A partire dall'avvio della sua politica di apertura alla fine degli anni Settanta, la Cina si è sempre più intensamente internazionalizzata e globalizzata. Questo fenomeno non ha riguardato solo l'economia cinese, ma anche la cultura, la scienza, la società, in un gioco di influenze reciproche. Oggetto della mia analisi, nell'ambito del presente lavoro, sono le conseguenze di questo processo nella teoria e nella pratica psichiatrica in Cina. I cambiamenti in questo settore possono essere riportati tanto ai progressi scientifici della disciplina, quanto al nuovo quadro economico e sociale creato dallo sviluppo e dall'apertura del paese. Le tendenze recenti della psichiatria cinese vanno collocate, quindi, in un contesto ampio; analizzarle significa comprendere un altro importante aspetto della fase di rapida trasformazione che la Cina sta vivendo in questi ultimi anni.
1. Psichiatria e cultura: la classificazione delle malattie mentali
È opinione di alcuni studiosi che la psichiatria e la cultura siano strettamente connesse e che le loro trasformazioni procedano di pari passo, perché "i cambiamenti culturali influenzano i sistemi di credenze sociali, che a loro volta modellano la manifestazione dei sintomi psichiatrici”1 . Questo legame fra cultura e malattie mentali comporterebbe, in teoria, che ogni diverso gruppo etnico avesse un proprio modello psichiatrico. Nella realtà, nonostante alcuni paesi, fra i quali la Cina, si siano dotati di sistemi indigeni di classificazione e diagnosi delle malattie mentali, la psichiatria moderna ha teso, soprattutto negli ultimi anni, ad uniformarsi intorno a un unico modello psichiatrico, quello più accreditato nel mondo occidentale. Questo modello è chiamato neo-kraepeliniano, dal nome del suo ideatore Emile Kraepelin, considerato il fondatore della psichiatria moderna. Una delle caratteristiche essenziali di questo modello è l'importanza attribuita alla componente biologica delle malattie mentali, ritenute quindi reali e nettamente separate dalla salute mentale. Poiché sono considerate problemi di origine bio-chimica, ne consegue che siano curate in gran parte attraverso i farmaci. Secondo i principi neo-kraepeliniani, i disturbi mentali vanno valutati secondo una prospettiva strettamente scientifica, codificati e classificati in modo rigoroso. Si attribuisce, dunque, molta importanza agli strumenti di classificazione e diagnosi. Questa teoria psichiatrica, contrariamente a quella di impronta antropologica, permette di uniformare, e quindi globalizzare, la psichiatria mondiale, perché le basi bio-chimiche dei disturbi mentali sono ritenute comuni ad ogni essere umano. La psichiatria moderna sembra dare per assolutamente certa l'esistenza della base biologica delle malattie mentali, nonostante non siano stati individuati per il momento "contrassegni diagnostici biologici conosciuti per alcuna malattia mentale”2 .
I sistemi di classificazione e diagnosi delle malattie mentali di origine occidentale si sono diffusi in tutto il mondo. I due più importanti sono
I'International Classification of Diseases and Related Health Problems (ICD) elaborato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, e il
Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM) pubblicato dall'Associazione Psichiatrica Americana. In Cina questi due sistemi di diagnosi furono importati a partire dagli anni Ottanta. Essi furono utilizzati direttamente e presi a modello per la creazione di un sistema originale di diagnosi.
In realtà già dalla fondazione della Repubblica Popolare Cinese gli psichiatri locali pensarono all'elaborazione di un proprio sistema, ma a causa degli eventi politici che caratterizzarono la storia del paese negli anni Sessanta e Settanta, la prima versione del
Chinese Classification of Mental Disorders (CCMD, Zhongguo jingshen zhang'ai fenlei yu zhenduan biaozhun) fu pubblicata solamente nel 1979. A causa della chiusura della Cina nei decenni precedenti, durante i quali il paese non godette dei progressi scientifici mondiali, e a causa del senso di arretratezza provato dagli scienziati cinesi, in quell'occasione gli psichiatri decisero di utilizzare i sistemi occidentali come punto di riferimento per la modernizzazione di quello cinese.
