*Lavoro eseguito nell'ambito della ricerca "L'economia cinese tra continuità e rinnovamento" finanziata dal CNR e diretta dal prof. Piero Corradini.
1. La Cina post riformista. 2. I primi passi verso l'economia socialista di mercato. 3. La manovra del luglio 1993. 4. Il Comitato Centrale del novembre 1993.
1. La Cina post riformista
Con il XIV Congresso del Partito Comunista cinese, che si è tenuto nell'ottobre 1992, il periodo delle riforme, cominciato con il famoso III Plenum, nel dicembre 1978, ha subito un'importante censura1 .
Dal 1978 al 1993, per la verità, il percorso delle riforme era stato tuttaltro che lineare, avendo subito varie battute d'arresto e cambiamenti di indirizzo.
Per molto tempo le perplessità politiche relative all'estensione delle riforme esistenti all'interno del PCC, potevano essere ascritte a due elementi.
Il primo, di natura ideologica, riguardava le finalità che si attribuivano alla politica riformista: si trattava di stabilire se le riforme dovevano servire, come più volte dichiarato, al perfezionamento del sistema socialista oppure alla trasformazione economica del paese. In effetti queste due finalità al momento del varo delle riforme non sembravano affatto essere in contrapposizione, anzi, secondo un convincimento assai esteso, si riteneva che lo sviluppo economico del paese avrebbe portato anche al perfezionamento del socialismo. Sviluppo economico ed emancipazione politica erano due facce della stessa medaglia.2
Aver stabilito limiti "socialisti" alle riforme aveva una importante implicazione pratica: che le iniziative di politica economica non avrebbero potuto superare i limiti imposti dall'ideologia. I cambiamenti che sarebbero stati introdotti non avrebbero dovuto arrecare danno alla natura socialista del sistema cinese.3
Fin dalle prime battute, si pensi per esempio alla decollettivizzazione delle campagne, e più ancora al pacchetto delle riforme urbane del 1985, fu chiaro che nonostante le dichiarate intenzioni dei riformatori, le iniziative di riforma andavano effettivamente ad intaccare la natura del sistema e più ancora la struttura di potere al centro della quale vi era il Partito comunista cinese.
Proprio il mantenimento della struttura del potere era il secondo motivo di perplessità ed in particolare generava non poche e ricorrenti resistenze il rischio di un suo ridimensionamento, che è stato alla base di ricorrenti resistenze alle riforme di una parte del PCC.
Si riteneva che gli effetti diretti, ma soprattutto quelli indiretti delle riforme potessero diminuire il potere del partito all'interno della società.
I fatti hanno paradossalmente dimostrato che i conservatori, che naturalmente si schierarono per il mantenimento della centralità del PCC all'interno della società cinese, avevano in parte ragione: le riforme economiche intaccavano direttamente anche il sistema di potere sul quale si basava il partito.
Nel settore rurale aver abolito le comuni popolari e più in generale la struttura collettiva del lavoro ha comportato uno spostamento del potere rurale dalle entità collettive, in cui era fortissima la presenza del partito, alle famiglie. Sulla rinnovata importanza del ruolo dei nuclei famigliari e dei clan, sia nell'economia, ma soprattutto nella società si è scritto molto e non conviene qui approfondire questo argomento.
Nel settore industriale, si sono verificati importanti cambiamenti4 :
-a) all'interno del comparto della proprietà pubblica si è assistito ad un rilevante incremento dell'autonomia delle imprese. Si è passati dai primi tentativi del sistema
zifu yingkui ai progetti di privatizzazione delle imprese statali di dimensione più grande.
Naturalmente, come si scriveva dianzi, non si è trattato di un processo lineare, ma ha avuto importanti battute di arresto: si pensi per esempio alla lunga gestazione della Legge sul fallimento e della Legge sulle imprese statali, che sancivano sul piano del diritto l'acquisita autonomia delle imprese che si espletava, quindi, non tanto e non solo sul piano dei conti economici, ma investiva in modo aperto l'autonomia contrattuale delle imprese stesse.
-b) La struttura produttiva ha subito importanti modifiche attraverso la crescita dei settori non statali dell'economia.5
Già questi due aspetti da soli implicano di fatto una riduzione del potere diretto esercitato dal partito sulle attività economiche, che naturalmente ha anche avuto delle implicazioni sociali.
È, in generale, possibile affermare che le riforme economiche hanno comportato una rapida crescita della cosiddetta società civile6 , che a sua volta ha prodotto una oggettiva marginalizzazione del ruolo del partito.
Un ulteriore elemento, legato alla riforma economica, ha contribuito a ridisegnare drasticamente i rapporti di potere in Cina: si tratta della crescita del potere delle province.
È un fenomeno non certo nuovo nella storia moderna della Cina, ma il potere del PCC e la particolare struttura centralizzata del paese, avevano in passato impedito che si consolidassero forti ed influenti gruppi di potere locale. Esisteva, forse e con modalità assai specifiche, la questione delle etnie minoritarie specie nel Tibet e nell'area mussulmana del paese, soprattutto nel Xinjiang ed in Mongolia.
Fino all'avvio delle riforme il Centro riusciva a tenere strettamente sotto controllo la provincia attraverso l'influenza diretta che esercitava in economia e con un forte apparato militare.
Attualmente, a seguito dello sviluppo economico della Cina, alcune regioni maggiormente sviluppate rappresentano di fatto interessi economici che spesso non trovano espressione nella politica economica del governo.
La modifica dei rapporti di potere tra centro e periferia è stata evidente in occasione del varo delle misure di austerity decise all'indomani del massacro di Tiananmen. Nel corso del V plenum del XII Comitato centrale, il partito decise di dar corso ad un approccio di politica economica piuttosto conservatore7 : veniva proposta una forte ricentralizzazione della direzione dell'economia, un'accentuazione del ruolo e della presenza dello Stato e obiettivi di crescita assai contenuti.
Queste opzioni di carattere generale vennero poi inserite all'interno dei due documenti di politica economica che costituirono l'articolazione concreta della svolta conservatrice, l'VIII Piano quinquennale e il Piano Decennale.8
Proprio in relazione alle discussioni che hanno preceduto l'approvazione del testo dei documenti di programmazione economica, fu evidente che esisteva una divergenza di tutto rilievo tra il Centro e i rappresentanti delle province del Sud.
I rappresentanti del partito a livello locale contestarono in linea generale la riduzione delle autonomie locali e del decentramento e più in particolare si mostrarono contrari al contenimento della crescita economica, che avrebbe colpito proprio il sud.
Alcune fonti affermano che il testo dei documenti programmatici sia stato rivisto e parzialmente corretto tenendo proprio in conto le posizioni espresse dai rappresentanti provinciali9 . Nonostante le modifiche introdotte, gran parte di quelle indicazioni, come è noto, vennero disattese. I risultati conseguiti dalle province del sud testimonia in modo evidente lo scollamento tra le indicazioni dei pianificatori di Pechino e l'andamento delle realtà regionali. Non tanto perché la direzione pianificata dell'economia aveva perso gran parte della sua incisività: quello che, tuttavia, è accaduto dopo il 1989 solo in parte rientra in questa scarsa applicazione del Piano. Nel caso dell'VIII Piano quinquennale le regioni del Sud hanno applicato politiche economiche coscienti ed elaborate, alternative alle indicazioni di Pechino. Mentre il testo del Piano prevedeva una crescita economica di circa il 6%, le regioni del Sud hanno registrato incrementi che si posizionano tra il 15 e il 30%.
Il XIV Congresso del partito ha tenuto conto di questo peso delle realtà locali ed infatti all'interno del suo Ufficio politico siedono un numero piuttosto elevato di rappresentanti delle realtà locali.
La tradizionale dialettica interna al partito, che vedeva opposti, secondo una semplificazione che non rende comunque giustizia della articolazione delle posizioni esistenti, liberali e conservatori si arricchiva della componente "regionale", che è destinata ad avere un peso straordinario nel futuro del paese.
La questione fondamentale, se le misure di riforma potevano danneggiare la natura socialista del sistema cinese è rimasta controversa e, più in generale, l'elaborazione della strategia di riforma ha subito pesanti e ricorrenti condizionamenti ideologici, che hanno reso incerto il cammino e hanno avuto l'effetto di creare confusione tra la popolazione.
I termini della querelle ideologica si sono radicalmente modificati agli inizi del 1992. Il 24 febbraio il
Renmin ribao, pubblicava un lunghissimo articolo sul capitalismo.
L'Autore, un professore dell'Università di Pechino, cambiava radicalmente, ribaltandole, le argomentazioni della disputa ideologica che opponeva liberali e conservatori. Fino a quel punto i conservatori avevano osteggiato molte iniziative di riforme con il pretesto che esse non erano coerenti con la natura socialista del sistema. Alcune importanti riforme, quali quella dei prezzi, della direzione macroeconomica, dell'autonomia delle imprese statali, erano rimaste a mezza strada proprio per le perplessità dei conservatori.
Fang Sheng, l'autore dell'articolo, argomentava che alcuni metodi definiti come capitalistici, quali il sistema dei contratti, l'emissione di azioni ecc., non potevano essere considerati come capitalistici per il solo fatto che erano nati in contesti definiti tali. Questi metodi, secondo una nuova interpretazione, hanno natura neutrale e devono e possono esser impiegati per favorire la crescita economica.
Nell'arco di qualche mese, questa posizione viene ripresa dalle tesi del Congresso che argomentano che non è corretto far corrispondere la gestione pianificata dell'economia con il socialismo ed il mercato con il capitalismo.10
Si tratta dell'esito ultimo del denghismo e del suo tentativo di storicizzare le esperienze delle cosiddette società socialiste che assume la forma di "economia socialista di mercato".
Il processo di deideologizzazione del socialismo cinese, che inizialmente si era posizionato in modo originale rispetto all'esperienza dell'URSS, e di storicizzazione di quella che veniva definita ortodossia marxista, giunge nel 1992 con la tesi dell'economia socialista di mercato alla sua posizione estrema.
Modificato l'orizzonte ideologico nel quale si muovevano le riforme, non ha più senso parlare di perfezionamento del socialismo ed il processo di riforma ha quindi assunto caratteristiche autonome rispetto alla politica.
Per questo, si può affermare che il XIV Congresso del partito ha segnato la fine del periodo delle riforme, almeno secondo la concezione alla quale il dibattito politico cinese ha fatto riferimento per più di un decennio. Certo, ancora molte iniziative in agenda da anni, devono ancora essere applicate, ma per la Cina è cominciato un periodo di transizione che dovrebbe portare il paese verso la costituzione di un sistema economico di tipo capitalistico.
2. I primi passi verso l' "economia socialista di mercato"
Il 1993 è stato il primo anno in cui i liberali, guidati dal vicepremier Zhu Rongji che all'interno del Consiglio degli Affari di Stato ha tutte le deleghe per l'economia, hanno potuto affrontare i problemi dello sviluppo economico senza troppi condizionamenti di carattere ideologico.
