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MIRACOLO A SHANGHAI

In pochi anni è letteralmente esplosa con una selva di grattacieli da fare invidia a Manhattan e investimenti per centinaia di miliardi di dollari. Tanto da guadagnarsi sul campo, a suon di quattrini, tanta libertà quanta non ce n'è in nessun altro angolo della Cina. Di costumi, se non ancora politica. Così la Perla d'Oriente si prepara ad essere la posta della Cina per l'Occidente.

Quad.gif (43 byte)  di STELLA PENDE
fotografie di PIGI CIPELLI

Al sessantesimo piano del grattacieIo Marriott in costruzione, i due operai cinesi lavorano sull'impalcatura sospesi nell'aria come marionette senza fili. Uno dei due ha in mano un lungo metro. Quando Io allunga sembra voler misurare il cielo. Sotto di loro si muove e palpita la città del sogno: Shanghai. E lì intorno sembrano muoversi anche i suoi grattacieli, siluri d'oro che puntano il cielo. Ma anche quelli d'argento dai cappelli turchese e smeraldo. Mentre le case dal tetto di specchio fanno rimbalzare raggi di sole sugli uomini che corrono piccoli come formiche tra le strade invase di macchine e di insegne fosforescenti.

Shanghai ovvero «Le Mille e una notte» dell'Asia. Shanghai una volta la Parigi d'Oriente, oggi la città più futuribile d'Occidente. Shanghai corrotta, fatale e maledetta, adesso la signora più sofisticata e più bella del mondo. Shanghai dove ogni due ore nasce un'azienda nuova, ogni 20 minuti si costruisce il piano di un grattacielo. Shanghai dove le ragazze possono comprare un reggicalze di seta in 607 negozi di biancheria.

Gli operai-marionette lasciano il cielo e rientrano nell'immenso scheletro di cemento. Comincia un altro turno. Qui nella città cantiere non si smette mai di costruire. Si lavora tutta la notte. Per questo ci sono 2.500 grattacieli. Per questo potranno costruirne in un anno ancora 60. Il miracolo edilizio non ha pari nel mondo: palazzi, alberghi, case escono dalla terra da un giorno all'altro «come se il cielo li chiamasse, corne se volessero arricchire il potere di questa città che, come disse Deng Xiaoping, sarà il destino dell'Asia». Così scrive il quotidiano più autorevole, Shanghai Daily. Cosi pensano tutti gli abitanti e i 74 milioni di turisti cinesi che la invadono ogni anno.

Il signor Chris Tsoi, direttore del marketing della società Jw Marriott Hotel è meno romantico. «Il nostro albergo costerà 2 miliardi di dollari e farà sparire tutti gli alberghi della città. Hotel da favola. Più alto di tutti, dunque almeno 200 metri. Più raffinato di tutti: architetti spagnoli e americani. Più sorprendente di tutti». Una sorpresa anticipata mister Tsoi? «La palestra avrà pesi dorati e la piscina un prato verde vero per prendere il sole ad alta quota». Forse già arreso all'abbronzatura, mister Tsoi si sistema gli occhiali a specchio e continua: «Avremo 342 stanze e 255 suite. Nei rimanenti 20 mila metri offriremo centinaia di appartamenti extralusso. Tutti i ricchi della Cina stanno arrivando in questa città? Troveranno case più ricche».

Per ora il vertice del management ha inviato da Hong Kong i suoi uomini per sorvegliare i lavori. Accade spesso di questi tempi. L'esplosione della città è tale che la gente non riesce a star dietro a tecniche e ritmi di grandi progetti. Nonostante tutto dal 1995 a oggi 235 nuovi grattacieli sono stati costruiti, 400 mila tonnellate di materiali edilizi comprati, un terzo delle gru del mondo occupate e 60 miliardi di dollari investiti.

Shanghai, però, non ha mai avuto un cuore solo cinese. E facilmente ha assorbito atmosfere e modi stranieri: quelli dei francesi e degli inglesi che l'hanno abitata negli anni Venti, poi degli affascinanti mascalzoni che l'hanno corrotta, perfino dei nemici giapponesi che l'hanno invasa. Quella di Shanghai express film di Josef von Sternberg, dove Marlene Dietrich, lunga e bellissima, vuole comprare un cappellino, è una città sensualmente occidentale. «Ma è questa sua carnalità, questa maniera di essere sempre aperta a tutto che la rende magnetica e unica». Li Pu, modella famosa ma anche studentessa alla Fudan university, ha capelli nero-blu, tacchi a spillo rossi. Parla camminando veloce su People square. «Questo è il Grand Theater» dice e indica una incredibile costruzione di vetro con un tetto a pagoda galattica. Cina spaziale. «Stasera tutti a vedere Gong Li nel suo ultimo spettacolo teatrale», ma la nostra diva ride, tiene stretta la gabbietta con un uccellino smeraldo in una mano e nell'altra la borsa di Vuitton. Cina vecchia. Cina nuova. «Studiavo legge e lavoravo a Pechino ma sono venuta qui. Shanghai è il posto dove devi essere.I ragazzi cinesi da sempre hanno sognato università americane. Ma oggi tornano. Una nostra ricerca dice che il 38 per cento dei laureati vuole lavorare solo qui».

