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SAGGI

Liu Wei, artista dell'ultima generazione

di Enrico Perlo

Nel corso del 1993 si sono svolte, in Asia, Europa ed Australia, varie mostre dedicate all'arte cinese degli ultimi anni, e precisamente all'arte Post-'891 . Al di là del grosso interesse riscontrato, queste varie mostre hanno portato a conoscenza del grande pubblico internazionale e messo in evidenza alcuni giovani artisti cinesi. Liu Wei è sicuramente uno dei più rappresentativi, e lo dimostra l'interesse suscitato dalle sue opere: la BBC gli ha dedicato un servizio subito dopo la mostra tenutasi ad Hong Kong nel febbraio '93, il catalogo della galleria Marlborough di Londra riproduce una sua opera in copertina (dicembre '93), Le Monde del 3 febbraio '94 gli dedica un'intera pagina intitolata "Liu Wei, pittore, cinese e blasfemo". Da dove viene Liu Wei, cos'è che lo rende, lui e i suoi oli, differente, non solo rispetto a quanto prodotto dai contemporanei, ma anche da tutto quello prodotto prima?
Prima di rispondere, e per meglio rispondere, è necessario un breve salto all'indietro, e gettare un rapido sguardo sull'arte cinese d'avanguardia2 degli ultimi dieci anni.

Il decennio 1979-1989

La data del 1979, e cioè l'avvio della politica della porta aperta guidata da Deng Xiaoping, segna, in campo artistico, l'inizio della fine delle teorie estetiche legate al realismo rivoluzionario maoista, condensate negli slogans "Sublime, Statuario, Perfetto" e "Rosso, Luminoso, Brillante", direttive che paralizzarono la vitalità e la sperimentazione degli artisti cinesi per circa trenta anni. Immediatamente, le menti si aprirono alla ricerca di nuovi orizzonti filosofici ed estetici con tre obiettivi, o, forse è meglio dire, in tre direzioni: avviare un dialogo con la cultura occidentale moderna, riscoprire la propria identità culturale, produrre un risveglio della coscienza umanistica e della capacità critica.

Il decennio in questione si presenta vulcanico per la capacità di liberare potenziali di ricerca e di sperimentazione. Le avanguardie artistiche cinesi colmano in questi dieci anni un gap di quasi un secolo rispetto alle forme dell'arte internazionale: non vi è corrente che non venga studiata e consumata, dall'espressionismo ottocentesco passando per il puntinismo, il fauvismo, il cubismo, la catena dadaismo surrealismo concettualismo, ed ancora l'astrattismo o il costruttivismo, il tutto affrontato con grande spirito vorace. Ovviamente non tutto viene debitamente digerito, anche e soprattutto per la carenza, in quel periodo, di riproduzioni decenti e di materiale tradotto.

Il primo momento significativo è segnato dalle mostre coraggiosamente allestite nel '79 e nell'80 dal gruppo Xing Xing, che rivendicava una profonda libertà stilistica, anche in opposizione alla tecnica realistica che era alla base dell'insegnamento nelle Accademie. Le mostre organizzate da questo gruppo lasciarono un segno profondo e lo consacrarono come il primo vero gruppo inconoclasta dell'avanguardia cinese.

Altri movimenti sono a questo contemporanei: il Movimento Neoformalista (Xin Xingshu Zhuyi), rivolto alle forme artistiche dell'inizio secolo in Europa; il movimento "Arte della Cicatrice" (Shanghen Yishu), con forti connotazioni sociologiche, teso alla rappresentazione di quello che definiva come "vero realismo", il realismo cioè della sofferenza e della miseria, della semplicità della vita reale, contrapposto al "Sublime, Statuario, Perfetto" dell'estetica del Realismo socialista; ed infine il movimento Native Soil, attraversato da una profonda nostalgia per la vita delle campagne cinesi contrapposta ai modernismi imperanti.

La metà degli anni '80 vedono lo svilupparsi di ricerche concettuali, dadaiste e filosofiche culminanti nella cosiddetta Nuova Onda dell'85.
Uno dei momenti culminanti fu una mostra organizzata a Xiamen al termine della quale i vari artisti partecipanti diedero fuoco alle loro opere.
Altri artisti volsero la loro attenzione alla condizione alienata dell'individuo nella società cinese, sempre subordinato ad un gruppo, sia familiare o politico o di lavoro, ed alla sofferenza di tipo psicologico che ne deriva, spesso tramutantesi in tragedia.