Questa maggiore libertà di iniziativa è stata, tuttavia, fortemente ridimensionata specie a partire dalla fine del primo trimestre, dalla congiuntura economica che ha mostrato gravi segni di difficoltà.
Ritmi di crescita troppo rapidi, aumento fuori ogni controllo del credito, crescita degli investimenti infrastrutturali, disordine nel settore finanziario e bancario 11 , sono gli aspetti principali della situazione economica, come si presentava attorno al primo trimestre, che trovava un'eco solo parziale nell'appuntamento istituzionale più importante della vita politica cinese, la riunione del Parlamento.
Il settore agricolo dava segnali di pericoloso deterioramento al punto che in diverse parti nel paese sono state segnalate manifestazioni di contadini contro le autorità locali e in taluni casi si sono avuti anche incidenti di media gravità.
Complessivamente, la situazione della Cina agli inizi del 1993 appariva contrassegnata da alcuni problemi che possono essere distinti in due tipi: alcuni, di carattere congiunturale, altri di carattere strutturale. I problemi legati alla liquidità del sistema, al governo della moneta e al credito si riferiscono soprattutto alla sfera dei problemi congiunturali, anche se poi è vero che uno dei nodi che le autorità devono affrontare è il riordino complessivo del sistema bancario e finanziario. La regolamentazione del flusso degli stessi investimenti appartiene a quel tipo di problemi che possono essere temporaneamente risolti con manovre a breve termine anche se, in questo caso, occorre un intervento articolato e coordinato dello Stato per modificare sostanzialmente il sistema degli investimenti.
Per l'agricoltura, invece, occorre un intervento di medio termine, che ponga rimedio ai gravi problemi strutturali che affliggono questo settore-chiave dell'economia.
Secondo le previsioni delle agenzie governative, la Cina nel 1993 avrebbe registrato una crescita del 13%, con un aumento della produzione industriale dell'ordine del 21%.12
Si trattava di previsioni che riguardavano l'andamento medio del paese, che quindi implicavano comunque tassi di crescita estremamente più elevati per alcune aree del paese, e avrebbero registrato crescite di livello inferiore per altre.
Un momento di riflessione per l'articolazione della manovra economica è stato offerto dai lavori del parlamento.
2.1. L'ASSEMBLEA NAZIONALE DEL POPOLO
Dopo la chiusura del XIV Congresso del PCC, l'annuale riunione del Parlamento che si è tenuta a Pechino lo scorso marzo era il primo importante appuntamento politico13 . Sul tappeto non vi era solo la questione del rinnovo dei vertici dello Stato14 , ma anche la definizione di obiettivi economici intermedi, che avrebbero dovuto costituire una prima applicazione concreta delle indicazioni emerse dall'assise del partito.
Le due scelte strategiche erano: a) estensione dell'economia di mercato e b) approfondimento della riforma dei prezzi.15
Il primo dei due obiettivi, per come era stato definito dai delegati del PCC, aveva una caratteristica di scelta strategica, di opzione di lunga durata. Secondo il
Rapporto che il primo ministro Li Peng ha presentato ai parlamentari, un ampliamento dell'economia di mercato dovrebbe essere realizzato principalmente nel settore produttivo, con l'avvio di quelle che, seppure impropriamente, possono essere chiamate privatizzazioni.16
Ad esserne interessato è l'imponente settore delle imprese industriali che adesso sono poste sotto il controllo o di ministeri oppure delle autorità regionali. Le vie scelte per la privatizzazione sono diverse, ma quella che senz'altro suscita più interesse è la conversione delle imprese statali in società per azioni.
Si tratterebbe di un processo che potrebbe, il condizionale è d'obbligo, essere accompagnato dall'emissione di titoli e dal loro collocamento presso il mercato.
Non è ancora chiaro quali imprese seguiranno questa indicazione, dal momento che per riuscire positivamente dovrebbero realizzarsi una serie di condizioni che per il momento sono lontane. Innanzitutto si dovrebbero risanare i bilanci delle imprese stesse, per invogliare i risparmiatori a sottoscrivere e per far questo occorrono: profonde revisioni delle modalità di gestione e una più ampia libertà di movimento per quanto riguarda i prezzi.
Per quanto riguarda l'autonomia di gestione, molto sembra essere stato fatto e la stessa riorganizzazione del Consiglio degli Affari di Stato17 , che si muove lungo la direttrice di un disimpegno dell'intervento diretto dello Stato nei settori produttivi, è un segnale importante in questa direzione.
Per quanto, invece, riguarda i prezzi, la questione sembra più problematica. Il governo, sia nella relazione di Li Peng, ma anche in quella di Zou Jiahua, Presidente della Commissione di Stato per il Piano, e di Liu Zhongli, Ministro delle Finanze, si sono impegnati in questa direzione.
Lo Stato dovrebbe liberalizzare i prezzi di alcuni prodotti di largo consumo e quelli dei mezzi di produzione, che ancora oggi, benché oggetto di modifiche rimangono pur sempre sotto il controllo pubblico.
Sulla strada di una effettiva applicazione della riforma dei prezzi, come poi è risultato evidente, vi erano tuttavia alcune difficoltà. La prima era che l'economia cinese aveva cominciato a dare nuovamente segnali di surriscaldamento e l'indice dei prezzi nelle grandi città era abbondantemente al di sopra del 10%, contro il 6% pianificato. In una situazione di questo tipo, l'introduzione di cambiamenti nel sistema dei prezzi, avrebbe concorso al rialzo generalizzato di essi.
Che qualche cosa verrà fatto in questo campo è certo: esistono, del resto, anche degli obblighi legati all'adesione della Cina al Gatt che, seppure non stabiliscono date precise, tuttavia hanno un valore di riferimento notevole.18
Riforma dei prezzi e ampliamento dell'economia di mercato sono i due settori che dovrebbero dare concretezza all'obiettivo di sviluppare, come chiedeva il Congresso, la cosiddetta economia socialista di mercato.
Un atteggiamento politicamente risoluto e coerente, che è un elemento indispensabile per l'effettiva applicazione delle misure di politica economica, potrebbe essere moderato in considerazione dell'evoluzione della difficile congiuntura del primo semestre 1993.
2.2. LA CONGIUNTURA
La prima parte del 1993 è stata caratterizzata da una congiuntura estremamente complessa che, come si è scritto, ha finito per influenzare la filosofia della politica economica del governo e ha ritardato i tempi di applicazione delle misure che avrebbero dovuto fondare, almeno dal punto di vista istituzionale, l'economia socialista di mercato.
Di seguito, si passeranno in rassegna i principali problemi che il governo ha dovuto affrontare.
2.2.1. L'agricoltura
Tra le principali preoccupazioni dei dirigenti cinesi vi è l'andamento del settore agricolo, nel quale in questi ultimi anni è maturato scontento che ha preso anche forma di manifestazioni contro i rappresentanti del potere locale.19
I motivi di risentimento sono diversi: innanzitutto la relativa liberalizzazione dei prezzi, ampliando la forbice tra prezzi dei prodotti agricoli e dei prodotti industriali, tende a penalizzare i redditi dei contadini. Gli input industriali quali i fertilizzanti, il carburante e tutti i materiali di norma utilizzati nella produzione agricola hanno subito aumenti che hanno eroso il reddito reale degli addetti alla produzione agricola.
In secondo luogo, si deve tener presente che la situazione di grave scarsità di contante del sistema bancario che ha contrassegnato gli ultimi anni, aveva portato le agenzie governative a non pagare in contante i contadini al momento dell'ammasso, ma ad emettere dei buoni, pratica adesso proibita, che hanno causato malessere tra gli addetti, perché non riuscivano ad incassarli. Proprio per questo, in alcune aree ci sono stati problemi a finanziare le campagne di semina.
Il governo nell'ultimo anno è intervenuto molto decisamente, imponendo al sistema bancario di liquidare tutti i buoni impagati che nel frattempo si erano accumulati e ha proibito alle agenzie governative di continuare ad emettere tali buoni e, almeno per questo problema, la situazione sembra tornata alla tranquillità.
Un ulteriore problema è rappresentato dalle imposte che gravano sui contadini, anch'esse motivo di grave malcontento20 . Le autorità locali hanno con il tempo imposto un gran numero di prelievi forzosi sui contadini, alcuni legittimi, nel senso che rientravano nella sfera di autonomia ad esse assegnate, ma molti altri prelievi erano assolutamente illegittimi.21
Il governo centrale è dovuto intervenire stabilendo che il prelievo complessivo non poteva superare il 5% del reddito procapite del contribuente agricolo. Si tratta, per la verità, più di una misura orientativa che di un provvedimento al quale è possibile trovare precisa e puntuale applicazione.
Tra il 18 ed il 21 ottobre 1993 il Comitato Centrale ha tenuto una Conferenza Nazionale sull'agricoltura al termine della quale è stato reso pubblico un documento che in dodici punti, articola la politica del partito nei confronti del settore agricolo.22
Tra le questioni più importanti affrontate è il termine di validità dei contratti di assegnazione del suolo, che è stato portato a quindici anni. Molti dei contratti sono ormai vicini a scadere e saranno quindi estesi in base a questa decisione.
In secondo luogo, il CC ha deciso di intervenire nuovamente sui prezzi di acquisto dei cereali, al fine di garantire un aumento dei redditi dei contadini.
II governo centrale dovrebbe inoltre provvedere affinché il sistema bancario non si trovi a corto di disponibilità da impiegare nel settore agricolo, specie per la realizzazione degli obiettivi selezionati.
Il Comitato Centrale ha infine ribadito la necessità che le autorità locali con impongano sui contadini prelievi fiscali se non quelli esplicitamente previsti dalla legge.
2.2.2. Le vendite al dettaglio
Uno degli indici che ha maggiormente preoccupato i dirigenti cinesi è costituito dall'andamento del consumo interno, cioè delle cosiddette vendite al dettaglio.23
La Tavola che viene sotto riportata mostra che, a partire dal marzo 1993, i consumatori, cioè principalmente le famiglie, hanno manifestato una netta e crescente propensione ad acquistare beni e prodotti. Anche se i dati riportati devono essere depurati dell'aumento dei prezzi, le variazioni registrate da questo aggregato costituivano un serio motivo di preoccupazione: per ben sei mesi gli indici di crescita si sono attestati su incrementi mensili superiori al 20%.
TAVOLA 1. Vendite al dettaglio
FONTE: Ufficio Statistico di Stato. Comunicati mensili
|
febbraio |
marzo |
aprile |
maggio |
giugno |
luglio |
agosto |
settembre |
variazioni %stesso per il 1992 |
15 |
18,5 |
25,4 |
27,3 |
21,6 |
22,2 |
22,5 |
22,4 |
Tra aprile e maggio la situazione ha mostrato particolari segni di gravità, con aumenti del volume delle vendite superiori a quelli registrati nel 1988, anno in cui le aspettative inflazionistiche avevano causato fenomeni di accaparramento dei beni e con ciò avevano messo seriamente in difficoltà la normale commercializzazione dei prodotti.
Se si osservano i dati ufficiali forniti dall'Istituto Statistico di Stato, si ha l’esatta misura del fenomeno.