Penso a questi giovani che hanno chiamato per anni il sogno di libertà. «È un sogno che si avvererà quando la Cina entrerà nella World trade organisation» chiarisce Li che come tutti aspetta quel momento. «E solo allora i cinesi saranno seduti sut treno della globalizzazione».

Passiamo il Ritz Hotel. Immensa e chiassosa cattedrale di marmo nero dove la stanza Pacha può costare per una notte 3 mila dollari. Appena usciti il bar dello Star Bucks che pullula di ragazzi colorati. Uno ha perfino un piercing a farfalla laccata sulla bocca. Le multinazionali americane invadono la città. Qualcuno fra i negozi di moda ha nomi stranieri. Molli italiani: Giordano, Baleno. Anche i manichini sono signore bionde e pettorute con Io chignon. «Invece le fabbriche sono cinesi. Imitazioni. Per noi la moda italiana è come il Libretto rosso di Mao. È la nostra religione» dice e poi vola via davanti al grattacielo brulicante della Coca-Cola come vorrebbe fare il suo uccellino.

Il taxi turchese metallizzato si ferma nella Nanjing road west. Strada che evoca eleganze di avenue francesi. Annunciato da enormi cesti di camelie rosse ecco il magazzino di lusso più chic della Cina: Plaza 66. Castello della favola della moda. Piani e piani di vetri, piume, struzzi, frizzi, champagne, specchi, petali, ori, fiocchi e un aereo vero e pizzicato di paillettes che pende dal soffitto. A perdita d'occhio tutti i nomi della fashion intemazionale: da Prada a Lagerfeld, dalla Bottega Veneta a Celine, da Tod's a Via della Spiga. Una grande bouffe di 316 boutique. Ancora vuota però. Ce la farà Shanghai a riempire il suo sogno ambizioso?

Intanto una dea lunga e morbida come un fiore di loto entra da Vuitton e pretende un paio di sandali di pitone arcobaleno. Non ci sono. I serpenta in Cina si trovano più facilmente corne antipasto nei ristoranti. Allora si infila nel negozio accanto: Shanghai Beauty-Imagine Test. Qui la signorina Livia Shi spiega entusiasta che con l'entrata della Cina net Wto la sua azienda servirà per insegnare alle ragazze locali modi e mode stranieri. Il suo tailleur verde pisello non pare efficace per quelle lezioni. Sospetto che diventa certezza: «Si comincia sempre dalle unghie. Lunghe minimo quattro centimetri massimo sei». Ce la farà Shanghai a vincere la sua grande corsa contro la Cina?

Fuori orgia asiatica di macchine. Tra le molte schizza una Bmw. Automobile di tendenza. Poche biciclette. Piccole lucertole che scappano dai mostri a motore. «C'è un modo di pedalare che è solo cinese» scriveva Mao. Il grattacielo della Nec ha un cappellino viola. Qui tutti i grattacieli hanno cappellini. Come templi dal Duemila. Davanti a noi come meravigliose bisce d'acciaio le nuove strade sopraelevate. Un vecchio sale le scale di vetro e sembra arrampicarsi sui grattacieli e sul futuro al quale non è preparato. «Pick your money free»: cioè come salvare e spendere i soldi. Un ragazzo legge attento il titolo di That's: il magazine dalla Shanghai del denaro e della moda.

In città il business è come l'aria. Tutti arrivano e corrono qui dall'Amenca che tratta la Cina come seconda destinazione dei suoi investimenti stranieri. Il 61 per cento del denaro che arriva in Asia va a Shanghai che è diventata anche la calamita dei grandi soldi di Hong Kong. Perfino la Coca-Cola ha spostato qui la sua sede. Una gloria voluta dai due uomini più potenti della Cina. Ambedue cittadini di Shanghai: il presidente Jiang Zemin e il premier Zhu Rongji. Ma quelli che hanno in mano la testa dal Dragone sono soprattutto gli esuli. I cinesi emigrati nel mondo che tornano miliardari a coprire di dollari la loro città. Come Handel Lee. L’avvocato che possiede già il Courtyard, ristorante icona di Pechino, si presenta con una giacca scura sopra una T-shirt nera. Tra Versace e Rocky Balboa. E, come ogni cinese ricco che si rispetti, ha un inglese perfetto e il sorriso regolabile. Ci porta sul Bund, struggente e antico passeggio sul fiume Huangpu, a vedere quello che sarà «il palazzo più attraente dell'intrattenimento». ll posto, sede di una compagnia di assicurazione dal 1916, è immenso. Almeno 2 mila metri. «Al 1° piano ci sarà uno showroom di design e una gioielleria, al secondo una galleria d'arte mai vista prima» e fa intendere accordi col Guggenheim Museum «poi il ristorante, force il francese Georges e la sala del jazz per tornare ai vecchi splendori. In cima e sulla terrazza il ristorante giapponese Nobu, perché oggi la grande moda qui sono i ristoranti giapponesi. Infine la sala dei sigari dove Robert De Niro verrà a fumare un Avana che conservo proprio per lui».

