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CULTURA E SOCIETÀ

La pubblicità sociale in Cina: un quadro generale

di Giovanna Puppin

Premessa

È oggi sempre più frequente, per le strade di Pechino, vedere le lunghe file di cartelloni pubblicitari raffiguranti attrici e prodotti tecnologici intervallate da qualche manifesto che ha come tema la sicurezza stradale. Nelle fermate della metropolitana di Pechino le pubblicità di orologi e cosmetici occidentali sono intercalate da cartelloni per la prevenzione dell’Aids. Allo stesso modo in televisione, il medium che in Cina ha avuto lo sviluppo maggiore e più veloce, dal sovraffollato panorama pubblicitario emergono spot che non agiscono nell’interesse del consumatore, ma in quello del popolo: gli spot sociali. Il fenomeno della pubblicità sociale nella Cina del XXI secolo, nonostante sia ancora nuovo e poco studiato, ha raggiunto comunque una dimensione che non può non colpire. Proprio perché tratta temi diversi appartenenti a varie sfere una sua attenta analisi può diventare uno strumento efficace per cogliere i cambiamenti portati in campo sociale dall’apertura e dalle riforme economiche.

1. Terminologia e definizioni 

Il termine, abbastanza nuovo, ma ormai comunemente utilizzato in Cina per indicare la moderna pubblicità sociale1 è gongyi guanggao, letteralmente “pubblicità di pubblica utilità”. Tra le numerose definizioni emerse dall’acceso dibattito sul fenomeno, quella data da Gao Ping, autrice del primo libro sulla pubblicità sociale cinese, risulta essere una delle più esaustive: “la pubblicità sociale è una pubblicità non commerciale che opera nell’interesse pubblico. Si propone di promuovere la costruzione della civiltà spirituale attraverso la diffusione, in forma propositiva o ammonitiva, di contenuti di interesse collettivo”
2. Anche in Cina, quindi, la pubblicità sociale viene fatta rientrare nella categoria della “pubblicità non commerciale” (fei shangyexing guanggao), assieme ad altre forme di comunicazione quali la “pubblicità politica” (zhengzhi guanggao) e l’advocacy (changyi guanggao). La pubblicità sociale e quella commerciale (shangye guanggao) sono accomunate dal fatto di essere entrambe due forme di comunicazione di massa e di veicolare messaggi persuasivi, al fine di raggiungere un obiettivo prefissato. Ciò che invece differenzia la pubblicità sociale dalla pubblicità commerciale è lo scopo, che non risulta essere il profitto economico, ma il benessere sociale3. Anche il contenuto delle due forme di comunicazione sarà quindi diverso: la pubblicità sociale infatti “riguarda la morale, l’educazione, l’ambiente, la salute, i trasporti, i servizi pubblici, tocca le questioni che stanno a cuore alla società di oggi e sono strettamente collegate all’interesse pubblico [...]”4. Se confrontata con la pubblicità sociale diffusa in altri Paesi, quella cinese appare molto più “politicizzata”
5. Ricoprendo un ruolo fondamentale nel processo di “costruzione della civiltà spirituale socialista” (shehui zhuyi jingshen wenming jianshe) la pubblicità sociale cinese deve agire in completo accordo con le politiche del Partito Comunista Cinese e spesso quindi ne diffonde gli ordini. Sostanzialmente, la somiglianza tra pubblicità sociale e propaganda politica (zhengzhi xuanchuan) esiste quando la pubblicità sociale tratta temi di natura politica, ad esempio, la ricorrenza del “cinquantesimo anniversario di fondazione della Repubblica Popolare Cinese” (jianguo wushi zhounian), il “rafforzamento del paese attraverso la scienza” (keji xingguo), il “rispetto della pianificazione delle nascite” (jihua shengyu) ecc. Le diversità invece compaiono quando i contenuti non sono legati alla politica [ad esempio, il “rispetto per gli anziani e l’amore per i bambini” (zunlao aiyou), la sicurezza stradale, (jiaotong anquan), la protezione dell’ambiente (huanjing baohu), ecc.] e nella tecnica e nella forma espressiva (che nella pubblicità sociale, soprattutto quella televisiva, sono molto più vivaci)6.