La tabella seguente evidenzia gli incrementi percentuali delle vendite di alcuni prodotti in aprile rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.
TAVOLA 2. Incrementi per tipi di prodotto
FONTE: Istituto Statistico di Stato Comunicato aprile 1993.
TV |
+64 |
frigoriferi |
+62 |
lavatrici |
+37 |
videocamere |
+24 |
macc.fotografiche |
+19 |
registratori |
+15 |
biciclette |
+17 |
Secondo le analisi ufficiali alla base di queste dinamiche vi sarebbe l'effetto combinato di alcuni fattori.
Innanzitutto la conseguenza dell'aumento dei prezzi dei cereali e degli oli commestibili (+26 e +51% rispettivamente).
In secondo luogo, la insistente voce in base alla quale il governo avrebbe introdotto a breve una imposta sulle vendite di alcuni prodotti. Ciò ha influenzato la domanda di prodotti elettrici e di quelli del settore della gioielleria, per i quali si aspettavano i rincari maggiori.
Un terzo elemento che ha concorso ad incrementare le vendite è costituito dalla campagna promozionale effettuata dagli operatori commerciali in vista dell'entrata in vigore (il 17.4.1993) di un provvedimento del governo che impediva l'uso di buoni in sostituzione del contante.
Accanto a questi motivi, a spingere i consumatori a incrementare i loro acquisti vi sono anche altri due motivi:
a) il primo è rappresentato dall'evoluzione dei prezzi, che ha spinto a ritenere che la dinamica degli stessi fosse al di fuori del controllo delle autorità.
b) In secondo luogo, nella prima parte del 1993, i tassi reali pagati dalle banche sui depositi, a causa dell'inflazione, si sono attestati su valori negativi. Il che ha spinto i consumatori ad investire i risparmi in forme alternative al deposito bancario o ad anticipare gli acquisti.
Un ulteriore elemento che ha reso preoccupante quanto è avvenuto tra aprile e maggio, e che costituisce un'indicazione delle modifiche strutturali del sistema economico cinese, è rappresentato dalla diversità dei comportamenti registrati dalle varie aree geografiche del paese.
Innanzitutto, si registra una fondamentale divaricazione tra città e aree rurali.
Nelle prime l'aumento medio delle vendite al dettaglio è stato di +38,9%; nelle seconde si è attestato a +20,7%, il che significa ben 18 punti percentuali di differenza.
Accanto a questi due dati, occorre poi tener presenti gli andamenti registrati nelle diverse città e regioni.
TAVOLA 3
SHANGHAI |
+63 |
SHANGDONG |
+25 |
JIANGSU |
+41 |
SICHUAN |
+30 |
GUANGDONG |
+37 |
SHANXI |
+10,6 |
YUNNAN |
+35 |
MONGOLIA |
+14 |
ZHEJIANG |
+34 |
JIANGXI |
+14 |
FUJIAN |
+29 |
XINJIANG |
+14,3 |
LIAONING |
+26 |
|
|
Come è possibile evincere, le statistiche ufficiali segnalano una rilevante differenza tra le diverse località e regioni.
Se si passa poi ad osservare quali settori economici sono stati maggiormente investiti da questa impennata degli acquisti, si evidenziano altre importanti differenze.24
Il settore statale ha registrato aumenti delle vendite dei suoi prodotti pari ad un +31,9%. Le imprese con investimenti esteri hanno visto le vendite aumentate del 59,3%, quelle private del +30%, mentre quelle collettive si sono attestate su un modesto + 13,9%.
Questo dato è assai interessante perché evidenzia la diversa penetrazione dei vari tipi di imprese all'interno del mercato dei beni di consumo.
2.2.3. Gli investimenti
Un elemento la cui evoluzione è stata caratterizzata da una crescita preoccupante, è rappresentato dagli investimenti in infrastrutture.25
Per la verità, si tratta di un problema ricorrente nella storia recente della Cina: non appena vengono applicate misure di decentramento, gli investimenti infrastrutturali tendono a crescere a ritmi eccessivi. I tentativi, pure posti in essere a diverse riprese, per porre sotto controllo questi flussi, si sono rivelati inefficaci.
I dati relativi al primo trimestre 1993 segnalano una crescita di questo aggregato pari al +70,7%.26
Successivamente, gli investimenti del settore statale, nel secondo semestre, hanno subito una flessione, raggiungendo i 354,2 miliardi di yuan, il che significa comunque un incremento del 61% rispetto al primo semestre 1992. Dei 354 miliardi, ben 219 sono stati investiti dalle unità statali per la realizzazione di 22.161 progetti.
Il flusso degli investimenti subisce una diversificazione notevole a seconda della dislocazione geografica: nelle regioni orientali, per esempio, si è registrata una crescita dell'81,2%: di ventotto punti percentuali superiore a quella delle regioni centrali.
Il dato piuttosto interessante che emerge dalle analisi dell'Ufficio di Statistica è che l'86% degli investimenti effettuati sono stati realizzati con disponibilità delle autorità regionali e dunque al di fuori dei canali gestiti e controllati dal governo centrale o dalle sue agenzie.
2.2.4. I prezzi
I prezzi al dettaglio hanno segnalato, fin dal primo trimestre 1993, un'accentuata tensione. Secondo i comunicati dell'Ufficio Statistico di Stato, i prezzi nei primi tre trimestri hanno registrato, rispettivamente, i seguenti incrementi:
+ 8,6 + 10,2 e +12%.
Si tratta, naturalmente, di medie nazionali, che quindi non rendono ragione della straordinaria diversificazione che il fenomeno ha realmente assunto.27
Come è noto, grandi differenze esistono, e non solo in questo settore, tra le aree metropolitane e quelle rurali, dove gli aumenti dei prezzi si sono attestati su livelli assai inferiori.
In effetti, a fronte di una crescita per il II e III trimestre di +10,2 e +12%, nelle città i prezzi sono aumentati mediamente (il che dunque non esclude punte di crescita anche più elevate) di +16,7 e +18,9%.
In particolare, nel III trimestre si è realizzato un fatto nuovo per la Cina: l'aumento dei prezzi dei generi di consumo si è riflesso anche sui prezzi dei servizi che, nelle aree urbane, hanno registrato un +38,9%.
L'aumento dei prezzi si è accompagnato a un andamento sostenuto del comparto industriale.
La tavola seguente si riferisce ai tassi di crescita della produzione industriale che, da febbraio in poi, non è mai scesa al di sotto del 20%.
TAVOLA 4: Incrementi del valore della produzione industriale
gennaio |
9,8 |
febbraio |
20,4 |
marzo |
22,4 |
aprile |
23,0 |
maggio |
23,8 |
giugno |
25,1 |
luglio |
25,1 |
agosto |
24,8 |
Sul fronte dell'inflazione, si è registrato un aumento pari al 17,4% medio nazionale di cui 11,5% nelle aree rurali.
La crescita su base annuale (+21,6%), rappresenta un indicatore assai allarmante accanto al quale va considerato quello dei salari che, secondo do l'Ufficio Statistico di Stato, sono cresciuti più dell'inflazione. Nelle città il reddito pro capite avrebbe raggiunto i 1166 yuan, con un significativo aumento nominale del 28 %.
Anche nelle campagne, a dispetto della situazione di difficoltà, si è verificato un leggero miglioramento della situazione del reddito pro capite, che si è posizionato a 423 yuan, con un +18%.
È proprio la dinamica dei prezzi che ha spinto le autorità a varare un pacchetto coordinato di misure tese a stabilizzare la crescita economica su livelli compatibili con il mantenimento del valore della moneta.28
Il 5 settembre scorso la stampa29 ha reso pubblico il contenuto di una circolare del Consiglio degli Affari di Stato che ha per oggetto la politica dei prezzi. Le misure proposte sono articolate in dodici punti.
1- Vigilare e controllare gli aumenti dei prezzi amministrati dallo Stato. Fatta eccezione per gli aumenti programmati delle tariffe passeggeri delle ferrovie, del trasporto merci, dell'energia elettrica, si fa divieto alle autorità locali di effettuare altri ritocchi alle tariffe.
2- I prezzi la cui gestione è competenza dei governi locali non devono subire cambiamenti. Gli eventuali aumenti già pianificati dovranno essere applicati in considerazione della situazione economica.
3- Dovranno essere posposte quelle misure di politica economica in studio o sul punto di essere varate ove si ritenga possano avere un rilevante impatto sui prezzi.
4- I sussidi legati ai prezzi ed erogati dai governi locali dovranno essere mantenuti agli attuali livelli. Le grandi imprese commerciali di Stato avranno la funzione di contribuire a regolarizzare la circolazione e l'approvvigionamento delle merci.
5- Le autorità locali sono tenute a prestare particolare attenzione ai prezzi dei generi alimentari di largo consumo, imponendo un tetto massimo per i prezzi di alcuni prodotti.
6- Le imprese commerciali e le industrie devono annullare ogni accordo che comporti situazioni di monopolio che influiscano sui prezzi.
7- La politica di acquisto dei cereali deve applicare le linee di intervento sui prezzi di protezione.
8- È necessario rafforzare la gestione delle spese e dei contributi e ricondurre sotto controllo la situazione dei prelievi.
9- Occorre un deciso intervento per rafforzare la gestione dei prezzi dei beni immobiliari. I prezzi di intervento che sono fissati dallo Stato devono essere applicati senza oscillazioni e deve essere impedita ogni tipo di speculazione in questo settore.
10- Occorre che l'attuale sistema di fissazione dei prezzi venga applicato correttamente a livello locale e dalle stesse imprese, rispettando le norme stabilite.
11- Occorre ulteriormente migliorare il sistema di monitoraggio dei prezzi e rafforzare il sistema di previsioni per quanto riguarda i prezzi di mercato.
12- I governi locali devono svolgere un ruolo politico più incisivo per quanto riguarda il sistema dei prezzi.
Nonostante il varo di questa circolare, i prezzi hanno continuato a mostrare una sostenuta tendenza al rialzo che si è poi ridimensionata a partire dal III trimestre.
2.2.5. La bilancia commerciale
L'evoluzione dei flussi in entrata e in uscita dal paese hanno, in linea generale, riflettuto l'aumento della domanda interna.
|
import |
export |
gennaio |
3,2 |
3,36 |
febbraio |
6,47 |
5,82 |
marzo |
7,59 |
6,91 |
aprile |
7,5 |
6,9 |
maggio |
8,52 |
7,21 |
giugno |
7,36 |
6,95 |
DATI: MILIARDI DI USD
FONTE: Ufficio Statisti di Stato.
I dati del giugno 1993 evidenziavano una crescita delle importazioni pari a +23%, mentre le esportazioni registravano un modesto aumento di +4,3
I dati del trimestre successivo confermavano la persistente debolezza delle esportazioni (+6,6), mentre le importazioni continuavano a registrare un aumento assai sostenuto con un +30%.
Nel settembre 1993, il deficit della bilancia commerciale è stato di 6,98 miliardi di dollari usa. Con tali dati il commercio estero cinese, che negli anni precedenti aveva accumulato surplus tranquillizzanti, subisce una vistosa inversione di tendenza, che si è riflettuta anche sull'andamento del tasso di cambio del renminbi contro il dollaro.
