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SAGGI

Lo sviluppo dell'economia di mercato in Cina*

di Marina Miranda

SOMMARIO: 1 - L'economia di mercato socialista. 2 - La riforma delle imprese statali. 3 - La creazione di un mercato finanziario

1 - L'economia di mercato socialista

Negli ultimi quattro anni la Repubblica Popolare Cinese è stata protagonista di uno sviluppo economico così rapido e sorprendente che non ha quasi precedenti nella storia dell'economia mondiale. Basti pensare all'incredibile aumento del PIL, che nel 1990 e nel 1991 è stato del 4% e del 7,7%, fino ad arrivare al 12,8%, al 13,4% e al 12,7% rispettivamente nel 1992, nel 1993 e nei primi quattro mesi del 19941 .

Questa stupefacente crescita sperimentata dalla Cina fa sì che il suo sviluppo possa essere ormai avvicinato a quello degli altri paesi che fanno parte della cosiddetta "Est-Asia", l'area di maggiore sviluppo dell'economia mondiale, come il Giappone, la Corea del Sud, Taiwan, Hong Kong e Singapore2 .
Le profonde trasformazioni operate nell'economia della Repubblica Popolare possono essere ormai considerate irreversibili, soprattutto dopo la nuova e decisiva svolta impressa al programma di riforma dalla Terza Sessione Plenaria del XIV Comitato Centrale, che si è tenuta dall'11 al 14 novembre 19933 . Proprio alla luce delle decisioni emerse in questa sede, l'introduzione dei meccanismi di mercato nel sistema economico appare ormai definitiva e irrevocabile: essa deve essere infatti allargata, mediante un più stretto coordinamento, da alcuni settori precedentemente privilegiati a tutti i comparti dell'economia. Intorno alla formula che cerca di combinare il totalitarismo in campo politico con il liberismo in quello economico, Jiang Zemin è riuscito a coagulare i consensi contro il gruppo dei "conservatori", in virtù della straordinaria crescita economica sperimentata dal paese4 .

L'importanza della Terza Sessione Plenaria del XIV Comitato Centrale, definita dagli organi ufficiali del partito come una riunione storica, è stata così paragonata a quella di altri rilevanti momenti che negli ultimi 15 anni hanno segnato le fasi decisive del processo di riforma. Tali fasi, quasi per caso, sono state tutte precedute da altrettante Terze Sessioni Plenarie di diversi Comitati Centrali: come quella dell'XI Comitato Centrale che nel Dicembre 1978 dette il via al processo di riforma e quella del XII Comitato Centrale che nell'Ottobre 1984 spostò il centro delle riforme dalle aree rurali a quelle urbane.
Il documento politico approvato, nel novembre 1993, da questa Terza Sessione Plenaria può essere considerato la vittoria più significativa della linea di Deng Xiaoping e una prima garanzia che la politica di liberalizzazione in campo economico e di apertura verso l'esterno non dovrebbe subire sostanziali mutamenti anche dopo la sua scomparsa. Infatti l'atmosfera politica di questo plenum è stata anticipata e, in un certo senso, preparata, agli inizi di novembre, dalla enorme propaganda fatta dai mass media e dalla stampa di partito alla pubblicazione del terzo volume delle "Opere Scelte" di Deng Xiaoping, che raccoglie i discorsi tenuti dall'anziano leader dal 1982 al 19925 .

Una particolare importanza assumono proprio alcuni dei discorsi più recenti, che risalgono all'inizio del 1992, quando, durante il suo viaggio nel sud del paese, nelle "Zone Economiche Speciali", Deng lanciò una delle più mirate offensive contro lo schieramento conservatore del partito. In tale occasione l'anziano leader sostenne la necessità di accelerare l'introduzione dei meccanismi di mercato e della concorrenza nel sistema economico, dando nuovo slancio al programma delle riforme, che già dal 1988 si trovavano in una situazione di stallo, caratterizzata da continue inversioni di tendenza e dall'alternanza di scelte diverse, a causa dell'inasprirsi dello scontro tra i diversi schieramenti al vertice del Partito Comunista.

Nel corso della Terza Sessione Plenaria del XIV Comitato Centrale quindi è di nuovo prevalsa la decisione di accelerare le riforme economiche, nonostante fossero stati molteplici i segnali di un "surriscaldamento" dell'economia, causato principalmente dall'aumento degli investimenti infrastrutturali e dall'incremento della quantità di moneta in circolazione. Infatti, al fine di frenare l'inflazione e rallentare la crescita del PIL, che non avrebbe dovuto superare il 10%, appena qualche mese prima, nell'estate del 1993, era stato varato un programma di austerità, il "Piano economico in 16 punti"6 . Tale direttiva del governo centrale non era però stata rispettata dai programmi di sviluppo locali, soprattutto da quelli delle province più ricche del sud, che avevano continuato a favorire invece lo sviluppo e la crescita economica. Inoltre il perdurare di una politica di austerity avrebbe causato un indubbio malcontento tra la popolazione e avrebbe riproposto una situazione simile a quella della fine del 1988, quando le misure impopolari varate in campo economico prepararono il terreno per le manifestazioni di piazza del 1989.