Ciò avvenne anche nelle sue revisioni successive ed è per questo che il CCMD è in buona parte simile al ICD e al DSM. Fra i principi generali alla base della formulazione delle varie versioni del CCMD uno dei più importanti è, infatti, l'intenzione di adeguarlo ai criteri internazionali, pur cercando di mantenerne le particolarità culturali. In ogni caso, si può affermare che l'elaborazione del CCMD non sia servita solamente per fornire agli psichiatri cinesi uno strumento di diagnosi più adatto alle caratteristiche della cultura cinese, ma anche per permettere l'affermazione della comunità accademica psichiatrica cinese a livello nazionale e internazionale.
Esistono, tuttavia, opinioni discordanti fra gli esperti cinesi e stranieri sulla validità di applicazione dei diversi sistemi di classificazione. Alcuni ritengono che sia meglio usare i sistemi occidentali, in quanto più moderni ed aggiornati, mentre il CCMD sarebbe anacronistico in alcune sue categorie. Inoltre, utilizzare il DSM o il ICD significherebbe rendere più facile la comparazione dei risultati delle ricerche effettuate in Cina con quelle di altri Paesi e la pubblicazione dei lavori degli studiosi cinesi su periodici occidentali. L'altra corrente ritiene, invece, essenziale continuare ad utilizzare il CCMD, considerato il frutto del processo storico della psichiatria locale e perciò più adatto per interpretare correttamente le peculiarità della malattia mentale nella cultura cinese.
Il motivo per cui il CCMD è considerato più adatto alla popolazione cinese è che ha mantenuto nel tempo alcune categorie nosologiche originali, argomento di frequenti dibattiti fra gli psichiatri. II CCMD comprende, infatti, alcuni disturbi abbandonati da tempo nella diagnosi psichiatrica dei paesi occidentali, ed altri che trovano una loro giustificazione solamente in Cina, perché legati alla cultura o alla situazione economica e sociale3 .
Uno degli esempi più significativi e più discussi è certamente quello della nevrastenia, termine di origine greca che significa letteralmente "mancanza di forza nervosa", tradotto in cinese come
shenjing shuairuo. Questa malattia fu riconosciuta verso la seconda metà dell'Ottocento negli Stati Uniti dal dottor G.M. Beard e nei decenni successivi venne diagnosticata diffusamente anche in Europa. Era un disturbo caratterizzato da sintomi molto vari, sia somatici che psicologici, ma era ritenuta un problema funzionale del sistema nervoso e non una malattia mentale. Alla fine del XIX secolo la nevrastenia venne riconosciuta anche in Asia per opera dei missionari e dei medici occidentali. In Cina continuò ad essere diagnosticata fino a tempi relativamente recenti; in Occidente, tuttavia, fin dai primi decenni del XX secolo, mano a mano che la psicologia e la neurofisiologia si separavano in modo più marcato e che, con l'avvento della psicanalisi, le cause dei disturbi mentali potevano essere studiate come nettamente distinte in psicologiche o biologiche, la nevrastenia fu ritenuta una categoria troppo generica. Fu progressivamente sostituita da malattie come la depressione e l'ansia e sparì definitivamente dal DSM negli anni
Sessanta-Settanta4 . La psichiatria cinese, che in quegli anni viveva un momento di isolamento, saltò completamente la fase psicoanalitica e assorbì direttamente le teorie biomediche neo-kraepeliniane. Nel CCMD la categoria della nevrastenia esiste ancora, nonostante negli ultimi anni molti psichiatri cinesi si siano adeguati alla nosologia occidentale e non la utilizzino più. Sono soprattutto gli psichiatri accademici ad aver vissuto questo cambiamento, in particolar modo in seguito alla pubblicazione, nel 1980, dei risultati della ricerca del dottor A. Kleinman, secondo la quale I'87% dei pazienti diagnosticati nevrastenici secondo i criteri cinesi, in base ai parametri occidentali, soffrivano di depressione o ansia. II dottor Kleinman diede un'accurata spiegazione antropologica a questo fenomeno e giustificò l'uso della categoria della nevrastenia indicandola come più adatta alla cultura cinese e più accettabile per i pazienti cinesi, parlando di "errore di diagnosi" definito come "l'imposizione etnocentrica del sistema diagnostico di una cultura e dei valori e delle credenze implicite che contiene, nell'esperienza di malattia di un'altra cultura"5 . Ciò nonostante, si cominciò a considerare la nevrastenia come una forma "somatizzata" o "atipica" di depressione, sottolineando la tendenza dei pazienti cinesi a somatizzare e a non esprimere il proprio disagio psicologico, nascondendo una depressione. Le affermazioni del dottor Kleinman ebbero un impatto molto forte sugli psichiatri accademici cinesi, che si sentirono all'improvviso estremamente arretrati e si affrettarono ad aggiornarsi ai criteri occidentali.
