L'Eredità della Cina a cura di Paul S. Ropp, trad.
it. di Riccardo Valla, Edizioni della Fondazione Agnelli, Torino, 1994, pp. 401.
È apparsa da pochi mesi la traduzione italiana di una raccolta di saggi,
pubblicata dalla University of California Press quattro anni fa e che raccoglie
i contributi di alcuni noti sinologi americani ed inglesi. Il pregio maggiore di
quest'opera è il suo spirito eminentemente divulgativo, che si propone di
rendere accessibile al lettore non specialista diversi aspetti della civiltà
cinese, da quello storico, economico e giuridico a quello filosofico, artistico
e letterario. Come dice la prefazione stessa, sebbene gli studi sulla Cina siano
notevolmente aumentati negli ultimi decenni, tali ricerche sono rimaste però di
esclusiva competenza degli esperti del settore. A tale fine, le problematiche
trattate sono affrontate con un taglio comparativistico, che prende in
considerazione gli aspetti analoghi della civiltà occidentale.
Nonostante però il carattere divulgativo, i saggi contenuti in questa raccolta
conservano tutti un alto livello di scientificità, evitando ogni tipo di
generalizzazione e banalizzazione. Per tale motivo questo testo si presterebbe a
un buon uso didattico anche nelle università italiane.
Apre il volume un saggio di Jonathan Spence, dell'Università di Yale,
sull'immagine che l'Europa ebbe della Cina nei secoli XVI-XVIII, mediante un
rapidissimo excursus delle prime opere dei gesuiti e dei filosofi illuministi,
fino alle più recenti pubblicazioni e romanzi in lingua inglese sul Paese di
Mezzo.
Una presentazione dei primi modelli di civiltà cinese e delle prime forme di
organizzazione sociale, dall'età preistorica alla fondazione dell'Impero nel
221 a.C., è curata invece da David N. Keightley, dell'Università di Berkeley.
Ancora del periodo arcaico, dal VI al II secolo a.C., tratta il saggio di Karen
Turner dell'Università del Michigan, che mette in relazione la concezione della
legge di confuciani e legisti con quella dei pensatori greci in età classica.
La sezione dedicata al confucianesimo e alle scuole neo-confuciane
dall'epoca Song a quella Ming e Qing è stata affidata a uno dei maggiori
esperti in materia, Tu Wei-ming, noto esponente della cosiddetta
"terza fase del confucianesimo", che insegna attualmente a Harvard.
Profondo conoscitore della cultura occidentale, Tu, unitamente a Yu Yingshi e Wu
Teh Yao, è fautore di una rivalutazione della tradizione confuciana, che
sarebbe in grado di fornire nuove risposte alla crisi di valori e di identità
sia delle società asiatiche che di quelle occidentali.
Oltre al confucianesimo, l'opera dà spazio anche al buddhismo e al taoismo. T.
H. Barett, della School of Oriental and African Studies di Londra, traccia un
ampio quadro della rielaborazione propriamente cinese del buddhismo e delle più
importanti scuole; più concisa è invece la sua trattazione del taoismo
religioso.
Particolarmente pregevole è il contributo di Jack L. Dull, dell'Università di
Washington, sulle diverse forme di governo e i diversi tipi di organizzazione
amministrativa, dalla fondazione dell'impero del III secolo a.C. all'ultima
dinastia imperiale. Nonostante la struttura della burocrazia imperiale sia un
problema così complesso e difficile da sintetizzare, la presentazione di Dull
è generale, ma precisa e non indulge in considerazioni troppo semplicistiche.
Un'interessantissima trattazione dell'economia cinese tradizionale ci è poi
offerta da uno dei massimi esperti in materia, Albert Feuerweker, dell'Università
del Michigan. Questo saggio riconsidera in una più ampia prospettiva l'annosa
questione del mancato sviluppo industriale e tecnologico della Cina tra la fine
del XIX e gli inizi del XX secolo, mettendo in relazione le condizioni
dell'impero Qing con quelle del Giappone in epoca Tokugawa e dell'Europa del
XVIII secolo.
I problemi connessi all'applicazione della metodologia storico-sociale
alle trasformazioni della società cinese a partire dai secoli XV-XVI
sono affrontati, con un taglio molto attento alle peculiarità locali delle
diverse aree del paese, da William Rowe, dell'Università Johns Hopkins.
Uno degli aspetti sociali più salienti e maggiormente studiato, quello del
ruolo della donna nella famiglia e nella comunità più allargata, è trattato
in modo abbastanza originale da Patricia Ebrey, dell'Università dell'Illinois.
Un altro tema molto dibattuto, quello della superiorità in campo scientifico
della Cina rispetto all'Europa medievale, è affrontato da Nathan Sivin
dell'Università della Pennsylvania, il quale traccia un quadro completo delle
conoscenze tradizionali in materia di medicina, alchimia, geomanzia, astrologia,
matematica e astronomia.