Dall'inizio dell'anno il cambio del rmb è passato da 8:1 a circa 13:1, e solo di recente ha mostrato qualche segno di debole ripresa, condizionata, tuttavia, dalle negative notizie sul deficit commerciale cinese al primo semestre. Attualmente il cambio sembra attestato stabilmente a 1:8,8.
In poco più di sei mesi la valuta cinese si è trovata svaluta di circa il 40% e questo ha, tra l'altro, reso assai difficile e costoso l'approvvigionamento di valuta estera sul mercato interno.
È difficile oggi cercare di delineare quello che potrebbe essere un possibile scenario per il prossimo futuro. Sembra, comunque, che le autorità siano intenzionate a non far scendere il cambio del rmb sotto il rapporto di 10:1 e sembra che il rapporto di 1:1 contro il dollaro di Hong Kong venga considerato un tasso ragionevole in linea con le attese del mercato.
La svalutazione della divisa cinese ha intanto avuto l'effetto di rendere più costose le importazioni cinesi e questo rappresenta un motivo di preoccupazione per le autorità cinesi.
Il due agosto scorso30 , si è svolta una riunione nazionale dei responsabili locali dell'Amministrazione di Stato per il Controllo dei Cambi, che è l'organismo preposto, appunto, al controllo della gestione valutaria. A presiedere i lavori è stato lo stesso Zhu Rongji, che ha notato che dopo l'adozione delle misure di politica economica e valutaria di metà giugno, il cambio del rmb contro il dollaro si è apprezzato, passando a circa 8,8%.
Al fine di evitare fluttuazioni eccessive, che sembra essere il vero obiettivo del governo, il vice-primo ministro ha fornito alcune indicazioni di intervento.
1) la banca centrale continuerà ad intervenire negli swap centers per regolare l'andamento delle contrattazioni e per fornire, fino a quanto possibile, le necessarie contropartite alle richieste degli operatori.
2) Tutti gli addetti sono tenuti ad applicare la normativa relativa alla valuta estera, ed in modo particolare si porrà attenzione al completamento dei piani di acquisto della divisa straniera.
3) Lo Stato interverrà per garantire una gestione più corretta e regolare del trading di valuta estera, evitando gli inconvenienti del mercato nero.
4) È assolutamente necessario porre le basi per la creazione di un mercato delle valute estere che risponda alle esigenze della cosiddetta "economia socialista di mercato".
Al fine di qualificare maggiormente l'intervento dello Stato nel settore valutario, Zhu ha anche reso note alcune direttive che riguardano gli addetti:
a) sarà proibito ogni coinvolgimento diretto nella speculazione in divise;
b) gli addetti non potranno abusare della loro posizione per ottenere vantaggi di qualsiasi tipo;
c) i dipartimenti interessati non potranno abusare del loro potere nella determinazione della quantità di valuta estera che gli operatori sono tenuti a cedere allo Stato.
Dietro alle fluttuazioni del renminbi ci sono diversi motivi i principali dei quali vengono di seguito elencati31 :
1) Innanzitutto, come si scriveva, gli alti tassi di crescita degli investimenti ed altri elementi della congiuntura, hanno contribuito a sostenere la domanda di importazioni. Il deficit delle partite correnti registrato per tutti i mesi del 1993 ha quindi contribuito ad influenzare il tasso di cambio del renminbi contro il dollaro.
2) L'aumento dei prezzi interni ha spinto gli operatori ad acquistare valuta straniera ancor prima delle scadenze degli impegni con l'obiettivo di minimizzare i costi. Accanto a ciò, il mercato ha anche registrato delle consistenti posizioni speculative.
3) Molti operatori di grandi dimensioni hanno spostato all'estero delle proprie disponibilità facendo quindi mancare i relativi flussi sul mercato interno.
Più in generale, l'aspettativa di una rapida accessione al GATT, ha inoltre sostenuto le posizioni di chi puntava su una consistente svalutazione della divisa cinese, premessa considerata indispensabile per la convertibilità.
Un altro effetto del disavanzo delle partite correnti e dei saldi dei movimenti di capitale, è stato il calo delle riserve valutarie cinesi che seppure non è affatto preoccupante, rappresenta anch'esso un motivo di novità ed uno spunto di riflessione.
Secondo le informazioni provenienti dal FMI, le riserve valutarie cinesi sono diminuite con una velocità superiore a quella prevista. Secondo il Fondo, le riserve combinate delle Banca centrale e quelle delle banche statali si sono ridotte nel corso del primo semestre 1993 del 14%, posizionandosi a 38,4 miliardi di dollari. Il calo, secondo alcuni analisti, riflette il deterioramento della bilancia commerciale e i crescenti flussi di esportazione di capitali.
È in particolare la Banca centrale a registrare un forte decremento delle sue riserve, adesso attestate a 19,64 miliardi di USD (il che significa una diminuzione di 6 miliardi). La riduzione in parola è probabilmente da attribuire ai numerosi interventi effettuati dalla Banca cinese del popolo nel corso del primo semestre di quest'anno per sostenere il corso del renminbi attraverso la vendita di valuta estera. Il vistoso calo delle riserve sembra comunque da legare anche ad un assestamento dovuto all'introduzione di nuovi metodi di calcolo.
Già dal luglio 1992 la banca centrale ha escluso dal computo delle riserve quelle di proprietà della Bank of China perché almeno sulla carta questa banca non è formalmente appartenente allo Stato. E le riserve della BOC hanno registrato, sempre per il primo semestre 1993, solo un modesto calo di 640 milioni di USD, ma rimangono attestate a 18,8 miliardi di USD.
Il rischio più immediato legato al calo delle riserve è la possibilità che per la Repubblica popolare cinese i costi dell'approvvigionamento sul mercato internazionale dei capitali diventino più elevati.
Secondo alcuni analisti, tuttavia, la situazione avrebbe potuto essere ancora più inquietante se si considera che, in base ad alcune ricostruzioni tuttavia da verificare, la stessa BOC ha venduto 8 miliardi di USD di valuta estera alla Banca centrale.
Gran parte del decremento delle riserve è avvenuto nel corso del primo trimestre, quando le voci relative ad una forte svalutazione del RMB erano estremamente insistenti e sempre per lo stesso motivo nell'ultimo trimestre 1992 si registrava una riduzione delle riserve pari a 3,8 miliardi di USD.
Si fa notare, inoltre, che nel primo semestre 1993 il disavanzo della bilancia commerciale si è attestato a 3,53 miliardi di USD, contro un surplus di 2,6 del primo semestre 1992.
Una voce a parte è quella relativa al saldo dei movimenti dei capitali, che registra un saldo negativo di circa 18 miliardi di USD: si tratta di una cifra di tutto rilievo, il cui volume è da legare alla progressiva svalutazione del RMB e alla conseguente tendenza ad investire fuori del paese.
Nonostante questi elementi, è utile tener presente che le riserve attuali della Cina, 38,4 miliardi di USD, servono a coprire 4,4 mesi di importazioni. Si tratta di una posizione ancora "tranquilla", dal momento che la soglia critica viene ritenuta essere quella di tre mesi. Tuttavia, se nel computo si tenesse conto delle sole riserve della banca centrale, questo parametro scenderebbe a 2,1 mesi di importazioni.
2.2.6 I problemi bancari
Il due luglio 1993 il Comitato Permanente del parlamento cinese annunciava le dimissioni di Li Guixian dal posto di governatore della Banca centrale32 , la Banca cinese del popolo. Si trattava di un'iniziativa inedita, che non ha precedenti nella storia della Cina popolare e che evidenziava la gravità e la complessità dei problemi in cui si trovava il sistema bancario e monetario. La decisione di accettare le dimissioni, e più ancora l'accessione alla carica di governatore del vice-primo ministro, Zhu Rongji, sottolineava l'importanza che la dirigenza cinese assegnava ad una sostanziale rettifica degli indirizzi di politica monetaria e creditizia.
Agli osservatori esteri, dunque, sono arrivati due segnali di segno opposto: da una parte una decisione assai traumatica, ma non inattesa. Dall'altra il provvedimento di nomina al posto di governatore della banca centrale di Zhu Rongji.
Che ci fosse abbastanza scontento nei confronti dell'ex governatore della banca centrale era stato chiaro fin dalla recente sessione parlamentare, nel corso della quale i delegati si erano espressi contro la proposta di nomina alla carica di consigliere di Stato con ben 323 voti. Si trattava di uno smacco secondo solo a quello registrato da Li Tieying, considerato responsabile della critica situazione in cui versa il comparto agricolo.
Nel caso di Li, ad essere messa sotto accusa, e non solo dai delegati del parlamento, ma anche, in modo più velato, dalla stessa stampa, era la politica monetaria e quella creditizia. Anzi, più in particolare, a sollevare perplessità era il vero e proprio caos in cui versava il sistema creditizio. I dati del primo trimestre 1993 segnalavano una crescita del volume del credito interno pari al 90% rispetto agli stessi dati del primo trimestre 1992.
Ad essere messa in pericolo era la gestione delle riforme stesse, che dal XIV Congresso del PCC in poi, era stata affidata ai cosiddetti liberali, che hanno appunto in Zhu il principale punto di riferimento. Il rischio più grave era che il deterioramento della situazione economica portasse nuovamente e con maggiore forza di argomentazione i conservatori all'attacco e che venisse messo in discussione l'attuale status quo.
Segnali inquietanti, inoltre, venivano anche dalle province, specie da quelle del sud, piuttosto restie a seguire puntualmente le indicazioni di politica economica che provenivano da Pechino.
Il primo passo di Zhu è stato quello di cercare di rafforzare l'incisività dell'azione del governo lavorando su due fronti: da una parte ha varato una politica antinflattiva che ha nella stretta creditizia il suo punto più forte. Dall'altro, Zhu Rongji ha cercato di riorganizzare, sia pure in modo informale, i vertici del governo. Zhu Rongji ha inoltre preteso che venissero compiute numerose ispezioni nelle province del paese per verificare l'applicazione delle misure di politica economica stabilite dal governo, ed in particolare quelle previste nel documento del Comitato Centrale chiamato "Piano economico in 16 punti", che è il cuore della manovra varata nel luglio scorso.
All'interno di questo tentativo di ricondurre la crescita economica sotto il controllo delle autorità centrali, un posto determinante è attribuito al sistema bancario e finanziario.
Un controllo ed una profonda riforma di questo comparto si rendono necessari per due ragioni: da una parte per motivi congiunturali, cioè per assicurare successo alla manovra del governo. Dall'altro, la riforma del sistema bancario e finanziario risponde anche a esigenze di carattere strutturale, dal momento che una sua razionalizzazione si presenta come la condizione necessaria per garantire una crescita economica equilibrata in grado di assicurare stabilità al Paese.
Dal punto di vista creditizio il cambio della guardia ai vertici della banca centrale è coinciso con l'applicazione di una rigida politica di stretta creditizia.