Non è avvenuto lo stesso per gli altri psichiatri e i medici generici, meno influenzati dalle teorie occidentali. Questi medici utilizzano ancora la categoria diagnostica della nevrastenia ed essa è ancora parte della concezione medica della gente comune, soprattutto nelle campagne.
Per questo motivo alcuni psichiatri, sia cinesi che occidentali, ritengono importante mantenere la categoria della nevrastenia nel CCMD e criticano la tendenza dei medici di impostazione biochimica a creare un divario troppo grande fra
illness (la malattia secondo il punto di vista del paziente e della sua esperienza personale) e
disease (la malattia dal punto di vista della teoria medica), e quindi anche fra paziente e medico6 .
La nevrastenia può essere considerata un esempio emblematico della trasformazione della psichiatria cinese. Nei suoi confronti si ha un atteggiamento contraddittorio: da un lato la si vorrebbe eliminare per conformarsi alla modernità della scienza occidentale e per dimostrare il progresso della psichiatria cinese; dall'altro si vorrebbe mantenerla, sia perché si ritiene essa abbia un reale valore medico e antropologico, sia perché essa riafferma l'identità e unicità cinese in un mondo che tende ad uniformarsi.
Così la nevrastenia si trova in una incerta fase di transizione. Essa continua a far parte del CCMD, ma sembra che nel tempo stia occupando una posizione sempre più marginale nell'elenco dei disturbi. Inoltre, il CCMD si sta progressivamente conformando ai sistemi di classificazione occidentali includendo delle categorie prima rifiutate. Sono in particolare il gruppo dei disturbi affettivi e quello delle nevrosi a rivelare le tendenze alla trasformazione del CCMD. Nelle versioni precedenti la depressione trovava una collocazione solamente come "nevrosi depressiva", quasi a voler trovare un compromesso fra la classificazione cinese (che persiste nell'usare la categoria delle nevrosi, cosa che non avviene più da tempo nei sistemi occidentali) e quella occidentale. Nel CCMD-3 è avvenuto un notevole cambiamento, poiché ora la depressione è inclusa fra i disturbi emotivi, come nel DSM e il ICD. II motivo per cui questa distinzione, apparentemente solo formale, è in realtà importante, è che la classificazione in disturbo emotivo di un disagio prima identificato come nevrastenia giustifica un maggiore ricorso a cure di tipo farmacologico: "la visione del shenjing shuairuo come un autentico disturbo emotivo è per gli psichiatri cinesi e per la sempre più potente industria farmaceutica in Cina un modo per legittimare la farmacoterapia antidepressiva"7 . In realtà, il ruolo della farmacoterapia nei confronti della nevrastenia non è ancora chiaro. II fatto che non ci siano farmaci definiti come anti-nevrastenici porta a pensare che non esistano metodi precisi per la sua cura. Nonostante molti dei pazienti osservati dal dottor Kleinman abbiano risposto bene alle cure farmacologiche antidepressive, una buona percentuale di essi non ha mostrato alcun
miglioramento"8 . Altri pazienti sono migliorati senza assumere antidepressivi. Tutto questo fa pensare che non sempre la nevrastenia possa essere ridiagnosticata come depressione. È necessario tenere in considerazione anche il fatto che la diagnosi di nevrastenia è più accettabile per i pazienti cinesi, soprattutto nelle campagne. Nelle grandi città cinesi si sta verificando un processo di psicologizzazione delle malattie mentali, cioè si comincia a porre maggiore attenzione e a non ritenere più sconveniente l'espressione psicologica ed emotiva del proprio disagio. Questo ha permesso di separare i disturbi mentali minori, come depressione e ansia, da quelli più gravi, come le psicosi, impedendo che chi soffre di un qualsiasi tipo di malattia mentale sia genericamente bollato come "pazzo". L'accettazione della manifestazione emotiva del disagio non si è ancora diffusa nelle zone rurali e per questo la diagnosi di nevrastenia, tradizionalmente considerata una malattia fisica, è più accettabile di quella di depressione, ancora soggetta allo stigma attribuito alle malattie mentali.