Per quanto riguarda gli aspetti letterari, una presentazione della poesia cinese
dallo Shijing ai versi di epoca Tang ci è offerta da Stephen Owen di Harvard e
una trattazione della prosa da Paul S. Ropp, della Clark University. Il curatore
del volume evidenzia le differenze sostanziali della narrativa cinese rispetto a
quella occidentale, esaminando i più noti romanzi, tra cui il Jin Ping Mei e il
Sogno della Camera Rossa.
Le diverse espressioni artistiche, dai bronzi preistorici alle opere di pittori
e calligrafi, unitamente ai principi estetici che le ispirarono, è infine il
tema trattato da Michael Sullivan di Oxford.
Per quanto riguarda la traduzione in italiano dell'opera, essa è arricchita di
nuove note e corredata di un glossario assente nel testo originale. Forse
avrebbe giovato modificare la trascrizione dei termini cinesi dal sistema
Wade-Giles, preferito dagli autori anglosassoni, in quello pinyin, ormai
largamente in uso nel nostro paese.
Anche la bibliografia finale, basata quasi esclusivamente su opere pubblicate
negli Stati Uniti, avrebbe potuto essere arricchita con riferimenti ad altri
studi fondamentali, a firma anche di studiosi europei. Per citare uno solo dei
molti esempi possibili, nella sezione dedicata al buddismo, è impossibile
tralasciare un testo che ha fatto scuola, la ben nota opera di Erik Zürcher,
The Buddhist Conquest of China (Leiden, Brill, 1959/1972).
Tra i vari punti su cui non concordo con la versione italiana del traduttore,
due in particolare necessitano di essere citati: il titolo dell'opera attribuita
a Confucio, i Lunyu, è stato reso come "Analetti” ("Analects"
nell'originale), invece che, più correttamente, come i "Dialoghi".
Inoltre la traduzione di "Gentry China" come "La Cina dei
gentiluomini" (quarto paragrafo del terzo capitolo, pp. 88-100) può,
a mio avviso, portare a un'interpretazione fuorviante della realtà storica.
Nella sua applicazione alla storia della Cina, il concetto di
"gentry", corrispondente alle parole cinesi shenshi e xiangshen, è
riferito a un particolare strato dell'élite a livello locale, caratterizzata
economicamente dal possesso di vaste proprietà terriere, i cui membri godevano
di un particolare prestigio avendo superato almeno il primo grado degli esami
imperiali o ricoprendo ufficialmente, in alcuni casi, cariche pubbliche. Pur
riconoscendo l'ambiguità connessa a tale termine e la sua difficile traduzione,
si sarebbe potuto quindi non tradurlo affatto o perlomeno renderlo come
"classe dei notabili locali".
Marina Miranda
* * * *
Isabella Doniselli Eramo, Primo incontro con la Cina, Consedit editore, Milano
1994, pp. 168.
Si tratta di un volumetto agile e di facile lettura, con il quale l'autrice si
propone di fornire uno strumento di primo approccio alla storia e alla cultura
della Cina. Un testo dedicato a chi non è uno specialista e, pur animato da un
sincero desiderio di conoscere e di impadronirsi delle chiavi di comprensione
della realtà del mondo cinese, è tuttavia troppo pressato dagli odierni ritmi
di vita e non trova tempo ed energie sufficienti per affrontare serenamente lo
studio di opere più autorevoli e ponderose.
Il testo riassume in poche pagine la lunga evoluzione della civiltà cinese,
procedendo necessariamente per grandi periodi storici, ma evidenziando per
ciascuno i lineamenti fondamentali che ne hanno caratterizzato lo sviluppo
culturale, politico, economico, sociale.
Sintetiche tavole cronologiche comparate aiutano a legare la storia cinese a
realtà più vicine a noi, richiamando avvenimenti storici universalmente noti
ai lettori occidentali in quanto cruciali nella storia dell'Europa. Nella
seconda parte del volume, brevi capitoli monografici espongono i dati
fondamentali e delineano l'evoluzione generale di alcune delle principali
espressioni del pensiero e dell'arte del popolo cinese. Si tratta, certo, di
scarne sintesi che non hanno la pretesa di essere esaustive della materia di
volta in volta trattata, ma vogliono, invece, proporsi come brevi guide verso
l'approfondimento dei singoli temi.
Il libro della Doniselli, dunque, è il risultato di un intenso sforzo di
estrema sintesi che, se da un lato può rischiare di essere giudicato riduttivo,
dall'altro può validamente assolvere all'importante funzione di accostare più
lettori alla sconfinata materia trattata, con l'auspicio che molti di essi siano
poi indotti ad approfondire le loro conoscenze, affrontando anche testi più
ponderosi. Infine "Primo incontro con la Cina", in quanto opera di
divulgazione e al tempo stesso di approfondimento, si propone come validissima
lettura per chi ritenga utile acquisire nozioni sulla storia e la cultura cinesi
che vadano oltre le scarne informazioni generalmente fornite anche dalle più
documentate guide turistiche.
Alcide Luini
MONDO CINESE N. 87, SETTEMBRE-DICEMBRE
1994