .
8. Le relazioni ufficiali al momento attuale
Attualmente le nazioni che intrattengono relazioni diplomatiche con la ROC sono trentuno:
AFRICA (10)
BURKINA FASO
CENTRAFRICA
GAMBIA
GUINEA BISSAU
LIBERIA
MALAWI
NIGER
SENEGAL
SUD AFRICA
SWAZILAND
EUROPA (1)
CITTÀ DEL VATICANO
ISOLE DEL PACIFICO (4)
ISOLE SALOMONE
NAURU
TONGA
TUVALU
CENTRO E SUD AMERICA (16)
BAHAMAS
BELIZE
COMMONWEALTH DOMINICA
COSTA RICA
EL SALVADOR
GRENADA
GUATEMALA
HAITI
HONDURAS
NICARAGUA
PANAMA
PARAGUAY
REPUBBLICA DOMENICANA
SAINT CHRISTOPHER
SAINT VINCENT
SANTA LUCIA
*Fonte: Ufficio Economico e Culturale di Taipei, Roma 22/5/1996.
Dall'elenco risulta chiaro che la maggior parte delle nazioni con cui la ROC intrattiene relazioni formali, sono Paesi di piccole dimensioni e di relativa importanza politica all'interno della comunità internazionale. I motivi per cui la ROC non solo continua ma tende a consolidare i legami ufficiali con tali nazioni, sono evidenti se si pensa quanto siano importanti i riconoscimenti ufficiali nella sua lotta per la sopravvivenza. Taipei ha adoperato strategie diverse a seconda delle caratteristiche e delle necessità dei Paesi a cui si rivolgeva. Con la sua enorme riserva bancaria ed esperti riconosciuti in campo economico, la ROC può offrire sostanziosi aiuti alle nazioni in via di sviluppo. L'impegno del governo di Taipei a favorire rapporti commerciali, di investire somme sempre più considerevoli nei Paesi del Terzo Mondo e di cooperare nelle sedi internazionali senza sollevare questioni ideologiche o procedurali, ha creato un clima di consenso intorno agli sforzi coerenti di una nazione che, pur se priva di qualunque materia prima, ha fatto del suo «miracolo economico» il miglior «ambasciatore» nelle sue relazioni estere.
La ROC, dal punto di vista delle sue relazioni formali, sembra condannata, di anno in anno, a scomparire dalla scena internazionale. La sua politica diplomatica è stata allora quella di allacciare relazioni ufficiali con qualsiasi nazione, indipendentemente dalla sua rilevanza politica, dimensione geografica o ideologica, attribuendo a questi nuovi partner un valore più che altro simbolico. Attraverso questa linea pragmatica e di concreta disponibilità alla cooperazione, il numero dei riconoscimenti ufficiali è salito a trentuno.
9. Gli Uffici di rappresentanza
Gli uomini d'affari stanno continuando a giocare un ruolo fondamentale nella travagliata diplomazia della nazione. La crescita economica della ROC ha permesso che essa occupasse il primo posto nel 1992 fra i «Quattro draghi» asiatici. Quattordicesima potenza del mondo per volume di commercio internazionale, settima per investimenti all'estero e seconda per riserve di valuta estera, Taiwan è un forte magnete per quelle nazioni che desiderano operare in campo internazionale82 . Non è una novità, per la ROC, il veder riconoscere il proprio status di nazione grazie alla propria potenza economica. Sembra che il successo economico della ROC non abbia deluso le aspettative di nessuno nel ricomporre quella rete di relazioni internazionali formali ed informali con il resto del mondo83 .
Il commercio estero assunse il compito di sostituire i normali rapporti diplomatici, la mancanza dei quali non ha mai impedito alla ROC di condurre con successo affari con le più disparate nazioni. Al contrario, fra i principali Paesi che intrattengono rapporti commerciali con Taiwan (USA, Giappone, Germania, Australia), nessuno di questi intrattiene relazioni diplomatiche con Taipei. Al fine di mantenere queste relazioni vitali dovettero escogitare dei mezzi non ortodossi tagliati su misura per ciascun Paese, per promuovere il commercio, facilitare i viaggi ed incoraggiare gli investimenti. Così in questi ultimi anni sono stati aperti numerosi uffici, semi-ufficiali o non ufficiali, stranieri a Taiwan e cinesi nel resto del mondo. I nomi e le funzioni di queste agenzie variano da nazione a nazione. Le loro attività amministrative dipendono da quanto la controparte è disposta a offrire; il Ministero degli Esteri della ROC, da parte sua, segue il principio della reciprocità. La mancanza di relazioni diplomatiche, oltre a sminuire il carattere di ufficialità delle relazioni fra stati, comporta anche numerose difficoltà di ordine pratico quali la possibilità di concedere visti di ingresso nei rispettivi Paesi, funzione generalmente assolta dalle ambasciate o dai consolati e la mancanza di mezzi di comunicazione ufficiali84 .
La ROC ha dovuto quindi escogitare dei mezzi alternativi per la concessione dei visti con quei Paesi con i quali non intrattiene relazioni diplomatiche. Tutti gli uffici che sono stati contattati dall'autrice sono in grado di emettere visti attraverso il Consolato nella nazione più vicina, quasi sempre ad Hong Kong, ma normalmente avviene che ogni ufficio a Taiwan possiede il timbro del Consolato di Hong Kong da apporre. In modo crescente, le rappresentanze semi-ufficiali o non ufficiali sono chiamate ad adempiere compiti che sono in sostanza diplomatici o consolari85 .
Il compito principale degli uffici commerciali è quello di fornire informazioni sulle opportunità esistenti a Taiwan a quegli imprenditori che desiderino intraprendere una qualche attività commerciale con essa, e ridurre gli inconvenienti che possono derivare dalla mancanza di relazioni diplomatiche. Anche la possibilità di ottenere il visto entro tre o quattro giorni è un'ulteriore facilitazione di cui hanno maggiormente usufruito gli uomini d'affari. La ROC mantiene con più di 90 nazioni un tipo di relazione senza precedenti con particolare riferimento a ciò che concerne affari commerciali, scambi culturali, turismo e ogni altro tipo di attività utile alla promozione di relazioni sostanziali bilaterali.