II processo di trasformazione della nevrastenia in depressione o ansia, e più in generale i mutamenti della psichiatria cinese sono, dunque, anche il risultato della occidentalizzazione della cultura e della società cinese urbana. Tuttavia, attualmente, questa tendenza viene anche promossa da forze economiche e politiche che ne traggono vantaggi ben precisi. Fra queste si possono elencare le case farmaceutiche, ma anche le organizzazioni internazionali e gli stessi psichiatri cinesi. Ci sono, infatti, altri cambiamenti nel CCMD che influiscono sulle diagnosi e, quindi, sulla prescrizione dei farmaci. II CCMD-3, ad esempio, ha abbreviato il criterio di durata dei sintomi per la diagnosi di depressione, passando da quattro a due settimane, come il DSM e il ICD9 . Ovviamente questo tipo di cambiamento determina una diagnosi più frequente di questa malattia, e quindi una maggior prescrizione di antidepressivi. Questo è un altro degli aspetti controversi della psichiatria moderna occidentale, che tende a medicalizzare quante più situazioni di disagio psicologico possibili, correndo il rischio di classificare come malattie anche le normali e semplici manifestazioni della sofferenza umana.
2. La psichiatria e il mercato farmaceutico
II collegamento fra psichiatria e mercato farmaceutico è altrettanto forte e, per certi versi, opposto a quello fra psichiatria e cultura. Lo sviluppo del mercato degli psicofarmaci, in special modo quelli diretti alla cura dei problemi mentali minori, come i disturbi affettivi, trae maggiori vantaggi dalla diffusione di un'eziologia biochimica delle malattie mentali, piuttosto che da una maggiore comprensione dei loro aspetti psicologici ed antropologici. Basti pensare all'esempio degli Stati Uniti, dove il modello biochimico di psichiatria è certamente il più accreditato e dove si consuma la gran parte degli antidepressivi del mondo.
Non è da escludere la possibilità che le case farmaceutiche abbiano in qualche modo influenzato la redazione del CCMD-3. II legame fra i sistemi di classificazione e diagnosi delle malattie mentali e le case farmaceutiche non è nuovo. Lee parla addirittura di un "rapporto incestuoso" fra il DSM e le aziende farmaceutiche, tanta è l'influenza che queste ultime esercitano su di esso10 . II manuale di assistenza e cura che ha accompagnato la pubblicazione del CCMD-3 è stato finanziato da cinque importanti case farmaceutiche straniere, alcune in forma di
joint-ventures con aziende cinesi. Nel volume lo spazio dedicato alla descrizione delle cure farmacologiche è molto maggiore rispetto a quello riservato alla psicoterapia, alla prevenzione e ai servizi comunitari. Nella breve introduzione sugli antidepressivi, menzione particolare viene fatta solamente di un antipsicotico atipico e degli SSRI, della cui produzione si occupano alcune delle case finanziatrici, mentre nulla viene detto degli antidepressivi triciclici, di vecchia generazione e meno costosi.