Il sistema bancario è stato chiamato al rispetto rigoroso dei plafond creditizi stabiliti e, conseguentemente, al rientro delle esposizioni che non erano in linea con gli indici di crescita del credito fissati. Accanto a questa misura, la banca centrale ha imposto al sistema di rientrare di tutti gli impieghi concessi a favore di istituzioni finanziarie non bancarie. Si è trattato di una misura importante in quanto molte banche commerciali avevano creato istituzioni finanziarie di vario tipo le cui attività si basavano sul funding fornito dal sistema bancario stesso. Il problema principale era costituito dal fatto che queste istituzioni non erano sottoposte ai vincoli e ai controlli validi per le banche e dunque erano in grado di aggirare le indicazioni in materia di erogazione del credito.
La Banca cinese del popolo, in accordo con le indicazioni del governo, ha inoltre imposto una riduzione drastica degli investimenti infrastrutturali, salvando, almeno per quanto se ne sa, quelli destinati al settore agricolo, oggetto di una politica di sostegno da parte delle autorità.
L'obiettivo principale è quello di portare il tasso di crescita dell'economia attorno al 10% (la media nazionale al primo semestre di aggirava attorno al 14-15%).
Per il momento ai vertici del partito e dello Stato la parola d'ordine è quella di evitare di parlare di politica di austerità, proprio per non fare o suggerire paralleli con quanto è avvenuto successivamente a Tiananmen.
Il centro del problema non è tanto l'impatto congiunturale delle misure di austerity: potrebbe in effetti trattarsi di una pausa di riflessione utile e necessaria. Quello che preoccupa maggiormente è la effettiva capacità di istituire un sistema finanziario e bancario in grado di rispondere alle esigenze di un'economia in rapida crescita e contribuendo, nel contempo, al mantenimento della stabilità della moneta. Per il momento queste due esigenze, a fasi alterne, sembrano voler percorrere strade divergenti, mentre è fondamentale che si trovi un raccordo tra esse.
Esiste, certo, sul tappeto un problema tecnico di inedita dimensione: quello della efficacia della politica monetaria e creditizia in un paese grande come la Cina. La chiave di volta sembra essere, appunto, la creazione di un sistema finanziario e creditizio efficace, coordinato dalla banca centrale e orientato non da misure amministrative - come avveniva in passato - ma dall'applicazione di manovre sui tassi.
I dati finora disponibili segnalano che le misure adottate dal governo, sia pure con una certa lentezza, stanno conseguendo gli obiettivi fissati: il tasso di crescita economica è sceso, la banca centrale, attraverso due successivi ritocchi ai tassi passivi è riuscita a drenare parte della liquidità del sistema, parte delle esposizioni sono rientrate. Resta, comunque, ancora in piedi la scommessa della riforma del sistema finanziario e di quello bancario.
La manovra attuale, che vede dunque intersecarsi elementi con impatto congiunturale e altri che hanno una dimensione strutturale, ha avuto l'effetto - come si scriveva - di rallentare le operazioni con l'estero. È probabile che un allentamento della stretta potrebbe verificarsi nel corso del primo trimestre 1994, per l'effetto combinato della ricostituzione dei plafond creditizi e l'avvio dei nuovi piani produttivi.
Intanto resta da vedere la qualità e l'incisività dell'azione di governo, dal momento che la posta in gioco sembra andare ben oltre il successo della manovra congiunturale.
Al fine di stabilizzare la circolazione monetaria, si è resa necessaria una manovra sui tassi sui depositi e sugli impieghi.33
Il 15 maggio gli interessi sui depositi sono stati ritoccati mediamente del 2,18%, mentre i tassi attivi hanno subito un intervento pari a 0,82 punti percentuali.
Un secondo provvedimento delle autorità monetarie è stato emanato il 10 luglio 199334 . In questa occasione sono stati nuovamente istituiti i depositi a "valore garantito" (Baozhi chuxu) a tre, cinque e otto anni. Si tratta di depositi per i quali il sistema bancario garantisce una certa remunerazione reale, cioè al netto degli aumenti del costo della vita.
Con i ritocchi di luglio i depositi sono stati remunerati di 1,72 punti percentuali in più, mentre i tassi sugli impieghi sono diventati mediamente più costosi di 1,38 punti.35
Viene fatto notare36 che, nonostante i ritocchi citati, nelle città i tassi pagati sui risparmi rimangono ancora attestati su valori negativi, in ragione degli aumenti dei prezzi.
È quindi probabile che le autorità monetarie interverranno nuovamente per adeguare i tassi bancari all'andamento della congiuntura, con l'obiettivo di renderli più coerenti con gli obiettivi di politica economica.
2.2.7 Il problema dell'evasione fiscale
I dati relativi alla raccolta dei tributi del 1992 sono raddoppiati rispetto a quelli del 1986: erano 127,772 miliardi nel 1986 e 260 sei anni dopo. Tuttavia, a ben vedere le statistiche, dal 1988 il tasso di crescita delle entrate tributarie è stato di circa il 10%, con una leggera crescita per il primo semestre 1993, attestandosi al 12,4% rispetto allo stesso periodo del precedente anno.
Secondo un'analisi compiuta dall'Amministrazione di Stato per le imposte, nel periodo 1985-91 ci sono state frodi all'amministrazione tributaria per circa 90 miliardi di yuan, di cui 8,17 nel solo 1992.37
Ad evadere le imposte sono un po' tutti i settori, ma la stampa cinese mette in risalto che non esiste un sistema di tassazione efficiente per quanto riguarda le imprese private. Secondo la citata Amministrazione, il settore privato sarebbe responsabile di frodi per circa 10 miliardi.
In effetti, la mancanza di un efficiente sistema di prelievo tributario costituisce il primo elemento che caratterizza il problema dell'evasione.
Il secondo problema segnalato sono le frodi fiscali legate ai rimborsi sulle esportazioni. Si tratta di un campo in cui è difficile fare delle valutazioni di carattere complessivo, ma secondo alcuni articoli apparsi sulla stampa, costituisce un canale che sta diventando sempre più consistente.
Il terzo problema è costituito dalla politica di esenzione e di concessione di riduzioni delle imposte praticate dalle autorità locali. Come è noto, la Cina ha ufficialmente adottato una politica di sostegno agli investimenti esteri concedendo facilitazioni per quanto riguarda il carico tributario che pesa sugli investitori stessi. Tuttavia, di questa politica è stata data una applicazione impropria e troppo estesa, al punto che il trattamento fiscale è diventato molto diverso nelle varie parti del paese da snaturare le originarie intenzioni.
Secondo quanto affermato dal Ministro delle Finanze, Liu Zhongli38 , nel periodo gennaio-luglio 1993 le entrate dello stato sono state di circa 214 miliardi yuan, pari al 50,4% del budget e con un incremento del 5,3% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Le uscite del Bilancio si sono attestate a 208 miliardi, raggiungendo il 46,7% del totale pianificato e mostrando un incremento del 9,2% rispetto allo stesso periodo del precedente anno.
Il Ministro si è mostrato abbastanza soddisfatto dell'andamento dei conti, anche se a suo avviso quattro rimangono i problemi più gravi sul tappeto:
1) il sistema dei contratti attualmente applicato in gran parte delle attività produttive e secondo cui le imprese sono responsabili dei propri conti economici, ha di fatto comportato una riduzione del gettito a favore dell'erario.
2) La mancanza di fondi e la crisi di liquidità che ha caratterizzato il comparto produttivo, anche a seguito dell'introduzione di misure di contenimento del credito, ha portato a ritardi nei versamenti dovuti all'Amministrazione.
3) Esiste una certa riduzione delle attività produttive che si riflette anche nelle minori imposte versate.
4) Il problema dell'evasione fiscale è diventato piuttosto grave.
È proprio quest'ultimo punto che sembra destinato a caratterizzarsi come uno dei problemi più seri dell'attuale situazione economica dal momento che condiziona direttamente la capacità di intervento economico delle autorità.
Sulla questione, il governo si è impegnato direttamente, cercando di attivare i canali di propaganda e istituzionali e predisponendo un riordino della normativa.39
Una Circolare del Consiglio degli Affari di Stato del 4.8.199240 ha richiamato di recente tutti gli organi interessati, e soprattutto quelli periferici, ad una applicazione corretta e coerente delle norme fiscali.
Una circolare della Procura Suprema del popolo41 ha sottolineato che l'amministrazione della giustizia deve impegnarsi maggiormente e in modo più incisivo sul fronte della lotta contro i delitti contro l'amministrazione tributaria.
Da gennaio a maggio 1993, ricorda la Circolare, sono stati accertati circa 4000 casi di evasione, ma si tratta, evidentemente, di un fenomeno che deve essere più esteso se è vero che la stessa Procura ha messo in guardia contro una sorta di protezionismo giuridico locale.
3. LA MANOVRA DEL LUGLIO 1993
Con un documento della Commissione di Stato per la Ristrutturazione del Sistema Economico, sono stati creati quattro "gruppi dirigenti" per condurre a termine gli obiettivi di riforma che vengono considerati prioritari.
"Gruppo dirigente" significa che all'interno delle istanze più elevate del governo vengono attribuite responsabilità ad alcuni dirigenti, senza la creazione di un organismo di carattere formale.
Tali gruppi hanno il vantaggio di essere informali, ma godono di una elevata autorevolezza per via dei dirigenti che li compongono.
I quattro gruppi previsti sono:
a) Il gruppo per la riforma del sistema bancario, capeggiato da Zhu Rongji e da dirigenti del settore bancario, della Commissione per la Ristrutturazione del Sistema Economico e della Commissione di Stato per il Piano;
b) Il gruppo per la riforma della struttura finanziaria, sotto la responsabilità del ministro delle Finanze, Liu Zhongli, e formato da responsabili della Commissione per la Ristrutturazione del Sistema Economico e dell'Amministrazione di Stato per le Tasse.
Questi due primi gruppi sono già stati costituiti e hanno cominciato a lavorare.
c) Il gruppo per la riforma della struttura degli investimenti; diretto da Chen Jiahua, ne faranno parte funzionari della Commissione di Stato per il Piano.
c) Gruppo per la riforma dei meccanismi operativi delle imprese. Diretto da Wang Zhongyu, presidente della Commissione per l'Economia ed il Commercio del Consiglio degli Affari di Stato.
Il cuore della filosofia che ispira la nuova manovra del governo è costituita dal "Documento numero sei", adottato dal Comitato Centrale il due luglio scorso.42
Si tratta di un documento non ancora reso pubblico, ma la stampa di Hong Kong, solitamente bene informata, ne ha reso pubblico il contenuto.
Innanzitutto vi è una rassegna dei problemi che stanno caratterizzando l'economia cinese in questo periodo di cui si è già dato conto.
Al fine di rispondere alle difficoltà congiunturali, ma anche per porre le basi ad una riforma graduale della struttura, il Comitato Centrale ha proposto una manovra di politica economica articolata in 16 punti, e da qui il nome del documento.
I contenuti di questa iniziativa sono i seguenti:
1) Rafforzare il controllo sull'offerta di moneta e avviare una manovra di drenaggio della liquidità.