Handel racconta il miracolo di Shanghai. E come la Perla d'Oriente ha mangiato Pechino in tutto e per tutto. «In Cina Pechino comanda su tutto e tutti. Ma i capitali che negli ultimi anni sono atterrati su Shanghai l'hanno resa libera. La Michelin voleva compare un'azienda qui. Pechino ha detto no. La Shanghai Bank ha risposto: facciamo da soli. Certo il cammino sarà lungo. L'efficienza delle banche, le riforme del sistema sociale, ma soprattutto la riduzione delle invasioni governative. Alla fine sarà Shanghai ad aprire il cancello del mondo alla Cina».

Uscendo all'angolo della strada si gira un film. Improvvisamente un'acqua torrenziale arriva dal cielo raramente azzurro. Sul tetto del Peace Hotel, monumento del déco cinese, piccoli ometti spruzzano pioggia finta da un grande tubo. La Cina non sarà mai veramente nuova perché è stata troppo tempo antica. Mai veramente ricca perché è stata troppo povera. Cosi a chiunque cammini sul Bund lungo quel fiume torvo e incantato appariranno prima o poi tutti gli avventurieri, i maghi, gli acrobati, le prostitute, i fumatori di oppio che hanno abitato questa città. E che non la lasceranno mai.

«Gradisce champagne americano o francese?»: il cameriere perfettamente ariano offre l'aperitivo nel ristorante più gettonato della città, il M on the Bund, creazione del tycoon australiano Michael Garnaut. A parte il controfiletto di coccodrillo e l'eccitazione per gli champagne occidentali, il luogo offre un piatto davvero esclusivo: il panorama a 360 gradi sull'altra parte del fiume, Pudong. Ovvero il cortocircuito degli occhi. Vista così potrebbe essere une delle città immaginarie di Calvino. Poi la guardi encora: Pudong è vera. Ed è vera la Perla d'Oriente, cioè la torre della televisione alta 250 metri quando tocca il sole. Sono veri quegli immensi mappamondi d'argento che le stanno vicini e che nascondono l'albergo Oriental. E anche il grattacielo Jin Mao il «palazzo» più alto della Cina. Con dentro l'hotel Hyatt. L'albergo più alto del mondo. E sarà vera la nuova città del cielo bionica che per 15 miliardi di dollari conterrà case per 100 mila persone e 300 negozi. E il nuovo Museo della scienza che ha fatto chiamare a Shanghai i 500 scienziati più famosi e ancora il treno magnetico a levitazione (1,08 miliardi di dollari) che volerà a 400 chilometri all'ora. E pensare che Pudong era campagna solo nel 1990. Poi fu deciso di concederle la libertà di nascere e di crescere. E oggi è diventata una città di 1,6 milioni di abitanti che ha lanciato 5.942 progetti con un investimento di 29,44 miliardi di dollari. Una città che non è nata. È esplosa.

Dentro quest'esplosione l'hotel Hyatt è la grande stella: ristorante italiano con cuoco varesino, discoteca di grido e una piscina circondata di vetri dove il cliente nuota praticamente nel cielo. «Ognuno qui ha il suo colore, il suo aperitivo, il suo massaggio personalizzato» spiega la frangetta lucida di Tina Lu, communication manager. Non dice che gli slip di Barbra Streisand, di Julia Roberts, di Margaret Thatcher, di Cesare Romiti e di Giulio Andreotti, ospiti passati dell'hotel, sono costretti ogni volta a un salto di 88 piani. La laundry è al primo livello. Due passi e al 99 della Huangpu road dentro la Bund international Tower, il migliore dei 234 club di nababbi locali e forestieri: l'American club international. Qui il club manager Clint Harris, copia perfetta del porcellino che vince Ezechiele lupo, incoraggia i soci all'iscrizione da 23.500 dollari. «La garanzia migliore? A Shanghai puoi girare con milioni in tasca senza pericolo. Se te li rubano? Li condannano a morte! ». Un trenino delle meraviglie che corre sotterraneo dentro cerchi arcobaleno ti riporta alla City. E al fiume azzurro. Alle poche case fatate, antiche e bianche che gli artisti di Shanghai hanno scelto corne i luoghi della loro arte. «Negli anni Settanta ogni opera astratta era, per il partito, sovversiva. Gli artisti scappavano all'estero». Ding Yi scrolla il suo codino e accarezza uno dei suoi quadri, patchwork di colori e di stelle net suo studio. «All'epoca facevo design d'interni e il pubblicitario. Ero più libero». La pubblicità poteva non essere maoista? Non risponde. Poi la politica ha perso il potere della grande censura. Continua impassibile: «Il sogno degli artisti cinesi è diventato la fusione con l’arte occidentale. E, dopo, la lotta dell'Oriente contro l'Occidente. Oggi siamo liberi di esprimerci. Io e Yu Youhao, Li Shao, Song Haidong e gli altri che hanno partecipato alla Biennale di Venezia, Io abbiamo dimostrato: la bellezza è negli occhi di chi la guarda ».