La recente totale apertura del mercato cinese al resto del mondo, premessa essenziale per l'adesione del paese all'OMC, ha avuto e avrà certamente conseguenze importanti sul mercato farmaceutico e, indirettamente, sulla cura delle malattie. Fino a pochi anni fa la Cina produceva la maggior parte dei farmaci di cui necessitava e le case farmaceutiche straniere non potevano accedere al mercato cinese. La produzione nazionale era basata al 97% sulla copiatura dei farmaci sintetici occidentali, senza rispettare le leggi sulla proprietà intellettuale. Negli anni Novanta la situazione è cambiata e la Cina ha iniziato a varare delle leggi per il rispetto dei brevetti stranieri. Questa era stata la condizione posta dagli Stati Uniti alla richiesta della Cina di diventare membro del GATT (General Agreement on Tariffs and Trade)11 . Dal 1986 il governo cinese ha continuato a varare nuove leggi e regolamenti atti a favorire lo sviluppo del mercato, a combattere la contraffazione dei farmaci e ad armonizzare la legislazione cinese con quella internazionale12 .
Attualmente quello farmaceutico è uno dei settori industriali che si stanno sviluppando più velocemente in Cina, nonché uno dei più promettenti al mondo. Dal 1978 al 2000 è cresciuto ad un tasso annuale medio del 16,6%. Nel 2000 le importazioni dei farmaci sono aumentate, per valore, del 18,7% rispetto all'anno precedente e nella prima metà del 2001 sono cresciute del 31,3%13 .
Anche la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale mirano all'estensione senza restrizioni del mercato globale, anche nel settore sanitario. Questi due organizzazioni concedono i loro prestiti a condizioni ben precise, e spesso una buona parte di essi viene utilizzata in campo sanitario per l'acquisto di farmaci o di apparecchiature ad alta tecnologia. Per molti paesi in via di sviluppo l'acquisto di molti farmaci rappresenta un punto di forza nelle fasi di riforma del settore sanitario ed utilizzano dal 20 al 50% del loro budget sanitario per questo tipo di acquisto14 . L'OMC ha posto tre condizioni principali all'entrata della Cina nell'organizzazione: il rafforzamento delle leggi per la protezione dei diritti di proprietà intellettuale; l'abbassamento delle imposte doganali per i farmaci importati; l'apertura del suo mercato alle agenzie di distribuzione straniere entro il 2003. È chiaro che ora le aziende straniere hanno campo libero in Cina. I loro prodotti farmaceutici si stanno, infatti, diffondendo rapidamente nel paese. Nel 2000, prima dell'adesione della Cina all'OMC, i prodotti farmaceutici di produzione straniera costituivano già più del 20% del mercato interno cinese15 .
L'industria farmaceutica cinese è arretrata di vent'anni rispetto a quella occidentale e ha sempre dipeso molto dalla riproduzione dei farmaci generici occidentali. Le industrie cinesi reinvestono poco nella ricerca e nello sviluppo di nuovi farmaci (l'1% delle entrate contro il 15-20% delle aziende occidentali)16 ed anche i finanziamenti del governo sono ancora insufficienti, nonostante siano aumentati negli ultimi anni. II lavoro di ricerca e sviluppo ha costi estremamente elevati e richiede tempi lunghi, che solamente le grandi industrie farmaceutiche possono sostenere. La produzione cinese è, invece, caratterizzata da tante piccole (77,6%) e medie (16,8%) aziende17 che difficilmente riusciranno a reggere la concorrenza delle multinazionali, ora che il mercato locale si è aperto ai loro prodotti e che la Cina dovrà rispettare gli accordi internazionali sui diritti di proprietà intellettuale. L'Amministrazione Statale dei Farmaci prevede che in futuro le multinazionali farmaceutiche arriveranno ad occupare ben il 70% del mercato cinese. Già ora buona parte del mercato è costituita da joint-ventures con aziende cinesi. I prodotti farmaceutici stranieri che ottengono l'approvazione per la vendita sul mercato cinese sono sempre più numerosi. Uno degli obiettivi principali delle case produttrici è che essi vengano inclusi nelle liste dei farmaci rimborsabili, perché nonostante i pazienti assicurati siano una piccola parte della popolazione cinese, essi costituiscono in ogni caso un grosso target. Gli psicofarmaci stranieri inclusi in queste liste sono numerosi, nonostante essi non siano sempre i migliori dal punto di vista del rapporto costo-efficacia. II Prozac e il Zoloft, rispettivamente della Eli Lilly e della Pfizer, due fra le maggiori multinazionali farmaceutiche, sono inclusi nelle liste delle città di Shanghai e Pechino18 .
