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ORIGINI E SCONFITTA DELL'INTERNAZIONALISMO IN CINA
1919-1927


A cura di

Alfio Aloisi

Editore

Edizioni Pantarei s.r.l., Milano

Prima edizione

2006

Pagine

496

N. ISBN

88-86591-09-8

L'onda d'urto del capitalismo mondiale si abbatté sulle coste cinesi e, rompendo l'unità del mercato interno, travolse la Cina imperiale, l'unico grande impero antico sopravvissuto fino ai tempi moderni. Accanto a «zone precapitalistiche», si formarono «zone capitalistiche ... collegate al commercio mondiale» e gravitanti attorno a una «potenza imperialistica» ﷓ nel 1919 tutti i principali paesi imperialisti erano presenti in Cina. «Non esisteva più una Cina, ma parecchie Cine», su cui regnavano i signori della guerra. Spezzata la secolare stagnazione, la borghesia cinese iniziò a caldeggiare la riunificazione della Cina e del mercato nazionale.
Lo sviluppo del capitalismo portò con sé lo sviluppo del moderno proletariato, e questa antologia ne percorre le tappe dell'entrata in scena dal 1919 al 1927. I bassi salari e le pesanti condizioni di lavoro coalizzarono questa nuova forza sociale e, per la prima volta nella sua storia, la Cina fu investita da un'ondata di scioperi. Erano le prime esperienze della classe operaia che portarono alla nascita dei sindacati e alla selezione di un'avanguardia politica che accolse con passione l'Internazionale comunista, mettendo a disposizione del partito mondiale impegno e audacia. II lavoro svolto sfociò nella costituzione del Pcc.
Ma, morto Lenin, per il gruppo dirigente del Comintern iniziò una fase di confusione strategica che precipitò nella sintesi del capitalismo di Stato russo, personificata da Stalin con la "costruzione del socialismo in un solo paese". II giovane Pcc rimase senza bussola, mentre il proletariato cinese dava carne e sangue alla rivoluzione democratica. Nell'interesse di un accordo della borghesia cinese con le potenze imperialiste, il 12 aprile 1927 Chiang Kai﷓shek tagliò le arterie del movimento rivoluzionario. Distrutto e vinto come partito operaio, il Pcc divenne l'espressione della corrente populista e contadina di Mao Zedong.
Un secolo è stato la misura del tempo necessario alla metamorfosi economica e sociale della Cina: paese semicoloniale all'inizio del Novecento, paese a giovane capitalismo negli anni Sessanta, potenza dell'imperialismo in via di maturazione oggi. La storia della Cina in questi cento anni è la storia di tale passaggio. Ieri subì l'invasione dei capitali e dei manufatti a buon mercato dell'Occidente, oggi invade con le sue merci il globo ed esporta i suoi capitali nei cinque continenti. Ieri l'Occidente infranse le muraglie erette per isolare il Celeste Impero, oggi è lo stesso Occidente che deve fronteggiare ricorrenti tentazioni al protezionismo dai bassi prezzi delle moderne esportazioni cinesi. Ieri la Cina fu una preda dell'imperialismo; oggi reclama il suo posto al tavolo della spartizione del mondo.
Con una spessa coltre di oblio si tenta ora di seppellire il ricordo del poderoso movimento operaio che dal 1925 al 1927 scosse le città cinesi. Allora la classe operaia non aveva la forza del numero; oggi la massa dei salariati ha raggiunto la cifra di «300 milioni» e «crescerà a mezzo miliardo». Se lo sviluppo del capitalismo porta inevitabilmente con sé la lotta economica, questi salariati troveranno nella migliore tradizione sindacale e politica delle prime generazioni operaie le ragioni per un impegno internazionalista.

 

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