2. Pubblicità sociale e mass media
 

Seguendo la classificazione proposta da Ni Ning7, la pubblicità sociale cinese può comparire nei seguenti media:
1. media tradizionali, ovvero quotidiani, periodici, radio e televisione. Ci troveremo così di fronte a: 
1.1. pubblicità sociali su stampa (pingmian gongyi guanggao), ovvero annunci su quotidiani e periodici caratterizzati dall’immediatezza del messaggio; 
1.2. pubblicità socialiradiofoniche (guangbo gongyi guanggao), che utilizzano spesso espressioni della lingua parlata, sono semplici e costano poco; 
1.3. pubblicità sociali televisive (dianshi gongyi guanggao), spot solitamente della durata di trenta secondi, caratterizzati da un forte sentimentalismo. Se confrontato con quello esercitato dalle pubblicità sociali veicolate da altri media, l’impatto sull’audience che hanno gli spot sociali è maggiore, in quanto uniscono la componente visiva a quella audio, i costi di produzione e di trasmissione sono quindi più alti; 
2. Internet: 
2.1. pubblicità sociali in rete (wangluo gongyi guanggao) che, grazie anche ad un recente concorso tenutosi nel 20048, hanno iniziato a far sperare in grandi possibilità di sviluppo; 
3. media minori: 
3.1. pubblicità sociali outdoor (huwai gongyi guanggao) quali insegne al neon e cartelloni stradali, ma anche insegne sui mezzi di trasporto (jiaotong gongyi guanggao). 

3. Tappe essenziali e campagne 

Il primo esempio di pubblicità sociale cinese viene fatto risalire alla messa in onda dello spot “usiamo l’acqua con parsimonia” (jieyue yongshui) trasmesso dalla Televisione di Guiyang nel 1986. Secondo le stime, lo spot è riuscito a suscitare una presa di coscienza sociale, facendo diminuire il consumo dell’acqua di ben 470 mila tonnellate rispetto all’anno precedente9. Un anno dopo (il 26 ottobre) è iniziato il primo programma di pubblicità sociale ad appuntamento fisso: Guangergaozhi, trasmesso sul primo canale della CCTV. L’evento è stato fondamentale in quanto ha permesso lo sviluppo successivo delle attività di pubblicità sociale e al contempo è diventato un modello per altre emittenti televisive regionali10. Il programma Guangergaozhi viene trasmesso ancora oggi: l’appuntamento sulla CCTV1 è fissato dal lunedì alla domenica, alle 21:45 circa; quello invece sulla CCTV2 è per le 19:35 circa, dal lunedì al venerdì, e per le 23:05 circa il sabato e la domenica11. È stato però a partire dall’anno 1996 che si è assistito ad un proliferare di attività inerenti alla pubblicità sociale: dai seminari ai concorsi, dalla regolamentazione ai