Dal momento che il costante miglioramento del tenore di vita della maggior parte della popolazione costituisce ormai l'unica garanzia di stabilità politica per il regime, è facile quindi prevedere che nel prossimo futuro le direttive politiche continueranno a dare priorità assoluta allo sviluppo economico.
Infatti la volontà di estendere l'economia di mercato a tutti i comparti produttivi ha già trovato conferma, nel marzo 1994, nei lavori della 2° Sessione dell'VIII Assemblea Nazionale del Popolo. In questa sede inoltre, al fine di rafforzare con una legislazione appropriata i diversi indirizzi delle riforme, sono stati presi in esame circa 150 progetti di legge, di cui 54 riguardano il settore economico, 18 quello culturale, scientifico e di tutela ambientale, 25 la riforma istituzionale degli organi dello stato7 . II 1994 potrà così essere ricordato come l'anno di maggiore attività in campo legislativo.

Il concetto della cosiddetta "economia di mercato socialista" (shehuizhuyi shichang jingji) era già stato introdotto ufficialmente nella terminologia economica dal documento approvato dal XIV Congresso del Partito, svoltosi nell'ottobre 19928 . Quella dell'economia di mercato costituisce una fase di maggiore liberalizzazione delle forze produttive, in cui i meccanismi di mercato e le leggi della concorrenza assumono un ruolo predominante nell'allocazione delle risorse sociali e produttive, in precedenza affidata prevalentemente alla pianificazione9 . Questo quindi è uno stadio più avanzato rispetto a quello precedente della "economia delle merci" (jingji shangpin), in cui il mercato veniva affiancato alla pianificazione centralizzata, formulato ufficialmente dal documento politico del XIII Congresso del Partito, nell'ottobre 198710 . A ribadire dal punto di vista ideologico che il "socialismo dalle caratteristiche cinesi" può quindi fare un "corretto uso" dei meccanismi economici del capitalismo, è stato il libro di Jiang Zemin, "Che cos'è l'economia di mercato", edito nell'aprile 1993, cui è stato dato grande risalto dalla stampa di partito11 .

Dal punto di vista teorico, è stata così risolta l'antica polemica tra "piano" e "mercato": alla luce dell'evoluzione economica a livello mondiale, che ha introdotto elementi di pianificazione nei paesi capitalisti e i meccanismi di mercato in quelli socialisti, il piano e il mercato non contraddistinguono più uno solo dei due sistemi12 . Sarà perciò il mercato a regolare ogni tipo di attività economica secondo le proprie leggi, mentre il ruolo della pianificazione sarà ridimensionato a un'azione di controllo esercitata dallo stato mediante gli strumenti di politica economica13 .

Il documento che però rappresenta una definitiva rottura con l'ortodossia marxista e una decisiva apertura verso le pratiche del liberismo economico è quello approvato dalla Terza Sessione Plenaria del XIV Comitato Centrale, articolato in 50 punti, raggruppati in 10 sezioni, noto come le "Risoluzioni del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese riguardanti alcuni problemi nella costruzione del sistema dell'economia di mercato socialista"14 . In base ad esso, per sviluppare l'economia di mercato bisogna innanzitutto incoraggiare la corretta competizione tra i diversi soggetti economici e costruire un mercato unico nazionale, eliminando le barriere regionali. A tal fine, bisogna spingere le imprese statali nel sistema di mercato per migliorare la loro efficienza e produttività, riformare il sistema bancario e creditizio per renderlo rispondente agli standards internazionali, razionalizzare i rapporti tra i prezzi e creare un mercato immobiliare, un mercato dei capitali e un mercato della forza lavoro. Questi due ultimi concetti costituiscono un'importante innovazione dal punto di vista terminologico, volta a superare vecchi tabù ideologici, che imponevano, ad esempio, di adoperare al posto del primo di essi quello di "mercato dei fondi".

Si rende inoltre necessario, nell'ambito di una più estesa riforma tributaria, riequilibrare i rapporti tra i governi provinciali e quello centrale, attraverso la revisione delle aliquote fiscali versate dalle province; tra esse, soprattutto quelle più ricche, grazie a una politica di decentramento selvaggio, gestiscono autonomamente le proprie risorse finanziarie, destinate ai programmi di sviluppo locali, versando alla capitale percentuali di imposta minori persino di quelle fornite dalle province più povere15 .