Le case farmaceutiche investono molto anche nel marketing e intraprendono varie strade per arrivare a pubblicizzare al massimo i loro prodotti. Poiché la pubblicità diretta degli psicofarmaci al pubblico è proibita19 e poiché in genere i pazienti cinesi non hanno alcuna conoscenza sui medicinali e si affidano totalmente ai loro medici per quanto riguarda le prescrizioni farmacologiche, si può affermare che i soggetti principali a cui è diretto l'interesse delle case farmaceutiche siano gli psichiatri. Così, diverse aziende organizzano o finanziano seminari e conferenze specialistiche su determinati disturbi e sull'importanza di informare il pubblico e curarlo adeguatamente, presumibilmente con i loro medicinali.
Appoggiano anche numerose attività. Ad esempio, la Eli Lilly ha collaborato sia col Ministero della Salute cinese che con l'OMS per realizzare progetti sulla salute mentale e sulla diffusione della conoscenza dei disturbi mentali. In collaborazione con l'Associazione Psichiatrica Cinese, assegna un premio annuale per la realizzazione di ricerche sulle malattie mentali. Le case farmaceutiche riescono ad influenzare anche i medici in vari modi. Spesso gli unici aggiornamenti scientifici farmacologici a cui gli psichiatri cinesi riescono ad avere accesso sono quelli forniti dalle conferenze e dai rappresentanti delle case farmaceutiche ed è quindi plausibile che ne vengano influenzati. Esistono naturalmente anche i mezzi più diretti di "convincimento", come la corruzione, che rappresenta una forte tentazione per una categoria di specialisti medici mal pagati e fino a pochi anni fa poco considerati. Alcuni psichiatri sono sinceramente convinti dell'efficacia degli antidepressivi e sono stupiti di avere erroneamente diagnosticato la nevrastenia al posto della depressione in passato. Per i medici che mantengono ancora una certa familiarità con la categoria della nevrastenia, le case farmaceutiche riescono ad aggirare il problema sottolineando che essa è considerata dalla psichiatria moderna una forma "somatizzata" o "mascherata" di depressione che risponde bene alle cure antidepressive. Ha agito in questo modo, ad esempio, la Watson Pharmaceuticals che si è premurata di dare questo tipo di informazione nel foglietto informativo di un suo antidepressivo, facendo uso delle conclusioni delle ricerche del dottor Kleinman del 198020 . Attraverso questi metodi le aziende farmaceutiche modificano la conoscenza e la percezione di certi disturbi mentali21 .
C'è chi ritiene che i costi elevati degli antidepressivi atipici riescano ad ostacolare la diffusione del loro uso fra la popolazione cinese22 . Ciò nonostante, i pazienti assicurati e i cinesi benestanti, sempre più numerosi, assicureranno alle case farmaceutiche un buon volume di vendita. Inoltre, esiste fra i cinesi la convinzione che i farmaci stranieri e i più costosi siano migliori.