2) Proibire i prestiti interbancari.
3) Utilizzare il tasso di interesse in modo flessibile, con l'obiettivo immediato di aumentare quelli praticati sui depositi.
4) Adottare misure per contrastare duramente le iniziative non autorizzate di raccolta di fondi. In ogni caso, gli interessi offerti nelle operazioni di questo tipo autorizzate non potranno eccedere quelli offerti dalle banche.
5) Rafforzare incisivamente il controllo sugli impieghi.
6) Le banche specializzate devono garantire la liquidità e la libera disponibilità dei depositi da parte dei titolari.
7) Le istituzioni finanziarie e le altre organizzazioni di tipo bancario devono essere poste sotto la vigilanza della banca centrale.
8) Occorre procedere alla riforma del sistema monetario simultaneamente con quella del sistema degli investimenti.
9) Impegno per completare nei termini dovuti e pianificati la collocazione di Buoni del tesoro. L'emissione di titoli deve essere condotta all'interno dei quantitativi fissati e in aderenza con le norme previste al riguardo.43
10) Migliorare decisamente la gestione valutaria.
11) Rafforzare la gestione ed il controllo sulle proprietà immobiliari.
12) Applicare un taglio del 20% sulle spese dell'Amministrazione pubblica.44
13) Sospensione di ogni iniziativa di riforma dei prezzi, a parte quelle già annunciate.
14) Garantire la liquidità sufficiente al settore agricolo e applicare la proibizione di emettere nuovi buoni a fronte degli acquisti di cereali.
15) Ridurre drasticamente il volume degli investimenti infrastrutturali.
16) Le autorità centrali condurranno ispezioni regolari per controllare l'effettiva applicazione della politica economica da parte dei governi locali.
Le statistiche a cui abbiamo fatto riferimento in altra parte di questo scritto mostrano che la manovra ha cominciato ad avere impatti positivi sui principali aggregati che il governo vuole riportare sotto controllo.
Indicativa a questo proposito, è la relazione che il vice-primo ministro e governatore della banca centrale, Zhu Rongji, ha recentemente presentato nel corso di una importante riunione del Comitato permanente del parlamento cinese45 . Intervenendo sull'attuale situazione economica del paese, Zhu ha sottolineato che sono stati registrati alcuni significativi miglioramenti:
1) I prestiti interbancari posti in essere al di fuori dei plafond sono stati ridotti di un terzo;
2) È stata posta sotto controllo e drasticamente ridotta la raccolta illegale di depositi, effettuata da istituzioni non autorizzate. I depositi del sistema bancario sono cresciuti nel periodo giugno-luglio 1993 di 39,6 miliardi, anche grazie al miglioramento dei tassi di interesse offerti dalle banche.
3) Il tasso di cambio del RMB è migliorato e mostra positivi segnali di stabilità, attestandosi a 1:8,8 Usd:rmb.
4) Gran parte delle risorse finanziarie sono state impiegate per sostenere progetti giudicati strategici per lo sviluppo economico.
5) Il surriscaldamento legato alla speculazione immobiliare è stato ridotto drasticamente, grazie anche alla stretta creditizia.
Secondo Zhu, nonostante il miglioramento registrato, la situazione continua ad essere incerta. Perplessità sono legate soprattutto alla liquidità del sistema che, benché ridotta, continua ad essere eccessiva.
Gli investimenti infrastrutturali si sono ridotti, ma i governi locali continuano a mostrare una forte propensione a sostenere grandi progetti, per i quali il governo centrale ha comune imposto tagli considerevoli.
4. IL PLENUM DEL COMITATO CENTRALE DEL NOVEMBRE 1993: LA CINA CONCRETIZZA LA SCELTA DELL'ECONOMIA DI MERCATO
Dall'11 al 14 novembre, a Pechino, si è tenuto il III Comitato Centrale del Partito Comunista cinese. L'evento, atteso fin dall'estate scorsa ha avuto grande risonanza sulla stampa cinese e su quella internazionale in quanto ha contribuito ad individuare gli obiettivi di breve e medio termine della scelta strategica di aprire la Cina al mercato, o meglio, come dicono i documenti ufficiali, all'economia socialista di mercato.
I lavori si sono conclusi con l'approvazione di un lungo documento che ridisegna la struttura complessiva dell'economia cinese46 e indica le linee dei cambiamenti che verranno introdotti in alcuni comparti essenziali dell'economia.
La scelta di fondo che viene confermata dalla Decisione è quella di costituire un sistema di mercato globale che integri il mercato rurale e quello urbano e che connetta il mercato interno a quello internazionale. In altre parole, si decide che la scelta di aprire al mercato non varrà solo o soprattutto per alcuni settori dell'economia o per particolari aree geografiche, si pensi per esempio alle Zone Economiche Speciali o all'intera area costiera, ma l'economia di mercato è una scelta che riguarda tutto il paese e il complesso dell'economia. Il testo del documento poi si sforza di precisare che il passaggio dall'attuale sistema a quello prefigurato dovrà necessariamente avvenire in modo graduale e che sarà proprio il partito a stabilire le tappe successive di avvicinamento all'economia globale di mercato.
Conviene subito precisare cosa il documento e le autorità intendano per economia socialista di mercato: si tratta di una vera e propria costruzione di ingegneria ideologica denghista, che mentre stabilisce per l'economia l'introduzione del mercato nei termini più o meno conosciuti, inquadra quest'ultimo in un sistema politico sostanzialmente monopartito al centro del quale vi è appunto il PCC. In altre parole, i dirigenti cinesi sono disposti a consentire il massimo dei cambiamenti in materia economica, fino al punto di superare il tabù del mercato, ma hanno precisato (nell'ultima parte della
Decisione) che l'iniziativa politica continuerà a rimanere solidamente nelle mani del partito.
Il primo punto che il documento del CC affronta è quello della individuazione degli attori, dei protagonisti del mercato, e una parte importante del documento viene riservata al problema della privatizzazione delle imprese statali di dimensioni medie e grandi. Si tratta per lo più di imprese che lavorano nel settore industriale e che ancora oggi contribuiscono per il 60% al valore della produzione industriale.
Le imprese statali dovranno trasformarsi in società e già esiste una base normativa che può consentire di affrontare questo processo di trasformazione.
Si tratta, è bene sottolineare, di una privatizzazione nei fatti anche se la normativa cinese stabilisce dei distinguo di grande importanza. I beni e le proprietà che derivano dagli investimenti diretti effettuati dallo Stato nel corso degli anni con allocazioni provenienti dal bilancio dei vari ministeri, rimangono di proprietà statale e non possono essere né ceduti né utilizzati al di fuori di quanto stabilito dal contratto di affitto firmato con l'impresa che li utilizza. Quest'ultima si costituisce come persona giuridica autonoma che ha il diritto di utilizzare gli impianti per le finalità consentite dal contratto di affitto. I profitti realizzati dall'impresa e i beni acquistati con i fondi propri dell'impresa sono naturalmente di proprietà dell'impresa stessa.
Lo Stato si impegna a non interferire nella formulazione delle politiche aziendali e a concedere tutta l'autonomia, peraltro prevista da una legge del 1989.
Le forme societarie che l'impresa statale può assumere sono varie e vanno da quella che nel nostro ordinamento è la società per azioni alla società a responsabilità limitata.
Il Documento del CC precisa che la collocazione di azioni presso il pubblico e soprattutto la quotazione delle imprese in borsa è una questione che riguarda solo un piccolo numero di imprese e che pur essendo un processo positivo, per il momento deve avere caratteristiche di grande e attenta selettività.
Le imprese che attualmente sono definite Corporations, che sono proprietarie di diverse unità produttive, dovranno riorganizzarsi in vere e proprie holding.
All'interno dell'impresa-società, la responsabilità principale spetta al direttore di fabbrica o, a seconda dei casi al manager, o direttore generale.
Accanto alla trasformazione del settore pubblico dell'economia, il mercato cinese dovrebbe essere costituito dalle imprese private, per le quali si auspica uno sviluppo sostenuto. La crescita dell'economia privata più che un'indicazione per il futuro è già una realtà assai importante sia per il paese, sia in particolare per alcune specifiche aree geografiche, quelle del sud del paese, in cui proprio le piccole imprese private costituiscono la base della straordinaria crescita economica. Il documento del CC insiste sulla importanza strategica dello sviluppo di questo settore, che contribuirà concretamente alla costituzione del mercato.
La Decisione inoltre affronta i problemi connessi ad altri elementi un tempo strettamente legati all'economia "socialista". Innanzitutto vi è la questione della riforma dei prezzi. Si tratta in effetti di un obiettivo perseguito fin dalla metà degli anni ’80 ed il governo, sia pure con un andamento alterno, ha introdotto alcuni cambiamenti abbastanza importanti, liberalizzando i prezzi di gran parte dei generi di largo consumo. Il problema rimane ancora quello dei prezzi dei beni strumentali e dei cereali, per i quali esiste il sistema detto del doppio binario: da una parte ci sono i prezzi fissati dallo stato, estremamente bassi, che sono applicati al momento in cui le agenzie statali vendono i prodotti, dall'altra, sempre per lo stesso tipo di merci, vi sono i prezzi liberi, sensibilmente più elevati di quelli statali. Ciò ha generato distorsioni piuttosto gravi e arricchimenti speculativi: molte imprese che ricevevano merce a prezzi statali, la rivendevano a prezzi di mercato riuscendo a lucrare profitti comunque più elevati di quelli derivanti dall'impiego produttivo delle merci in questione.
Tutto ciò dovrebbe cambiare, sia pure gradualmente e compatibilmente con le esigenze di stabilità del sistema economico. Sulla questione dei prezzi il documento del PCC è assai cauto in quanto l'inflazione è attualmente elevata e il governo vuole evitare ogni possibile malcontento popolare. Per questo, dopo aver deciso in linea di principio la necessità di liberalizzare i prezzi, concretamente ha stabilito tappe di introduzione delle modifiche estremamente prudenti, che comunque dovrebbero essere applicate non prima del giugno 1994.
In effetti, solo con un sistema di prezzi effettivamente riformato si potrebbe cominciare a parlare di economia di mercato; diversamente, il sistema genera squilibri difficilmente governabili e distorsioni gravi nell'allocazione delle risorse.
Il secondo elemento citato dal documento, come essenziale per l'effettiva introduzione del mercato in Cina è la creazione di un adeguato mercato finanziario. Un'economia, come quella cinese, in rapida crescita ha uno straordinario bisogno di un comparto finanziario funzionante non solo per mobilitare le risorse finanziarie, ma anche perché esso avrebbe una funzione di ammortizzatore delle varie tensioni che, inevitabilmente in questo periodo di transizione si sviluppano sul mercato.
Si prevede un ulteriore sostanziale sviluppo delle attività finanziarie e soprattutto di emissione di obbligazioni e di azioni. Si tratta di un mercato già esistente, che anzi ha dato risultati sorprendenti, ma che è suscettibile di una ulteriore crescita benché uno dei requisiti necessari sia quello di una definitiva sistemazione della base normativa e della effettiva vigilanza da parte delle autorità monetarie.