Sebbene il settore statale sia ancora considerato come il pilastro fondamentale dell'intera economia, in base alle nuove "Risoluzioni" viene però pianificato il simultaneo sviluppo di tutti i settori economici, soprattutto del terziario, nel quale la presenza di soggetti economici non appartenenti al settore pubblico è preponderante. Tale sviluppo necessita soprattutto di capitali e investimenti stranieri; a tal fine ai governi locali, anche a livello di distretto, è stato concesso il potere di ratificare joint ventures, un potere che in precedenza era prerogativa quasi esclusiva del governo centrale e di quelli provinciali.
Il concetto di economia di mercato è stato poi inserito anche nella costituzione in vigore dal 1982, attraverso una serie di emendamenti che hanno eliminato la legislazione riguardante la pianificazione economica. Tali emendamenti sono stati approvati dalla 1° Sessione dell'VIII Assemblea Nazionale del Popolo, i cui lavori si sono svolti a marzo 199316 . Ad esempio, nell'art. 3 della costituzione è stata inclusa l'enunciazione della teoria del socialismo dalle caratteristiche cinesi, che si serve dei meccanismi di mercato per realizzare la modernizzazione socialista17 . È stato poi modificato l'art. 5 e in particolare la dicitura "economia gestita dallo stato", che diventa "economia a proprietà statale": diversificando in tal modo il concetto di proprietà da quello di gestione. Lo stato non amministrerà più direttamente quei soggetti economici come le imprese statali (art. 8)18 . Per quanto riguarda inoltre il settore agricolo, è scomparso ogni riferimento alle comuni popolari e alle cooperative agricole di produzione nell’art. 6, in base al quale il sistema di responsabilità degli appezzamenti agricoli su scala familiare è considerato il modello principale di sviluppo agricolo19 .

Bisogna sottolineare che la carta costituzionale viene così considerata come un documento che può e deve essere trasformato in base all'evolversi della società, per non diventare un ostacolo al mutamento sociale. Come è già avvenuto, gli emendamenti costituzionali approvati nel 1988 sono stati essenziali per l'espansione e lo sviluppo dei settori a cui essi si riferivano: l’art. 2, in base al quale la vendita della terra era considerata incostituzionale, è stato modificato con il riconoscimento della negoziabilità del diritto di utilizzo della terra; inoltre un comma aggiunto all'art. ha sancito il riconoscimento da parte dello stato dell'esistenza e dello sviluppo dell'economia privata20 .

2 - La riforma delle imprese statali

La seconda sezione delle "Risoluzioni del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese riguardanti alcuni problemi nella costruzione del sistema dell'economia di mercato socialista”21 tratta in modo specifico della riforma delle imprese appartenenti al settore statale, che costituiscono l'ossatura dell'intero comparto industriale22 . La riforma di questo settore costituisce un problema di vitale importanza, il cui esito negativo potrebbe pregiudicare il successo dell'intero programma in altri campi dell'economia.

Per quanto riguarda la produzione industriale, il valore percentuale fornito dal settore statale è in progressivo calo: nel 1980 esso forniva il 79,4% della produzione globale, nel 1985 il 70,6%, nel 1990 il 60,4%, nel 1991 il 57%; secondo le previsioni, nel 1995 tale percentuale potrebbe diminuire al 50%23 .
Il settore dell'industria statale è già stato oggetto delle riforme fin dal 1978; in tale anno è stato costituito il sistema dei fondi di impresa, nel 1979 è stato introdotto il sistema del trattenimento del profitto, nel 1980 e nel 1983 la tassazione ha preso il posto della rimessa del profitto allo stato. Tali riforme sono state finalizzate a concedere maggiore autonomia alle imprese, attraverso una graduale decentralizzazione dei poteri manageriali, soprattutto in materia finanziaria. Alla fine del 1986 è stato introdotto un sistema di contratto tra le imprese di dimensioni grandi e medie, al fine di promuoverne la produttività ed eliminarne l'inefficienza. Nell'aprile 1988, con l'emanazione di una prima legge organica riguardante l'industria statale, si è tentato di adeguare il management delle aziende alle leggi della domanda e dell'offerta al fine di ridurre il pesante carico dei sussidi governativi. A causa delle perdite nella gestione subite da circa il 40% delle imprese statali, i sussidi erogati dallo stato, che nel '78 ammontavano al 5,2% delle spese generali di bilancio, sono aumentati al 15,2% dal 1985 al 1988, fino ad arrivare al 21% nel 1989 e continuando a crescere a dismisura negli anni successivi24 .