Esistono anche altri fattori che influenzano l'uso dei farmaci e che sono legati alla riforma sanitaria messa in atto a partire dalla fine degli anni Settanta. Uno degli scopi della riforma è quello di alleggerire il peso delle spese sanitarie sul bilancio dello Stato, rendendo gli ospedali economicamente autosufficienti. I finanziamenti del governo sono stati molto ridotti ed ora gli istituti ospedalieri devono essere in grado di sostenere la gran parte (più del 90%) delle proprie spese. Gli ospedali sono, quindi, diventati delle vere e proprie aziende che devono generare dei profitti. Essi hanno il diritto ad una percentuale (10-20% sui farmaci occidentali e 15-25% su quelli tradizionali) sul prezzo dei farmaci e in questo modo la fonte primaria delle loro entrate è diventata la vendita dei farmaci, attraverso la quale riescono a compensare il 60% dei costi da sostenere23 . Poiché ricevono scarsi sussidi statali e poiché i prezzi dei servizi sanitari basilari sono fissati dalla Commissione Statale per i Prezzi, in genere sotto il livello di costo, gli ospedali per compensare cercano di vendere i farmaci più costosi e quei servizi che permettono buoni margini di guadagno, come i test che richiedono apparecchiature tecnologiche. In questo modo i medici sono incoraggiati a non prestare i servizi sanitari primari o di prevenzione e a favorire le prescrizioni di farmaci, test costosi e ricoveri in ospedale, rendendo l'accesso a cure adeguate sempre più difficoltoso per le parti più svantaggiate della popolazione cinese, a cui non è più garantita l'assistenza sanitaria da parte dello Stato. Inoltre, le case farmaceutiche sono spinte a produrre i farmaci più richiesti trascurando i vecchi farmaci, anche se efficaci. I guadagni dei medici sono costituiti in parte dagli stipendi fissi, in genere piuttosto bassi, e in buona parte dai bonus, calcolati sulla base delle entrate dell'ospedale o del reparto dove lavorano, oppure direttamente in base al numero di test o farmaci prescritti. Non stupisce il fatto che si sia notata la tendenza da parte dei medici cinesi a prescrivere troppi farmaci, e in genere più contemporaneamente. Secondo un recente studio nel 63,9% dei casi questo si verifica anche per gli psicofarmaci24 .
II quadro che ho illustrato può far comprendere come vari fattori contribuiscano alla diffusione del consumo degli psicofarmaci, determinando anche dei cambiamenti nei criteri cinesi di classificazione e diagnosi delle malattie mentali. La globalizzazione in campo economico che sta ora coinvolgendo la Cina viene accompagnata da una giobalizzazione in ambito scientifico e medico. Questo comporta la diffusione di un unico modello di psichiatria e si tende a non voler prendere in considerazione i fattori culturali che influenzano la manifestazione delle malattie mentali. Molti medici non sono consapevoli delle dinamiche politiche ed economiche che determinano i cambiamenti nei criteri di classificazione e diagnosi. Le parole del prof. Lee esprimono molto bene questo concetto: "Raramente i ricercatori biomedici esaminano l'economia politica della produzione della conoscenza biopsichiatrica, che è stata rafforzata dalle compagnie farmaceutiche che mirano a restringere il concetto di disturbo mentale e spingono la distribuzione di pillole come soluzioni universali per la sofferenza umana"25 . È, comunque, importante ricordare che recentemente si sta diffondendo fra gli psichiatri la consapevolezza dell'importanza di applicare una psichiatria più eclettica che tenga in considerazione gli aspetti biologici, sociali, culturali e psicologici delle malattie mentali e potrebbe rivelarsi più adatta non solo alle esigenze della popolazione cinese, ma anche di ogni altra etnia.
MONDO CINESE N. 117, MAGGIO-AGOSTO
2004
Note
1 Zheng Y.P., Lin K.M., Zhao J.P. et al., "Comparative study of diagnostic systems: chinese classification of mental
disorders - second edition versus DSM-III-R", Comprehensive Psychiatry, v. 35 n. 6, 1994, p. 446.
2 Lee S., "Higher earnings, bursting trains and exausted bodies: the creation of travelling psychosis in post-reform China",
Social Science and Medicine, v. 47 n. 9, 1998a, p. 1253.