controlli. Questo sviluppo è stato possibile soprattutto grazie al lancio di due campagne sociali, ciascuna della durata di un mese, intitolate rispettivamente “le buone usanze della Cina” (Zhonghua hao fengshang, 1996) e “l’autorafforzamento genera splendore” (Ziqiang chuang huihuang, 1997), incentrate l’una sulla virtù tradizionale della cultura cinese e l’altra sullo spirito e gli ideali nazionali. Il 1998 è stato un anno dedicato al delicato tema della disoccupazione e alla diffusione dello “spirito del 15° Congresso del Partito” (Shiwuda jingshen), mentre le pubblicità sociali del 1999 sono state caratterizzate da un tono fortemente celebrativo in quanto legate ad importanti avvenimenti storici, quali la fondazione della Repubblica Popolare Cinese e il ritorno di Macao alla madrepatria. Anche nel 2000 è stata lanciata una campagna monotematica intitolata “nuovo secolo, nuove abitudini” (Shuli xin fengshang, maixiang xin shiji)12 il cui obiettivo era forgiare cittadini con forti ideali, un’alta morale, ampia cultura e disciplina. Negli ultimi anni invece, i temi affrontati dalla pubblicità sociale cinese sono passati da valori strettamente nazionalistici a temi più generici e di ampia portata. Secondo Zhang Mingxin13 questa nuova varietà di temi si può suddividere nelle seguenti categorie: 
1) educazione sociale (shehui jiaohua). Consiste nel diffondere valori quali l’aiuto reciproco, l’onestà, il rispetto per i professori e gli anziani e il contrastare trend sociali negativi, come ad esempio la violenza domestica; 
2) servizio pubblico (gonggong fuwu). Pubblicità i cui contenuti possono essere la salute e l’igiene (come la prevenzione dell’Aids) e la sicurezza stradale, ma anche l’ordine nel prendere i mezzi pubblici e la prevenzione dagli incendi e furti; 
3) protezione ecologica (shengtai baohu). Riguarda temi come il rispetto per le piante e gli animali e il risparmio delle risorse naturali; 
4) aiuti e beneficenza (cishan jiuzhu). Spesso le pubblicità di questa categoria riguardano il prestare soccorso in caso di calamità naturali, ma anche il dimostrare affetto e sostegno nei confronti di portatori di handicap, gruppi svantaggiati e bambini poveri; 
5) politiche governative (zhengfu zhengzhi). Lo scopo di queste pubblicità è di aumentare la fiducia e l’orgoglio dei cinesi, mostrando i progressi ottenuti in vari campi, ma anche rendere noti gli appelli del governo (ad esempio, il dovere di pagare le tasse, la necessità di collaborare in occasione del censimento, l’importanza di contrastare la corruzione ecc.).