Il destino delle imprese è così strettamente legato a quello degli istituti finanziari che le mantengono in vita e tale dipendenza costituisce un enorme ostacolo alla riforma del sistema bancario. In un sistema creditizio che operi effettivamente basandosi sulle leggi di mercato, non si potrà più permettere che i finanziamenti erogati siano pilotati da decisioni politiche del governo centrale e che si concedano prestiti a fondo perduto a soggetti economici improduttivi e inefficienti. Questo aspetto della riforma è estremamente importante perché si possa superare l'attuale fase di economia ibrida, a metà strada tra l'economia pianificata e quella di mercato, in cui sono operanti però i meccanismi peggiori di ambedue i sistemi.

Ma se si vorranno tagliare i sussidi governativi, si dovranno chiudere o lasciare che falliscano le imprese statali in deficit. Alcune imprese di dimensioni minori invece potrebbero essere cedute o vendute a collettivi e individui. Questo è un aspetto della riforma estremamente delicato dal punto di vista sociale, che interesserebbe il 43% dell'intera forza lavoro del paese: l'eliminazione della cosiddetta "ciotola di riso di ferro" provocherebbe così un'enorme disoccupazione, che potrebbe colpire più di 30 milioni di individui25 . Tale problema rappresenta infatti un fattore di enorme instabilità sociale: all'inizio del 1994 le fonti ufficiali hanno stimato per difetto al 3% il tasso di disoccupazione, che interesserebbe circa 4 milioni di individui nei soli centri urbani26 . Ma la minaccia più grave per il regime è costituita dal malcontento della classe operaia: agli inizi del 1994, a Xi'an, Tianjin27 e nello Heilongjiang28 , si sono già verificati scioperi di massa cui non è stato dato risalto dalla stampa di partito.

Le "Risoluzioni" della Terza Sessione Plenaria del XIV Comitato Centrale29 , sebbene rispecchino i principi che avevano già ispirato l'emanazione delle "Norme Provvisorie sulla Riforma del Sistema di Gestione delle Imprese Statali", nel luglio 199230 , rispetto a queste ultime, sottolineano un'importante distinzione tra proprietà e gestione. Il diritto di proprietà continua ad appartenere allo stato, mentre la responsabilità della gestione spetta alle imprese stesse, dotate di personalità giuridica, secondo il codice civile e responsabili dei propri profitti e delle perdite. Come si è già accennato, infatti uno degli emendamenti costituzionali è stato quello di sostituire la dicitura dell'art. 8, "imprese a gestione statale" (guoying qiye), con quella "imprese a proprietà statale" (guoyou qiye)31 .

In tal modo le funzioni degli organi statali, sia centrali che periferici, devono essere separate dalla gestione delle imprese e non devono in alcun modo interferire con essa. Sono stati denunciati diversi casi di enti statali che non hanno invece voluto recidere i legami con le imprese. Alcuni ministeri infatti hanno continuato a mantenere gruppi di imprese affiliate a essi o direttamente dipendenti da essi, privandole completamente di ogni autonomia, nella distribuzione dei profitti, nella decisione delle quote di produzione e nell'allocazione delle materie prime32 . Il maggiore ostacolo al successo di questa riforma dell'industria statale è rappresentato proprio dalla resistenza della classe dei burocrati di partito, timorosi di perdere poteri e privilegi acquisiti.

La maggior parte degli economisti cinesi ritiene che, al fine di separare le funzioni dello stato da quelle delle imprese, il modello organizzativo più appropriato sia la loro trasformazione in società per azioni33 . In base a quanto già previsto in base alle "Norme" del 199234 , soltanto in alcuni settori strategici, come ad esempio, l'industria degli armamenti, lo stato conserverebbe il 100% delle quote azionarie, negli altri casi, per le imprese di grandi dimensioni, resterebbe pubblico soltanto il 51 % delle azioni e per quelle di dimensioni medie e piccole la maggioranza o la totalità delle quote sarebbe trasferita a terzi. Le azioni potranno essere distribuite tra i risparmiatori, i lavoratori dell'impresa, gli enti pubblici e altre imprese. Gli investitori godranno, in misura delle quote di capitale investito, del diritto di partecipare alla suddivisione dei dividendi, di intervenire nel consiglio d'amministrazione nelle decisioni aziendali e nella scelta dei manager dell'impresa35 . Si prevede inoltre la possibilità che imprese di dimensioni medie e piccole possano essere trasformate in joint venture, con la partecipazione di capitali stranieri36 .
Bisogna però chiarire che tali riforme non significano una generale privatizzazione: la proprietà deve rimanere in prevalenza pubblica, nel quadro di un economia mista, in cui è riconosciuta la supremazia del settore statale37 .