Taiwan ha dimostrato una considerevole flessibilità per quanto riguarda la titolatura di questi uffici; sono uffici di rappresentanza e come tali la denominazione viene ad assumere un'importanza rilevante. Ovviamente il nome di «Repubblica di Cina» non comparirà mai, a volte nemmeno quello di «Taipei» o «Taiwan», proprio perchè la denominazione dell'ufficio è uno degli indicatori della consistenza dei rapporti che Taiwan è riuscita ad allacciare con un certo Paese. Dunque è lecito adottare questo criterio come prima classificazione delle varie missioni commerciali.
L'unica rappresentanza del Belgio, che attualmente è il quinto partner commerciale europeo di Taiwan, è la Belgian Trade Association, aperto nel 1979 a Taipei come associazione privata per evitare qualsiasi tipo di protesta da parte di Pechino. Ora che la situazione internazionale è cambiata il direttore Doris Wu è intenzionata a scegliere una titolatura più formale e più specifica alle funzioni dell'ufficio86 .
La capacità di Taipei di mantenere una vasta rete di collegamenti internazionali per mezzo della sua economia dipende anche dalla volontà del governo di Pechino di permettere, se non per principio almeno nei singoli casi, che tali rapporti possano sussistere. La RPC è più interessata alla forma che viene data ai contatti più che alla loro effettiva sostanza. Ciò che importa a Pechino è che tali relazioni non siano considerate come contatti ufficiali fra governi. D'altronde, la RPC difficilmente avrebbe potuto impedire ai singoli cittadini di uno stato di tenere contatti con Taiwan se lo avessero voluto, ed è stata proprio la «privatizzazione» dei rapporti con la ROC la linea politica seguita da tutti quei governi che erano interessati a mantenere aperti i canali di collegamento con Taiwan. Uomini d'affari di società di elettronica, produttori di macchinari e funzionari di ditte di media o piccola grandezza sono il più delle volte gli ambasciatori
non-ufficiali in Paesi dove i diplomatici di carriera non sono graditi.
Il Giappone e gli Stati Uniti non sono stati la prima nazione ad aver operato la scelta a favore della RPC trasferendo il riconoscimento diplomatico dalla ROC alla RPC e cercando, al contempo, di mantenere rapporti non ufficiali in una forma o in un'altra con Taiwan; infatti, il Giappone e gli stati europei furono le prime nazioni industrializzate a farlo con successo. Comunque, nessun stato ha organizzato un modello di meccanismo non ufficiale così ampio come quello tenuto dagli Stati Uniti. Il secondo è il Giappone. Per la loro singolarità, è necessario esaminare più da vicino questi due casi.
Dopo aver fornito le basi legali per garantire la continuazione dei rapporti con Taiwan, il Taiwan Relations Act provvide a creare un organismo preposto alla sua attuazione. A questo fine venne disposto che «i programmi, le transazioni e le altre relazioni condotte o eseguite dal Presidente o da qualsiasi agenzia degli Stati Uniti che riguardi Taiwan, nei termini e nei limiti indicati dal Presidente, deve essere condotta ed eseguita dal e attraverso l'Istituto Americano a Taiwan (AIT)»87 .
Il 16 gennaio 1979 venne aperto a Taipei l'Istituto nello stesso edificio dove in precedenza risiedeva l'ambasciata americana. Il 23 gennaio 1979, il governo della ROC stabilì un'agenzia ufficiale, sotto il controllo dello Yuan Esecutivo, il Consiglio per il Coordinamento degli Affari Nord Americani (CCNAA), per agire come controparte dell'AIT. Il Consiglio ha la sua sede principale a Washington. L'istituzione dell'AIT è una situazione unica nella pratica diplomatica tradizionale. L'Istituto Americano a Taiwan e la sua controparte cinese «Consiglio per il Coordinamento degli Affari Nord Americani» (CCNAA) sono delle organizzazioni non ufficiali e non governative, legalmente degli enti privati senza scopo di lucro creati per eseguire tutte le disposizioni del T.R.A. Teoricamente, le due agenzie rappresentano «il popolo americano» e «il popolo di Taiwan», ma persino ad un esame superficiale della loro organizzazione e delle procedure di funzionamento risulta chiaro che essi, di fatto, sono agenzie dei rispettivi governi88 . L'AIT agisce sempre per conto del Presidente degli Stati Uniti o di un ente governativo ogni qualvolta uno dei due debba interagire con Taiwan. Così il T.R.A. dispone che l'AIT abbia il compito di assistere e proteggere gli interessi degli Stati Uniti eseguendo atti che possono essere autorizzati fuori dagli Stati Uniti per scopi consolari.
Il governo americano, attraverso il suo Istituto a Taiwan, può stipulare accordi direttamente col governo della ROC. Allo stesso modo l'AIT può stipulare accordi con la sua controparte cinese a Washington. Gli accordi presi dalle due agenzie «non ufficiali» sono simili, nella formulazione e nel contenuto, a quelli conclusi fra governi. Solo fino al 2 maggio 1987, ben 55 accordi erano stati stipulati dall'AIT e il CCNAA. Nella sostanza l'AIT adempie a molte delle funzioni che erano anteriormente espletate dall'ambasciata degli Stati Uniti a Taiwan. Le richieste di visti vengono spedite al Consolato generale americano ad Hong Kong per l'emissione formale dei visti. Ugualmente gli uffici del CCNAA negli Stati Uniti emettono i visti per entrare nella ROC89 .