Un ultimo filone di ricerca sviluppatosi negli anni 1986-'89, diede origine ai movimenti "Ritorno alle radici" e "Lingua pura" (Chunhua Yuyan). Nati in parte come reazione alla forte influenza che le forme e teorie artistiche occidentali hanno esercitato sull'arte cinese degli ultimi anni, entrambi rivolsero la propria attenzione al recupero della tradizione cinese, delle sue radici culturali sia "nobili" (la pittura detta "dei letterati", Wenrenhua) sia popolari.
Il primo, erede dell'esperienza Native Soil, si rifece alla pittura ad inchiostro tradizionale, ponendo l'accento sulla spontaneità e la libertà di spirito, dando così origine a quella che negli anni a venire sarà conosciuta come Pittura dei nuovi letterati (Xin Wenrenhua) e che rappresenta, nel panorama attuale dell'arte cinese, un settore in grande sviluppo, anche commerciale3 .

Il secondo, attento alla trasformazione dei simboli fondamentali dell'arte e della cultura, ha prodotto due artisti, Xu Bing e Lu Shengzhong, le cui opere, pur affondando le proprie radici nel cuore della cultura cinese, superano i confini regionali per imporsi come opere di respiro internazionale. Xu Bing ha inciso nel legno, come caratteri mobili tipografici, decine e decine di caratteri cinesi esteticamente perfetti, semplicemente non-esistenti, introvabili nelle enciclopedie, non-significanti alcunché. Ne ha stampato un libro in forma di grande rotolo che stende per le sale delle gallerie, dal titolo Il Libro del Cielo, altresì detto Specchio per analizzare il mondo (Xi shi jian). I caratteri cinesi, nulla significando, perdono la loro specificità linguistica, e rappresentano l'impotenza della parola. Tema fortemente taoista, e nello stesso tempo dell'arte e della filosofia di tutti i tempi.

Lu Shengzhong ha ridato nuovo vigore e significato alla tradizione popolare delle carte ritagliate. L'"anima rossa" (Honghun) che in questo modo ha creato, minuscola o gigantesca che sia, è l'anima che le madri cinesi usavano ritagliare per richiamare lo spirito del figlioletto malato, affinché non ne abbandonasse il corpo. In questi anni, Lu Shengzhong ha ritagliato migliaia di queste anime, e le ha disposte scendenti dal soffitto come una cascata, sulle pareti del suo studio, sedute sulle panchine dei parchi, o, ultima installazione in ordine di tempo, colorate all'interno di enormi blocchi di ghiaccio, dove lentamente si dissolvono. E diventano la materializzazione dell'immateriale.

Questa effervescenza produttiva, questo nascere e disfarsi di gruppi, questa ricerca quasi affannosa, trovò la sua prima sintesi nella mostra China/Avant-Garde (Zhongguo Xiandai Yishu Zhan) che si tenne alla prestigiosa Galleria d'Arte Cinese di Pechino nel febbraio '89, dove furono esposte le opere di circa 140 artisti. Fu la prima, ma anche l'ultima mostra dell'avanguardia cinese.
I fatti del 4 giugno 1989 misero la parola fine alle speranze maturate in quel decennio. Speranze di poter, collettivamente, risollevare le sorti dell'arte cinese arrivando a nuove e originali concezioni estetiche, attraverso l'intrecciarsi, il continuo confrontarsi e il reciproco trasformarsi, della tradizione dei letterati con il realismo rivoluzionario e con la cultura occidentale.

Il sogno si disintegrò. Molti artisti lasciarono il paese, altri si chiusero in ricerche sempre più individuali. La generazione dei giovani artisti, cui appartiene Liu Wei, la "terza generazione Post Rivoluzione Culturale", si trovò completamente sbandata. L'arte che ne seguì, anche se inquadrabile in filoni, ha caratteristiche fortemente individuali, è un'arte disillusa, crudemente ironica, dura. Se possiamo oggi conoscere tale produzione, è grazie al lavoro di un critico cinese, Li Xianting, che nel corso di questi anni ha pazientemente tenuto i contatti cogli artisti nuovi e vecchi dell'avanguardia sparsi per il paese ed ha sostenuto le nuove tendenze dell'ultima generazione. È pure colui che ha curato le varie mostre svoltesi nel 1993, dalla prima Post-89 di Hong-Kong alla selezione portata alla Biennale di Venezia4 .

Liu Wei: la sua formazione e le prime opere.