Il progetto di trasformazione delle imprese in società per azioni è già stato sperimentato su alcune di esse: è stato adottato per la prima volta nel luglio 1984 dalla società che gestisce i Grandi Magazzini Tianqiao di Pechino e nel corso del 1988 e del 1989 è stato esteso a più di 6.000 imprese dell'intero paese, a Canton, a Shanghai, nelle province dello Heilongjiang, del Liaoning, del Fujian38 . I risultati sono stati ovunque molto soddisfacenti dal punto di vista dell'efficienza e della produttività.
Recentemente sono stati introdotti altri tipi di organizzazione aziendale: una gestione "differenziata" è stata sperimentata in un'impresa di grosse dimensioni, già trasformata in società di capitali, la Società Cinese delle Macchine Tessili a responsabilità limitata. Tale azienda, che impiegava più di 6.000 persone, è stata riorganizzata in più di 20 società dotate di personalità giuridica indipendente e con circa 6 impianti autonomi39 . Sono stati effettuati anche consistenti tagli al personale in eccesso: gli oltre 6.000 dipendenti sono già stati ridotti a 4.000 e un'ulteriore riduzione a 1.000 unità è prevista per il 1995. Allo stesso modo per le sue strutture interne, come mense, asili nido, è iniziata una nuova gestione secondo criteri che rispondono alle leggi di mercato.

3 - La creazione di un mercato finanziario

Negli ultimi quattro anni sono stati mossi i primi passi per la creazione di un mercato finanziario, verso il quale far affluire capitali sia interni che esteri. Dopo che nel '49-'50 furono chiuse tutte le borse valori del paese, per la prima volta ne è stata aperta una a Shanghai, nel dicembre 1990, e un'altra a Shenzhen, nel giugno 1991. Esse trattano diversi tipi di azioni societarie, obbligazioni e titoli pubblici; questi ultimi sono però progressivamente diminuiti in percentuale rispetto all'intero volume dei titoli trattati. A Shanghai è stato inaugurato per la prima volta anche un mercato dei "futures" nel luglio 199240 .

Analizzando le caratteristiche di ciascuna delle due principali borse valori, gli osservatori ritengono che quella di Shanghai potrebbe potenzialmente diventare il vero centro del mercato finanziario nazionale, mentre quella di Shenzhen sembrerebbe destinata a rimanere un satellite del mercato di Hong Kong, alle cui esigenze essa risponde e da cui proviene la maggior parte degli investitori41 .

A differenza delle borse di Taipei e Seoul, che hanno aperto solo gradualmente agli investitori esteri, il governo di Pechino ha bruciato invece le tappe, emettendo azioni speciali di tipo "B", titoli denominati in Renminbi, ma venduti in valuta pregiata, sulla base di tassi di cambio dello yuan inferiori a quello ufficiale. Per beneficiare di tale costo minore, alcuni cittadini cinesi si sono adoperati per ottenere illegalmente questi titoli destinati agli investitori stranieri. Comunque l'emissione di azioni di tipo "B" ha subíto sorti incerte, dovute a notevoli ostacoli di carattere burocratico, oltre al rischio connesso a tale investimento, che è diventato sempre più elevato42 .

Anche se altre località, come, ad esempio, le province di Hainan e del Fujian, sono state autorizzate a istituire borse valori, risultano moltissime le località dove sono scambiati titoli senza autorizzazione ufficiale e la cui attività, sebbene venga ripetutamente sospesa dalle autorità, provoca il caos sui mercati finanziari43 .

Fino al 1993 questi giovani mercati finanziari non godevano di alcun strumento di tutela istituzionale, non essendo stata ancora varata una legislazione appropriata e non essendo stati costituiti enti di sorveglianza. Di conseguenza l'attività di queste borse valori si è rivelata particolarmente animata: esse hanno manifestato enorme instabilità e fluttuazioni, subendo manovre di forte speculazione e di aggiotaggio.

Soltanto nel maggio 1993 sono state emanate le "Norme provvisorie che regolano l'emissione e la transazione di titoli e azioni"44 , volte ad unificare il mercato azionario e a tutelare i diritti e gli interessi degli investitori. Sono stati istituiti due organismi di controllo, dipendenti dal Consiglio degli Affari di Stato: una Commissione che sovrintende alle operazioni di borsa, vigilando sulla regolarità delle transazioni e una Commissione di controllo e supervisione sull'intero mercato nazionale, che autorizza le diverse società a ottenere quotazioni in borsa ed effettua l'arbitrato nelle dispute finanziarie. Gli 84 articoli delle "Norme provvisorie" riguardano l'acquisto, la custodia, la vendita e ogni operazione di scambio dei titoli, nonché l'emissione delle azioni da parte delle compagnie quotate. Alfine di ottenere che le proprie azioni siano quotate sul mercato, un'impresa deve possedere lo status giuridico di società a responsabilità limitata e certificare un capitale sociale non inferiore a 30 milioni di yuan. Le azioni emesse devono essere pari ad almeno il 35% del capitale totale, il 25% di esse deve essere venduto a terzi e solo il 10% offerto ai dipendenti della stessa azienda45 . Ma il fatto che una società sia o meno quotata in borsa dipende principalmente da una decisione discrezionale delle autorità governative e non esclusivamente dal suo fatturato. Inoltre, per l'emissione delle azioni, le società si ispirano a criteri per la certificazione dei bilanci molto lontani dagli standard internazionali.