Altre funzioni degli uffici dell'AIT a Taipei e a Kaohsiung sono quelle di offrire assistenza per l'ampliamento di relazioni commerciali, culturali fra individui americani e individui di Taiwan. I rapporti commerciali tra Taiwan e gli USA sono di vitale importanza: gli Stati Uniti rappresentano il maggior mercato per i prodotti industriali della ROC e l'America è il secondo fornitore di beni e servizi a Taiwan. L'AIT provvede a fornire informazioni agli uomini d'affari riguardanti possibilità di investimento a Taiwan. Ai fini della determinazione della ufficialità o meno dell'AIT è essenziale esaminare il personale occupato nell'Istituto. Una delle caratteristiche salienti dei servizi diplomatici accreditati presso stati stranieri sono le immunità che lo stato ospite concede alla sede e al personale diplomatico. L'Istituto Americano a Taiwan, come ogni altra agenzia degli Stati Uniti, gode dell'esenzione fiscale. Il T.R.A. dispone infatti che tutte le sue proprietà e introiti siano esenti da tutte le tasse federali o locali, presenti o future90 .
Il T.R.A. permette al Presidente degli Stati Uniti di concedere al personale del CCNAA le immunità e i privilegi che possono essere necessari per l'esercizio delle loro funzioni. Lo status quasi-diplomatico dell'AIT, del CCNAA e dei loro impiegati è specificato in dettaglio dall'«Accordo su Privilegi, Esenzioni e Immunità» concluso dai due enti il 2 ottobre 1980. Poichè nell'Accordo sono contenuti degli impegni che solo i due governi possono adempiere, è ovvio che il suo contenuto è stato approvato da entrambe le agenzie governative interessate. Secondo tale Accordo, ROC e USA avrebbero concesso ai reciproci istituti ospitati nel proprio territorio, le esenzioni e le immunità equivalenti a quelle concesse alle Organizzazioni Internazionali ed al loro personale. L'AIT e il CCNAA godono dell'inviolabilità nelle loro comunicazioni, inclusi i corrieri. I salari e le altre remunerazioni del personale della ROC negli Stati Uniti ed il personale americano nella ROC come anche le proprietà reali e personali delle due organizzazioni sono esenti dalle tasse e dai contributi sociali. Le proprietà e i beni dei due enti sono immuni da perquisizioni, sequestro, requisizione, espropriazione e altra forma di confisca, a meno che non si rinunci espressamente a tali immunità. Gli impiegati degli enti sono immuni dalle cause e dai processi legali riguardanti i loro atti ufficiali. Questa immunità non è estesa ad affari privati dell'impiegato, ed è così equivalente all'immunità consolare più che a quella diplomatica. Per quanto riguarda i dazi doganali, i dipendenti dei due istituti hanno gli stessi privilegi e immunità degli impiegati delle organizzazioni mondiali.
L'accordo autorizza l'AIT ad aprire nuovi uffici, centri culturali e commerciali, mentre la ROC viene autorizzata ad aprire negli Stati Uniti lo stesso numero di uffici del CCNAA di quello che operava precedentemente al 1° gennaio 1979. Però se prima del mancato riconoscimento erano operativi 14 uffici consolari della ROC, sotto la presidenza di Carter furono aperti solo 9 uffici del CCNAA. L'amministrazione Reagan permise, fino al novembre 1988, l'apertura di soli altri due uffici, uno a Boston e l'altro nel Kansas91 . Attualmente il numero degli uffici è aumentato a dodici.
Nel periodo precedente la normalizzazione, il Giappone aveva scelto di «separare l'economia dalla politica» nelle relazioni con Pechino; aveva cioè cercato di condurre normali relazioni economiche con il governo comunista senza però concedergli il riconoscimento formale. Al coordinamento di questo tipo di rapporti era stato preposto un ufficio di legazione commerciale, a carattere non governativo92 .
Quando il comunicato Tanaka-Chou venne annunciato il 29 settembre 1972, il Giappone recise le relazioni diplomatiche con la ROC. Tokyo spostò su Taipei la strategia di separare la politica dall'economia che aveva fino ad allora applicato alla RPC. La fondamentale differenza tra le relazioni giapponesi e americane con Taiwan è che gli Stati Uniti si erano impegnati nella difesa di Taiwan con il Mutual Defense Treaty del 1954 che prevedeva l'equipaggiamento e l'addestramento delle forze armate di Taiwan. Il Giappone non aveva un simile trattato di difesa con Taiwan e non aveva una responsabilità paragonabile nella difesa della ROC: il suo impegno consisteva solo nel coadiuvare la politica americana; quindi nessuno dei trattati governativi, stipulati in precedenza con il Giappone, risultava essere vitale per la sopravvivenza di Taiwan. Il governo giapponese decise, però, che Taiwan non avrebbe più potuto usufruire dei prestiti della Banca delle Importazioni e delle Esportazioni pur garantendo la continuazione dei prestiti già accordati precedentemente. Le relazioni economiche fra il Giappone e Taiwan rimanevano comunque differenti da quelle esistenti con gli Stati Uniti poichè la Banca delle Importazioni e delle Esportazioni giapponese aveva giocato un ruolo meno determinante nel finanziare l'industrializzazione di Taiwan rispetto a quello che aveva avuto la Banca dell'Importazione e della Esportazione americana.
Con presupposti economici e militari differenti rispetto all'America, il Giappone, sebbene non avesse un accordo come il T.R.A., stabilì un organismo che si occupasse delle relazioni non-governative con Taipei. In dicembre, cioè tre mesi dopo la rottura dei rapporti diplomatici, Tokyo e Taipei raggiunsero un accordo per la creazione di un meccanismo non ufficiale per la conduzione delle relazioni bilaterali. Da parte giapponese venne istituita una Associazione di Interscambio (ICA) con base a Tokyo e uffici a Taipei e Kaohsiung. Da parte cinese venne stabilita una Associazione per le Relazioni dell'Asia Orientale (EARA), con base a Taipei e uffici a Tokyo, Osaka e Fukuoka93 .