A cambiare, inoltre, dovrà essere anche il mercato del lavoro. A questo proposito la
Decisione non scrive molto, ma la strada che il governo intende prendere è quella di una liberalizzazione del mercato del lavoro, adesso rigidamente controllato dalle agenzie statali, legate a doppio filo con le imprese. Naturalmente, è difficile pensare che una trasformazione di queste dimensioni e di grande impatto sociale possa avvenire velocemente: con ogni probabilità si procederà per selezionati settori per poi allargare la riforma a tutto il mercato del lavoro.
Un fenomeno che ha caratterizzato la realtà economica della Cina di questi ultimi anni e che indubbiamente rappresenta un motivo di grande rottura rispetto al passato è la nascita di un vero e proprio mercato immobiliare. In alcune zone della Cina questo fenomeno è stato molto evidente e ha assunto caratteristiche paradossali: si pensi per esempio agli elevatissimi prezzi degli immobili nell'area di Shenzhen. Ma proprio le aspettative di una forte rivalutazione di questo settore hanno canalizzato molte risorse nelle aree dove era possibile investire.
Il documento del PCC giudica positivamente la nascita e la crescita del mercato immobiliare, anche se si preoccupa di stabilire alcuni limiti piuttosto importanti (come per esempio il cambio della destinazione d'uso, da agricolo e industriale o residenziale).
Lo sviluppo del mercato in Cina, almeno nel medio termine dovrebbe avvenire attraverso il conseguimento, graduale, di questi obiettivi.
Rimane il problema di come governare un'economia che interessa un miliardo e 200 milioni di persone. Il piano in senso tradizionale non può certo essere preso in considerazione: ha cominciato ha mostrare la sua inefficacia già da tempo e certamente si mostra inadatto nel caso di un'economia in cui i soggetti economici e produttivi godono di una relativa libertà economica.
Il testo del CC individua tre leve di governo assai importanti.
1. Il Piano. In questo caso, tuttavia, si tratta di piani di carattere generale, di programmi, in cui sono indicati gli obiettivi strategici e non già i documenti dettagliati della pianificazione di tipo socialista. Il governo si riserva di individuare gli obiettivi più importanti dello sviluppo economico e dello sviluppo sociale e di coordinare in modo coerente le politiche dei diversi settori economici.
2. Il sistema impositivo. È l'argomento sul quale i rappresentanti delle province e quelli del governo centrale hanno avuto più punti di disaccordo. La situazione è, con la necessaria semplificazione, la seguente: il vecchio sistema tributario, concepito per un'economia statale, pianificata e poco sviluppata, si è mostrato oltremodo inadeguato alla nuova situazione economica del paese e soprattutto non ha saputo trarre alcun vantaggio dalla straordinaria crescita economica. In particolare, vi è oggi in Cina una estesa e preoccupante area di evasione, praticata anche dalle stesse imprese statali oltrechè da quelle private. Inoltre, le autorità locali, preoccupate di difendere le attività economiche delle imprese sotto la loro giurisdizione, non si sono mostrate troppo solerti nell'applicazione delle sanzioni previste per l'evasione fiscale. Il risultato è stato un considerevole impoverimento delle casse dello Stato, mentre una situazione moderatamente più positiva si verificava per quanto riguardava le imposte locali, che naturalmente venivano esatte con maggiore precisione e incisività. La conseguente riduzione della capacità di spesa del centro si è evidenziata attraverso i minori investimenti e, complessivamente, con la crescita del deficit di Bilancio.
Il documento del CC ridisegna complessivamente il sistema delle imposte, inquadrandole in tre categorie:
a) quelle di competenza delle autorità centrali; b) quelle in parte di competenza del centro e in parte della periferia e c) quelle locali.
A seguito di questa nuova suddivisione, le casse centrali dello stato dovrebbero ricevere un gettito maggiore.
Dopo pochi giorni dal Plenum, il governo ha effettivamente varato un provvedimento che, in linea con quanto si scriveva sopra, attribuiva al centro il 60% del gettito globale delle entrate tributarie, contro il precedente 38%, mentre l'IVA viene portata a 17%. Lo Stato, insomma, ha dato prova di sfidare le potenti autorità regionali pur di poter rendere maggiormente efficiente questo importante settore. Resta comunque da vedere fino a che punto e con quale incisività verranno applicate queste misure.
A questo proposito, la Decisione ha stabilito che il deficit interno e l'indebitamento sull'estero sono sottoposti alla gestione centralizzata. In altre parole, sono le Autorità centrali a stabilire i limiti di indebitamento interno ed esterno, in base ai quali poi vengono attribuiti, a cascata, i limiti di indebitamento a livello periferico. Gli enti economici periferici possono e potranno operare solo entro il rispetto di queste quote.
3. La terza leva economica che il governo intende utilizzare per esercitare il governo dell'economia è costituita dal complesso degli strumenti finanziari e bancari, il che implica uno sviluppo di questo settore.
In particolare, il documento del CC sottolinea che il sistema bancario, che non ha dato recentemente prova di una gestione coerente, dovrà essere interamente riorganizzato. Si ricorderà a questo proposito, che proprio nello scorso luglio il governo aveva licenziato in tronco il governatore della banca centrale - fatto del tutto inedito - proprio perché ritenuto responsabile della situazione di anarchia che regnava nel comparto bancario. Le autorità centrali imputavano alla banca centrale di non aver posto sotto controllo o di non aver fatto rispettare i limiti di incremento dei crediti al punto che nei soli primi tre mesi dell'anno si era registrato un aumento del volume degli impieghi pari al 90%, il che era considerato incompatibile con gli obiettivi di crescita equilibrata stabiliti dal governo. Il problema di fondo del sistema bancario è che le filiali provinciali hanno interpretato in modo eccessivamente estensivo le autonomie delegate dalla banca centrale o dalle direzioni generali delle banche. La Banca cinese del popolo, la banca centrale, d'altra parte non è stata in grado, o non ha voluto per ragioni politiche, verificare la coerenza della gestione degli impieghi a livello di provincia con i plafond assegnati. Questo ha portato ad un aumento del credito erogato effettivamente incompatibile con la stabilità della moneta. A ciò si deve aggiungere che molte banche provinciali, proprio per aggirare i limiti sugli impieghi hanno costituito delle società parafinanziarie, finanziate dal sistema creditizio, in grado di raccogliere fondi e quindi di impiegarli a tassi estremamente più elevati di quelli ufficialmente stabiliti.
A questa situazione assai grave il governo ha già posto parziale rimedio con la manovra di metà anno, che aveva alla sua base una severa stretta creditizia che ha comportato il rientro di tutti gli impieghi che non avevano le caratteristiche di correttezza stabilite dalla banca centrale. Inoltre, è stata stabilita la chiusura di moltissime delle finanziarie regionali e la stessa raccolta dei fondi è stata posta sotto la più stretta vigilanza della banca centrale.
Una manovra in due fasi sui tassi ha poi completato questo approccio congiunturale. La questione, che invece il documento pone, è di natura strutturale: la banca centrale deve essere posta in grado e deve effettivamente esercitare la sua funzione di direzione della politica monetaria e creditizia.
Dunque, in futuro le filiali provinciali della banca dovranno applicare in modo stretto le indicazioni di politica monetaria e creditizie stabilite da Pechino.
Questo obiettivo, che per la verità è una precondizione per uno sviluppo più razionale dell'economia, tuttavia sembra di problematico raggiungimento per almeno due ragioni: la prima, già conosciuta, della permeabilità del settore del credito alle pressioni dei poteri politici locali. Si tratta di una realtà evidente soprattutto in alcune regioni, in cui i responsabili del sistema bancario non possono sottrarsi alle richieste che vengono dal mondo politico.
Il secondo motivo è più tecnico: si tratta della mancanza di una rete integrata di gestione computerizzata delle operazioni bancarie che potrebbe consentire la verifica puntuale dei livelli degli impieghi da parte delle dipendenze delle banche.
Al fine di ridurre l'enorme quantità di contante in circolazione, il Documento indica la strada dello sviluppo regolamentato dei titoli di strumenti di pagamento alternativi.
L'interno settore delle banche, infine, dovrebbe essere profondamente modificato. In futuro dovrebbero esistere solo due tipi di banche: da una parte le banche commerciali, dall'altra istituti creditizi che hanno per oggetto l'erogazione e la gestione degli investimenti statali. Le prime, che costituiscono la fetta più grande del settore bancario, perderanno l'attuale caratteristica di "specializzazione" per cui ognuna di essa si rivolge solo a un determinato segmento del mercato e diventeranno banche universali.
Un discorso a parte merita, infine, la convertibilità del renminbi, la divisa cinese. Si tratta di un argomento di cui si sta discutendo da tempo e il governo cinese è definitivamente orientato a rendere il renminbi convertibile, anche perché questo è uno degli obblighi derivanti dalla futura adesione della Cina al GATT. In questo senso, per esempio, deve essere letto il progressivo slittamento della parità tra RBM e USD che si è verificato nei primi sei mesi dell'anno: è infatti opinione diffusa che il tasso di cambio che dovrebbe consentire la convertibilità è di 1:10. Attualmente il cambio è di 1:8,8, dopo aver raggiunto i 13 renminbi.
Gli investimenti rappresentano uno dei punti problematici dell'economia cinese: in particolare, a destare una costante preoccupazione sono gli alti ritmi di crescita, che quest'anno hanno sostenuto, insieme ad altri fattori, l'inflazione. Nei primi sei mesi dell'anno, a dispetto delle misure del governo, che andavano in direzione di un sostanziale contenimento, questo aggregato è cresciuto del 70%. Il problema strutturale è che parte di questi flussi, a causa del decentramento, non sono più sottoposti al controllo e alla gestione delle autorità centrali, ma costituiscono un punto di forza politico delle autorità locali che tendono a fabbricare strade, edifici privati e pubblici, ed infrastrutture in genere.
Per il governo centrale è dunque difficile intervenire direttamente sulla capacità di spesa dei governi locali e questa è una delle cause della abnorme crescita degli investimenti infrastrutturali.
In futuro, il documento propone che gli investimenti devono essere compatibili con gli obiettivi generali della politica industriale dello stato e che devono avvenire solo sottoforma di erogazione bancaria, il che significa anche un esame del merito creditizio del prenditore da parte del sistema bancario.
Lo Stato interverrà solo nei grandi progetti, attraverso una costituenda istituzione bancaria, la Banca per lo Sviluppo Nazionale.
Nella Decisione, inoltre, si trovano molte altre riflessioni su particolari aspetti della vita economica quali il sistema dei salari e quello pensionistico, che individuano linee di politica estremamente generiche.
Qualcosa di più specifico il documento del CC scrive a proposito del comparto del commercio e degli investimenti esteri.
Innanzitutto va sottolineata un'affermazione estremamente importante: che l'apertura all'estero deve servire anche per ottimizzare le risorse, il che implica relazioni con l'estero non episodiche e protette, ma organiche e aperte.
Il documento richiama la necessità che il mercato interno e le imprese che lavorano per l'estero si uniformino con gli usi e con i costumi internazionali e verranno progressivamente introdotte tutte le norme che sono richieste dal GATT.
