Nel Diario veneziano Acheng porta allestremo limite il suo sguardo
«taoista» sul mondo. Lesercizio della distrazione, una semplicitą e
unessenzialitą costruite attraverso la disciplina della sottrazione, una capacitą
di sintesi che consente ad Acheng di unire punti lontanissimi nello spazio e nel tempo:
allinizio del Diario, passando dalla descrizione della Los Angeles bruciata
dalle violenze razziali al ricordo di un episodio della Rivoluzione culturale, lo
scrittore conclude con disarmante ironia: «Nei grandi disordini cč sempre un
grande silenzio». La forza segreta di questo libro, che si colloca in un preciso genere
letterario detto biji (letteratura in forma appunto), divenuto popolare in Cina a
partire dal periodo delle Sei dinastie (265-589) sta proprio nella svagatezza e
concisione quasi algebrica dello stile. Venezia, dove Acheng ha vissuto per due mesi nel
1992, appare e scompare nel corso del Diario come quei disegnini lievi sui vetri
appannati dal vapore che mutano forma e diventano allimprovviso unaltra cosa.
Eppure questo tessuto aereo di immagini č sorretto da unintelaiatura robustissima
di idee che formano, come ha scritto Edoarda Masi, «una trama coerente, seppure
invisibile al lettore distratto. La simpatia per il meticciato e lostilitą ai
nazionalismi. Lo spirito antiaristocratico. Linsofferenza per le corporazioni degli
intellettuali di ieri e di oggi, nella varietą cinesi e occidentali. Lironia
sullantico e sul moderno, e anche sul postmoderno», sono alcuni dei nodi attorno ai
quali si coagula la visione del mondo di Acheng.
Acheng č nato in Cina nel 1949 e vive, dal 1987, a Los Angeles. Ha
pubblicato presso Theoria Il re degli scacchi, Il
re degli alberi, Il re dei bambini, in seguito raccolti nella Trilogia dei
re. Ha inoltre curato lantologia di narratori cinesi contemporanei Strade
celesti.