I mercati finanziari cinesi sono dominati in prevalenza da investitori istituzionali, società e organizzazioni di intermediazione finanziaria, ma ad essi affluiscono anche i singoli individui. Nella Repubblica Popolare, negli ultimi due anni, sta crescendo la febbre delle speculazioni in borsa, un fenomeno simile a quello che si è verificato a Taiwan alla fine degli anni 1980: i risparmiatori ritirano i loro depositi dalle banche per investire a qualsiasi costo sul mercato azionario.

Le autorità cinesi hanno dovuto affrontare non pochi problemi di ordine pubblico, ben diversi da quelli dovuti alle passate dimostrazioni di piazza e che sono stati causati invece dall'affluenza di enormi masse umane verso i centri finanziari in occasione di ogni nuova emissione di titoli; a Shanghai, per esempio, per distribuire in maniera ordinata le opzioni sull'acquisto, è stata istituita una lotteria, in cui è stato estratto a sorte il diritto a tale opzione46 .

Disordini molto gravi si sono invece verificati a Shenzhen, nell'agosto 1992: la polizia si è scontrata con migliaia di dimostranti, inferociti per non essere stati in grado di ottenere i modelli per l'acquisto della nuova emissione di titoli, di cui avevano invece fatto incetta residenti, funzionari delle banche e autorità locali47 .

L'aspetto più significativo di questo fenomeno è proprio il grande entusiasmo dimostrato dai piccoli risparmiatori, ai quali sono concesse ben poche altre possibilità di investimento. Tali scarse possibilità spingono la gente a investire e speculare persino sui francobolli, sia rari che sulle nuove emissioni, come avviene, ad esempio, a Pechino, nella zona di Liulichang.

Nel 1992 i risparmi dei residenti urbani sono stati stimati a più di 900 miliardi di yuan, mentre essi ammontavano solo a 360 milioni di yuan nel 1978; la liquidità complessivamente a circa 2.000 miliardi di yuan e gli investimenti, compresi titoli pubblici, obbligazioni e azioni a 200 miliardi di yuan48 .
Il miglioramento del tenore di vita di larghi strati della popolazione è ormai sempre di più l'unica garanzia di stabilità per un regime che nega ogni tipo di democratizzazione del sistema politico. Il crescente benessere economico si indirizza prevalentemente verso i consumi, i beni e gli sport di lusso, come, ad esempio, il golf. Nonostante la penuria dei campi, questo sport dal 1985 è diventato molto popolare soprattutto tra i giovani nuovi ricchi del sud, dove è stato importato da Hong Kong. Esso è praticato anche da quadri del partito: l'unica carica ufficiale ancora detenuta da Zhao Ziyang è quella di presidente del Golf Club di Pechino49 .

La febbre del consumismo ha inoltre riportato in auge vecchie abitudini, come il gioco d'azzardo e le corse di cavalli, che ricordano un'atmosfera precedente al '49. Le scommesse, anche se ufficialmente vietate, sono state numerosissime alla prima manifestazione ippica che si è svolta a Canton nell'aprile 199250 .

È ormai riconoscibile un particolare strato sociale di cui fanno parte i nuovi ricchi: contadini, manager di imprese a partecipazione straniera, artisti, atleti, lavoratori individuali e imprenditori privati51 . Questi nouveaux riches, che si sono arricchiti in tempi assai brevi e che popolano i centri delle Zone Economiche Speciali, Wenzhou e Shanghai, vengono comunemente etichettati come "gente da diecimila yuan" (wan yuan hu) o "signori del contante" (kuan ye).

Ma il processo di riforma ha generato anche acute disparità sociali: se ha provocato da una parte l'ascesa di nuovi ceti sociali, dall'altra ha causato la graduale emarginazione e il progressivo impoverimento di molti altri strati della popolazione. Infatti l'inflazione galoppante sta erodendo il potere d'acquisto dei lavoratori salariati: l'aumento dei prezzi al consumo nei primi mesi del 1994, secondo le stime ufficiali, sarebbe oscillato tra il 21 e il 25 %, ma si calcola che nelle maggiori città esso abbia toccato circa il 39%52 . Inoltre enormi masse di individui sono state spinte sulla soglia dell'indigenza più estrema, come, ad esempio, i circa 130 milioni di lavoratori agricoli senza più occupazione, a causa della riduzione della superficie dei terreni coltivabili, i quali affluiscono nelle città, senza la garanzia di un alloggio fisso, alla ricerca di lavori occasionali53 .