Il carattere semi-ufficiale dei due organismi, che si cela dietro alla finzione politica che ne sancisce invece il carattere privato, traspare anche dal tipo di personale che venne impiegato nelle due organizzazioni. Il presidente dell'ICA, per esempio, era stato ambasciatore a Taipei e gli altri impiegati erano generalmente funzionari del ministero degli esteri, così come altri ministeri da questi «temporaneamente» distaccati.
L'ufficio dell'ICA a Taipei venne dapprima affidato alla direzione dello stesso diplomatico che, al momento della rottura delle relazioni, teneva il posto di vice-capo missione all'ambasciata giapponese; successivamente venne sostituito dall'ex ambasciatore giapponese nelle Filippine. Allo stesso modo, l'ufficio dell'EARA a Tokyo era guidato da un membro dello Yuan Legislativo della ROC, Ma Shu-li, il quale era anche membro del Comitato Centrale del Kuomintang. Le funzioni dell'ICA e dell'EARA sono state definite in un accordo firmato il 16 dicembre 1972. Tale accordo assegna alle due Associazioni una vasta gamma di funzioni di solito svolte dalle missioni diplomatiche e consolari, inclusa la protezione delle persone e delle proprietà dei cittadini di un Paese residenti nell'altro, le modalità di entrata e di residenza, nonchè l'educazione dei propri connazionali. In più le associazioni sono autorizzate a concludere accordi sul commercio, investimento e cooperazione tecnica94 .
L'ICA e l’EARA sono tenute a promuovere il turismo, gli scambi culturali, sportivi e accademici, nonchè a provvedere alla sicurezza delle navi, aeromobili e battelli da pesca che entrino nel territorio di ognuno dei due Paesi. Come risulta dalle funzioni espletate, le due associazioni svolgono la maggior parte delle funzioni proprie di una missione diplomatica, benchè al loro personale non vengano concesse le immunità ed i privilegi di solito accordati al personale diplomatico, entrambi i governi garantiscono al personale i diritti e i privilegi necessari all'espletamento delle loro funzioni. Inoltre ciascuna Associazione può comunicare con il proprio quartiere generale per mezzo di messaggi cifrati e possono disporre di un corriere diplomatico95 .
Nell'ufficio di Taipei dell'Associazione di Interscambio lavorano attualmente 23 giapponesi e circa 60 cinesi ed è articolata in due settori principali: quella Generale consistente in una sezione culturale, finanziaria, dei visti e politica; e quella Economica che si occupa della collaborazione tecnologica, finanziaria e commerciale. L'impegno commerciale giapponese a Taiwan è notevole, il Giappone è l'unico Paese con cui la ROC ha un bilancio negativo, ovvero il volume delle importazioni (pari nel 1990 al 29,2% del totale delle sue importazioni) è maggiore delle esportazioni (pari nello stesso anno, al 12,4% del totale delle sue esportazioni)96
.
La ROC ha recentemente deciso di modificare il nome del suo ufficio a Tokyo e il Vice-Ministro degli Affari Esteri della ROC, John Chang, ha precisato che: «questo avvenimento dimostra il miglioramento delle relazioni con il Giappone, la titolatura dell'Associazione dell'Asia Orientale nella quale non compare nessun riferimento al Paese, verrà cambiata in Associazione Culturale e Economica di Taipei»97 .
Giudicando dai risultati ottenuti nei campi del commercio, viaggi ed investimento, le tre variabili essenziali al benessere economico della ROC, la «formula giapponese» sembra aver ottenuto dei buoni risultati. Gli scambi commerciali, che ammontavano a un miliardo di dollari USA nel 1971, non vennero influenzati in modo rilevante dall'interruzione dei rapporti diplomatici. Nel 1976 avevano raggiunto i 3,5 miliardi e nel 1990 circa 8,3 miliardi di dollari americani. Il numero dei visitatori giapponesi a Taiwan, che erano stati 256.000 nel 1971, si abbassò notevolmente nel 1972; ma nel 1976 il numero aumentò nuovamente fino a 520.000 unità. L'investimento privato giapponese a Taiwan calò dopo il disconoscimento, passando dai 28 milioni del 1970 ai 12 milioni del 1971 e agli 8 del 1972. Nel 1973 però, crebbe fino a raggiungere i 45 milioni e alla fine del 1983 l'investimento giapponese a Taiwan ammontava a 200 milioni di dollari americani98 .
I modelli giapponese e americano rappresentano in definitiva una forma decisamente anomala di interazione internazionale. La strategia adottata dagli Stati Uniti nei confronti della ROC ricalca in gran parte il modello giapponese con alcune differenze minori dovute più che altro alla diversa natura del rapporto che univa i due Paesi prima della rottura delle relazioni diplomatiche. Successivamente il carattere semi-ufficiale nelle relazioni Washington-Taipei fu sancito dal T.R.A. Nel caso del Giappone viene a mancare, invece, uno strumento legale che regoli in dettaglio e definitivamente i rapporti con la ROC. Così nella formula giapponese non compare, riguardo l'istituzione delle due agenzie di comunicazione ICA ed EARA, una chiara definizione dei privilegi e dell'immunità del loro personale, che viene esplicitamente prevista dalle disposizioni del T.R.A. per il personale dell'AIT e del CCNAA. Il modello giapponese ha indubbiamente fornito le basi a quello applicato successivamente dagli Stati Uniti per regolare le proprie relazioni con Taiwan. Le affinità fra le due associazioni sino-giapponesi ed i due organismi preposti a rappresentare i reciproci interessi degli USA e della ROC sono innegabili, sia riguardo le loro funzioni che il carattere di semi-ufficialità di cui sono dotate.