4. Soggetti e regolamenti
 

Vediamo ora quali sono i soggetti e gli organi che si occupano dell’organizzazione e del controllo della pubblicità sociale cinese, nonché i regolamenti che sono stati emessi in questo campo. I committenti più frequenti di pubblicità sociale sono:
- il governo (zhengfu) o uno dei suoi ministeri (zhengfu bumen); 
- le organizzazioni no profit (fei yinglixing zuzhi), come ad esempio le organizzazioni internazionali; 
- le imprese (qiye)14
In Cina il governo ha sempre ricoperto un ruolo decisivo all’interno delle attività di pubblicità sociale: dall’emissione di leggi all’indizione di concorsi, dal controllo dei contenuti alla premiazione delle opere migliori. Paradossalmente, infatti, le poche organizzazioni no profit cinesi non possiedono abbastanza fondi per portare avanti campagne di pubblicità sociale. Una delle poche eccezioni è costituita dall’Associazione per lo Sviluppo della Gioventù Cinese (Zhongguo qingshaonian fazhan jijinhui) e dal suo Progetto Speranza (Xiwang gongcheng) che ha come obiettivo far proseguire gli studi ai bambini bisognosi delle campagne più povere15. La tendenza attualmente in voga è il finanziamento della pubblicità sociale da parte delle imprese (qiye zanzhu gongyi guanggao). Questo fenomeno costituisce una sorta di soluzione al problema del reperimento dei fondi per la pubblicità sociale cinese; allo stesso tempo, però, è stato fonte di problemi e polemiche: non sono pochi i casi in cui le imprese finiscono per utilizzare la pubblicità sociale come strumento per farsi pubblicità a basso costo. Da qui deriva la diffusa preoccupazione che la pubblicità sociale possa venir contaminata da interessi economici, tipici invece della pubblicità commerciale16. La definizione dei confini tra pubblicità sociale e pubblicità commerciale è infatti molto recente; alla confusione generatasi nel frattempo va ad aggiungersi la mancanza di un’organizzazione che si occupi esclusivamente di pubblicità sociale, sullo stampo dell’Advertising Council americano e di quello giapponese. Per questo i due enti vengono spesso indicati dal mondo accademico come modelli auspicabili per lo sviluppo futuro della pubblicità sociale cinese17. In Cina è l’Amministrazione Statale per l’Industria e il Commercio (SAIC)18, assieme al suo Ufficio Pubblicità, a detenere il potere nel settore della pubblicità sociale. Dal 1996 ad oggi la SAIC, all’inizio singolarmente in seguito congiuntamente ad altri organi (primo tra tutti l’Ufficio per la Costruzione Spirituale Socialista), ha emesso diverse circolari (tongzhi) con lo scopo di organizzare e regolamentare le attività di pubblicità sociale. Le suddette circolari vanno ad integrare quanto stabilito da una generica Legge sulla Pubblicità (emanata il 27 ottobre 1994) che non solo si riferisce unicamente alla pubblicità commerciale (e non a quella sociale) ma, anzi, spesso è addirittura in contrasto con il contenuto della pubblicità sociale (si pensi al divieto di mostrare la bandiera della Repubblica Popolare Cinese, che invece appare molto frequentemente negli spot sociali come simbolo di amor patrio)19. Il regolamento attualmente in vigore, la “Circolare per una diffusione ancora più efficace della pubblicità sociale”20, stabilisce che la quantità di pubblicità sociale diffusa dai vari media non deve essere inferiore al 3% della quantità della pubblicità commerciale trasmessa. Nel caso in cui siano le imprese a finanziare la pubblicità sociale, negli spot il nome dell’impresa e il suo logo possono venire trasmessi al massimo per 5 secondi; nei giornali, periodici e media outdoor la dimensione del nome della ditta e del marchio non può superare 1/5 della superficie dei media stessi. In ogni caso, non possono comparire né il nome del prodotto né ulteriori informazioni circa altri prodotti facenti capo all’impresa. La varietà di articoli e saggi sulla pubblicità sociale pubblicati in questi ultimi anni in Cina conferma l’esistenza di un forte interesse per questo settore che però, considerate le numerose contraddizioni e le questioni ancora aperte che lo caratterizzano (tra le quali spicca la mancanza di fondi)21, assume ancora una volta la forma di un fenomeno “con caratteristiche cinesi”. Se inizialmente le attività di pubblicità sociale sono state spronate dal governo, appaiono ora quasi abbandonate a se stesse e ciò ha portato al rarefarsi di attività quali seminari e conferenze e all’irruzione di soggetti privati. Il rischio che corre la pubblicità sociale cinese è quello di venir “inquinata spiritualmente”, regredendo o a una forma modificata di propaganda politica o tramutandosi in una forma di pubblicità sociale commercializzata (shangyexing gongyi guanggao). Considerato il ruolo sempre più importante ricoperto dalla Cina a livello internazionale, dall’entrata nella WTO alla vittoria per ospitare le Olimpiadi del 2008 e all’importanza sempre maggiore riservata al settore sociale, è presumibile che, anche in questo caso, si riuscirà a trovare una “via cinese”, che permetta al governo di utilizzare la pubblicità sociale per mantenere il consenso e per garantire il progresso sociale, oltre che per acquisire maggior visibilità. 

 