Liu Wei appartiene a questa ultima generazione. Entrato all'accademia di Belle Arti di Pechino nel 1984, vi si è laureato nell'estate '89. Ha vissuto quindi il periodo in cui il ghiaccio dell'ufficialità artistica era stato già rotto e la sperimentazione si era fatta strada fin dentro le Accademie. A Pechino, in quegli anni, si è praticato un insegnamento interdisciplinare5 che ha permesso a lui, frequentante il corso di incisione su legno, di apprendere le tecniche della pittura ad olio, la lavorazione della ceramica ecc. Ed in realtà i suoi interessi sono già a quel tempo, e lo rimarranno in futuro, pluridirezionali: non produrrà mai un'incisione su legno al di fuori del lavoro accademico, ma intaglierà alcune cornici per i suoi quadri ad olio e produrrà vari sigilli incisi nella pietra.

La produzione pittorica di quel periodo è su carta, di piccole dimensioni. In uno di questi fogli troviamo Xiang Liu6 , serpente a nove teste, al servizio del terribile Gonggong7 , eliminato dal mitico imperatore buono Yu. Così gli antichi abitanti della Cina mitologica fanno la loro comparsa in atmosfere dove la macchina è bandita e tutto si svolge nel dolce silenzio del senzatempo. Racconti onirici in rosa, azzurro e bianco; fiori tropicali, carnosi, grandi come uomini e anche più; cespugli-alberi, che a volte nascondono, altre volte proteggono, avvolgendole, figure biancolatte; quel colore morbido dei sogni, dai contorni imprecisi. Figure di quell'epoca lontana, prima della contaminazione, prima della separazione, del lavoro; maschi senza traccia del guerriero, della lotta, del sudore, della fatica; donne forse ancora un po' solo madri, ma madre qui è sinonimo di Terra. Figure senza traccia di erotismo. Un titolo: gioco di fanciulli. Figure innocenti. Mondi grandi il palmo di una mano, a volte racchiusi in forme ovoidali, le stesse dei modelli popolari per i ricami delle scarpe di donne e bambini. Ma anche un altro rimando-richiamo: il mondo chiuso in una zucca, dove maestri taoisti rientravano a ristorarsi dopo una lunga giornata al mercato8 .

Gli avvenimenti del 4 giugno lacerano tutto ciò.

Liu Wei ha partecipato al maggio cinese né più né meno di altre decine di migliaia di suoi coetanei, ha dipinto alcune magliette che vendeva in giro per le università per finanziare il movimento. Qualche centinaio di yuan racimolati, niente più. Ma dopo quel 4 giugno non è più stato lo stesso, anche se la sua pittura avrà bisogno di circa un anno per trovare le forme nuove di un'espressione che sarà, a questo punto, dura, ironica, dissacrante. Un anticipo di questo cambiamento saranno i nove cartoni che dipinge, uno al giorno, la settimana seguente Tiananmen. Tempere su carta, grandi 2 metri per uno. Opera libera dell'inconscio: l'oggi e la memoria si sovvrappongono, la brutalità dell'oggi distrugge i sogni, smembra i corpi e gli spiriti, fa a pezzi le certezze, lascia nient'altro che brandelli colorati. Piangono la Gioconda e la lavandaia di Gaugin, piangono i dirigenti comunisti (Mao Zedong, Zhou Enlai, Chu De, Qi Laoshí), piange la gente per strada, piangono le piante, le case; i colori sono forti, urtanti; i mondi sono sconvolti, lacerati. Su altri piani, confusi, il verde dei camion dell'esercito e delle divise dei militari, rigidi come soldatini di piombo, si alterna al bianco delle autoambulanze e degli infermieri. La natura, il mondo, cinese e occidentale, sono sconvolti, partecipano della tragedia. Quest'opera può tranquillamente essere considerata una Guernica cinese. Contiene tutti gli elementi delle opere future. Passerà un anno prima che Liu Wei individui il materiale da usare per ricostruire il suo mondo estetico, e sarà l'olio.

Gli anni 1990-1992.