L'unico stato europeo con cui la ROC a Taiwan ha relazioni diplomatiche ufficiali è la Santa Sede, che riconosce la ROC sin dal 1942. Durante i trent'anni successivi al 1950, le relazioni di Taiwan con l'Europa occidentale hanno avuto una minore priorità rispetto alle relazioni con gli Stati Uniti e il Giappone. Nel 1950 i Paesi scandinavi, la Svizzera, la Gran Bretagna e i Paesi Bassi accordarono il loro riconoscimento al governo di Pechino; a cui si aggiunse la Francia nel 1964, l'Italia nel 1970, l'Austria, il Belgio e l'Islanda nel 1971; l'ex Germania dell'Ovest, la Grecia e il Lussemburgo nel 1972; la Spagna nel 1973; il Portogallo nel 1975; e l'Irlanda nel 1979.
I principali obiettivi della politica estera di Taipei tra il 1950 e il 1960, come è stato sottolineato, erano di formare un fronte mondiale anti-comunista; rafforzare i legami con gli Stati Uniti e il Giappone; impedire l'entrata di Pechino alle Nazioni Unite e mantenere stabile il numero dei riconoscimenti formali. In questo periodo, l'alleanza con gli Stati Uniti era il fattore più importante per la sicurezza e la stabilità di Taiwan. Allo stesso tempo «la questione cinese» alle Nazioni Unite richiedeva un grande sforzo diplomatico da parte di Taipei; quest'ultima cercò di assicurarsi il voto di quelle nazioni africane e latino americane che avevano conquistato l'indipendenza da poco99 .
In queste circostanze, le relazioni tra la ROC e le nazioni europee avevano naturalmente un'importanza minore. Nel 1980 gli stati della Comunità Economica Europea divennero il secondo più grande mercato di Taiwan. Nel febbraio del 1985 il Parlamento europeo approvò la «Risoluzione sul commercio con Taiwan» per migliorare le relazioni tra i governi dei paesi della CEE e Taiwan100 . In questi ultimi vent'anni l'intensificarsi delle relazioni economiche fra Taiwan e l'Europa ha avuto l'effetto di avvicinare le due parti. La ROC vuole dare all'Europa un ruolo privilegiato per ridurre anche la propria dipendenza dal mercato americano e alleggerire il deficit commerciale con il Giappone. Gli esperti del settore sono convinti che con l'Europa si possa stabilire un interscambio più equilibrato, da un lato per la maggior recettività verso i prodotti cinesi, e dall'altro per la disponibilità di tecnologie di cui l'isola ha bisogno per rinnovare profondamente la propria macchina industriale, il patrimonio edilizio e i servizi pubblici. Gli incontri del Consiglio per il Commercio Comune, organismo istituito per condurre le questioni bilaterali tra la ROC e l'Europa, si sono tenuti con il Belgio dal 1981, con la Spagna dal 1982, con la l'Olanda dal 1983, con la Francia dal 1984, con la Svezia dal 1986, con la Germania, la Gran Bretagna, l'Irlanda dal 1988 e con il Lussemburgo dal 1989. Inoltre a partire dal 1981 Taiwan tiene delle conferenze annuali con la C.E.E.
L'intensa economia di Taiwan è stata un forte incentivo a migliorare le relazioni tra Taiwan e i Paesi europei; molte relazioni si sono infatti sviluppate in contatti politici quasi-ufficiali. Gli uffici commerciali hanno contribuito a questa espansione assolvendo delle funzioni quasi-diplomatiche. Sebbene gli uffici commerciali o di rappresentanza si erano occupati originariamente di questioni commerciali ed economiche, gradualmente hanno assunto delle funzioni quasi-ufficiali, inclusa quella di emettere i visti. Le procedure per ottenere il visto erano spesso molto complicate e comunque lente. Poichè le richieste dovevano essere mandate al consolato di Hong Kong e rispedite indietro, il richiedente era costretto ad aspettare alcune settimane; e ciò ritardava notevolmente le relazioni commerciali. Da quando le procedure sono state semplificate, si è avuto un sostanziale aumento del commercio, dell'investimento e del turismo europeo. Per questa ragione, gli uffici di rappresentanza si sono conseguentemente ingranditi nel personale e nei propri dipartimenti.
UFFICI DI RAPPRESENTANZA DELLA ROC IN EUROPA
NAZIONE |
CITTÀ |
DENOMINAZIONE |
DATA DI APERTURA |
Austria |
Vienna |
Institute of Chinese Culture |
Dicembre 1971 |
Belgio |
Bruxelles |
Taipei Economic and Cultural Office (Centre Sun Yat-sen) |
Ottobre 1971 |
Finlandia |
Helsinki |
Taipei Trade and Cultural Office |
Aprile 1990 |
Francia |
Parigi |
Association pour la Promotion des Echanges Commerciaux et Touristiques avec Taiwan
(ASPECT) |
Luglio 1971 |
Germania |
Amburgo |
Taipei Wirtschafts und Kulturbüro |
Luglio 1981 |
Germania |
Monaco |
Taipei Wirtschafts und Kulturbüro |
Dicembre 1988 |
Germania |
Berlino |
Taipei Wirtschafts und Kulturbüro |
Luglio 1981 |
Germania |
Bonn |
Taipei Wirtschafts und Kulturbüro |
Luglio 1981 |
Germania |
Lipsia |
Taipei Economic and Cultural Office |
Ottobre 1990 |
Grecia |
Atene |
Taipei Economic and Cultural Office (Far East Trade Center) |
Agosto 1972 |
Inghilterra |
Londra |
Free Chinese Center |
Novembre 1981 |
Irlanda |
Dublino |
Chinese Trade and Culture Center Taipei-Dublin Liaison Office |
Settembre 1988 |
Italia |
Roma |
Istituto Culturale ed Economico di Taipei |
Agosto 1990 |
Lussemburgo |
Lussemburgo |
Center Dr. Sun Yat-sen |
Marzo 1975 |
Norvegia |
Oslo |
Taipei Trade Center |
Agosto 1980 |
Olanda |
L'Aia |
Taipei Economie and Cultural Office (Far East Trade
Office) |
Luglio 1979 |
Spagna |
Madrid |
Centro Cultural y Economico Sun Yat-sen Taipei-Madrid |
Agosto 1973 |
Svezia |
Stoccolma |
Taipei Trade, Tourism and Information Office |
Liuglio 1973 |
Svizzera |
Losanna |
Délégation Culturelle (Centre Economique de Taipei Sun Yat-sen) |
Agosto 1979 |
Ungheria |
Budapest |
Taipei Trade Office |
Aprile 1990 |
FONTE: Ministry of Foreign Affairs, ROC, 1991.
