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IL FIGLIO CINESE DI DIO
Storia di un profeta guerriero e della sanguinosa rivolta dei Taiping


Autore Jonathan D. Spence
Editore Mondadori, Milano
Collana La Storia
Prima edizione 1999
Pagg. 454
Traduzione (dall’inglese) di Maria Cristina Leardini
Titolo originale God’s Chinese Son
© 1996 W.W. Norton & Company, Inc.

"La mia mano ha il potere che uccide in cielo e in terra: decapitare i malvagi, risparmiare i giusti e lenire il dolore del popolo". Così dice Hong Xiuquan, quando, nel 1837, si risveglia dal sogno che l’ha incoronato figlio di Dio, fratello minore di Gesù. Il Padre celeste, che indossa una veste nera con un drago e un alto copricapo e ha la bocca nascosta da una folta barba dorata, lo ha incaricato di uccidere i demoni malvagi (la dinastia Qing regnante) che allontanano la Cina e le sue genti dalla retta via.
Intorno a Hong e la sua fede si raccoglie un esercito sempre più numeroso e organizzato, quell’armata celeste che, avanzando vittoriosa nella Cina meridionale e centrale, arriva a creare il Regno Celeste Taiping, della "Grande Pace", e sceglie come capitale Nanchino, il cuore della più ricca provincia cinese. Per undici anni Hong, il Re Celeste lo governerà, difendendolo dalle truppe imperiali e dai nemici interni, e conducendo grandiosi campagne militari in direzione di Pechino, il "covo del demonio", alla ricerca della vittoria risolutiva. Lo stato di guerra permanente, la lotta ai traditori, l’applicazione della legge marziale nonché di regole ascetiche e protocomuniste, la ricerca interessante di reclute e scorte per sostener l’enorme sforzo bellico dei Taiping e, infine, la sanguinosa distruzione del Regno Celeste a opera delle armate dei Qing provocheranno, "per carestia, per foco o spada", oltre venti milioni di morti.
Generato dall’incontro fra la cultura mistica e visionaria della Cina dell’Ottocento e il cristianesimo portato in Estremo Oriente dai missionari occidentali, per lo più battisti, il sogno di Hong, frutto di un’erronea traduzione del Vecchio Testamento, si afferma in una Cina politicamente instabile, governata da una dinastia in declino, preda di pirati e banditi, spinta dagli occidentali al traffico e al consumo di oppio e dai mercanti di armi ai nuovi mezzi bellici della rivoluzione industriale.
Nel Figlio cinese di Dio, Jonathan D. Spence, uno dei più autorevoli sinologi occidentali, ricrea la febbrile atmosfera di quel periodo e rirae, in un affresco di grande fascino, eserciti in lotta, audaci incursioni strategiche, prolungati assedi, eroiche resistenze, ma anche il caos e l’orrore che accompagnarono l’affermazione dell’Armata Celeste. La conclusione di questa incredibile avventura, sanguinaria e affascinante insieme, è tutta nelle ultime parole che Gesù, per bocca di Yang Xiuqing, Re dell’Est di Taiping, dice a Hong: "La città del vostro Dio è data alle fiamme. Non c’è modo di salvarla".

Jonathan D. Spence è nato in Inghilterra nel 1936. Dal 1959 vive negli USA, dove insegna storia all’università di Yale. Ha pubblicato numerosi saggi sulla Cina, fra cui ricordiamo: Imperatore della Cina. Autoritratto di K’ang-hsi (Adelphi, 1986), Il palazzo della memoria di Matteo Ricci (Il Saggiatore, 1987), Enigma di Hu (Adelphi, 1992) e Girotondo cinese (Fazi Editore, 1997)

 

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