MONDO CINESE N. 123, APRILE-GIUGNO 2005

Note

1 Gadotti definisce la pubblicità sociale “una comunicazione persuasoria che presenta come caratteristica saliente quella di fornire, nell’interesse collettivo, un’informazione imparziale su tematiche di interesse collettivo”, cfr. Giovanna Gadotti, Pubblicità sociale. Lineamenti, esperienze e nuovi sviluppi, Milano, FrancoAngeli, 20037, p. 27. 
2 Gao Ping, Gongyi guanggao chutan (Sulla pubblicità sociale), Zhongguo shangye chubanshe, Beijing, 1999, p.11.
3 Tang Zhongpu, Zhongguo bentu guanggao luncong (Raccolta di interventi sulla pubblicità cinese), Zhongguo gongshang chubanshe, Beijing, 2004, pp. 227-28. 
4 Ni Ning, Guanggaoxue jiaocheng (Corso di pubblicità), Beijing, Zhongguo renmin daxue chubanshe 2001, p. 10. 
5 Ad esempio, in Italia la pubblicità sociale si distingue per il suo “carattere non partigiano”. Sempre secondo Gadotti “I messaggi di public service non diffondono infatti parole d’ordine o opzioni di raggruppamenti partitici o analoghi a partiti”. Giovanna Gadotti, op. cit., p. 27.  
6 Chen Jiahua, Cheng Hong “Zhongguo gongyi guanggao: xuanchuan shehui jiazhi de xin gongju” (Pubblicità sociale cinese: un nuovo strumento per diffondere valori sociali), Xinwen yu chuanbo yanjiu (Giornalismo e comunicazione), 2003.4, pp. 18-19. 
7 Ni Ning, Guanggao de xin tiandi: Zhongri gongyi guanggao bijiao (Il nuovo mondo della pubblicità: pubblicità sociale cinese e giapponese a confronto), Beijing, Zhongguo qinggongye chubanshe, 2003, pp. 61-63.
8 Si tratta del “Concorso cinese di pubblicità sociale FLASH” (Zhongguo FLASH gongyi guanggao dasai), si veda il sito internet: http:// www.chinaflashad.com.
9 Gao Ping, op. cit., p. 54.
10 Wang Yun, Shu Yang, “«Guangergaozhi» zai Zhongguo gongyi guanggaoshi shang de yiyi” (Il ruolo del programma Guangergaozhi nella storia della pubblicità sociale cinese), Xinwen Daxue (Università di Giornalismo), 2000.3, pp. 103-04. 
11 Le informazioni sono tratte dal nuovissimo opuscolo per il 2005: Zhongyangdianshitai di ’yitao, di ’ertao «Guangergaozhi» gongyi guanggao lanmu” (Opuscolo illustrativo del programma di pubblicità sociale Guangergaozhi sulla CCTV1 e CCTV2). 
12 Guojia gongshangju guanggaosi (Ufficio Pubblicità della SAIC), “Zhongguo gongyi guanggao huodong wu nian huigu” (Cinque anni di pubblicità sociale in Cina), Xiandai Guanggao (Pubblicità moderna), 2000.8, p. 17. 
13 Zhang Mingxin, Gongyi guanggao de aomi (I segreti della pubblicità sociale), Guangzhou, Guangdong jingji chubanshe, 2004, pp. 33-34. 
14 Ibidem, pp. 14-15.  
15 Si veda il sito internet della Fondazione, http://www.cydf.org.cn. 
16 Zheng Mingbo, “Gongyi guanggao shangye xianxiang pipan yu kongzhi” (Critiche e controlli sulla commercializzazione della pubblicità sociale), Xiandai guanggao (Pubblicità moderna), 2001.5, pp. 56-58. 
17 Li Dongjin, Xiandai guanggao yuanli yu tansuo (Pubblicità moderna – teorie e approfondimenti), Qiye guanli chubanshe, Beijing 2000, pp. 380-81. 
18 La SAIC (acronimo dall’inglese State Administration for Industry and Commerce) dipende dal Ministero per il Commercio con l’Estero e la Cooperazione Economica (MOFTEC) e dal Consiglio degli Affari di Stato. Si veda il sito internet: http://www.saic.gov.cn. 
19 Si veda l’articolo 7 della Legge sulla Pubblicità della Repubblica Popolare Cinese (Zhonghua renmin gongheguo guanggaofa), riportata in Ni Ning, Guanggaoxue jiaocheng (Corso di pubblicità), op. cit., p. 326. Lo spot sociale a cui si fa riferimento è il famoso “Alzabandiera” (Shengqi pian), che si è piazzato primo in occasione del concorso “Selezione nazionale per le migliori opere di pubblicità sociale”, an nata 2001-2002.  
20 “Guanyu jinyibu zuohao gongyi guanggao xuanchuan de tongzhi”, apparsa in Xiandai guanggao (Pubblicità moderna), 2003.2, p. 109. La circolare è stata emessa dal Dipartimento Centrale di Propaganda e dall’Ufficio per la Costruzione Spirituale del Comitato Centrale, dall’Ufficio Generale dell’Amministrazione Statale per l’Industria e il Commercio, dal Ministero per la Radio, il Cinema e la Televisione e dall’Ufficio Generale per la Stampa e l’Editoria. 
21 Zhang Mingxin, op. cit., pp. 35-38. 

 

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