Gli uffici della ROC in Europa operano sotto una sconcertante varietà di nomi, come il Centro Dr. Sun Yat-sen nel Lussemburgo o la Association pour la Promotion des Echanges Commerciaux et Touristiques avec Taiwan (ASPECT) in Francia. La ragione di questo è da ricercare nel desiderio di evitare anche l'apparenza di relazioni ufficiali con Taipei e la riluttanza ad incrinare le relazioni con Pechino.
Malgrado l'assenza di relazioni ufficiali, questi uffici sono in grado di emettere i visti o almeno una «lettera di raccomandazione» che può essere cambiata in visto all'arrivo a Taiwan. Inoltre gli uffici sono provvisti di personale del ministero degli esteri e del ministero degli affari economici, e sono questi ministeri a dirigere le attività delle missioni così come se esse fossero dei consolati. Sin dagli ultimi anni '80 alla maggior parte degli uffici sono stati concessi privilegi quasi-diplomatici e la possibilità di includere nella titolatura il nome di «Taipei» che li rende più riconoscibili al pubblico. Tutto ciò rappresenta un segno di miglioramento delle relazioni tra Taiwan e l'Europa.
A Taiwan esistono uffici commerciali di 19 Paesi europei:
NAZIONE |
DENOMINAZIONE |
DATA DI APERTURA |
Austria |
Austrian Trade Delegation Taipei Office |
Gennaio 1981 |
Belgio |
Belgian Trade Association |
Agosto 1979 |
Danimarca |
Danish Trade Organization |
Ottobre 1983 |
Finlandia |
Office of Finnish Industry and Trasport |
Febbraio 1991 |
Francia |
French Institute in Taipei |
Gennaio 1980 |
Francia |
France-Asia Trade Promotion Association |
Gennaio 1979 |
Francia |
French Business Association in Taiwan |
Giugno 1990 |
Germania |
German Cultural Center |
Giugno 1963 |
Germania |
German Trade Office Taipei |
Maggio 1981 |
Grecia |
Office of Representative A.H. Hellenic Organization for the Promotion of Export |
Gennaio 1979 |
Inghilterra |
Anglo-Taiwan Trade Committee |
Febbraio 1976 |
Irlanda |
The Institute for Trade and Investment of Ireland |
Agosto 1989 |
Italia |
Italian Trade Promotion Office |
Febbraio 1989 |
Lussemburgo |
Office of Conseiller du Commerce Extérieur Grand-Duché de Luxembourg |
Dicembre 1989 |
Norvegia |
Norway Trade Office Taipei |
Ottobre 1989 |
Olanda |
Netherlands Trade and Investment |
Gennaio 1981 |
Spagna |
Spanish Chamber of Commerce |
Maggio 1974 |
Svezia |
Swedish Industries Trade Representative Office |
Dicembre 1982 |
Svizzera |
Swedish Industries Trade Representative Office |
Novembre 1982 |
FONTE: Ministry of Foreign Affairs, ROC, 1991.
Gli uffici commerciali europei a Taiwan non sono alle dirette dipendenze del governo; per la maggior parte nascono come enti privati, da organizzazioni di imprenditori che hanno l'interesse all'istituzione di un organismo di coordinamento della loro attività commerciale a Taiwan. Quindi i fondi necessari a finanziare tali uffici in genere provengono o da circoli commerciali privati o, pur se erogati dal governo stesso, raramente prendono un iter diretto per arrivare a Taiwan.
Malgrado l'assenza di relazioni diplomatiche, agli uffici europei a Taiwan sono concessi gli usuali privilegi diplomatici, come l'esenzione dalle tasse, riunioni con il governo per gli affari pubblici e le comunicazioni, il diritto di comunicare in codice e il diritto di emettere visti. Il principale scopo di questi privilegi è quello di ottenere i medesimi benefici per le rappresentanze taiwanesi in Europa. I rapporti economici di Taiwan con i paesi dell'Europa hanno assunto una grande varietà nelle loro capacità operative e hanno permesso di sviluppare una pratica non ortodossa di interazione fra stati che generalmente riflette un desiderio di migliorare l'efficienza nelle comunicazioni e nelle trattative. La ROC è riuscita a superare l'ombroso momento di isolamento e gli anni '80 hanno rappresentato per essa un periodo di impegno volto alla costruzione di una nuova immagine internazionale. Gli uffici di rappresentanza, allora, potranno essere le strutture di base per giungere ad un riconoscimento di Taiwan che da economico si trasformi in politico.
MONDO CINESE N. 93, SETTEMBRE-DICEMBRE
1996
Note
1 Klein D. , «Formosa Diplomatic World», in
Formosa Today (Mark Mancall ed. New York and London: Fredrick A. Praeger, 1964), p. 101. Spence J.,
The Search for Modern China, New York, Norton, 1990, p. 525. Weng Song-jan,
Continuity and Change in Peking's UN Policy 1949-1969, University of Wisconsin Madison 1971, pp. 463-465.
2 Whiting, Allen S., China Crosses the Ya Lu: the Decision to Enter in the Korean
War, (New York: Mc Millan, 1960), p. 21.
3 Alexander L. George, «American Policy Making and the North Korean Aggression», in
World Politics, gennaio 1955, pp.
223-224.
4 Da un messaggio su Formosa che avrebbe dovuto essere letto al 51° campo dei veterani delle guerre estere. Il messaggio non venne mai letto perchè Truman lo ritenne poco adatto. Congressional Record (28 agosto 1950).