Il periodo che va dall'autunno '90 alla fine del '92 è caratterizzato da opere di media dimensione (100x80), essenzialmente grandi ritratti dei membri della sua famiglia e di alcuni amici. Suo padre in divisa davanti ad un poster di Chu De; il matrimonio della sorella; il padre e la madre; lui ed il fratello piccoli accoccolati su una sedia di fronte ad un grande ritratto di Mao; il padre che guarda l'Opera di Pechino in televisione; il padre che nuota. "La caratteristica della sua arte risiede nel dipingere personaggi onorati, irrigiditi in posizioni solenni, con un tratto comico, ridicolizzante. La struttura, ripetuta nei vari quadri, del gruppo fotografico, probabilmente ha origine nell'interesse di Liu Wei per il senso del "tempo che fugge" che le fotografie sovente trasmettono: quell'odore di passato, da vecchia fotografia, è però completamente dissipato dalla sua ironica trattazione"9 . E, nella stessa brochure, Francesca Dal Lago aggiunge:" ... lo stile particolare della pennellata, i colori violenti, gli sfondi di cieli azzurri e di colline verdi con improbabili aerei ed elicotteri che volteggiano tra gli edifici di Pechino, la distorsione dei corpi e le smorfie dei volti, sono il suo commento. È sua l'ironia, sue l'ingenuità e la freschezza con le quali guarda il mondo così ristretto che gli sta attorno"10 .

Questi due commenti ci offrono una prima chiave di lettura. La doccia fredda di Tiananmen costringe Liu Wei ad uscire dai sogni e a guardarsi attorno, e quello che vede o lo commuove o lo disgusta, ma non lo coinvolge. Vede la fine dei miti e, con loro, la decadenza, la pochezza, e cioè lo svanire della patina eroica, della vita di chi vi ha creduto. I suoi genitori, militari dell'Esercito di Liberazione, personaggi prima oggetto di un'iconografia stile "Sublime, Statuario, Perfetto", sono restituiti alla normalità della loro vita in un appartamento dell'arma con gli oggetti quotidiani che lo ingombrano piuttosto che arredarlo: un gigantesco bambi di peluche per il nipotino, il televisore, il térmos dell'acqua calda. La solennità della posa fotografica ci trasmette la dignità della loro esistenza, ma c'è tristezza in questi quadri. Nel ritratto del padre di fronte a Chu De, l'eroe della Rivoluzione ed il semplice soldato sono uguali, anti-eroi, riumanizzati, spogliati di ogni alone mitico. L'espressione degli occhi, il taglio delle labbra sono quelli della disillusione, quasi dell'incredulità..

Un altro ritratto del padre, questa volta a mezzo busto immerso nell'acqua, la stessa postura di una famosa foto del Presidente Mao, è più fortemente ironico. La tensione nello sguardo e nel viso proteso in avanti, sono in forte contrasto con l'essere "a mollo" senza nuotare, il déjà-vu della foto di Mao perde tutta la sua imponenza ed austerità, e fa sorridere.

Un terzo quadro è il ritratto di Mao Zedong morto, avvolto in una bandiera rossa (come si presenta ai visitatori nel mausoleo situato al centro di piazza Tiananmen), sdraiato su un letto di metallo che potrebbe essere un letto d'ospedale, la testa appoggiata su di un cuscino rosso ricamato, come se ne trovano in tutte le case cinesi. Sul tavolino, una coca cola, qualche flacone di medicine, un térmos dell'acqua calda, un poster un po' osé. Mao è disteso all'interno di una normale casa di una comunità di lavoro cinese inizio anni '80, in tutto simile a quelle che si intravvedono dalla finestra. Disporre quel cadavere così importante in una comune abitazione è senz'altro irriverente, dissacrante, ma è anche riavvicinarlo al popolo dei laobaixing che ancora oggi sfilano a decine di migliaia ogni giorno davanti al suo corpo mummificato. Lui è, al di là di tutto, nei loro cuori. Ironia e tenerezza insieme, ancora una volta in funzione deeroicizzante.

Tuttavia, la durezza della sua tecnica realista (appresa all’Accademia e piegata ai propri fini estetici), le lacerazioni della pelle dei suoi personaggi, la violenta vivacità dei colori, l'irregolare distorsione dei visi, lasciano poco spazio ai sentimenti, si impongono, aggrediscono, come pugni nello stomaco.
Li Xianting ha definito quest'arte, di cui Liu Wei e il suo amico e coetaneo Fang Lijun sono i maggiori rappresentanti, col nome di Realismo Critico (Wanshi Xianshi Zhuyi) o di Popi-Art (Popi Yishu). Dice Li: Popi è un termine popolare che ho cercato di definire come concetto. Il significato basilare indica una spiritualità vagabonda, un personaggio disinibito e malizioso, che capta al volo ogni cosa, ma che si preoccupa di ben poco. Va distinto dal concetto dell'hippie diffuso nell'occidente degli anni '60 e sovente usato in Cina come riferimento, poiché il movimento hippie era idealistico, mentre l'attitudine popi è esattamente antiidealistica"11 .