Ed è proprio tra i centri urbani e le aree rurali che si sta approfondendo notevolmente il divario: nei primi il tenore di vita si è talmente elevato e il livello dei prezzi è tanto aumentato da far sì che, dal 1985 al 1992, il consumo medio pro-capite è cresciuto del 60%, rispetto al 37% delle campagne54 .
Enormi differenze esistono anche tra le diverse regioni del paese: si sta infatti acutizzando la disparità tra le aree più arretrate dell'interno e le ricche province costiere del sud-est, dove il reddito pro-capite è aumentato dal 1978 al 1992 quasi del doppio rispetto a quello delle altre zone del paese55 .

MONDO CINESE N. 86, MAGGIO-AGOSTO 1994

Note

* Lavoro eseguito nel quadro delle ricerche finanziate dal C. N. R. su "L'economia cinese tra continuità e rinnovamento", dirette dal Prof. Piero Corradini presso l'Istituto Italo-Cinese per gli Scambi Economici e Culturali.
1  "Woguo shangbannian guomin jingji fazhan shitou qiangjing zhiyue yinsu tuchu", Xinhua Yuebao, n. 7, Luglio 1993, p. 78; "Significant social changes since 1992", Beijing Review, vol. 36, n. 25, 21-27 Giugno 1993, p. 34; "Advances for socialist market economy ", International Herald Tribune, 30.5.94, p. 5.
2  Nan Fangshuo, "Dalu jingji jiang chengwei yazhou da yinqing", Jiushi Niandai, n. 2 (289), Feb. 94, pp. 36-37.
3  "Zhonggong shisijie sanzhong quanhui zai jing juxing", Renmin Ribao, 15.11.93, p.1.
4  Qi Yin, "Zhonggong shisijie sanzhong quanhui de zheng jing keti", Jiushi Niandai, n. 11 (286), Nov. 93, pp. 24-25.
5  Jiang Zemin, "Zai xuexi Deng Yiaoping wenxuan disan juan baogaohui shang de jianghua", Renmin Ribao, 4.11.93, p. 1; "Zhonggong Zhongyang ganyu xuexi Deng Xiaoping wenxuan-disan juan de jueding", Renmin Ribao, 3.11.93, p. 1. "Guanghui de qizhi, kexue de zhinan", ibid.
6  Summary of World Broadcast, parte III, The Far East, 26. 7. 93, FE1698/B2-3.
7  Zhu Jing, "Zai shenhua jingji gaige shang duo xia gongfu", Jingji Baodao, n. 11 (2360), 14.3.94, pp. 10-11. Geng Yuxin, "Reform advance relies on legislation", Beijing Review, vol. 37, n. 11, 14-20 Marz. 1994, p. 4.
8  Jiang Zemin, "Jiakuai gaige kaifang he xiandaihua jianshe bufa, duoqu you Zhongguo tese shehuizhuyi shiye de geng da shengli", Renmin Ribao, 13.10.92, pp. 1-2.
9  Liu Guoguang, "Guanyu shehuizhuyi shichang jingji lilun de jige wenti", Jingji Yanjiu, n. 10, ott. 1992, pp. 8-18; Zhou Shulian, "Shehuizhuyi shangpin jingji lilun de zhong da fazhan", Jingji Guanli, n. 12, Dic. 1992, pp. 9-11.
10  Zhao Ziyang, "Yanzhe you Zhongguo tese de shehuizhuyi daolu qianjin", Jingji Ribao, 4.11.87, p. 1. Per una definizione completa del termine shangpin jingji, si veda Zhongguo Da Baike Quanshu, Jingji, vol. 2, Beijing-Shanghai, Zhongguo Da Baike Quanshu Chubanshe, 1988-89, pp. 786-87.
11 "Shenme shi shehuizhuyi shichang jingji zhuyao neirong yu bianxie tedian", Renmin Ribao, 19.11.93, p. 2.
12 Fang Sheng, "Duiwai kaifang he liyong zibenzhuyi", Renmin Ribao, 23.2.92. , p. 1.
13 ibid.
14 "Zhonggong Zhongyang guanyu jianli shehuizhuyi shichang jingji tizhi ruogan wenti de jueding", Renmin Ribao, 17.11.93, pp. 1-2.
15 "Guquan daju, yan shou jili”, Xinhua Yuebao, n. 8, Ag. 1993, p. 60.
16 "Xiuzheng xianfa yiyi zhongda yingxiang shenyuan", Renmin Ribao, 25.3.93, p. 2.
17 "Zhonghua Renmin Gongheguo xianfa xiuzheng'an", Renmin Ribao, 30.3.93, p. 4.
18  ibid.
19  ibid.
20 "Renda huiyi juxing disici quanhui”, Renmin Ribao, 1.4.88, p. 1.
21 Renmin Ribao, 17.11.93, op. cit. , p. 1.