3 Uno degli esempi più particolari di questo secondo tipo di categoria è il
lütu jingshenbing (psicosi di viaggio). Questa malattia si trova solo in Cina ed è strettamente legata alla situazione sociale ed economica della Cina del dopo-riforma. Per averne una chiara descrizione cfr. Lee, 1998a.
4 Kleinman A., Social origins of distress and disease: depression, neurastenia and pain in modern
China, New Haven: Yale University Press, 1986, p. 21.
5 Kleinman A., "Neurasthenia and depression: a study of somatization and culture in China",
Culture, Medicine and Psychiatry, v. 6 n. 2, 1982, p. 178.
6 Cozzi D. e Nigris D., Gesti di cura: elementi di metodologia della ricerca etnografica e di analisi socioantropologica per il
nursing, Torino: La Grafica Nuova, 1996, pp. 180-181.
7 Lee S., "Estranged bodies, simulated harmony and misplaced cultures: neurasthenia in contemporary chinese society",
Psychosomatic Medicine, n. 60, 1998b, p. 450.
8 II 9% non mostrò alcun miglioramento e il 10% riportò addirittura un peggioramento dei sintomi. Kleinman A., "Neurasthenia and depression: a study of somatization and culture in China",
Culture, Medicine and Psychiatry, v. 6 n. 2, 1982, p. 160.
9 Lee S., "From diversity to unity: the classification of mental disorders in 21st century China",
Psychiatry and Clinics in North America, n. 24, 2001. Vedi anche on line www.psychiatry.ru/ library/publications/ show_publication
10 Lee S., "Diagnosis postponed: shenjing shuairuo and the transformation of psychiatry in post-Mao China",
Culture, Medicine and Psychiatry, v. 23 n. 3, 1999, p. 353.
11 Phillips M.R., "The transformation of China's mental health services",
China Journal, n. 39, 1998, p. 20.
12 Beach M., "China opens drug market by revising pharmaceutical law",
The Lancet, v. 357, 24 marzo 2001, p. 942.
13 "An overview of China's pharmaceutical industry in 2001",
on line www.chinaproducts.com.
14 Casadio Tarabusi C. e Vickery G., "Globalization in the pharmaceutical industry, part II",
International Journal of Health Services, v. 28 n. 2, 1998, p. 294.
15 Li Y.L., Hong D.Z. e Xu Z.J., "Qianyi woguo yiyao gongye de fazhan qushi" (Discussione preliminare sulle tendenze di sviluppo dell'industria farmaceutica cinese),
Zhongguo weisheng jingji (Economia sanitaria cinese), v. 19 n. 2, 2000, p. 48.
16 Casadio Tarabusi e Vichery, 1998 part lI, p. 295.
17 "An overview of China's pharmaceutical industry in 2001",
on line www.chinaproducts.com.
18 Lee, 1999, p. 362.
19 Zhonghua renmin gongheguo yaopin guanti
fa, 2002, art. 60.
20 Lee, 1999, p. 364.
21 Lee, 1999, p. 364.
22 Yan Wenwei, "A commentary on 'Diagnosis postponed:
shenjing shuairuo and the transformation of psychiatry in post-Mao China' by Sing Lee",
Culture, Medicine and Psychiatry, v. 23 n. 3, 1999, p. 396.
23 Zhao Yuxi, "Woguo yiliao yaopin feiyong fenxi"(Analisi dei costi per le cure farmacologiche in Cina),
Zhongguo weisheng jingji (Economia sanitaria cinese), v.l 18 n.6, 1999, p. 13.
24 Wang Z.M., Zhang X.Q. e Qu Y.Y., "Jingshen yaowu yu danyi yongyao jiliang chayixing yanjiu" (Studio differenziale sulle dosi per l'uso combinato o singolo degli psicofarmaci),
Zhongguo xiandai yingyong yao zazhi (Rivista cinese contemporanea sull'uso dei farmaci), v. 16 n. 8, 1999, p. 71 .
25 Lee, 1998a, p. 1253.
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