Una bellezza che si scopre anche nella galleria d'arte (une delle 200) più sofisticata della città. Quella di Lorenz HeIbling. Svizzero-cinese, Lorenz racconta di essere stato il vero pioniere e il pasionario dell'arte contemporanea a Shanghai dove si tengono oggi 500 mostre al giorno. «La pittura moderna terrorizzava cinesi e stranieri. Ho fatto piccole mostre in sotterranei, alberghi, pensioncine, ristoranti. Poi Shanghai è stata travolta dalla libertà e i suoi artisti ci volano sopra». Parla e mostra il ritratto dell'uomo cammello di Zhou Tiehai. Ma la meraviglia sta sul tavolo. Un piano di ceramica infiorato con la donna più sensuale, il vestito più fasciato, le gambe più accavallate. Senza testa e senza braccia.

Tornando sulla Nanjing road le gioiellerie non si contano. Diamanti appesi alla vetrine come stelle cadenti ma soprattutto oro. Serpenti, tori, cavalli. Gli animali, vivi, si vedono solo nei negozi. Ogni due metri la strada è bucata. Colpa di quanta città cantiere perenne ma anche di Edward Tian Suning, il megamanager dalla Netcom society che sta cablando l’intera città: 40 mila chilometri di fibra ottica. Ma il trionfo di Internet ha anche protagoniste femminili. «La Cina, e soprattutto Shanghai, si sono improvvisamente accese e liberate sotto gli occhi dei cinesi: Internet è stata la prima fiamma della nostra liberazione. Le donne i fiammiferi». Chan Baowen, occhi lucidi e sorriso da attrice, dopo 15 anni di America è oggi presidente dalla China technology ventures, un vero mito per la nuova generazione dei cinesi che sognano il business. Soprattutto per le giovani donne in carriera che affollano aziende e banche. Ma le ragazze vivono di più anche la notte. Nel giardino ancora molto cinese di Fuxing con peschi e fontane c'è il Baci restaurant con annessa discoteca Park 97. Corne il nome, anche il posto e gli ospiti sono vestiti all'occidentale. Una ragazza balla da sola in blue jeans e stivali alti rosa shocking. Un'altra danza col cellulare in mano e ride con l'amica. Come ti chiami? «Milk». Come? «Si, Milk e la mia amica As soon as possibile». Che vuol dire? «Che viviamo di America, ma una volta dovevamo immaginarla, oggi l'abbiamo qui».

arrow_red_right1.gif (51 byte) I numeri di Shanghai  © Panorama 2001
arrow_red_right1.gif (51 byte) Xintiandi, il nuovo cuore  © Panorama 2001
arrow_red_right1.gif (51 byte) Scandalosa Zhou  © Panorama 2001

Le immagini

arrow_red_right1.gif (51 byte) Un vecchio edificio del centro città
arrow_red_right1.gif (51 byte) Modelle cinesi durante una sfilata di Ferré
arrow_red_right1.gif (51 byte) Immagine dal backstage della sfilata di Ferré
arrow_red_right1.gif (51 byte) La skyline di Pudong al tramonto
arrow_red_right1.gif (51 byte) Il cantiere per la costruzione del Marriott Hotel nel centro della città
arrow_red_right1.gif (51 byte) Vita notturna della città: clienti al California Club, uno dei bar più chic di Shanghai
arrow_red_right1.gif (51 byte) Vita notturna della città: due commesse di un sex shop illustrano a un cliente gli ultimi arrivi
arrow_red_right1.gif (51 byte) Vita notturna della città: due avventori al Face bar
arrow_red_right1.gif (51 byte) Nanjing Road, una delle vie dello shopping
arrow_red_right1.gif (51 byte) L'interno di un negozio Zegna
arrow_red_right1.gif (51 byte) Henry B.C. Cheng

 

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