22  La proprietà statale, cioè la proprietà di tutto il popolo (quanmin suoyouzhi), insieme alla proprietà collettiva delle masse lavoratrici (laodong qunzhong jiti suoyouzhi) formano la proprietà pubblica socialista, che costituisce la base del sistema economico socialista della Repubblica Popolare Cinese.
23  Liu Li, "Dui woguo quanmin suoyouzhi gongye zhuangkuang de chubu fenxi”, Zhongguo Gongye Jingji Yanjiu, n. 4, Apr. 1991, p. 44.  
24  Kuan I Chen, "The prospects of further economic reform in China", Asian Thought and Society, vol. XVI, n. 48, Ott. - Dic. 1991, p. 205.
25  Zheng Zhuyuan, "Dalu jingji guojihua yu siyouhua de qushi jiqi yingxiang", Zhonggong Yanjiu, vol. 26, n. 6 (306), 15.6.92, p. 16.
26  Lincoln Kaye, "Labour pains", Far Eastern Economic Review, vol. 157, n. 24, 16.6.94, p. 32.
27  "Fears of unrest inhibits China's reform efforts", International Herald Tribune, 21.4.94, p. 1.
28  "Inflation, a major factor in social unrest", Inside China Mainland, vol. 16, n. 7, Lugl. 94, p. 32.
29  Renmin Ribao, 17.11.93, op. cit., p.1.
30  "Quanmin suoyouzhi gongye qiye zhuanhuan jingying jizhi tiaoli", Renmin Ribao, 25.7.92, pp. 1-3.
31  Renmin Ribao, 30.3.93, op. cit., p. 4.
32  Ricky Tung, "Transforming the management of Mainland China's state owned enterprises", Issues and Studies, vol. XXIX, n. 12, Dic. 1993, p. 13.
33  He Pin, "Shehuizhuyi shichang jingji xia de qiye gongzi tizhi", Jingji Yanjiu, n. 10, ott. 1993, pp. 60-66.
34  Renmin Ribao, 25.7.92, op. cit., p. 1-3.
35  Jiang Liping "Lun shichang jingji", Xianggang Wenhui Bao, 16.11.92, pp. 2 e 5.
36  Lu Mu, "You hua qiye zuzhi jiegou", Renmin Ribao, 28.5.93, pp. 1-2.
37  Su Lian, "Siyouhua jue bu shi qiye gaige de chulu“, Jingji Guanli, n. 5, Mag. 1991, pp. 59-61
38  "Quanguo gufen qiye yu lianqian jia", Renmin Ribao, 3.1.89, p. 1.
39  Yu Chuanshi, "Zhong fang jixie gufen gongsi fen quan siying“, Guangming Ribao, 22.1.93, p. 4.
40  Lincoln Kaye, "Future conditional", Far Eastern Economic Review, vol. 155, n. 25, 25.6.92, pp. 62-63.
41  David Schlesinger, "A slow starter, Shanghai now aims for past glory", International Herald Tribune, 30.6.92, p. 6.
42  "China urged to suspend stock issues", International Herald Tribune, 13.4.92, p. 6.
43  Nicholas D. Krostof, "Striding towards freer market", International Herald Tribune, 29.6.92, p. 2.
44  Summary of World Broadcast, parte III, The Far East, 11.5.93, FE1685/B2-3.
45  ibid.
46  "China to offer stock by lottery", International Herald Tribune, 9.12.91, p. 7.
47  Paul Mooney, "Irrational rationing", Far Eastern Economic Review, vol. 155, n. 33, 20.8.92, p. 65.
48  Zhonggong Yanjiu, 15.6.92, op. cit., p. 16.
49  "Greens for the Reds", Far Eastern Economic Review, vol. 155, n. 43, 29.10.92, pp. 74-75.
50  "Backing an old favourite”, China Now, n. 141, estate 1992, pp. 10-11.
51  Si veda a tal proposito, Marina Miranda, "Alcuni aspetti dell'economia urbana individuale nella Repubblica Popolare Cinese, Mondo Cinese, n. 61, Mar. 1988, pp. 15-19 e "Le imprese private nella Repubblica Popolare Cinese - Sviluppo e normativa recente", Mondo Cinese, n. 65, Mar. 1989, pp. 48-49.
52  Inside China Mainland, n. 7, Lugl. 94, op. cit., p. 32.
53  Far Eastern Economic Review, 16.6.94, op. cit., p. 32.
54  "Gap between city and countryside widens", Inside China Mainland, vol. 16, n. 6, Giug. 94, p. 50.
55  Li Ruojian, "Dangdai Zhongguo shehui fazhanzhong de diqu chaju wenti", Shehui Kexue Zhanxian, n. 5, 1993, p. 114. 

 

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