5 C.P. Peng Thomas, Li Chien-pin, «Myth or Reality: the Mutuai Interest in Sino-American Relationship» in
R.O.C.-U.S.A. Relation 1979-1989, (Jaw-ling Joanne Chang ed. Institute of American Culture, Academia Sinica, Taiwan 1991) pp. 111-112.
6 Yearbook of United Nation 1950, p. 293.
7 Caridi J. Ronald, The Korean War and American
Politics, (Philadelphia: University of Pennsylvania Press, 1968), pp. 56-58.
8 Lasaster Martin L., The Taiwan Issue in Sino American Strategic Relation (Bolder, Colo.: Westview Press, 1984), p. 110.
9 Klein Donald, op. cit., pp. 101-102.
10 Yu San-wang, Foreign Policy of the Republic of China on Taiwan: an unorthodox
approach, (Yu San-wang ed. New York: Praeger, 1990), p. 52.
11 Klein Donald, op. cit., p. 103.
12 Halpern A. M. ed., Policies Toward China: Views from Six Continents (New York, Toronto and London: Mc Graw-Hill, 1965), pp. 496-499.
13 Ibid., pp. 500-502.
14 New York Times, 14 ottobre 1970.
15 Clough N. Ralph, Island China (Cambridge and London: Harvard University Press, 1978), p. 154.
16 Ibid., p. 154
17 Yu San Wang, op. cit., p. 124.
18 Discorso di Mitchell Sharp, Ministro canadese per gli Affari Esteri alla Camera dei Comuni di Ottawa il 13 ottobre 1970. In Keesing's, 1970, p. 24284.
19 Comunicato ufficiale emesso dal governo italiano contemporaneamente in Cina e in Italia il 6 novembre 1970 in
Keesing's, 1970, p. 24284.
20 Ibid., pp. 7-8.
21 Clough Ralph, op. cit., pp. 148-149.
22 Chiu Hung-dah ed., China and the Taiwan Issue (New York, Praeger Publishers 1979), pp. 94-95.
23 «Seventh Fleet Cut Seen in the Taiwan Strait», The New York
Times, 25 dicembre 1969.
24 Keesing's, 1971, p. 24765.
25 Keesing's, 1971, p. 24765.
26 Gli altri Paesi che riconobbero la RPC nel 1971 sono: Cipro (12 genn.), Nigeria (10 febbr. ), Camerun (26 mar.), Kuwait (20 mar.), Austria (26 mag.), San Marino (6 maggio), Sierra Leone (29 lug.), Turchia (4 ago.), Iran (16 ago.), Perù (4 ago.), Togo (sett.), Messico (17 nov.) e altri.
27 Fra questi ben dieci erano Paesi africani di nuova fondazione. Gli altri facevano parte del blocco comunista.
28 Keesing's, 1971, p. 24941.
29 «President's Chiang Kai-shek's Statement ori n the Withdrawal of the ROC from United Nations», 26 ottobre 1971. Estratto da
The China News, Taipei, 27 ottobre 1971, p. 8.
30 Yu San Wang ed., op. cit., p. 55.
31 In Chan P. and Reardon Anderson J., «Documentation, Chronology and Bibliografy», in
Contemporary China, Vol. 2 No. 7, 1978, p. 64.
32 Per il testo completo dello «Shanghai Communique» vedere:
International Herald Tribune, 28 febbraio 1972, p. 2.
33 Ibidem.
34 Chang Pao-min, «Taiwan between Washington and Peking», in Pacific
Community, gennaio 1978, pp. 183-196, p. 187.
35 The New York Times, 17 luglio 1971.
36 Zagoria S. Donald, «Normalizing Relations with China without 'Abandoning' Taiwan», in
Pacific Community, ottobre 1977, pp. 72-83, pp. 73-74.
37 Chang Pao-min, art. cit., Pacific
Community, p. 190.
38 The New York Times, 23 febbraio, 1973.
39 Hsu Chien-lin, «The Republic of China and Japan» in Yu San-wang
op. cit., pp. 55-56.
40 China Yearbook 1972-1973, e in Rowe D., Informal diplomatic Relations: the case of Japan and the Republic of China,
1972-1974, (Foreign Area Studies Publications, USA), pp. 6-7.
41 Keesing's, 1971, p. 24941.
42 China Yearbook 1972-1973, p. 25 e in Rowe D.,
op. cit., pp. 6-7.
43 Il nuovo tipo di relazione tra Giappone e la ROC verrà esaminato più da vicino nel cap. III.
44 Chiu Hung-dah, op. cit., p. 182.
45 Zagoria Donald S., art. cit., in Pacific
Community, ottobre 1977, p. 80.
46 Chiu Hung-dah, «The Taiwan Relations Act in sino-american Relations», in R.O.C.-U.S.A.
Relations 1979-1989, Chang Jaw-ling Joanne ed. (Institute of American Culture-Academia Sinica, Taipei, 1991), p. 34-35.
47 Chiu Hung-dah, China and the Taiwan Issue (New York: Praeger, 1979), pp. 262-263.
48 China Yearbook 1978-79, p. 145.
49 Emerson J. Terry, «The Taiwan Relations Act: Successfull Foreign Policy Making Progress», in The American Asia
Review, Vol. 6, No. 3, pp. 1-22, in particolare pp. 5-8.
50 Chiu Hung-dah, «The Taiwan Relations Act and Sino-American Relation»,
op. cit., p. 35.
51 Un esame più particolareggiato delle funzioni dell'AIT e del CCNAA verrà affrontato nel Cap. III.
52 Free China Weekly, 18 febbraio 1979, No. 6.
53 Lasaster M., op. cit., pp. 112-113.
54 In Emerson J. Terry, art. cit., The American Asian Review, Vol. 6, No. 3, p. 14.
55 Ibid., p. 15.
56 « US and China Agree on Taiwan Arms», Times, 18 agosto 1982.