Verranno ulteriormente potenziate le zone costiere, quelle che già hanno registrato straordinari ritmi di crescita degli scambi con l'estero.
Fermo restando il relativo decentramento delle imprese che operano con l'estero, il documento tuttavia pone l'esigenza che queste imprese siano dotate di un adeguato livello qualitativo; si ribadisce la scelta di abolire l'uso delle misure di pianificazione per quanto riguarda le importazioni e le esportazioni preferendo ad esse l'uso di strumenti economici in senso proprio, quali il tasso di cambio, i dazi ed il credito.
Il documento del Comitato Centrale costituisce indubbiamente un importante passo in avanti in direzione della trasformazione della Cina. Ne sono stati illustrati i contenuti più importanti che riguardano aspetti centrali della vita economica. Per altri versi, la
Decisione offre solo dichiarazioni di principio, che in futuro dovranno prendere concretezza.
MONDO CINESE N. 83/84,
SETTEMBRE-DICEMBRE
1994
Note
1 Tra i molti lavori dedicati al XIV Congresso si veda Tony Saich,
The Fourteenth Party Congress. A Programme for Authoritarian Role, in China
Quaterly, n. 132, dicembre 1992, pp. 1136-1160.
2 Si tratta, in effetti, della posizione iniziale dello stesso Deng Xiaoping il quale, tuttavia, ha spostato il criterio di legittimità e di coerenza dall'osservanza dell'ideologia alla verifica empirica. Fondamentale, anche per il valore storico che ha avuto, è l'intervento al III CC del 1978, in Selected Works of Deng Xiaoping (1975-1882), Pechino 1984, pp. 151-ssg.
3 È forse utile ricordare che la soglia ideologica riconosciuta da tutte le componenti del partito era costituita dal rispetto dei cosiddetti "quattro principi fondamentali"
(si xiang jiben yuanze) denghisti: mantenimento della strada socialista, della dittatura del proletariato, della direzione del partito comunista e del marxismo-leninismo e del pensiero di Mao Zedong.
4 Robert Michael Field, China's Industrial Performance Since 1978, in China Quaterly n. 131, settembre 1992, pp. 577-ssg; ed il capitolo sulle riforme urbane in J.C.H. Chai e Chi-Keung Leung,
China's Economic Reforms, University of Hong Kong, 1987.
5 Nel settembre 1992 esistevano 55.376 imprese private e ben 14 milioni di nuclei individuali delle aree urbane.
Private Sector grows fast in China in China Economic News (CEN), n. 1, 1993.
6 Tony Saich, Il decennio delle riforme in Cina: i limiti della rivoluzione
dall'alto, in a cura di T. Saich e M. Dassù, La Cina di Deng Xiaoping, Roma 1991, pp. 52-65.
7 Roberto Bertinelli, La Cina dopo
Tiananmen, in Rapporto sulla Cina, Roma, 1991, pp. 32-47.
8 Ibidem, pp. 54-61.
9 Di una laboriosa stesura è stato oggetto anche il recentissimo documento del III CC del novembre 1993 secondo il Wen Wei Po del 24.11.1993, riportato in SWB FE 1858 29.11.93.
10 Si veda il discorso di Jiang Zemin al XIV Congresso del 12.10.1992, in SWB FE 1511 14.10.92 p. 8.
11 Un interessante articolo apparso su “Jingji guanli" n. 10, pp. 17-21 offre una visione articolata del cosiddetto "disordine finanziario".
12 Secondo un documento pubblicato sulla rivista "Jingji Yanjiu", n.5, 1993, pp. 3-10 i principali indicatori economici si sarebbero evoluti nel modo seguente.
13 I lavori si sono aperti il 15 marzo e terminano il 31, con l'approvazione del "Rapporto sulle attività del governo", presentato dal primo ministro Li Peng. I documenti principali della riunione sono nei nn. 2 e 3-1993 di
Zhonghua renmin gongheguo quanguo renmin daibiao dahui changwu weiyuanhui.
14 I delegati hanno eletto il primo ministro, riconfermando Li Peng. Vice primi ministri sono stati eletti: Zhu Rongji, Zou Jiahua, Qian Qichen, Li Lanqing. Consiglieri di Stato: Li Tieying, Chi Haotian, Song Jian, Li Guixian, Chen Junsheng, Ismail Amat, Peng Peiyun, Luo Gan. Il Parlamento ha inoltre nominato il Presidente della Repubblica, Jiang Zemin, il vice presidente della Repubblica: Rong Yiren e il Presidente della Commissione Militare Centrale, Jiang Zemin.
15 In particolare Jiang Zemin, nel suo rapporto al Congresso dal titolo
Estendere la riforma e l'apertura all'estero e promuovere la modernizzazione in vista delle più grandi vittorie della causa del socialismo alla
cinese, in Beijing Information, n. 43, 1993, sostiene che la costituzione del sistema dell'economia socialista di mercato avrebbe dovuto procedere per i seguenti punti: 1) modifica dei meccanismi di gestione delle imprese; 2) perfezionamento del mercato; 3) riforma del sistema di ripartizione e delle assicurazioni sociali; 4) ristrutturazione dell'apparato statale.
16 Per il momento non esiste ancora una normativa unitaria né un indirizzo consolidato. Tuttavia è possibile far riferimento ad alcuni provvedimenti: Gufenzhi qiye shidian banfa, in
Zhonghua renmin gongheguo guowuyuan gongbao (GWYGB), n. 16-1992; Gufen youxian gongsi guifan
yijian, ivi; e Youxian zeren gongsi guifan yijian. Per quanto riguarda le imprese statali, di grande importanza è il
Quanmin suoyouzhi gongye qiye zhuanhuan jingying jizhi tiaoli, in GWYGB, n. 22, 1992. Un documento assai importante è quello della Commissione di Stato per la Ristrutturazione dell'Economia pubblicato in
Zhongguo jingji tizhi gaige, n. 5, 23.5. 1992, pp. 20-24.
17 Nella citata riunione del parlamento gli organismi posti sotto il Consiglio degli Affari di Stato sono stati ridotti da 86 a 59. Tra i ministeri aboliti vi sono: il Ministero per le risorse energetiche, il Ministero per l'Industria Meccanica ed Elettronica, il Ministero per l'Industria Aerospaziale, il Ministero per l'Industria Leggera, il Ministero per l'Industria Tessile, il Ministero per il Commercio e il Ministero per i Materiali e per gli Impianti. Cfr. SWB 1939 e 1650.
18 R. Bertinelli, La Cina a piccoli passi verso il
GATT, in Cina Notizie, n. 3-1993.
19 Tra i tanti studi pubblicati sull'argomento, si veda Robert F. Ash,
The Agricultural Sector in China: Performance and Policy Dilemmas during the 1990's, in China
Quaterly, n. 131, settembre 1992, pp. 544-575.
20 Cfr. Sung Kuo-cheng, Peasant unrest in Szechwan and Mainland China's
Problems, in Issues and Studies, July 1993, pp. 129-132.
21 Una Circolare del Consiglio degli Affari di Stato del 20.6.1993 ha abolito ben 37 tipi di balzelli che gravavano sui contadini, in
Guangming rihao (GMRB) 21.6.1993, p. 4.
22 Assai importante à anche il documento Zhonggong zhongyan guanyu jingyi bu jiaqíang nongye he nongcun gongzuo de
jueding, adottato dalla VII sessione del CC, il 29.11.1991, in Renmin
ribao, 30.11.1991. Va inoltre segnalata un'altra importante iniziativa di carattere istituzionale: l'approvazione della
Legge sull'agricoltura, avvenuta il 2.7.1993, il cui testo è in SWB FE W 291 del 21.7.1993.
23 Lu Cairong, Gongying bu cheng wenti, jiange qu yu
pingwen, in GMRB 2.7.1993, p.4.
24 Secondo una nuova classificazione dell'Ufficio Statistico di Stato, esistono nove tipi di economie: 1) quella statale, 2) collettiva, 3) privata, 4) individuale, 5) associata, 6) imprese costituite come società per azioni, 7) imprese con investimento estero, 8) imprese di Hong Kong e Macao, 9) altre.
25 Una sintetica rassegna dei problemi connessi è nell'articolo
Bixu jiakuai touzi tizhi gaige, in GMRB, 1.7.1993, p. 4.
26 Han Zhongkun, Jiakuai touzi tuzhi gaige, in
Renmin ribao (RMRB) 5.8.1993.
27 Hunah Yanfen e Yang Xuanyong, Guanyu wo guo jiage gaige de jige
wenti, in Jiaoxue yu yanjiu, n. 2, 1993, in Xinhua wenzhai, n. 6, 1993, pp. 42-44.
28 Il 2.8.1993 si è svolta un'importante Conferenza Nazionale dell'Ufficio di Stato per i Prezzi per discutere le misure di stabilizzazione dei prezzi stessi. RMRB 3.8.1993.
29 Guowuyuan tongzhi tuijin wujia gaige yange kongzhi wujia shangzhang in GMRB 5.9.1993.
30 Il resoconto è in RMRB 4.8.1993, p. 1.
31 Shi Liu, What Behind the Fluctuations of
renminbi, in CEN 37, 1993.
32 La notizia del decreto presidenziale è in GMRB 3.7.1993.
33 Si vedano le dichiarazioni dell'economista Liu Guoguang al
Wen Wei Po, del 20.5.1993.
34 In GMRB 11.7.1993, p. 4. I depositi a vista passano a 3,15%. I depositi a un anno a 10,19, a due anni a 11,70, a tre anni a 12,24, quelli a cinque a 13,86 e a otto a 17,10.
35 Renmin ribao, 11.7.1993
36 China Economic News, n. 39, 1993.
37 Wang Dayong in Guangming ribao, 15.8.1993
38 SWB FE 1785 del 4.9.1993.
39 È da segnalare il varo della Zhonghua renmin gongheguo shuishou zhengshou guanli
fa, del 4.9.1992, in GWYGB n. 23, 1992 a cui il 4.8.1993 sono seguiti i Regolamenti di attuazione.
40 Jingji ribao, 4.8.1993.
41 SWB FE 1769 17.8.1993.
42 Prima di questo documento il governo aveva varato una circolare sul controllo del settore finanziario
Jizhong zijin baozheng dongqian jingii gongzuo zhongdian, in GMRB 12.6.1993.
43 Il CAS il 17.6.1993 aveva varato una circolare che chiedeva il completamento del collocamento dei titoli entro il 15.7.1993. in GMRB 18.6.1993, p. 4.
44 La relativa circolare, emanata successivamente, è in RMRB 24.8.1993.
45 SWB FE 1782 1.9.1993 la riunione si è tenuta alla fine di agosto 1993.
46 Zhonggong zhongyan guanyu jianli shehuizhuyi shichang jingji tizhi ruogan wenti de jueding
(Decisione del Comitato Centrale su alcuni problemi relativi alla creazione del sistema dell'economia socialista di mercato), pubblicata in
Renmin ribao, del 16.11.1993.
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