Gli ultimi due anni

L'arte di Liu Wei è evoluta in questa direzione, man mano liberandosi della durezza e dei riferimenti politici, sfociando in un’ironia a tutto campo, su tutto ciò che i cinesi oggi fanno, amano, sono e tutto quello che ipocritamente ostentano di non essere, pur desiderando avidamente di esserlo. Indubbiamente, "Liu Wei è un pittore che si diverte a dipingere. È stanco di un mondo troppo serio e complicato. E quindi ci scherza sopra e ride di tutto, con lo spirito del bambino che disegna i baffi alle statue"12 .

Le dimensioni si allargano, le tele diventano 2x2, la pornografia fa capolino. Donne a tutto campo tratte da riviste giapponesi specializzate in costumi da bagno, la figura quasi rannicchiata su se stessa che trabocca al di fuori della tela di 2 metri; sullo sfondo, nell'acqua, alcuni vecchi dirigenti che guardano con interesse. La Cina lanciata verso il consumismo e tutte le sue piccole-grandi devianze. Liu Wei non giudica, si limita a mettere a fuoco alcuni particolari.

Liu Wei ama la gente, ama i personaggi che ritrae; la sua vita è semplice, fatta di quotidianità di rapporti e di gesti, nessun interesse per il potere o posizioni di forza. Nella sua stanza, tre acquari dove ha sistemato alcune sue terracotte ad invecchiare coi pesci, e sulle quali crescono le alghe: i pesciolini vengono al mondo, e Liu Wei li contepla affascinato.

Due tele: un bambino di alcuni mesi che, sottoposto al rito del bagno, urla a tutta gola.
Una ragazzina che si fa riprendere sullo sfondo della Grande Muraglia con la gonna semitrasparente adorna di fiocchi, avvolta in un turbinio di farfalle e carnosi fiori rossi. L'aria timida, la posizione goffa, visibilmente disarmonica, ma pure alla ricerca di sé, e non più di una posa foto-statica.
L'ego è smussato, la tela rende uguali.

Il suo gusto dell'ironia lo porta ad inserire nei suoi quadri elementi improbabili, se non assurdi. Come quella campana di vetro contenente le figurine di due sposi posta sul tavolo di quella che può sembrare un'ultima cena cinese. Ferma restando la grande importanza che riveste il banchetto in Cina, l'impaginazione dell'opera rimanda direttamente al quadro di Leonardo, a cui l'accenno al portale che inquadra la figura di Mao vuole essere un omaggio. Personaggi, sette dirigenti comunisti: Mao Zedong, Zhou Enlai, Chu De, Hua Guofeng, Dong Biwu e due sconosciuti. Nonostante l'aria sorridente e le mani plaudenti, il banchetto, frugale, è da "ultima cena": in tavola un pollo, delle mele, delle uova, un dolce, forse dei pesci. Compressi in una stanza piccola, direi angusta, squallida, senza decorazione alcuna; sullo sfondo i grattacieli dei nuovi quartieri della nuova Cina: l'atmosfera suggerisce la totale estraneazione dei convitati a ciò che avviene fuori, là non c'è più posto per loro. Una vitalità nervosa percorre i visi restituendo tensione ad una scena che pare essere un ritratto religioso dei dirigenti di ieri. Gli uomini dell'ultima cena sono trattati con tonalità piatte di grigi, verdi e marroni, quasi a sottolineare una loro assenza di peso.

Ancora una volta, l'ironia affidata al parallelismo con la rappresentazione leonardiana, si accompagna alla tenerezza ed al rifiuto di un giudizio.
Quest’ultima produzione vede quindi un ampliarsi dei soggetti della sua arte, il tratto si fa più dolce, levigato, la sua tavolozza si arricchisce di nuove tonalità, la tela abbonda di particolari, di dettagli. Il suo lavoro si precisa, i suoi personaggi acquistano movimento, trasparenza, leggerezza. Direi che il suo lavoro va acquistando maggiore serietà, non è più solamente reazione antiidealistica; è ricerca, in tutte le direzioni, dell'incongruità, dello scarto ironico, di tutto ciò che può generare un sorriso. 

Fermiamo qui la nostra analisi dell'opera di Liu Wei, sottolineando solamente un suo ritorno verso la fine del 1993 alla pittura su carta, con soggetti ironico-erotici. La leggerezza del tratto e la trasparenza dei vari strati di colore sembrano ritornare all'originaria freschezza ed ad un'ispirazione che, forse, gli è più consona.