57 Dal giorno della pubblicazione del comunicato congiunto il 17 agosto 1982, la vendita americana di armi a Taiwan è diminuita di 20 milioni di dollari all'anno, cioè, da 780 milioni di dollari del 1982 a 720 milioni di dollari del 1987.
58 United Daily News (Taipei), 4 aprile 1979.
59 Nell'articolo 1 della Costituzione si legge: «La Repubblica di Cina, fondata sui Tre Principi del Popolo, dovrà essere una Repubblica del popolo, governata dal popolo per il popolo».
60 Republic of China: a reference book (Taipei: United Pacific lnternational, Inc., luglio 1983), p. 293.
61 World Journal, 24 marzo 1987.
62 Central Daily News, 14 novembre, 1988; 31 dicembre 1988.
63 World Journal, 6 e 9 aprile 1990: 27 maggio 1990; 3 giugno 1990.
64 Central Daily News, International Edition, 20 luglio 1989; 8 agosto 1989; 3 ottobre 1989;11 ottobre 1989;13 ottobre 1989; 24 ottobre 1989.
World Journal, 6 e 9 aprile 1990; 27 maggio 1990; 3 giugno 1990.
65 Yu San-wang, op. cit., p. 10.
66 China Yearbook, 1991-'92, p. 225.
67 Chiu Hong-Da, China and the Question of Taiwan: Documents and
Analysis, (New York: Praeger, 1973) p. 166.
68 Wilson P., «A diplomatic Dike is Breached», Far Eastern Economic Review, 26 dicembre 1980.
69 Clough R., Island China, (Harvard University Press, 1978), p. 185.
70 Shaw Yu-ming, «Taiwan, a view from Taipei», Foreign
Affairs, Summer 1985 p. 27.
71 Vedere a riguardo le pp. precedenti.
72 In Chien Fredrick F., « A View from Taipei», Foreign
Affairs, Vol. 70, No. 5, 1991/1992, pp. 93-103, in particolare pp. 97-98.
73 Vedere «The Basis Policy of the ROC», un documento distribuito dal Ministero degli Esteri, Taipei ROC.
74 Yu San Wang, Foreign Policy of the Republic of China on Taiwan: an unorthodox approach (New York: Praeger, 1990), pp. 111-112.
75 Mengin F., «The Prospects for France-Taiwan Relations»,
Issues and Studies (a cura dell'Institute of International Relations, Taipei) Vol. 28, No. 3, marzo 1992, pp. 38-59 in particolare p. 45.
76 PACIFICO attualit (rivista bimestrale di politica, economia e cultura), Anno II, No. 10, giugno 1991, p. 5, e Anno IV, No. 1, settembre-ottobre 1992, p. 12.
77 Vedere cap. II, par. 3.
78 The Free China Journal, 25 agosto 1992, p. 7.
79 Trascrizione completa di una intervista televisiva al Dr. Tsai Cheng-wen direttore del dipartimento di Scienze Politiche della National Taiwan University, al Dr. Chang Ling-chen professore del dipartimento di Scienze Politiche della National Taiwan University e al Dr. Ling Bih-jaw direttore dell'International Relations National Chengchi University Chinese Television Service, Taipei, 12 marzo 1990.
80 Tutti questi esempi sono tratti da: «A View from Taipei»,
Foreign Affair, Vol. 70, No. 5 (Winter 1991-1992), pp. 93-103.
81 Vol. 4, No. 4, luglio 1990.
82 Ufficio Economico e Culturale di Taipei. Roma 22/5/1996.
83 Pacifico, Anno III, No. 7, maggio-giugno 1992, p. 22.
84 Lee Thomas B., «Quasi-Diplomatic Relation of the Republic of China: Their Development in International Law», in
Issue and Studies, Vol, 24, No. 7, 1988, pp. 104-117, in particolare p. 106.
85 Le informazioni riguardanti gli uffici di rappresentanza e le loro funzioni sono il risultato di interviste dell'autrice con i direttori delle rappresentanze commerciali europee, americane e asiatiche.
86 Intervista alla Direttrice del Belgian Trade Association, Taipei, 6 marzo 1992.
87 Vedre Taiwan Relations Act, Sez. 6 (a, 1).
88 Lasater Martin L., «Assessing the Taiwan Relations Act», Heritage Foundation
Backgrounder (Washington), 14 dicembre 1984, p. 7.
89 Lee Thomas B., art. cit., Issue and
Studies, Vol. 24, No. 7, in particolare p. 107.
90 Vedere T.R.A. sez. 8(a)
91 Lee Thomas B., art. cit., Issues and
Studies, Vol. 24, No. 7, pp. 104-117, in particolare pp. 108-109.
92 Morely James W., «The Japanese Formula for Normalization and its Relevance for US-China Policy»,
Occasional Papers (University of Maryland, 1978), No. 2, pp. 128-129.
93 Rowe David N., Informal «Diplomatic Relations», the Case of Japan and the Republic of China, 1972-74 (Hamden, Conn.: Shoestring Press, 1975), p. 15.
94 Ibidem, pp. 80-82.
95 Ibidem, p. 17.
96 Intervista dell'autrice ad un funzionario dell'Associazione di Interscambio, Taipei, aprile 1992.
97 Les Echos de la Republique de Chine, Vol. 25, No. 11, 21 aprile 1992, p. 1.
98 Yu San-wang, ed., The China Question (New York: Praeger, 1979), p. 99.
99 Tsai Cheng-wen e Ming Chu-cheng, «The Republic of China and Western Europe: Past and Future», in The Foreign Policy of the Republic of China on Taiwan: An Unorthodox
Approach, ed. Yu San wang (New York: Praeger, 1990), ROC, luglio 1991, pp. 135-137.
100 Euro-Asia Trade Organization (EATO), comp. «Economic Progress and European Trade of the ROC», 1991.
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