MONDO CINESE N. 86, MAGGIO-AGOSTO 1994

Note

1 Si fa presente che il termine Post-89 usato in dette manifestazioni e utilizzato in questo articolo, prende come data di demarcazione gli avvenimenti del 4 giugno 1989, meglio conosciuti come "i fatti di Tiananmen". Su certa stampa specializzata della Cina Popolare alcune volte detta dizione viene utilizzata per definire i cambiamenti nell'arte cinese a quaranta anni dalla Rivoluzione (rif. Sun Jin: "Modernization and Post-89 Arts", Guandong Artists, No. 1, 1992, 11.
2  Per ragioni di spazio ci limitiamo a prendere brevemente in considerazione solo lo sviluppo delle tendenze artistiche che maggiormente hanno fatto riferimento all'arte occidentale e che sono confluite nella grande mostra detta appunto China/Avant Garde tenutasi nel febbraio '89 alla Galleria d'Arte Cinese di Pechino.
3  In realtà gli artisti che vi diedero origine sono scaduti quasi subito nel commerciale, ma altri artisti sono seguiti, innescando un profondo rinnovamento dell'arte ad inchiostro cinese e raggiungendo notevoli risultati estetici. A maestri come Jia Youfu, bisogna affiancare giovani come Chen Ping, Lu Yushun, Wang Yanping, Tang Guo e altri che incominciano ad avere ampi riconoscimenti in tutta l'Asia Orientale. Ma questa sezione dell'arte cinese contemporanea meriterebbe una trattazione ben più approfondita.
4  Curata insieme a Francesca Dal Lago.
5  Dopo l'89 si è tornati all'insegnamento per discipline, escludendo categoricamente passaggi da un dipartimento all'altro.
6  Yuanke, Zhongguo shenhua zhuanshuo cidian. Shanghai Cishu Chubanshe, 1985; pp. 271-272.
7  ibid pp. 144-145. Spirito dell'acqua, artefice di calamità ed inondazioni.
8  Stein Rolf A. Le monde en petit. Paris, Flammarion, 1987, pp.66-79.
9  Li Xianting, in The Painting Den: Fang Lijun and Liu Wei Oil painting exhibition. Beijing, march 1992. La sigla The Painting Den sta ad indicare il sodalizio messo in piedi da Francesca Dal Lago e lo scrivente, e che ha organizzato negli anni 1991-1993, in Pechino, una decina di mostre di artisti cinesi contemporanei.
10  Francesca Dal Lago, ibid.
11  ibid.
12  ibid.

Mostre

Aprile 1992 - Pechino - Capital Museum, The Painting Den: Fang Lijun and Liu Wei Oil Painting Exhibition.
Gennaio 1993 - Berlino - China Avant-Garde Exhibition (solo nel catalogo).
Marzo 1993 - Hong Kong - Hanart TZ Gallery: New Art from China: Post-1989.
Giugno 1993 - Venezia - Biennale.
Settembre 1993 - Oxford - Museum of Modern Art: New Art from China:Post-1989.
Novembre 1993 - Usa - Creese Gallery: One-Man Show of Liu Weí s Guohua.
Novembre 1993 - Hong Kong Asian Art Fair.
Dicembre 1993 - Londra - Marlborough Gallery: New Art from China: Post-1989.

Bibliografia

China's New Art. Post-1989. With a retrospective from 1979-1989. Hanart TZ Gallery, 1993.
China Avant-Garde. Edition Braus, Heidelberg, 1993.
"Contemporary Chinese Art", Orientations, July 1992.
The Painting Den: Fang Lijun and Liu Wei Oil Painting Exhibition, Beijing, 1992.
New Art from China: Post-1989. Marlborough Fine Art Ltd; London, 1993.
Artslink, Hong Kong, February 1993.
Lu Peng, Yi Dan: A History of China Modern Art 1979-1989, Hunan Meishu Chubanshe, 1992.
Dagen, Philippe: "Liu Wei, peintre, chinois et blasphémateur", Le Monde, 3 février 1994.
Li Xianting, "Il sentimento della noia nell'arte cinese dei nostri giorni", 21th Century, 2, 1992, Hong Kong.
Mayching Kao, Twentieth-Century Chinese Painting, Hong Kong, Oxford University Press, 1988.
The works of Lu Sheng Zhong, Hunan Meishu Chubanshe, 1991

 

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